E a te, non può esser utile venire agli Esercizi?
Hai mai pensato che se il mondo ha bisogno di veri cattolici, la prima cosa che dobbiamo fare è cominciare dalla nostra conversione? Gesù, la nostra famiglia, L'Europa secolarizzata, le nuove povertà, il terrosimo islamico, i regimi totalitari... tutti chiedono la nostra conversione!
Può un'opera scritta nel XVI secolo essere valida oggi, alle soglie del terzo millennio? […] Il libro degli Esercizi Spirituali, a differenza degli altri, più che presentare una dottrina o una teoria, offre "una strada verso il vangelo", sulla base dell'esperienza del suo autore. Il valore (e l'attualità), dunque, degli Esercizi Spirituali "è legata a una personale esperienza del Signore, alla decisione di seguire il vangelo, che misteriosamente rimane sempre vivo".
È noto il pensiero di Ignazio: "La forza e l'efficacia di questi Esercizi Spirituali consiste nella loro pratica effettiva. Il nome stesso lo indica, ed è molto importante - aggiunge, con l'evidente intenzione di rincarare la dose - che chi li dà sia bene esercitato" (Epistolae et instructiones IX, 702). Lo stesso Ignazio - fatto insolito nell'agiografia, ma altamente significativo - parla di Esercizi Spirituali come di dono di particolare efficacia: sono mezzo di "capitale importanza" (Epistolae et instructiones XII, 142), uno strumento di cui Dio si è "servito grandemente", un'"optima via" (Directoria 106, 5).
Per Emanuele Miona, che era stato suo confessore, il santo nutriva sentimenti di particolare riconoscenza, "come di figlio a padre". Come, almeno "in parte", disobbligarsi? "Non vedo in questa vita altro mezzo - confessa candidamente il Nostro - che farle fare per un mese gli esercizi spirituali". A meno che non li abbia già "sperimentati e gustati. Se no, per il suo [di Dio] amore e la morte acerbissima che egli patì per noi, la prego di mettercisi. Qualora dovesse pentirsene, oltre la pena che mi vorrà infliggere e che io accetto, mi tenga pure per uno che si burla delle persone spirituali, cui deve tutto".
Come se questo non bastasse, aggiunge: "Due, tre e quante volte posso, le chiedo per il servizio di Dio N. S. quanto le ho detto finora. Non vorrei che nel giorno del giudizio sua divina maestà mi dicesse perché non gliel'ho domandato con tutte le mie forze". E, ricorrendo ad affermazioni rivelatrici di un Ignazio veramente imprevedibile, arriva a dichiarare: "Gli Esercizi sono tutto il meglio che io in questa vita possa pensare, sentire e comprendere sia per il progresso personale di un uomo sia per il frutto, l'aiuto e il progresso rispetto a molti altri".
Questo significa anche che, nella mente del loro autore, gli Esercizi Spirituali hanno particolare valenza apostolica, come si evince anche dal seguito: "Se lei non ne sentisse la necessità per se stesso, ne potrebbe vedere l'inestimabile e incalcolabile profitto per gli altri".
Esagerazione? Non è nello stile di Ignazio. Si tratta piuttosto della sua netta convinzione di essere depositario di un carisma da sfruttare. Lo leggiamo nella conclusione della lettera: "Supplico l'immensa clemenza di Dio N. S. che ci dia la sua grazia perché sentiamo la sua santissima volontà e ce la faccia compiere perfettamente secondo il talento affidato ad ognuno, in modo che non si dica: "Servo malvagio, tu sapevi..."" (Epistolae et instructiones I, 111-113).
Unanime il giudizio sulla validità degli Esercizi Spirituali da parte dei gesuiti della prima Compagnia: tutti ne hanno parlato come di uno speciale carisma. Secondo Polanco, Ignazio è stato "a Domino edoctus et illustratus his Exercitiis" [edotto e informato dal Signore in questi Esercizi], che, vera arma spirituale (l'immagine dell'arma ricorre in molti altri documenti. Si veda Directoria 245, nota 10), sono stati dati "quale singolare dono di Dio alla Compagnia per un singolare progresso delle anime" (Directoria 274, 2). Sono, scrive il Nadal, una "peculiare grazia di Dio" (Exercitia Spiritualia 35) e hanno in sé "magnam vim" [grande forza] (Directoria 131, 41). Per spiegare tale "admirabilem efficaciam", leggiamo altrove, bisogna rifarsi alla "divina voluntas". "Dio, infatti, conferisce efficacia a chi a lui piace, manifestando così la sua potenza" (come nel caso di Stefano, il cui discorso, continua Nadal, non contiene niente che non sia nella Scrittura. "Mirabilem tamen videmus efficaciam habuisse, cuius rei non aliam quam Dei voluntas possumus reddere rationem", Directoria 120, 2).
In maniera più lapidaria, Polanco scrive che la Compagnia si serve "specialmente degli Essercitii spirituali o, per meglio dirsi, della pratica et modo di quelli". La quale - aggiunge, anche se mettendo tra parentesi - "è nova et non così loro in sé" (Exercitia Spiritualia 35). Le verità, cioè, sono quelle di sempre. La novità deriva loro dal fatto che sono un carisma.
Lo mette a fuoco anche Ribadeneira in una lettera al p. Girón: "Umanamente parlando", non si può spiegare come da concetti appresi a scuola e attinti da libri, per quanto spirituali, possano seguire conversioni, riforme di costumi e frutti tanto eccellenti "se il Signore non avesse conferito ad essi una speciale grazia per effetti simili" (FN III, 600; Cfr., per citazioni analoghe, Directoria 107, nota 7).
Esattamente perché "speciale grazia e singolare dono di Dio", gli Esercizi Spirituali, oltre a essere efficaci, sono pure attuali.
Lo hanno evidenziato anche i papi dei nostri tempi. Ricordo che Pio XI ha scritto sugli Esercizi l'enciclica Mens nostra, di cui ho riportato larghi stralci in: Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1992/8, pp. 27-30. A p. 32 ho pure trascritto il discorso di Giovanni Paolo II all'Angelus del 16 dicembre 1979. Paolo VI, per esempio, quando, il 29.12.1965, ha detto della necessità di "dare, specialmente in Italia, alla predicazione un'espressione più forte, più conclusiva, più persuasiva di quanto non abbia avuto finora. E sappiamo - ha aggiunto - che la predicazione più efficace è proprio quella degli Esercizi".
Giovanni Paolo II, nel messaggio per il venticinquesimo anniversario della FIES (6 agosto 1989), si è, tra l'altro, augurato che "uno dei frutti più ricchi della presente circostanza sia un rinnovato impegno, da parte dei fratelli nell'episcopato e dei sacerdoti, nel ricondurre molti all'esperienza degli Esercizi per offrire così una vigorosa occasione di ripresa alla spiritualità di tutto il popolo di Dio". "La vita spirituale - ha ancora scritto il papa - trova proprio negli Esercizi una delle insostituibili fonti di grazia di cui anche il nuovo Codice di Diritto Canonico sottolinea il valore e l'obbligo per i ministri sacri" (cfr. CJC, can. 276, 2c, 4). Il nuovo Codice parla ancora di Esercizi Spirituali ai cann. 246, 5 (seminaristi), 553 (sacerdoti), 663, 5 (religiosi), 719, 1 (membri degli istituti secolari), 1039 (candidati agli ordini sacri)
Non meno importante è l'intervento dello stesso Giovanni Paolo II in occasione del trentesimo anniversario della fondazione della FIES, anche perché vi troviamo inserita la "ponderata descrizione" - come ha affermato lo stesso pontefice - degli Esercizi Spirituali, riportata dall'art. 1 dello Statuto della Federazione: "Forte esperienza di Dio, suscitata dall'ascolto della sua Parola, compresa e accolta nel proprio vissuto personale, sotto l'azione dello Spirito Santo, che, in un clima di silenzio e di preghiera e con la mediazione di una guida spirituale, dona la capacità di discernere, in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita e alla sequela di Cristo, per il compimento della propria missione nella Chiesa e nel mondo".
Per essere meno incompleto nel dire del pensiero dei papi, accenno ancora alla necessità dell'aggiornamento e della fedeltà al metodo. "Guai - ha precisato Paolo VI, con l'abituale incisività, il 29.12.1965 - se gli Esercizi spirituali, per avere quel paradigma meraviglioso e magistrale che sant'Ignazio ha loro lasciato, diventassero una ripetizione formalistica e, direi, pigra di questo schema". Dopo avere invitato a vedere le ricchezze del testo (cfr. nota 47), ha concluso: "C'è tutta una rielaborazione degli Esercizi che noi auguriamo davvero che i nostri bravi sacerdoti sappiano dare".
"Fra i parecchi metodi lodevoli per dare Esercizi ai laici - ha scritto Paolo VI al card. Cushing (25.7.1966) - quello basato sugli Esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola, fin dall'approvazione data da Paolo III nel 1548, è il più largamente usato. I direttori di ritiri, d'altronde, non devono mai cessare di approfondire l'efficacia delle ricchezze dottrinali e spirituali del testo ignaziano e di esprimere queste ricchezze secondo la teologia del Concilio Vaticano II. Il ritiro non deve divenire uno studio dei documenti conciliari; il direttore deve, però, presentare i temi degli Esercizi, qualunque sia il metodo di cui si serve, in un contesto teologico familiare ai laici di oggi".
Ma questo non autorizza ad accedere a peregrine sperimentazioni: "Sarebbe tuttavia un errore - continua il papa - diluire il ritiro degli esercizi con innovazioni che, per quanto buone in se stesse, riducessero l'efficacia del ritiro chiuso". Lo aveva sottolineato Pio XII il 24.10.1948: "L'efficacia degli Esercizi di sant'Ignazio si ha quando si conserva la fedeltà allo spirito e al metodo. ( ... ) Non è certo il metodo ad aver perduto efficacia o a non corrispondere alle esigenze dell'uomo moderno. Al contrario è una triste realtà che il liquore perde di forza e la macchina di potenza, quando si diluisce nelle acque incolori di un eccessivo adattamento e quando si smontano i pezzi fondamentali dell'ingranaggio ignaziano. Gli Esercizi di sant'Ignazio saranno sempre uno dei mezzi più efficaci per la rigenerazione spirituale del mondo e per il suo retto ordinamento, ma a condizione che continuino ad essere autenticamente ignaziani".
"Queste iniziative - come attività di gruppo, discussioni religiose e ricerche di sociologia religiosa - hanno il loro posto nella Chiesa, ma il loro posto non è il ritiro chiuso, nel quale l'anima, sola con Dio, riceve generosamente l'incontro con lui, ed è da lui meravigliosamente illuminata e fortificata".
È il pensiero di Ignazio, così come esposto, per esempio, nella quindicesima "annotazione". Il numero 114 (luglio-settembre 1993) di Tempi dello Spirito raccoglie i documenti del magistero sugli Esercizi Spirituali dal 1964 al 1993 [Cf. anche l'annotazione 20: "Da questo isolamento derivano, fra molti altri, tre vantaggi principali. Primo: chi si distacca da molti amici e conoscenti, e anche da molte occupazioni non bene ordinate, per servire e lodare Dio nostro Signore, acquista un grande merito davanti alla divina Maestà. Secondo: chi sta così appartato, non avendo la mente distratta da molte cose, ma ponendo tutta l'attenzione in una sola, cioè nel servire il Creatore e nel giovare alla propria anima, può impegnare più liberamente le sue facoltà naturali per cercare con diligenza quello che tanto desidera. Terzo: quanto più un'anima si trova sola e appartata, tanto più diventa capace di avvicinarsi e di unirsi al suo Creatore e Signore; e quanto più gli si unisce, tanto più si dispone a ricevere grazie e doni dalla somma e divina bontà". n.d.r.].
Importanza e attualità degli "Esercizi" (Testo tratto da: S. IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi Spirituali. Ricerca sulle fonti. Edizione con testo originale a fronte a c. di PIETRO SCHIAVONE S.J., Cinisello Balsamo (MI): San Paolo, 1995, pp. 51-56)
FONTE