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    E a te, non può esser utile venire agli Esercizi?

    Hai mai pensato che se il mondo ha bisogno di veri cattolici, la prima cosa che dobbiamo fare è cominciare dalla nostra conversione? Gesù, la nostra famiglia, L'Europa secolarizzata, le nuove povertà, il terrosimo islamico, i regimi totalitari... tutti chiedono la nostra conversione!


    Può un'opera scritta nel XVI secolo essere valida oggi, alle soglie del terzo millennio? […] Il libro degli Esercizi Spirituali, a differenza degli altri, più che presentare una dottrina o una teoria, offre "una strada verso il vangelo", sulla base dell'esperienza del suo autore. Il valore (e l'attualità), dunque, degli Esercizi Spirituali "è legata a una personale esperienza del Signore, alla decisione di seguire il vangelo, che misteriosamente rimane sempre vivo".

    È noto il pensiero di Ignazio: "La forza e l'efficacia di questi Esercizi Spirituali consiste nella loro pratica effettiva. Il nome stesso lo indica, ed è molto importante - aggiunge, con l'evidente intenzione di rincarare la dose - che chi li dà sia bene esercitato" (Epistolae et instructiones IX, 702). Lo stesso Ignazio - fatto insolito nell'agiografia, ma altamente significativo - parla di Esercizi Spirituali come di dono di particolare efficacia: sono mezzo di "capitale importanza" (Epistolae et instructiones XII, 142), uno strumento di cui Dio si è "servito grandemente", un'"optima via" (Directoria 106, 5).
    Per Emanuele Miona, che era stato suo confessore, il santo nutriva sentimenti di particolare riconoscenza, "come di figlio a padre". Come, almeno "in parte", disobbligarsi? "Non vedo in questa vita altro mezzo - confessa candidamente il Nostro - che farle fare per un mese gli esercizi spirituali". A meno che non li abbia già "sperimentati e gustati. Se no, per il suo [di Dio] amore e la morte acerbissima che egli patì per noi, la prego di mettercisi. Qualora dovesse pentirsene, oltre la pena che mi vorrà infliggere e che io accetto, mi tenga pure per uno che si burla delle persone spirituali, cui deve tutto".

    Come se questo non bastasse, aggiunge: "Due, tre e quante volte posso, le chiedo per il servizio di Dio N. S. quanto le ho detto finora. Non vorrei che nel giorno del giudizio sua divina maestà mi dicesse perché non gliel'ho domandato con tutte le mie forze". E, ricorrendo ad affermazioni rivelatrici di un Ignazio veramente imprevedibile, arriva a dichiarare: "Gli Esercizi sono tutto il meglio che io in questa vita possa pensare, sentire e comprendere sia per il progresso personale di un uomo sia per il frutto, l'aiuto e il progresso rispetto a molti altri".

    Questo significa anche che, nella mente del loro autore, gli Esercizi Spirituali hanno particolare valenza apostolica, come si evince anche dal seguito: "Se lei non ne sentisse la necessità per se stesso, ne potrebbe vedere l'inestimabile e incalcolabile profitto per gli altri".

    Esagerazione? Non è nello stile di Ignazio. Si tratta piuttosto della sua netta convinzione di essere depositario di un carisma da sfruttare. Lo leggiamo nella conclusione della lettera: "Supplico l'immensa clemenza di Dio N. S. che ci dia la sua grazia perché sentiamo la sua santissima volontà e ce la faccia compiere perfettamente secondo il talento affidato ad ognuno, in modo che non si dica: "Servo malvagio, tu sapevi..."" (Epistolae et instructiones I, 111-113).

    Unanime il giudizio sulla validità degli Esercizi Spirituali da parte dei gesuiti della prima Compagnia: tutti ne hanno parlato come di uno speciale carisma. Secondo Polanco, Ignazio è stato "a Domino edoctus et illustratus his Exercitiis" [edotto e informato dal Signore in questi Esercizi], che, vera arma spirituale (l'immagine dell'arma ricorre in molti altri documenti. Si veda Directoria 245, nota 10), sono stati dati "quale singolare dono di Dio alla Compagnia per un singolare progresso delle anime" (Directoria 274, 2). Sono, scrive il Nadal, una "peculiare grazia di Dio" (Exercitia Spiritualia 35) e hanno in sé "magnam vim" [grande forza] (Directoria 131, 41). Per spiegare tale "admirabilem efficaciam", leggiamo altrove, bisogna rifarsi alla "divina voluntas". "Dio, infatti, conferisce efficacia a chi a lui piace, manifestando così la sua potenza" (come nel caso di Stefano, il cui discorso, continua Nadal, non contiene niente che non sia nella Scrittura. "Mirabilem tamen videmus efficaciam habuisse, cuius rei non aliam quam Dei voluntas possumus reddere rationem", Directoria 120, 2).

    In maniera più lapidaria, Polanco scrive che la Compagnia si serve "specialmente degli Essercitii spirituali o, per meglio dirsi, della pratica et modo di quelli". La quale - aggiunge, anche se mettendo tra parentesi - "è nova et non così loro in sé" (Exercitia Spiritualia 35). Le verità, cioè, sono quelle di sempre. La novità deriva loro dal fatto che sono un carisma.

    Lo mette a fuoco anche Ribadeneira in una lettera al p. Girón: "Umanamente parlando", non si può spiegare come da concetti appresi a scuola e attinti da libri, per quanto spirituali, possano seguire conversioni, riforme di costumi e frutti tanto eccellenti "se il Signore non avesse conferito ad essi una speciale grazia per effetti simili" (FN III, 600; Cfr., per citazioni analoghe, Directoria 107, nota 7).

    Esattamente perché "speciale grazia e singolare dono di Dio", gli Esercizi Spirituali, oltre a essere efficaci, sono pure attuali.

    Lo hanno evidenziato anche i papi dei nostri tempi. Ricordo che Pio XI ha scritto sugli Esercizi l'enciclica Mens nostra, di cui ho riportato larghi stralci in: Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1992/8, pp. 27-30. A p. 32 ho pure trascritto il discorso di Giovanni Paolo II all'Angelus del 16 dicembre 1979. Paolo VI, per esempio, quando, il 29.12.1965, ha detto della necessità di "dare, specialmente in Italia, alla predicazione un'espressione più forte, più conclusiva, più persuasiva di quanto non abbia avuto finora. E sappiamo - ha aggiunto - che la predicazione più efficace è proprio quella degli Esercizi".

    Giovanni Paolo II, nel messaggio per il venticinquesimo anniversario della FIES (6 agosto 1989), si è, tra l'altro, augurato che "uno dei frutti più ricchi della presente circostanza sia un rinnovato impegno, da parte dei fratelli nell'episcopato e dei sacerdoti, nel ricondurre molti all'esperienza degli Esercizi per offrire così una vigorosa occasione di ripresa alla spiritualità di tutto il popolo di Dio". "La vita spirituale - ha ancora scritto il papa - trova proprio negli Esercizi una delle insostituibili fonti di grazia di cui anche il nuovo Codice di Diritto Canonico sottolinea il valore e l'obbligo per i ministri sacri" (cfr. CJC, can. 276, 2c, 4). Il nuovo Codice parla ancora di Esercizi Spirituali ai cann. 246, 5 (seminaristi), 553 (sacerdoti), 663, 5 (religiosi), 719, 1 (membri degli istituti secolari), 1039 (candidati agli ordini sacri)

    Non meno importante è l'intervento dello stesso Giovanni Paolo II in occasione del trentesimo anniversario della fondazione della FIES, anche perché vi troviamo inserita la "ponderata descrizione" - come ha affermato lo stesso pontefice - degli Esercizi Spirituali, riportata dall'art. 1 dello Statuto della Federazione: "Forte esperienza di Dio, suscitata dall'ascolto della sua Parola, compresa e accolta nel proprio vissuto personale, sotto l'azione dello Spirito Santo, che, in un clima di silenzio e di preghiera e con la mediazione di una guida spirituale, dona la capacità di discernere, in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita e alla sequela di Cristo, per il compimento della propria missione nella Chiesa e nel mondo".

    Per essere meno incompleto nel dire del pensiero dei papi, accenno ancora alla necessità dell'aggiornamento e della fedeltà al metodo. "Guai - ha precisato Paolo VI, con l'abituale incisività, il 29.12.1965 - se gli Esercizi spirituali, per avere quel paradigma meraviglioso e magistrale che sant'Ignazio ha loro lasciato, diventassero una ripetizione formalistica e, direi, pigra di questo schema". Dopo avere invitato a vedere le ricchezze del testo (cfr. nota 47), ha concluso: "C'è tutta una rielaborazione degli Esercizi che noi auguriamo davvero che i nostri bravi sacerdoti sappiano dare".

    "Fra i parecchi metodi lodevoli per dare Esercizi ai laici - ha scritto Paolo VI al card. Cushing (25.7.1966) - quello basato sugli Esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola, fin dall'approvazione data da Paolo III nel 1548, è il più largamente usato. I direttori di ritiri, d'altronde, non devono mai cessare di approfondire l'efficacia delle ricchezze dottrinali e spirituali del testo ignaziano e di esprimere queste ricchezze secondo la teologia del Concilio Vaticano II. Il ritiro non deve divenire uno studio dei documenti conciliari; il direttore deve, però, presentare i temi degli Esercizi, qualunque sia il metodo di cui si serve, in un contesto teologico familiare ai laici di oggi".

    Ma questo non autorizza ad accedere a peregrine sperimentazioni: "Sarebbe tuttavia un errore - continua il papa - diluire il ritiro degli esercizi con innovazioni che, per quanto buone in se stesse, riducessero l'efficacia del ritiro chiuso". Lo aveva sottolineato Pio XII il 24.10.1948: "L'efficacia degli Esercizi di sant'Ignazio si ha quando si conserva la fedeltà allo spirito e al metodo. ( ... ) Non è certo il metodo ad aver perduto efficacia o a non corrispondere alle esigenze dell'uomo moderno. Al contrario è una triste realtà che il liquore perde di forza e la macchina di potenza, quando si diluisce nelle acque incolori di un eccessivo adattamento e quando si smontano i pezzi fondamentali dell'ingranaggio ignaziano. Gli Esercizi di sant'Ignazio saranno sempre uno dei mezzi più efficaci per la rigenerazione spirituale del mondo e per il suo retto ordinamento, ma a condizione che continuino ad essere autenticamente ignaziani".

    "Queste iniziative - come attività di gruppo, discussioni religiose e ricerche di sociologia religiosa - hanno il loro posto nella Chiesa, ma il loro posto non è il ritiro chiuso, nel quale l'anima, sola con Dio, riceve generosamente l'incontro con lui, ed è da lui meravigliosamente illuminata e fortificata".

    È il pensiero di Ignazio, così come esposto, per esempio, nella quindicesima "annotazione". Il numero 114 (luglio-settembre 1993) di Tempi dello Spirito raccoglie i documenti del magistero sugli Esercizi Spirituali dal 1964 al 1993 [Cf. anche l'annotazione 20: "Da questo isolamento derivano, fra molti altri, tre vantaggi principali. Primo: chi si distacca da molti amici e conoscenti, e anche da molte occupazioni non bene ordinate, per servire e lodare Dio nostro Signore, acquista un grande merito davanti alla divina Maestà. Secondo: chi sta così appartato, non avendo la mente distratta da molte cose, ma ponendo tutta l'attenzione in una sola, cioè nel servire il Creatore e nel giovare alla propria anima, può impegnare più liberamente le sue facoltà naturali per cercare con diligenza quello che tanto desidera. Terzo: quanto più un'anima si trova sola e appartata, tanto più diventa capace di avvicinarsi e di unirsi al suo Creatore e Signore; e quanto più gli si unisce, tanto più si dispone a ricevere grazie e doni dalla somma e divina bontà". n.d.r.].

    Importanza e attualità degli "Esercizi" (Testo tratto da: S. IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi Spirituali. Ricerca sulle fonti. Edizione con testo originale a fronte a c. di PIETRO SCHIAVONE S.J., Cinisello Balsamo (MI): San Paolo, 1995, pp. 51-56)

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  2. #22
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    Predefinito

    Comprendere bene il vinci te stesso

    Aiutati ché il cielo ti aiuta.


    Gli uomini formati dalla spiritualità di S.Ignazio credono alla sapienza del proverbio comune: "Aiutati, che il Cielo ti aiuta!". La massima dell'autore degli Esercizi è pressappoco uguale: "Prima di agire fare ogni cosa come se tutto dipendesse solo da noi; dopo l'azione riconoscere che il risultato è dipeso da Dio solo".
    Tutti costoro non soltanto si richiamano al buon senso e all'esperienza vissuta, ma hanno pure notato che, nel Vangelo, Nostro Signore non ha detto: "Chi vuol venire dietro a me, mi ami" ; ma "chi vuol venire dietro di me, porti la sua croce" - il che non significa "dispensarsi dall'amare", ma che "l'amare dev'essere prima di tutto abnegazione".
    Alcuni trovano la spiritualità dei Gesuiti troppo "volontarista": "Mi chiederò ciò che voglio ottenere" - "Lottare contro" - "Farsi indifferenti" - "Segnalarmi". Tutto questo sente lo sforzo, come certi scritti sentono l'olio.
    Guardiamoci bene dall'esagerare le esigenze di sant'Ignazio!
    ... Il creatore degli Esercizi è tanto lontano dal rappresentare una persona che faccia poco conto o disprezzi l'amore, che fin dagli inizi della Compagnia di Gesù, ciò che gli avversari vedevano soprattutto negli amici del "Pellegrino" era un'accolta di persone che predicavano troppo una vita di amore e nell'amore, e ciò che i discepoli venivano a cercare dal maestro era appunto la conoscenza dell'arte di amare. L'esclamazione del Domenech, dice il Cocleo, a cui il B. P. Fabro diede gli esercizi, è molto bella e istruttiva allo scopo: "Mi rallegro che finalmente si trovano dei Maestri per imparare ad amare". Gaudeo quod tandem magistri circa affectus inveniantur.
    Di fronte al Luteranesimo, che era un appello al sentimento contro il dogma tradizionale, gli Esercizi apportavano alle masse, alquanto inaridite dalle controversie delle scuole e dal formalismo convenzionale della predicazione, il soccorso delle intuizioni profonde del cuore, e questo nella linea dell'insegnamento tradizionale. Ecco la verità.
    L'abate Christiani lo fa notare molto bene nella sua vita di san Pietro Canisio: "Contrariamente a quello che noi potremmo pensare, ciò che seduceva le anime di allora non era affatto l'armatura logica degli Esercizi. Di logica astratta si era sazi. L'arida dialettica delle scuole aveva perduto ogni prestigio. Per mezzo di una rivoluzione, che non è senza esempi nella storia d'elle idee, la comparsa del sentimento negli Esercizi ridonava e vita e forza alle dottrine concettuali".
    Santa Maria Maddalena de' Pazzi, illuminata spesso da Dio inferiormente sulla vita profonda della Compagnia di Gesù, non ha esitato ad affermare che lo spirito di sant'Ignazio è identico a quello di san Giovanni Evangelista, perché è uno spirito di amore.

    Comprendere bene il "vinci te stesso".

    La disciplina proclamata da sant'Ignazio non è punto esagerata. Vincersi, sì; è proprio il Vangelo e la dottrina di tutti i maestri.
    Che dice, infatti, san Paolo nel corso delle sue Lettere? Si trova il linguaggio d'Ignazio troppo volontarista, troppo militare, troppo sul tipo: "avanti, via!". Ma si ascolti il codice di vita inferiore promulgato dall'Apostolo. Se le immagini guerriere v'intorbidano la vista, non leggete san Paolo per carità!
    "Combatti il buon combattimento... - Lavora come un buon soldato del Cristo... - Le tue armi non siano quelle della carne, ma quelle di Dio, le armi della luce...".
    Ma le metafore troppo violente vi spiacciono, e desiderate qualcosa di morbido, di pacifico, di meno aggressivo che non questo terribile agere contra, che vi fa l'effetto di un cilicio. E allora non mettetevi a leggere le Lettere di san Paolo.
    "Corro, combatto, dò colpi. Castigo il mio corpo e lo riduco in servitù... Essere inchiodato alla croce con Cristo... Imprimere nelle mie membra le stimmate del Salvatore Gesù...Compiere ciò che manca alla Passione del Redentore".
    Dicevate di volere l'amore? Allora non occorre andar più lontano, perché non troverete mai un'altra. materia di uguali prodezze, mai un programma più divinamente esaltante. Soltanto intendiamoci bene: Volete un amore che sia solo di riposo? No: ma un amore virile, assetato di produrre delle prove, un amore vero!
    Bisognerà dunque distruggere tutto? Vincermi è presto detto; ma in sé è una realtà terribile !
    Certamente; tuttavia bisogna intenderci bene.
    Vincere non significa demolire. Alcune volte, è vero, non c'è altra via di uscita: ma dove è possibile, Inabilità consisterà non nel gettare a terra il tempio dei falsi dei, ma piuttosto nel servirsene per il culto del Dio unico. Alcune nostre potenze sono pericolose; tuttavia sant'Ignazio non parla di sterminarle; al contrario abbiamo già veduto come egli cerchi molto più di sfruttare e l'immaginazione e la sensibilità.
    Come fa notare il filosofo Maurizio Blondel, c'è in noi la bestia, il fanciullo e l'uomo.
    La bestia bisogna domarla; il fanciullo si dovrà spesso incoraggiare: "Orsù, anima mia..." dirà san Francesco di Sales e sono note le parole pittoresche con le quali si propone di rialzarsi dopo una caduta; quanto all'uomo, se è già così cresciuto da non avere più bisogno del latte dei piccoli, ma di nutrirsi del pane dei forti, si deve sapergli domandare molto e, nel caso fosse di poco coraggio, trascinare a poco a poco a grandi cose. "Non bisogna parlare alle nostre potenze il medesimo linguaggio, come il padre di famiglia non comanda allo stesso modo agli animali, ai servi, ai figli, alla sposa" (L'Action", Alcan, p. 190)
    È questione di opportunità, di abilità, di tatto. L'anima è capace delle vette! E dunque non esitiamo! Bisogna quindi proporre la formazione completa e senza riserve. La natura strepiterà; che importa? Si tratta di condurre l'amore fino all'estremo dell'amore.
    Nel suo ritiro spirituale del 1876 a Clamart, Monsignor d'Hulst, vinto dalla logica trionfante della grazia, scriveva:
    "Ho combattuto tutto il giorno con le preghiere straordinarie, che il Santo ci fa fare al termine dei "Due stendardi" e nei "Tre modi di umiltà". C'è voluto del tempo perché comprendessi ch'io potevo e dovevo domandare sinceramente delle cose, che sono tanto al di sopra della mia virtù e cosi lontane, ahimè! dai miei sentimenti. Ma finalmente sulla parola di sant'Ignazio e di tutti i suoi interpreti, le ho domandate di buon cuore e sto per ridomandarle per protestare contro le riserve e le restrizioni della natura e per ottenere di fare almeno un breve passo innanzi lungo la via, al termine della quale si trovano queste cose sublimi".

    [Tratto da "A Dio", del P. R. Plus S.I.]

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  3. #23
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    Predefinito Un Papa ci scrive: fate gli Esercizi di Sant'Ignazio!

    PIO XI

    LETTERA ENCICLICA
    MENS NOSTRA

    SULL'IMPORTANZA DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI


    Ai Venerabili Fratelli Patriarchi,
    Primati, Arcivescovi, Vescovi
    e agli altri Ordinari locali
    che hanno pace e comunione con la Sede Apostolica.

    Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

    Vi sono certamente note, Venerabili Fratelli, le intenzioni che Ci mossero all’inizio di quest’anno a promulgare uno straordinario Giubileo per tutto il mondo cattolico in occasione del cinquantesimo anniversario del Nostro Sacerdozio. Infatti, come abbiamo solennemente dichiarato nella Costituzione Apostolica « Auspicantibus Nobis » del 6 gennaio 1929 [1], non solo intendevamo invitare tutti i diletti figli della grande famiglia, che il Cuore di Dio ha affidato al cuore Nostro, ad unirsi al giubileo del Padre comune per rendere comuni grazie al sommo Datore di ogni bene; ma in modo particolare Ci arrideva la dolce speranza che, aprendo più largamente i tesori spirituali di cui il Signore Ci ha costituiti amministratori, i fedeli ne avrebbero tratto felice opportunità per rinvigorirsi nella fede, per crescere nella pietà e nella perfezione cristiana e per riformare più efficacemente i costumi privati e pubblici: donde, come frutto della piena pacificazione dei singoli con se stessi e con Dio, sarebbe anche venuta la mutua pacificazione degli animi e dei popoli.

    Né vana fu la Nostra speranza. Infatti, quel mirabile slancio di devozione, con cui venne accolta la promulgazione del Giubileo, lungi dall’affievolirsi, andò anzi sempre crescendo, concorrendovi il Signore anche coi memorandi avvenimenti che renderanno imperituro il ricordo di quest’anno veramente salutare.

    E Noi, con indicibile consolazione, abbiamo potuto in gran parte seguire con gli occhi Nostri questo magnifico aumento di fede e di pietà attraverso le schiere così varie e così numerose di tanti figli carissimi, che Ci fu dato personalmente vedere e accogliere nella Nostra casa, e che potemmo, stavamo per dire, stringere al Nostro cuore paterno.

    Ora, mentre dall’intimo dell’animo Nostro innalziamo al Padre delle misericordie un caldo inno di ringraziamento per tanti e così segnalati frutti che Egli si è degnato seminare, maturare e raccogliere nella sua vigna lungo tutto quest’anno giubilare, la Nostra stessa pastorale sollecitudine Ci muove a vivamente desiderare che tali e tanti frutti si conservino e crescano a bene dei singoli, e per ciò stesso a bene dell’intera società.

    Riflettendo su come ciò possa essere conseguito, Ci sovviene che il Nostro Predecessore di felice memoria Leone XIII, nell’indire il sacro Giubileo in altra occasione, con parole che nella già ricordata Costituzione «Auspicantibus Nobis » facemmo Nostre [2], esortava tutti i fedeli « a raccogliersi un poco in se stessi e ad innalzare i pensieri immersi nelle cose terrene a cose migliori » [3]. Ci sovviene altresì che il Nostro Predecessore di santa memoria Pio X, così zelante promotore e vivo esempio di santità sacerdotale, durante l’anno giubilare del suo sacerdozio, in una piissima e memoranda « Esortazione » al clero cattolico [4] dava documenti preziosi di vita spirituale.

    Orbene, procedendo sulle orme di questi Pontefici, abbiamo giudicato opportuno fare anche Noi qualche cosa per promuovere un’iniziativa dalla quale confidiamo possano derivare molti rilevanti vantaggi a favore del popolo cristiano. Intendiamo parlare della pratica degli Esercizi spirituali, che desideriamo vivamente venga diffusa in larga scala non solo fra l’uno e l’altro clero, ma anche fra le schiere dei cattolici laici, in modo che sia possibile lasciare ai Nostri diletti figli un ricordo di questo anno sacro. Ciò facciamo tanto più volentieri al tramonto di questo anno giubilare del Nostro Sacerdozio. Infatti, nulla di più lieto possiamo avere che ricordare le grazie celesti e le ineffabili consolazioni da Noi sperimentate negli Esercizi spirituali che fummo soliti frequentare assiduamente, tanto che essi segnarono quasi le varie tappe della Nostra vita sacerdotale. Da essi attingemmo luce e forza per conoscere e compiere la volontà divina, e con non minore soddisfazione ripensiamo al ministero sacerdotale da Noi esercitato per lunghi anni, nel corso del quale Ci fu concesso di dedicarCi più e più volte all’opera degli Esercizi spirituali, e potemmo constatare gl’immensi salutari effetti che ne derivano al bene delle anime.

    E veramente, Venerabili Fratelli, sotto molti rispetti si constatano la somma importanza, utilità, opportunità di questi santi ritiri specialmente nei tempi che corrono. La grande malattia dell’età moderna, fonte precipua dei mali che tutti deploriamo, è la mancanza di riflessione, quell’effusione continua e veramente febbrile verso le cose esterne, quella smodata cupidigia delle ricchezze e dei piaceri, che a poco a poco affievolisce negli animi ogni più nobile ideale, li immerge nelle cose terrene e transitorie e non permette loro di assurgere alla considerazione, delle verità eterne, delle leggi divine, di Dio, unica fonte di tutto ciò che esiste, unico fine dell’universo creato, il quale nella sua infinità bontà e misericordia, ai giorni nostri, con effusione straordinaria di grazie, potentemente attira a sé le anime, nonostante la corruzione che dappertutto s’infiltra.

    Ora, ad un morbo così profondo della famiglia umana, quale rimedio migliore possiamo Noi proporre che invitare tutte queste anime dissipate e stanche al raccoglimento degli Esercizi?

    E veramente anche se gli Esercizi spirituali non consistessero in altro che nell’appartarsi per qualche tempo dalle assillanti occupazioni e preoccupazioni terrene per riposare lo spirito nella quiete non oziosa di un ritiro e nel silenzio di tutte le cose esteriori, per dare comodità all’uomo di pensare ai problemi più vitali che, nei segreti più intimi della coscienza, hanno sempre preoccupato e preoccupano l’umanità, cioè ai problemi della sua origine e del suo fine, « donde venga e dove vada », sarebbe già un grande ristoro per l’anima.

    Gli Esercizi spirituali, costringendo l’uomo all’interiore lavoro dello spirito alla riflessione, alla meditazione, all’esame di se stesso, sono per le umane facoltà una mirabile scuola di educazione in cui la mente impara a riflettere, la volontà si rafforza, le passioni si dominano, l’attività riceve una direzione, una norma, un impulso efficace e tutta l’anima assurge alla sua nativa nobiltà e grandezza, conforme a ciò che il Pontefice San Gregorio nel suo libro Pastorale afferma con elegante similitudine: «La mente umana, a guisa dell’acqua, se è rinchiusa si raccoglie in alto, perché ritorna là donde discende; se è rilasciata si disperde, perché si effonde inutilmente in basso » [5].

    Oltre a ciò, nel ritiro degli Esercizi spirituali, non solo « la mente, lieta nel suo Signore, viene eccitata come da certi stimoli del silenzio e rinvigorita da ineffabili rapimenti », come dice Sant’Eucherio, Vescovo di Lione [6], ma soprattutto viene con divina larghezza convitata a quel « celeste nutrimento » di cui parla Lattanzio: « poiché nessun cibo è più soave all’anima che la cognizione della verità » [7]; viene ammessa a quella « scuola di celeste dottrina e palestra di arti divine » [8] come la chiama un antico autore che per lungo tempo fu creduto S. Basilio Magno, dove « Dio è tutto quello che si impara, è la via per cui si tende, è il tutto per cui si giunge alla cognizione della verità » [9].

    Pertanto, gli Esercizi non solo perfezionano le naturali facoltà dell’uomo, ma hanno un mirabile potere nel formare l’uomo soprannaturale, cioè il cristiano. Nei tempi difficili in cui viviamo, nei quali il vero senso di Cristo, lo spirito soprannaturale, essenza della nostra santa religione, soffre tanti ostacoli ed impedimenti, nell’imperversare del naturalismo, che tende ad illanguidire la vivezza degli ideali della fede e a smorzare gli ardori della carità cristiana, è quanto mai salutare sottrarre l’uomo a quel fascino « della vanità » che « oscura il bene »[10], e trasportarlo in quella beata solitudine, ove in un celeste magistero l’anima apprende il vero valore dell’umana esistenza, riposta appunto nel servizio a Dio, il salutare orrore alla colpa il santo timore di Dio, la vanità delle cose cose terrene, e nella contemplazione di Colui che è « via e verità e vita » [11] impara a deporre l’uomo vecchio [12] e a rinnegare se stesso, e nell’esercizio dell’umiltà, dell’ubbidienza, della mortificazione, a rivestirsi di Cristo, fino a giungere a quell’« uomo perfetto » e a quella « misura dell’età piena di Cristo » [13] di cui parla l’Apostolo, anzi fino a poter dire con lui: «Vivo non già io, ma vive in me Cristo » [14]: sublimi ascensioni e divina trasformazione che l’anima compie sotto l’azione della grazia invocata nelle più frequente e fervorosa preghiera, attinta nella partecipazione più devota ai sacrosanti misteri.

    Inestimabili beni soprannaturali sono questi, Venerabili Fratelli, nel felice possesso dei quali solamente è riposta la quiete, il riposo, la vera pace, suprema aspirazione dell’anima, a cui tende con profonda nostalgia il mondo moderno, ma che invano ricerca nel perseguimento di terreni ideali, nel turbine della vita. L’esperienza di anime veramente innumerevoli attraverso i secoli ha luminosamente dimostrato, e dimostra oggi forse più che mai, questo mirabile potere pacificatore e santificatore riposto nel sacro ritiro degli Esercizi spirituali, da cui le anime escono « radicate ed edificate » [15] in Cristo, piene di luce, di vigore, di felicità « che supera ogni senso » [16].

    Ma da questa pienezza della vita cristiana, che gli Esercizi spirituali apportano e perfezionano, oltre il frutto soavissimo della pace interiore, germoglia quasi spontaneo un altro importantissimo frutto che ha una più larga risonanza sociale: lo spirito di apostolato. È infatti naturale effetto della carità che un’anima, quando è piena di Dio, senta il bisogno di comunicare alle altre anime la conoscenza e l’amore dell’infinito Bene che essa ha trovato e possiede.

    Orbene in questi tempi di immensi bisogni per le anime, quando le lontane regioni delle Missioni « già biondeggiano per la mietitura » [17] e domandano sempre più numerosi operai; quando nei nostri stessi paesi le crescenti necessità spirituali dei popoli esigono numerosi e scelti manipoli di ben formati apostoli nell’uno e nell’altro Clero dispensatori dei misteri di Dio, e, partecipanti all’apostolato gerarchico, le schiere dei laici consacrati ai molteplici rami dell’Azione Cattolica, Noi, Venerabili Fratelli, ammaestrati dall’esperienza della storia, negli Esercizi spirituali vediamo e salutiamo i provvidenziali Cenacoli, dove i cuori generosi, sotto l’influsso della grazia, apprezzando degnamente al lume delle eterne verità e degli esempi di Cristo il valore inestimabile delle anime, sentiranno la voce del Signore che li invita a farsi suoi cooperatori nella redenzione del mondo, in quel qualunque stato di vita, a cui, con saggia elezione, conosceranno essere chiamati a servire il loro Creatore, e dove apprenderanno gl’ideali, i propositi, gli ardimenti dell’apostolato cristiano.

    Del resto, tale fu sempre la via ordinaria tenuta dal Signore per formare i suoi Apostoli. Perciò il divino Maestro, non contento del lungo nascondimento di Nazareth, volle premettere alla sua vita pubblica il severo ritiro di quaranta giorni nel deserto. Perciò in mezzo alle fatiche della predicazione evangelica, spesso invitava gli Apostoli al silenzio dell’isolamento: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco » [18]; perciò soprattutto volle che, dopo la sua Ascensione, gli Apostoli ricevessero la loro ultima formazione nel Cenacolo di Gerusalemme: « perseverando concordi nella preghiera » [19], in attesa dello Spirito Santo in quel memorando ritiro di dieci giorni, che furono, quasi oseremmo dire, i primi Esercizi spirituali praticati nella Chiesa, dai quali anzi la Chiesa stessa nacque con tutta la sua sempre giovanile vigoria: beato ritiro in cui, sotto lo sguardo e nella materna assistenza di Maria, si formarono, insieme con i primi Apostoli, coloro che vorremmo chiamare i precursori dell’Azione Cattolica.

    Da quel giorno la pratica degli Esercizi spirituali, se non nel nome e nella forma quale ora si usa, almeno nella sostanza, divenne « famigliare agli antichi cristiani » [20], come dice san Francesco di Sales, e ne troviamo chiari accenni nelle opere dei Santi Padri. Così, per esempio, San Girolamo alla nobile matrona Celanzia: « Scegliti — scriveva — un luogo adatto e lontano dallo strepito della famiglia, in cui tu possa ripararti come in un porto. Quivi lo studio della divina Scrittura sia così intenso, così frequente il ritorno alla preghiera, tanto assidua la riflessione sulle cose future che tu abbia da compensare con questo riposo tutte le occupazioni degli altri tempi. Né diciamo questo quasi volessimo distoglierti dai tuoi: anzi, con ciò intendiamo che ivi tu impari e mediti quale poi tu debba mostrarti verso i tuoi » [21]. Nel medesimo secolo il grande Vescovo di Ravenna, San Pietro Crisologo, lanciava a tutti i fedeli il noto eloquente invito: «Abbiamo dato al corpo un anno, diamo all’animo alcuni giorni… Viviamo un po’ di tempo per Dio, noi che siamo vissuti interamente per il mondo… Risuoni la divina voce ai nostri orecchi: lo strepito domestico non turbi il nostro udito… Così agguerriti, o fratelli, così ammaestrati, dichiareremo guerra al peccato… sicuri della vittoria » [22].

    Anche in seguito, lungo i secoli, gli uomini hanno sempre sentito l’attrattiva della tranquilla solitudine, dove l’anima, lontana da qualsiasi osservatore, potesse dedicarsi alle cose divine, e quanto più burrascosi erano i tempi, tanto più forte si faceva sentire l’impulso dello Spirito Santo che sospingeva nel deserto le anime sitibonde di giustizia e di verità, « affinché più assiduamente libere dagli appetiti corporei, possano attendere alla divina sapienza nell’intimo della loro mente, dove, tacendo ogni strepito di sollecitudini terrene, si rallegrino in sante meditazioni e nelle delizie eterne » [23].

    Più tardi Dio suscitò nella sua Chiesa illuminati Maestri della vita soprannaturale che diedero sapienti norme e proposero metodi di ascesi attinti alla divina rivelazione ed all’esperienza propria e dei secoli cristiani, e non senza particolare provvidenza del Signore ne uscirono, per opera del grande Servo di Dio Ignazio di Loyola, gli Esercizi spirituali propriamente detti: « tesoro, — come lo chiamava quel venerabile uomo dell’inclito Ordine di San Benedetto, Ludovico Blosio, citato da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori in una bellissima lettera « sugli Esercizi in solitudine— tesoro, che Dio ha manifestato alla sua Chiesa in questi ultimi tempi, per il quale gli si devono rendere speciali azioni di grazie » [24].

    Da questi Esercizi, che ben presto sollevarono sì gran fama di sé nella Chiesa, prese ispirazione per correre ancor più generoso nella vita della santità, tra gli altri molti, il Nostro veneratissimo e per tanti titoli a Noi carissimo San Carlo Borromeo, il quale, come avemmo Noi stessi altra volta l’opportunità di ricordare, « ne divulgò l’uso nel clero e nel popolo » [25] non solo con l’impulso del suo zelo e l’autorità del suo nome, ma anche con regole e direttòrii speciali; e giunse persino a farsi fondatore di una casa esclusivamente destinata per gli Esercizi stessi secondo il metodo di Sant’Ignazio. Ad essa diede il nome di «Asceterium», la prima forse, a quanto si sappia, di tal genere: esempio imitato poi ben presto felicemente in ogni parte.

    Corrispondente alla stima sempre crescente che si andava diffondendo nella Chiesa per gli Esercizi spirituali, fu il moltiplicarsi di tali Case riservate per questi sacri ritiri, quasi oasi verdeggianti e feconde nel deserto del pellegrinaggio terreno, destinate a raccogliere separatamente i fedeli dell’uno e dell’altro sesso ad un periodo di spirituale ristoro. Dopo l’immane tragedia della guerra, di fronte al profondo rivolgimento sociale che essa ha portato, al tramonto di tante illusioni, al riaffermarsi più potente in molte anime di elevate aspirazioni, ecco risvegliarsi mirabilmente in molti, sotto il soffio dello Spirito Santo, il bisogno dei Ritiri spirituali. Anime desiderose di una vita migliore e più santa, altre sbattute dalle tempeste della vita, dalle preoccupazioni dell’esistenza, dalle distrazioni e dalle seduzioni del mondo, anime avvelenate da una atmosfera satura di razionalismo e di sensualità, cercano rifugio in questi asili di pace, in queste case di preghiera, ove possano riposare lo spirito, ritemprare le forze, orientare soprannaturalmente il cammino della vita.

    Dal canto Nostro, mentre dall’intimo del cuore godiamo di tale salutare movimento e vi scorgiamo un efficacissimo rimedio ai mali presenti, siamo risoluti ad assecondare, per quanto sta in noi, i pietosi disegni della Divina Bontà e a non lasciare passare invano questo invito dello Spirito Santo che oggi spira in molti cuori.

    Noi Ci apprestiamo a compiere ciò con animo particolarmente lieto, osservando quanto è stato compiuto dai nostri predecessori. Infatti, questa stessa Sede Apostolica, dopo aver tante volte raccomandato gli Esercizi spirituali con la parola, ha voluto precedere i fedeli anche con l’esempio, e già da parecchio tempo, di quando in quando suole per alcuni giorni convertire in Cenacolo di meditazione e di preghiera le auguste aule Vaticane; consuetudine, che Noi ben volentieri abbiamo seguito con grande gioia e conforto. E per procurare in più larga misura questa gioia e questo conforto a Noi ed a quanti più da vicino Ci assistono, soddisfacendo ai loro pii desiderii, abbiamo dato le opportune disposizioni affinché un corso di santi spirituali Esercizi abbia luogo ogni anno in questa Nostra Sede Vaticana.

    Anche voi, Venerabili Fratelli, conoscete ed apprezzate altamente gli Esercizi spirituali, coi quali avete temprato dapprima il vostro spirito sacerdotale e vi siete poi preparati alla pienezza del sacerdozio, e ad essi, non di rado, alla testa dei vostri sacerdoti ricorrete per rinfrancare gli animi vostri nella contemplazione dei beni celesti. Ciò costituisce certamente un’apprezzabile azione, per la quale vogliamo darvi un doveroso e pubblico elogio. Sappiamo inoltre, (ed anche questo additiamo come esempio da imitare, tanto più luminoso quanto più alto e di natura sua meno frequente) che in alcune regioni tanto dell’Oriente che dell’Occidente i Vescovi, con a capo il loro Metropolita o Patriarca, talvolta si sono riuniti insieme per attendere ad un ritiro spirituale tutto proprio e adatto alla loro eccelsa dignità e ai doveri che ne derivano. Il che forse non sarà troppo difficile da imitare quando specialmente gravi ragioni chiamano a raccolta tutti i Presuli di una Provincia Ecclesiastica, o per provvedere con comuni decisioni ai più urgenti bisogni spirituali dei loro greggi o per prendere più efficaci deliberazioni secondo le esigenze del momento. Così Noi stessi pensavamo di fare coi Vescovi della regione Lombarda quando per brevissimo tempo fummo preposti alla Chiesa Metropolitana di Milano, e l’avremmo eseguito in quello stesso primo anno, se altri disegni non avesse avuto e compiuto la divina Provvidenza sulla Nostra umile persona.

    I sacerdoti e i religiosi, già prima che fosse loro prescritto l’uso degli Esercizi per legge della Chiesa, con lodevole frequenza si valevano di questo mezzo di santificazione; così ora con tanto maggiore impegno vi si applicheranno quanto più solenne è la voce dei sacri Canoni che a questo li sprona.

    I sacerdoti del Clero secolare siano fedeli nel frequentare gli Esercizi spirituali almeno nella così discreta misura prescritta loro dal Codice di Diritto Canonico [26], e vi apportino tanto maggior desiderio di trarne frutto, quanto più in mezzo alle sollecitudini del loro ministero sentiranno il bisogno di quella pienezza di spirito che è loro necessaria perché possano, com’è loro dovere, effonderla sulle anime loro affidate. Così hanno sempre sentito i sacerdoti più zelanti, così hanno praticato ed insegnato tutti quelli che si distinsero nella direzione delle anime e nella formazione del Clero, come, per citare un esempio moderno, il Beato Giuseppe Cafasso, da Noi recentemente elevato agli onori degli altari. Egli appunto degli esercizi spirituali si valeva per santificare se stesso e i suoi confratelli di sacerdozio; e fu al termine di uno di tali ritiri che con sicuro intuito soprannaturale poté indicare ad un giovane sacerdote suo penitente, quella via che la Provvidenza gli assegnava e che lo condusse poi a diventare il Beato Giovanni Bosco, per il quale nessun elogio è sufficiente.

    I Religiosi, poi, che ogni anno sono chiamati ai sacri Esercizi [27], qualunque sia la regola sotto cui militano, vi troveranno una miniera inesauribile e ricca di ogni genere di tesori, a cui tutti possono attingere secondo i loro particolari bisogni per perseverare e progredire nella pratica più perfetta della legge e dei consigli evangelici. Gli annui Esercizi sono per loro come un mistico « albero della vita » [28], valendosi del quale tanto gli individui quanto le comunità conserveranno sempre vigoroso e vivace il primitivo spirito della loro vocazione.

    I Sacerdoti dell’uno e dell’altro Clero non ritengano perduto per l’apostolato il tempo che consacreranno agli Esercizi spirituali. San Bernardo non esitava a raccomandare perfino a colui che, già suo discepolo, era allora Sommo Pontefice, il Beato Eugenio III: « Se vuoi essere di tutti, ad imitazione di Colui che si fece tutto a tutti, lodo tale umanità, purché sia completa. E come mai sarà completa, se escludi te stesso? Anche tu sei uomo: affinché dunque tale umanità sia intera e piena, accolga anche te dentro di sé quel cuore che accoglie tutti gli altri; altrimenti, che ti giova guadagnare tutti, se perdi te stesso? Perciò, siccome tutti ti posseggono, sii anche tu uno dei tuoi possessori. Ricordati, non dico sempre, non dico spesso, ma almeno talvolta di restituire te a te stesso » [29].

    Né meno ci stanno a cuore, Venerabili Fratelli, gli Esercizi ai vari gruppi di quell’Azione Cattolica che non Ci stanchiamo né Ci stancheremo di promuovere e raccomandare, essendo l’utilissima, per non dire necessaria, partecipazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa. Vediamo con immensa consolazione organizzarsi ovunque corsi d’Esercizi particolarmente riservati alle pacifiche schiere di questi valorosi soldati di Cristo, e specialmente ai più giovani, che numerosi vi accorrono per addestrarsi alle sante battaglie del Signore, e vi trovano non solo la forza di migliorare la propria vita, ma spesso sentono nel cuore la voce misteriosa che li chiama a diventare apostoli in tutta la magnifica pienezza del nome. Splendida aurora di bene che Ci fa salutare e sperare un prossimo luminoso meriggio, se la pratica degli Esercizi spirituali più universalmente e più regolarmente verrà promossa e caldeggiata nelle file delle varie Associazioni cattoliche, specialmente giovanili [30].

    Ed è ora veramente disposizione ammirabile della misericordiosa provvidenza di Dio che in un tempo, in cui i beni temporali e il conseguente benessere materiale e una certa agiatezza di vita tendono ad estendersi in qualche notevole misura ai lavoratori e ad un maggior numero dei figli del popolo, è provvidenziale, diciamo, che si vada facendo comune anche alla massa dei fedeli questo tesoro spirituale, destinato a controbilanciare il peso dei beni terreni, affinché non trascinino le anime verso il materialismo teorico e pratico.

    Diamo dunque il Nostro plauso e il Nostro paterno incoraggiamento alle Opere « pro Exercitiis » che già sorgono in varie regioni, specialmente quelle così fruttuose e così opportune dei « Ritiri Operai » con le relative « Leghe di Perseveranza », e le raccomandiamo vivamente, Venerabili Fratelli, alla vostra cura e alla vostra sollecitudine.

    Ma tutto quello che abbiamo riferito circa gli Esercizi spirituali e i loro mirabili frutti suppone che il sacro ritiro sia praticato veneramente come si conviene, e che non diventi come una semplice consuetudine che si pratica senza interiore slancio ed energia e, conseguentemente, con poco o nessun frutto per l’anima.

    Pertanto, anzitutto bisogna che gli Esercizi si facciano nel ritiro, appartandosi dal frastuono delle ordinarie sollecitudini della vita quotidiana; poiché, come esattamente insegna l’aureo libretto «Dell’Imitazione di Cristo »: «Nel silenzio e nella quiete fa profitto l’anima devota » [31].

    Ond’è che quantunque siano certamente lodevoli e da promuoversi con ogni pastorale sollecitudine, come sono sempre dal Signore largamente benedetti, gli Esercizi spirituali, predicati pubblicamente al popolo, Noi però particolarmente insistiamo sugli Esercizi « chiusi », nei quali la segregazione dalle creature è più facilmente ottenuta, e l’anima nel silenzio e nella solitudine attende unicamente a sé e a Dio.

    Inoltre gli Esercizi spirituali esigono un certo periodo di tempo perché possano dirsi tali; un periodo di tempo che può variare a seconda delle circostanze e delle persone, da alcuni giorni fino ad un intero mese, ma che in ogni caso non dovrebbe essere troppo ristretto se si vogliono sperimentare tutti quei vantaggi che abbiamo sopra enumerati. Come per il corpo la permanenza in luoghi salubri deve prolungarsi alquanto perché se ne senta l’effetto, così anche in questa cura salutare dello spirito l’anima deve trattenersi un certo tempo, se vuole veramente sentirne ristoro e riportarne nuovo vigore.

    Infine, condizione importantissima perché gli Esercizi siano fatti bene e riescano fruttuosissimi è il farli secondo un metodo sapiente e pratico.

    Or non vi è dubbio che fra tutti i metodi di Esercizi spirituali che lodevolmente si attengono ai princìpi della sana ascetica cattolica, uno ha riscosso le piene e ripetute approvazioni di questa Sede Apostolica, ha meritato gli amplissimi elogi dei Santi e dei Maestri della vita spirituale, ha raccolto incalcolabili frutti di santità attraverso ormai quattro secoli: intendiamo alludere al metodo di sant’Ignazio di Loyola, di questo che Ci piace chiamare Maestro specializzato degli Esercizi, il cui « ammirabile libro degli Esercizi » [32], piccolo di mole ma grande e prezioso di contenuto, dal dì che venne solennemente approvato, lodato, raccomandato dal Nostro Predecessore Paolo III di santa memoria [33], « quasi subito si affermò ed impose» — per usare le parole che Noi stessi prima del Sommo Pontificato avemmo già occasione di scrivere — « quale il più sapiente ed universale codice di governo spirituale delle anime, quale sorgente inesauribile della pietà più profonda ad un tempo e più solida, quale stimolo irresistibile e guida sicurissima alla conversione ed alla più alta spiritualità e perfezione » [34]. E quando agli inizi del nostro Pontificato « assecondando i voti e gli ardentissimi desideri dei sacri Pastori di quasi tutto l’orbe cattolico dell’uno e dell’altro rito » con la Costituzione Apostolica « Summorum Pontificum » del 25 luglio 1922 « abbiamo dichiarato e costituito Sant’Ignazio di Loyola celeste patrono di tutti gli Esercizi Spirituali, e quindi degli istituti, sodalizi, e associazioni di qualunque genere che curano ed assistono coloro che fanno gli Esercizi spirituali » [35], non abbiamo fatto altro che sancire con la Nostra suprema Autorità quello che già sentivano comunemente i Pastori e i fedeli; quello che implicitamente più volte avevano detto i Nostri Predecessori lodando gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio, specialmente, oltre il ricordato Paolo III, i grandi Pontefici Alessandro VII [36], Benedetto XIV [37], Leone XIII [38]; quello che hanno dichiarato con alti elogi, e ancor più con la loro virtù attinta o aumentata a questa scuola, tutti coloro (per usare le parole dello stesso Nostro Predecessore Leone XIII) « che o per la dottrina ascetica o per la santità dei costumi » in quest’ultimi quattro secoli « sommamente fiorirono » [39]. La sodezza della dottrina spirituale, lontana dai pericoli e dalle illusioni dei pseudomistici, l’ammirabile adattamento ad ogni ceto e condizione di persone (dalle anime dedite per vocazione alla vita contemplativa sino agli uomini viventi nel mondo), l’unità organica delle sue parti, il mirabile ordine con cui si succedono le verità da meditare e i documenti spirituali, ordinati a condurre l’uomo dalla liberazione della colpa [40] alle più alte vette dell’orazione e dell’amor di Dio per la via sicura dell’abnegazione e della vittoria sulle passioni, rendono il metodo degli Esercizi di Sant’Ignazio il più commendevole e il più fruttuoso.

    Resta, Venerabili Fratelli, che a mantenere negli animi il frutto degli Esercizi spirituali da Noi ampiamente magnificato, ed a risvegliarne le salutari impressioni, raccomandiamo un compendioso rinnovamento degli Esercizi, cioè il ritiro mensile o trimestrale: costume, diremo col Nostro venerato Predecessore Pio X, che « godiamo di vedere introdotto in molti luoghi » [41], specialmente nelle Comunità religiose e tra i Sacerdoti, desiderando vivamente che se ne estenda il benefico vantaggio anche ai laici: tanto più che a questi potrà talvolta supplire in qualche misura il frutto degli Esercizi stessi, quando per gravi ragioni non fosse loro possibile praticarli. In questo modo, Venerabili Fratelli, dalla diffusione degli Esercizi spirituali in tutte le classi della società cristiana e soprattutto dall’uso fervoroso di essi, Noi Ci ripromettiamo i più salutari frutti di rigenerazione, di vita spirituale, di apostolato, cui terrà dietro la pace individuale e sociale.

    Fu nel silenzio di una notte misteriosa, lungi dal frastuono del mondo, in luogo solitario, che il Verbo eterno fatto carne si rivelò all’umanità, ed echeggiò nel cielo il canto angelico: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà » [42]. Questo canto di pace cristiana, che è supremo anelito del nostro cuore apostolico e meta a cui tendono gli sforzi e l’opera Nostra — Pax Christi in regno Christi ! — risuonerà, potente nelle anime dei cristiani che, segregati dal frastuono assordante della vita moderna, si ritireranno nella solitudine e nel silenzio a meditare le verità della Fede e i misteri di Colui che portò al mondo, e gli lasciò come sua preziosa eredità, il dono della pace: «Vi dò la mia pace » [43].

    Questo saluto di pace Noi intanto inviamo a voi tutti, Venerabili Fratelli, in questo giorno in cui si compiono i cinquant’anni del nostro Sacerdozio, sotto gli auspici e quasi alla vigilia di quel dolcissimo mistero di pace che è la Natività di nostro Signore Gesù Cristo; e questa pace invochiamo con fervide preghiere da Colui che è stato salutato Principe della pace.

    Con questi sentimenti, con l’animo aperto ad una lieta e sicura speranza, a voi, Venerabili Fratelli, al Clero e al vostro popolo, cioè a tutta la Nostra dilettissima famiglia cattolica impartiamo nel Signore, con grande affetto, l’Apostolica Benedizione.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 dicembre 1929, anno ottavo del Nostro Pontificato.

    PIUS PP. XI

    --------------------------------------------------------------------------------

    [1] Acta Apost. Sedis, vol. XXI (1929), p. 6.

    [2] Acta Apost. Sedis, vol. XXI (1929), p. 6.

    [3] Litt. Encycl. Quod auctoritate, 22 Dec. 1885 (Acta Leonis XIII, vol. II, pp. 175 ss.).

    [4] Exhortatio ad clerum catholicum: Haerent animo, 4 Aug. 1908 (Acta Sanctae Sedis, vol. XLI, pp. 555-577).

    [5] S. Greg. M., Pastor., 1. III, adm. 15 (Migne, P.L., tom. 77, col. 73).

    [6] S. Eucher., De laud. eremi, 37 (Migne, P.L., tom. 50, col. 709).

    [7] Lactant., De falsa relig., l, I, c. 1 (Migne, P.L., tom. 6, col. 118).

    [8] S. Basil. M., De laude solitariae vitae, initio (Opera omnia, Venetiis, 1751, tom. 2, p. 379.

    [9] Ibid.

    [10] Sap., IV, 12.

    [11] Ioann., XIV, 6.

    [12] Rom., XIII, 14.

    [13] Ephes., IV, 13.

    [14] Galat., II, 20.

    [15] Coloss., II, 7.

    [16] Philipp., IV, 7.

    [17] Ioann., IV, 35.

    [18] Marc. VI, 31.

    [19] Act., I, 14.

    [20] S. Franc. Sal., Traité de l’amour de Dieu, l. 12, c. 8.

    [21] S. Hieronym., Ep. 148 ad Celant., 24 (Migne P.L., tom. 22, col. 1216).

    [22] S. Petr. Chrysolog., Serm. 12 (Migne, P.L., tom. 52, col. 186).

    [23] S. Leo Magn., Serm. 19 (Migne P.L., tom. 54, col. 186).

    [24] S. Alf. M. De’ Liguori, Lettera sull’utilità degli Esercizi in solitudine ; Opere ascet. (Marietti, 1847), vol. III, p. 616.

    [25] Const. Apost. Summorum Pontificum, 25 Iul. 1922 (Acta Apost. Sed., vol. XIV, p. 421).

    [26] Cod. iur. can., can. 126.

    [27] Cod. iur. can., can. 595, par. 1.

    [28] Gen., II, 9.

    [29] S. Bern., De consider., l. I, c. 5 (Migne, P.L., tom. 182, col. 734).

    [30] Cf. Ordine del giorno di Mons. Radini-Tedeschi in « Congr. cattol. ital. », an. 1895.

    [31] De imit. Chr., l. I, c. 206.

    [32] Brev. Rom., in festo S. Ign. 31 Iul., lect. 4.

    [33] Litt. Apost. Pastoralis officii, 31 Iul. 1548.

    [34] S. Carlo e gli esercizi spirituali di S. Ignazio, in « S. Carlo Borromeo nel 3° Centenario della canonizzazione », n. 23, Sett. 1910, p. 488.

    [35] Const. Apost. Summorum Pontificum, 25 Iul. 1922 (Acta Apost. Sedis, vol. XIV, p. 1922).

    [36] Litt. Apost. Cum sicut, 12 Oct. 1647.

    [37] Litt. Apost. Quantum secessus, 20 Mart. 1753; litt. Apost. Dedimus sane, 16 Maii 1753.

    [38] Epist. Ignatianae commentationes, 8 Febbr. 1900 (Acta Leonis XIII, vol. VII, p. 373.

    [39] Ibid.

    [40] Epist. apost. Pii Pp. XI: Nous avons appris, 28 Mart. 1929 ad Card. Dubois.

    [41] Exhort. ad Cler. cathol. Haerent animo, 4 Aug. 1908 (Acta Sanctae Sedis, vol. XLI, p. 575)

    [42] Luc., II, 14.

    [43] Ioann., XIV, 27.

    FONTE

  4. #24

  5. #25
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    Citazione Originariamente Scritto da Ferrer
    ecco un altro eroico gesuita: v. QUI
    Caro Ferrer,
    ho leggermente editato il tuo messaggio per renderlo più facilmente leggibile e per farsì che il link sia più facilmente raggiungibile.
    Grazie

    Aug.

  6. #26
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  7. #27
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    La storia ci dice anora di sant'Ignazio di Loyola, che da una lezione spirituale, presa a fare non per divizione ma per solo desiderio di fuggire la noia di una penosa infermità, fu mutato da capitano che egli era di un re della terra, in capitano de re del cielo ...
    (Padre Pio)

  8. #28
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    Jerónimo Jacinto de Espinosa, Visione di S. Ignazio a La Storta, con S. Michele Arcangelo e l'Angelo custode, Museo de Bellas Artes, València

    Pieter Pauwel Rubens, S. Ignazio di Loyola, 1620-22, National Bruckental Museum, Sibiu

    Antica stampa dei SS. Ignazio di Loyola e Francesco Saverio ispirata al Rubens

  10. #30
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    Anonimo dell'ambito di Rubens, Ritratto di S. Ignazio che presenta la regola dell'ordine della Compagnia di Gesù, XVII sec., Museo storico aloisiano, Castiglione delle Stiviere

 

 
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  2. SANTI - 31 Luglio - Sant'Ignazio di Loyola
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  3. 31 luglio 2012: Sant'Ignazio di Loyola, confessore
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  4. 31 luglio 2010: Sant'Ignazio di Loyola, confessore
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  5. 31 Luglio - Sant'Ignazio di Loyola
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