S. Ignazio di Loyola (+1556) narra nel Diario spirituale le sue esperienze trinitarie avvenute in contesto eucaristico: «Durante quella messa, io conoscevo, sentivo o vedevo, Dominus scit, che nel parlare al Padre, nel vedere che egli era una persona della Santissima Trinità, mi infiammavo d’amore per tutta la Trinità, tanto più che le altre persone erano in lui essenzialmente.(…)Al Te igitur, sentendo e vedendo in modo non oscuro, ma luminoso e molto luminoso, l’essere stesso o essenza divina in forma sferica, un po’ più grande del sole apparente, e da questa essenza pareva uscire o derivare il Padre, di modo che, al pronunziare Te, cioè Pater, l’essenza divina mi si presentava prima del Padre; e in questo rappresentarmi e vedere l’essere della ss. Trinità, senza distinzione o senza visione delle altre persone, tanta intensa devozione alla cosa rappresentata, con molte mozioni ed effusione di lagrime; continuato così durante la messa a considerare, a ricordarmi, con amore intensissimo verso l’essere della Santissima Trinità…».
Uno degli aspetti della mistica di Ignazio di Loyola è senza dubbio la sua caratteristica contemplazione della Trinità come fonte di ogni essere. La prima rivelazione del mistero avviene durante la chiamata visione del fiume Cardoner, presso Manresa. Un’esperienza che segna la vita e la spiritualità di Ignazio con una particolare impronta trinitaria nella sua contemplazione e nella sua azione, come emerge anche dalla visione della Trinità alle porte di Roma, presso La Storta.
Nel 1522 s. Ignazio di Loyola si reca in pellegrinaggio a Montserrat per celebrare la «Veglia d’armi» secondo il rito appreso dal romanzo Amadigi di Gaula (scritto da G. Rodríguez de Montalvo alla fine del ‘400): appende la spada all’altare della Vergine e si consacra definitivamente a colei «che non è né contessa né duchessa, ma di condizione ben più alta».