Giustissimo.
Giustissimo.
Sulla giudeo-massoneria, interessante:
http://www.arteetangenti.com/documenti/54.htm
La pulizia etnica di David Ben Gurion
Leggendo l'intervista, apparsa ieri (9/1/04) sul quotidiano Haaretz, allo
storico israeliano Benny Morris, ex post-sionista, ora sionista di destra
convinto, si potrebbe commentare «era noto a tutti». Massacri, stupri,
espulsioni di decine di migliaia di palestinesi dalle loro case e dai loro
villaggi, avvenute nel 1948. Ma sarebbe riduttivo e un po' banale. Le
rivelazioni che Morris fa, parlando del suo ultimo libro, sono di una
importanza eccezionale perché, forse per la prima volta, un accademico
israeliano di destra accetta di riferire, senza esitazioni, del ruolo del
«padre della patria», David Ben Gurion, nella «pulizia etnica» avvenuta poco
prima e durante la nascita dello Stato di Israele.
Un periodo in cui circa 700 mila palestinesi che vivevano all'interno dei
confini dello Stato ebraico lasciano la loro terra: su richiesta dei paesi
arabi ha ripetuto per anni la storiografia ufficiale israeliana; perché
espulsi con la forza dalle armate ebraiche ufficiali e dalle milizie di
estrema destra, rivelano i nuovi storici.
Ex membro di un kibbutz, in passato si era anche rifiutato di prestare
servizio militare nei Territori occupati, tenuto a distanza dagli ambienti
accademici ufficiali per un suo noto libro sulle cause della tragedia dei
profughi palestinesi, Morris durante l'Intifada si è convertito alla
ideologia di destra.
Attraverso interviste-shock pubblicate dai maggiori quotidiani israeliani,
ha chiesto l'adozione di misure durissime contro i palestinesi e si è
persino detto pentito di aver documentato in modo puntiglioso le atrocità
perpetrate contro i palestinesi nella cosiddetta Guerra di indipendenza di
Israele. Ha tuttavia continuato il suo lavoro, avendo questa volta, grazie
alla sua «conversione», accesso a importanti fonti ufficiali.
Secondo Morris David Ben Gurion, il leader laburista e premier del nascente
Stato di Israele, fomentò l'espulsione sistematica della popolazione
palestinese. «Ci sono circostanze storiche in cui la pulizia etnica è
giustificata» ha incredibilmente affermato Morris. «Lo stato ebraico non
sarebbe nato senza lo sradicamento di 700 mila palestinesi. Era necessario
sradicarli», ha aggiunto.
Parole gravissime che dovrebbero suscitare sentimenti di sdegno soprattutto
in Europa dove, appena qualche anno fa, è stata seguita con orrore la
pulizia etnica praticata nella ex Jugoslavia. Affermazioni, peraltro, molto
pericolose se si tiene conto che, da alcune settimane, non si parla d'altro
che di demografia e del rapido aumento della popolazione palestinese nei
Territori occupati e, soprattutto, di quella in Israele (definita da più
parti una «bomba ad orologeria»).
Morris non critica Ben Gurion per la pulizia etnica ma per non aver «finito
il lavoro». «Penso che nel 1948 abbia compiuto un grave errore. Visto che
aveva iniziato le espulsioni, forse avrebbe dovuto completare il lavoro...
Ritengo che questo posto sarebbe più tranquillo, e avrebbe sofferto meno, se
la faccenda fosse stata tagliata di netto: se Ben Gurion avesse fatto una
espulsione in massa e avesse ripulito tutta la Terra d'Israele, fino al
Giordano».
Lo storico israeliano lascia intendere che Israele potrebbe, tra qualche
anno, dover finire quel «lavoro» per garantire la sua maggioranza ebraica.
Ritornando indietro di oltre 50 anni, Morris ha affermato che Ben Gurion
ammiccava ai comandanti militari affinché entrassero nei villaggi
palestinesi e terrorizzassero la popolazione civile per costringerla a
fuggire. Il leader israeliano, ha aggiunto, poi si preoccupava che i
militari non avessero noie con la giustizia.
Un Ben Gurion quindi non diverso da Rehavam Zeevi, l'ex ministro di estrema
destra che predicava il «trasferimento», ovvero la pulizia etnica, ucciso
due anni fa da un commando palestinese a Gerusalemme.
Non viene risparmiato il «martire della pace» Yitzhak Rabin il quale,
ricorda Morris, ordinò l' espulsione della popolazione araba di Lod (Lydda).
Le reazioni non si sono fatte attendere. La radio statale israeliana ha
dedicato ampio spazio alla vicenda, la radio dei coloni, Canale 7, non ha
condannato Morris, anzi, ha commentato con toni compiaciuti le sue tesi. Il
deputato palestinese-israeliano Azmi Bishara, del partito Tajammo ha detto
che l'intervista di Morris è di grande attualità.
Bishara nei giorni scorsi, con un articolo pubblicato dal settimanale
egiziano in lingua inglese Al-Ahram, aveva descritto il clima pesante, che,
a suo avviso, annuncia, una nuova «pulizia etnica» in Israele.
«Di recente - ha scritto - il vicepremier Ehud Olmert ha ammesso che il
trasferimento di palestinesi non è possibile: perché non è difendibile
moralmente e perché non è realistico». Ma Israele, a suo parere, realizza
nei Territori occupati un altro modello di segregazione demografica «che è
la continuazione diretta del 1948. Gli abitanti sotto occupazione militare
sono sottoposti a una legislazione israeliana e al tempo stesso si vedono
negati i diritti civili».
(Dal sito: www.come donchisciotte, 12 gennaio 2004)
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Comunicato n. 15/04 del 16.02.2004
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The Wall di Israel Shamir
(Sito di Israel Shamir: http://www.israelshamir.net)
Vedemmo il film dei Pink Floyd, The Wall, in un piccolo, spoglio cinema
chiamato Semadar, il Germoglio di Vite nella Colonia Tedesca di Gerusalemme.
Svuotata dagli ebrei della sua popolazione di etnia tedesca nel 1948,
conserva ancora le sue antiche case di pietra dal tetto di tegole rosse, con
le mura decorate da pannelli di salmi scritti in caratteri gotici,
nascondendo dietro il suo pesante cancello la muratura e il misterioso
Cimitero dei Templari.
Semadar, chiamato cosi' a causa di un'espressione nel Cantico dei Cantici,
era il luogo preferito per parlare durante l'era del Paradiso Perduto, la
Palestina anteguerra cui aneliamo con nostalgia, quando esso era frequentato
da ufficiali britannici, giovani cosmopoliti delle migliori famiglie della
Citta' Santa, armeni, greci, ebrei, tedeschi e, naturalmente, i nativi
palestinesi. Molti matrimoni oltrepassavano le barriere, le affiliazioni
religiose e le passioni politiche prendevano forma nel suo romantico e
minuscolo cortile: la figlia di un rabbino sefardita trovava li' un
corteggiatore scozzese, un Nashashibi, il rampollo di questa nobile famiglia
musulmana palestinese, si incontrava con una vivace ragazza sionista di
sinistra. Semadar non e' cambiato, e' sopravvissuto alla Caduta e alla
Partizione, per diventare un'istituzione delle novelle gerusalemiti di Amos
Oz, come un ghiaccio fossile che sopravvive al surriscaldamento globale.
Semadar e' rimasto il luogo di incontro per le famiglie che, negli anni '80,
uscivano, in quei benedetti giorni prima che il video, la Tv ed il computer
assorbissero tutto il nostro tempo libero, e spesso vi andavamo con i
bambini, per vedere un film. Ad ogni modo, The Wall fu un flop. Nel mezzo
del film, una bocca spalancata in un urlo sembrava volesse divorare lo
spettatore. Questa spaventosa bocca senza ossa ma piena di denti copriva
l'intero schermo, svettando sulle nostre teste. Era troppo per nostro figlio
di sette anni, che scappo' via. Fuori della sala, i muri erano completamente
tappezzati da posters con la stessa bocca urlante, e ci vollero alcune ore
per calmarlo. Questo simbolo del Muro, la spaventosa bocca fagocitante, e'
rimasto seppellito nella profondita' della mia memoria.
E' ritornato con vendetta oggi, quando mi sono imbattuto nel Muro dopo una
bellissima passeggiata. Per molte ore avevamo camminato e guidato tra le
soffici colline delle Highlands, avanzando tra l'alto prato verde,
raccogliendo anemoni viola, guadando un torrente ancora pieno d'acqua e di
amichevoli ragazze e ragazzi completamente vestiti che spruzzavano acqua a
noi ed a loro stessi con giovanile abbandono, mentre i loro genitori, del
vicino villaggio di Anata, preparavano un pic-nic inviandoci i loro cordiali
"salam". Salutammo un monaco che scendeva dal suo eremo roccioso di San
Chariton e ricevemmo le sue benedizioni; inseguimmo un gruppo di quattro o
cinque timide gazzelle dal manto maculato; accendemmo una candela
all'immagine della Madonna Bizantina nella chiesa del villaggio di Taybeh,
dove, secondo le tradizioni gelosamente custodite, Cristo trascorse gli
ultimi giorni prima della Passione. Bevemmo la famosa birra spillata di
Taybeh nelle Pietre, un caffe' nella citta' di Ramallah, con un professore
di filosofia dell'Universita' di Bir Zeit vestito di tweed, un architetto
dal sorriso timido, uno svagato ebreo inglese vagamente rassomigliante a
Noam Chomsky da giovane ed una bellissima palestinese bruna, esiliata in
Tunisia e laureata a Parigi e che, dunque, parlava francese.
Poi, mentre ci dirigevamo verso il Campo dei Pastori, ci imbattemmo nel
Muro. Sezionava il tenero paesaggio campagnolo di Betlemme come un
colossale abisso divoratore, e la natura scompariva. Dozzine di bulldozers
scavavano le colline, sradicavano alberi di viti e di fichi, schiacciavano
le rocce per qualche mostruosa Margarita. Demolivano vecchie case di
contadini e torri medievali, denudando le pendici su cui aveva camminato la
Vergine. Il Muro veniva costruito come una grande autostrada a quattro
corsie, delimitata da barriere di doppio acciaio alte 20 piedi, sormontate
da fili ad alta tensione, intervallate da telecamere, postazioni per
cecchini e qualche cancello. Era il piu' formidabile recinto perimetrale per
campi di prigionia che avessi mai visto e si addossava strettamente alle
case del villaggio, come un folle ballerino di tango fa con la sua partner.
I contadini guardavano i loro alberi d'olivo ancora li', ancora modestamente
germogliati, ma gia' separati, rimossi, imprendibili. I contadini venivano
rinchiusi dietro il muro, come in ogni prigione che si rispetti. I loro
campi, i loro pascoli, le loro sorgenti d'acqua erano fuori. Un cancello,
sorvegliato da un soldato israeliano, li connetteva al loro sostentamento,
alla loro terra, alla loro liberta' - chiuso o aperto a piacere
dell'esercito. Sempre attenti al guadagno facile, i militari hanno istituito
una tassa di due dollari a persona per aprire il cancello. Se proprio questi
palestinesi non riescono a stare lontani dai loro alberi d'olivo, che
paghino.
In alcune parti, il Muro era una semplice costruzione di cemento armato, che
rubava pezzi di terra e di panorama, segregando gli abitanti dei villaggi in
grosse prigioni all'aria aperta. Ma il muro era ancora peggiore allorche'
permetteva un¹allettante visione della terra che una volta era loro. Il Muro
si snodava per centinaia e centinaia di miglia, circondava villaggi, li
separava dalla loro terra e divorava la bellissima natura della Palestina.
Il Muro non e' un'invenzione nuova. L'ho gia' visto, prima. Non lontano dal
sacro Monte Carmelo, vi era un villaggio armeno. Era stato costruito da
profughi armeni che scappavano dalla furia curda nel 1915. I sempre ospitali
palestinesi li aiutarono a costruire le case e prestarono loro la terra, dal
momento che questi armeni erano contadini provenienti dalle rive del lago
Van. Nel 1948, il loro villaggio divenne parte dello stato ebraico. Gli
ebrei non li uccisero e non li scacciarono: semplicemente, circondarono il
villaggio con un muro e lo strangolarono. Esso perse le sue terre e si
trasformo' in una prigione, con un cancello sempre sorvegliato da una
guardia israeliana. Gli armeni resistettero dieci anni. Alla fine degli anni
'50, l'ultimo armeno vendette la sua casa agli ebrei in cambio di una
canzone ed ando' via.
Il Muro ha un altro precursore: il sistema di autostrade "per soli ebrei".
Mentre ne' Haifa ne' Afula hanno strade by-pass, ogni villaggio arabo le ha:
un ampio sistema di autostrade li accerchia e ne impedisce lo sviluppo.
Centinaia di case palestinesi furono demolite, migliaia di ettari di terreno
devastati per costruire la rete by-pass secondo una ricetta presa in
prestito dalla Guida per la Galassia dell'Autostoppista. Cio' fu fatto per
nessuna ragione visibile, dal momento che i piccoli insediamenti ebraici non
avevano bisogno di questo investimento multi-miliardario per "ragioni di
sicurezza". Inoltre, le strade appena costruite erano di solito bloccate
dall'esercito. Ora, con la costruzione del Muro, che s'innalza sempre piu',
la rete by-pass comincia ad avere senso: essa non era altro che il Primo
Stadio della devastazione e dell'imprigionamento. Il Muro lascera' gli
alberi d'olivo nelle mani dei coloni, scrisse il sempre razionale Uri
Avnery. Ma i coloni non hanno bisogno degli alberi d'olivo e non hanno
intenzione di curare la terra. Preferiscono bruciarli. I coloni non sono la
causa, ma una razionalizzazione della causa: il desiderio di spopolare la
Palestina ed ucciderne la natura.
Come potrebbe essere differente? Il programma attualmente in costruzione fu
delineato dal Sionismo in un saggio degli anni '30, Il Muro di Ferro, di
Vladimir Zabotinsky. Ma le radici sono ancora piu' profonde, poiche' il Muro
e' la manifestazione visibile dello spirito ebraico, e ben si accorda allo
stato ebraico. Ci sono dozzine di parole, in ebraico, per definire il
"muro", probabilmente quante ce ne sono in eschimese per indicare la neve.
Il simbolo sacro degli ebrei e' il Muro del Pianto; la loro strada
preferita, Wall Street. Gli egiziani, i babilonesi, i cristiani ed i
musulmani costruirono piramidi verticali, torri e cattedrali per connettere
la terra al cielo; gli auto-adoratori ebrei, che non avevano bisogno ne'
della terra ne' del cielo, preferirono costruire - da Londra al Minnesota -
l'eruv, un muro simbolico che separasse loro dai non-ebrei. La sola
iscrizione ebraica mai rinvenuta in un tempio ebraico non era ne' il
Decalogo ne' un insegnamento morale, ma la scritta: "Goy, se oltrepasserai
questo muro, dovrai incolpare te stesso della tua dolorosa morte".
Il piu' importante suggerimento degli insegnamenti ebraici e' la massima:
Costruisci un Muro attorno alla Torah. Esso intensifica ogni proibizione
della Legge con dozzine di proibizioni aggiuntive. Ad un ebreo e' proibito
raccogliere frutti di sabato, ma il Muro proibisce anche di arrampicarsi su
un albero, poiche' si potrebbe essere tentati di raccoglierne i frutti. E
allora, se l'albero non ha frutti? E' bandito per la stessa ragione: se
questo sabato ti arrampicherai su una betulla, il prossimo sabato lo farai
su un albero di mele e, tra un mese, raccoglierai anche le male e
trasgredirai realmente la Legge.
Il Muro di Sharon e' proprio un Muro attorno alla Torah, perche' se lasci
che un goy giri liberamente, presto o tardi uccidera' un ebreo. Il Muro di
Sharon e' il Muro del Tempio, perche' se un goy lo oltrapassera' dovra'
incolpare se' stesso per la pallottola di un cecchino. Il Muro di Sharon e'
il Muro del Pianto per i palestinesi ed e' Wall Street per le imprese
ebraiche di costruzione. La voce che ordina e' quella di Giacobbe, ma le
mani sono quelle di Esau': il Muro viene costruito col sudore dei
palestinesi ridotti al lastrico, sorvegliati da russi e pagati dagli
americani per mettere in prigione i loro fratelli. [...]
Questo Muro e' la vera road-map del sionismo, poiche', quando la sua
costruzione sara' completata, la Palestina sara' distrutta ed i suoi
abitanti una volta felici saranno tutti profughi. Ma neppure il destino
degli ebrei sara' invidiabile, perche' il Muro e' dovunque. Ogni negozio,
ogni ristorante, ogni pub di Tel Aviv ha il suo muro vivente: un ragazzo
importato dalla Russia o dall'Ucraina per fare la guardia. Per quattro
dollari l'ora devono fermare un kamikaze col loro corpo, per poi essere
seppelliti dietro il Muro del cimitero. Noi israeliani veniamo perquisiti
dieci volte al giorno, nei negozi, al lavoro, nei luoghi di divertimento.
L'intera Terra Santa e' diventata un'enorme prigione di sicurezza per tutti
i suoi abitanti, ebrei e non ebrei.
Poteva essere predetto. Gli ebrei non furono chiusi da crudeli stranieri
entro le mura del ghetto, scrisse Zabotinsky: essi lo scelsero, come gli
stranieri in Cina scelsero di vivere nei loro insediamenti separati.
Cinquant'anni dopo, Israel Shahak fece un'altra valida osservazione: le mura
del ghetto furono aperte dall'esterno, dallo stato, mentre gli ebrei non
desideravano lasciarlo. Le mura materiali furono aperte, quelle interne
rimasero. Lo stato ebraico e' un'emanazione della ripugnanza e della paura
ebraica per lo straniero, mentre le politiche da Cabala del Pentagono sono
un'altra manifestazione della stessa paura e dello stesso disgusto su scala
globale.
Non solo gli individui, anche le societa' e le culture possono essere folli.
Questa importante scoperta fu fatta da una sociologa americana, Ruth
Benedict, una intima amica di Margaret Mead e Franz Boas. Il suo
"Caratteristiche Culturali" (1934) resta uno dei capisaldi della letteratura
sociologica fino ad oggi. In quest'opera, la Benedict descrive le diverse
culture nativo-americane e caratterizza gli Indiani Pueblo come "placidi ed
armoniosi". Il sociologo ebreo Franz Boas le forni' i dati che mostravano
"il carattere auto-compiacente e megalomaniaco dei Kwakiutl, mentre Reo
Fortune dimostro' che gli isolani di Dobu erano "paranoici e di spirito
gretto". Quest'ultima definizione si adatta come un guanto alla cultura
ebraica. Cos'altro e' questa ricerca ossessiva delle armi di distruzione di
massa in Iraq se non una manifestazione di paranoia? L'attuale Israele, il
paese della perenne perquisizione fisica, e' l'ultima societa' paranoide,
secondo Ruth Benedict. Gli USA stanno soccombendo sotto la stessa malattia,
a causa dell'attuale cricca di governanti seguaci di Leo Strauss: costruisce
muri e disarma terre lontane, ed i suoi stessi cittadini, poiche' la
paranoia ebraica e' estremamente contagiosa.
E' inutile combattere contro il Muro, come e' stato inutile combattere le
colonie illegali, finche' ne si ignori la causa. "Il Muro e' nel cuore",
ubeliba homa, cantavano gli ebrei che conquistarono Gerusalemme nel 1967. E
il Muro e' il cuore del problema, e questo e' lo stato ebraico in Palestina.
Attivisti di pace giovani e meno giovani sulle colline lungo il Muro ancora
agitano lo slogan "Due Stati" in direzione dei bulldozers, e i bulldozers
davvero realizzano il sogno dei due stati, il mio incubo: uno stato ebraico
e una catena di riserve indiane per i goyim, lo "stato palestinese".
Chiunque dica: "uno stato palestinese indipendente a fianco dello stato
ebraico" finge di non vedere il Muro. Il Muro e' l'operazione mediante cui
si separano due gemelli siamesi, e solo il piu' forte sopravvivera'. Le
discussioni sul Muro vengono sepolte nella sabbia in Israele: la stragrande
maggioranza degli israeliani, dal Labour al Likud, lo supportano, mentre i
sostenitori piu' tenaci della Bocca Divorante sono i "pacifisti" israeliani.
Il Muro si prende gioco delle anime innocenti infiammatesi per la road-map,
un altro piano per separare i gemelli. Sharon non se preoccupa, poiche' esso
concede abbastanza tempo per completare il Muro, pone il fardello della
"pacificazione" sulle spalle dei palestinesi e gli da' piena liberta'
d'azione in cambio di alcune vuote promesse. I pacifisti sperano di alterare
il corso del Muro qua' e la'. Ma cio' non servira' a nulla, poiche' il Muro
separera' per sempre il popolo dalla sua terra. Dovunque sia, esso separera'
i rifugiati del campo profughi di Dehishe dalle loro case di Deir al-Sheikh,
dieci miglia piu' in la'. Separera' i cristiani di Taybeh dal Santo Sepolcro
e i musulmani di Yassouf dalla Moschea dell'Aqsa. Separera' anche gli ebrei
dai luoghi sacri. Separera' i contadini delle Highlands dai loro posti di
lavoro di Haifa e Tel Aviv.
Il Muro di Sharon, questo terribile disastro, fornisce la rara opportunita'
di osservare la natura reale dello stato ebraico e di chiedere il suo
smantellamento. Non del Muro, ingenui! Dello stato ebraico!
(Traduzione a cura di: www.arabcomint.com)
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RASSEGNA STAMPA
Ufficiali israeliani contro le stragi di civili palestinesi
Alla Cinemateque di Geusalemme spesso parlano i refusenik, movimento di
obiettori di coscienza nato nel gennaio del 2002, quando un gruppo di
ufficiali e soldati riservisti sottoscrissero un appello, con il quale si
opponevano al servizio militare all¹interno dei Territori palestinesi
occupati. (S) La settimana scorsa alla Cinemateque è stato ospite il
capitano Jonatan S., pilota di elicottero da combattimento e uno dei
firmatari della lettera, diventata famosa, inviata nei mesi scorsi da una
trentina di aviatori israeliani ai loro comandanti (S)
Quando ha deciso di rifiutarsi di eseguire gli ordini ricevuti?
E¹ stato una notte di due anni fa quando un nostro aereo sganciò una bomba
di una tonnellata su un edificio, in un quartiere residenziale di Gaza, dove
viveva un capo del movimento islamico Hamas, Salah Shahade. L¹esplosione
uccise anche numerosi bambini. Il capo dell¹aviazione, Dan Haluz, si
complimentò per quell¹azione e dichiarò che l¹eliminazione del terrorista lo
faceva dormire tranquillo. Io, invece, quella notte non sono riuscito a
chiudere occhio, pensavo alle vite innocenti spezzate. Mi chiesi: valeva la
pena uccidere tante persone per raggiungere il nostro obiettivo? La risposta
fu no. (S) Io credo che uccidere civili per eliminare un solo terrorista sia
immorale. Dobbiamo combattere il terrorismo, ma sempre nel rispetto dei
diritti umani ed evitando stragi di innocenti.
(Da Avvenire del 9 marzo 2004)
Congresso Usa a difesa dei fast food
In controtendenza con il parere degli esperti che hanno lanciato l¹ennesimo
grido d¹allarme contro l¹obesità, il Congresso degli Stati Uniti ha
cominciato a discutere una proposta di legge per proteggere i fast food da
azioni legali legate all¹epidemia di grasso che sta uccidendo l¹America. La
legge è sponsorizzata dalla maggioranza repubblicana. Proprio martedì i
Center for Disease Control federali avevano messo in guardia contro i guai
che derivano alla salute dal peso di troppo: secondo i Cdc, se l¹attuale
trend dovesse continuare, l¹obesità potrebbe strappare al fumo il triste
primato di killer numero uno in America.
(da Avvenire dell¹11 marzo 2004)
L¹occupazione sionista della Terra Santa
Durante la tregua dell¹estate scorsa il check point che taglia in due la
Striscia di Gaza era stato praticamente rimosso, nel senso che le torrette
erano state allontanate di un centinaio di metri e il traffico scorreva
liberamente. Prima della fine di agosto la tregua è crollata, sono tornate
le code e le lunghe attese. Da mesi però non respiravo l¹aria di Abu Holi.
Ci sono meno ragazzini ora, l¹auto possono transitare con due sole persone a
bordo, perciò non ci sono grandi affari d¹affare. Mentre la nostra auto
percorre il rettilineo che porta di fronte alla torretta, però, noto un paio
di chioschi di sigarette e bibite. Non è un bel segnale: quando tornano
fuori i venditori significa che le attese si sono fatte più lunghe.
All¹andata aspettiamo una mezz¹ora. Ci va peggio al pomeriggio, quando per
tornare a Gaza ci tocca stare fermi per un paio d¹ore. Stavo dimenticando,
col tempo, cosa volesse dire il check point di Abu Holi, oggi mi rinfresco
la memoria e ritrovo quel sentirsi bestiame alla pesa. Mi accovaccio come
posso negli spazi angusti della Panda, prendo sonno. Mi svegliano gli spari
che provengono da una casa occupata dagli israeliani. Capita che sparino
qualche colpo in aria per raffreddare gli spiriti inquieti chi di è inattesa
di passare. Non sparano per disperdere nessuno. Non c¹è nessuno da
disperdere e gli spari vanno avanti per una mezz¹ora. Evidentemente qualche
ragazzo in uniforme sui annoia, o al contrario ha bisogno di scaricare su un
bersaglio un po¹ della tensione accumulata. Peccato che il suo esercizio di
rilassamento produca in noi che stiamo rintanati nelle scatolette a quattro
ruote l¹effetto contrario. La polvere alzata dai proiettili mi aiuta a
localizzare i colpi e mi assicura: non sparano a nessuno, si limitano a
ricordare a chi si fosse distratto che questo luogo ha un padrone, e che a
chi imbraccia un fucile è meglio non fornire pretesto per cambiare
bersaglio. A due anni dal mio arrivo in Palestina, questo continua a essere
il luogo dove mi è più facile sentire sulla pelle cosa significhi subire
un¹occupazione.
(Articolo di Alessandro Latini, educatore in un progetto di assistenza a
2000 bambini di età 3-6 anni nella Striscia di Gaza, da il Ponte, rivista
della diocesi di Rimini, del 14 marzo 2004)
Parenti delle vittime dell¹11 settembre contro Bush
USA, 6 marzo. Contro Bush si scagliano alcuni familiari delle vittime
dell¹11 settembre. Il presidente George W. Bush ha utilizzato immagini degli
attentati nei suoi quattro primi annunci elettorali. «È di estremo cattivo
gusto che le utilizzi come trampolino per la sua rielezione» ha detto Bill
Doyle, che ha perso suo figlio sotto le macerie delle Torri Gemelle. Aspra
la reazione di Ron Willett (il figlio è morto al World Trade Center), che ha
detto che «voterebbe Saddam Hussein piuttosto che Bush». Sono solo alcune
delle reazioni di familiari delle vittime.
Notizie dalle colonie dell¹Impero
Iraq, 2 marzo. «Non c¹è mai stata una guerra civile in Iraq. Sebbene
Al-Qaeda sia un¹organizzazione di soli sunniti, essa non ha mai pronunciato
una minaccia contro gli sciiti. Tuttavia, da settimane, le autorità
d¹occupazione americane ci stanno annunciando la guerra civile e ora questa
carneficina. Una coincidenza?». Questa domanda se l¹è posta il giornalista
del quotidiano inglese The Independent, Robert Fisk. Il giornalista non è
tanto convinto che ci sia Al-Qaeda dietro le bombe di Karbala: «Se un
movimento sunnita violento volesse sfrattare gli americani dall¹Iraq perché
vorrebbe rivoltare contro di sé la popolazione sciita dell¹Iraq, il 60%
degli iracheni? Avere contro la maggioranza degli iracheni è l¹ultima cosa
che tale resistenza desidererebbe». Alle autorità statunitensi, infine, una
richiesta: «Hanno detto ripetutamente che gli uomini bomba suicidi erano
³stranieri² (...) Possiamo avere qualche identità, qualche nazionalità? Il
segretario alla Difesa degli USA, Donald Rumsfeld, ha comunicato che
centinaia di combattenti ³stranieri² attraversano i bordi ³porosi²
dell¹Arabia Saudita. La stampa degli USA lo ha ripetuto con cura. La polizia
irachena continua ad annunciare di aver trovato i passaporti degli
uomini-bomba. Allora, possiamo avere nomi e numeri?».
Iraq, 7 marzo. Oltre 10mila persone sono detenute in carceri irachene, sotto
il controllo dei militari statunitensi. Lo scrive The New York Times. Il
prigioniero più giovane avrebbe appena 11 anni, il più vecchio 75. Tutti
sono accusati di aver preso parte agli attentati degli ultimi mesi. Gli
stessi funzionari militari USA ritengono, tuttavia, secondo quanto scrive il
quotidiano, che molti dei reclusi non costituiscano un serio pericolo.
Afghanistan, 8 marzo. Le truppe USA compiono abusi e violenze contro la
popolazione locale. Lo riferisce l¹edizione odierna del quotidiano
britannico The Guardian. I militari statunitensi userebbero la forza in modo
eccessivo durante gli arresti, oltre a detenere in condizioni durissime i
prigionieri, oggetti anche di maltrattamenti e torture. Molte morti e casi
di ferite gravi nei detenuti afgani sarebbero potuti essere evitati, secondo
il portavoce di Human Rights Watch, Brad Adams.
Afghanistan, 9 marzo. Le forze USA in Afghanistan operano arresti arbitrari
di civili, utilizzano una forma eccessiva della forza e sottopongono a
maltrattamenti i detenuti. La denuncia è dell¹organizzazione Human Rights
Watch in una relazione pubblicata ieri, qualificando il sistema di
detenzione da parte delle truppe statunitensi «fuori legge» e «un terribile
esempio». La relazione ³Libertà duratura: abusi delle forze statunitensi in
Afghanistan², si basa su un¹inchiesta in Afghanistan e Pakistan nel 2003 e
agli inizi del 2004.
Iraq, 15 marzo. Gli USA vogliono bombardamenti ingiustificati e noi non ci
stiamo. Piloti australiani di caccia F/A18 si sono rifiutati di lanciare
bombe in circa 40 missioni di guerra, ritenendo che non vi fossero ragioni
valide per combattere. Questi piloti sono parte del contingente di 2mila
uomini voluto dal governo di Canberra in Iraq a fianco degli Stati Uniti.
(Comunicato di Arianna Editrice del 16 marzo 2004, fonte:
www.indipendenza.org)
Le fosse comuni in Kosovo e le menzogne della Nato
(S) Quello che da cinque anni accade in Kosovo non è soltanto paragonabile
al supposto ³genocidio2 che provocò l¹intervento della Nato ma lo supera
largamente, almeno stando alle cifre ufficiali Nel 1999, quando l¹Alleanza
Atlantica decise i bombardamenti sulla Jugoslavia conteggi piuttosto precisi
dell¹Osce che schierava migliaia di osservatori sul terreno ascrivevano 1007
vittime (per la metà serbe) ad un anno e mezzo di guerriglia nella regione.
Oggi nonostante i 19mila soldati d¹Europa che controllano l¹area non
esistono stime ufficiali, però fonti serbe parlano di un migliaio di
³scomprsi2 nel dopoguerra e quelle albanesi di due o tremila. (S) la nuova
³polizia² locale risulta formata al 94 per cento da ex guerriglieri dell¹UCK
che l¹Onu aveva cercato di disarmare (S)
Qualche mese fa i primi dati sulle fosse comuni (che al momento dei
bombardamenti Nato si voleva contenessero i corpi di diecimila albanesi)
avevano destato qualche sconcerto, finendo comunque sepolti tra le vicende
afgane e quelle irachene. Fra i circa quattromila corpi scoperti in
numerosissimi, piccoli tumuli, circa la metà erano appartenuti a ³non
albanesi², per usare l¹eufemismo dei medici legali dell¹Onu.
(Da La Stampa del 19 marzo 2004)
I famigliari dei soldati Usa morti in Iraq non gradiscono le battute di Bush
sugli arsenali fantasma
Sulle armi di distruzione di massa non si scherza. Lo ha imparato a sue
spese il presidente americano Bush, dopo aver pronunciato una battuta che ha
fatto infuriare i famigliari dei soldati impegnati in Iraq. Mercoledì sera
c¹è stata la 60° cena annuale dell¹associazione dei corrispondenti
radiotelevisivi accreditati alla Casa Bianca. La tradizione vuole che il
Presidente, durante questo appuntamento, tenga un discorso umoristico. Bush
ha scelto di presentare il White House Election-Year Album, ossia l¹album
fotografico della Casa Bianca nell¹anno elettorale. (S) Una foto riprendeva
Bush mentre si chinava sotto un mobile per cercare qualcosa, e lui l¹ha
commentata così: ³Queste armi di distruzione di massa dovranno pure stare da
qualche parte!². (S) I commenti più imbarazzanti sono quelli arrivati da
alcuni famigliari dei soldati: ³Le armi usate nello scherzo del Presidente
sono quelle per cui i nostri figli hanno perso o rischiano la vita, e
continuano a rischiarla ogni giorno². Proprio ieri il Pentagono aveva
diffuso il numero delle perdite americane in Afghanistan e Iraq: oltre 700.
(S)
(Da La Stampa del 26 marzo 2004)
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Comunicato n. 34/04 del 29.03.2004
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Terrorismo sionista
Prima della proclamazione dello Stato d¹Israele, in Terra Santa il 25% della
popolazione palestinese era di fede cristiana. Il terrorismo sionista, che
in quegli anni seminò morte e distruzione, provocò l¹esodo di molti
Palestinesi, fra cui la maggioranza dei Cristiani.
Dominque Lapierre e Larry Collins, in ³Gerusalemme! Gerusalemme!² (Oscar
Mondadori, 1976), narrano l¹attentato compiuto dal gruppo sionista della
³Haganah² all¹Hotel Semiramis di Gerusalemme, che provocò la morte di 36
persone, tra cui un¹intera famiglia cristiana di 18 persone.
« SSrotolandosi sopra le colline, un tappeto di nubi color piombo stava
invadendo il cielo di Gerusalemme, minacciato un furioso temporale. Nello
stesso momento in cui Shacham aveva condannato l¹albergo dove si erano
rifugiati, i diciotto membri della famiglia Aboussouan stavano andando a
Messa. Nella chiesa di Santa Teresa, la pia madre del dentista esortò tutti
a confessarsi e fare la comunione, «unica vera protezione contro i pericoli
che ci minacciano». Un nuovo membro della famiglia Aboussouan giunse
all¹albergo. Wida Kardous era la figlia del governatore della Samaria, e i
suoi genitori l¹avevano mandata a Gerusalemme per trascorrervi la fine delle
vacanze di Natale. Prima di colazione, Manuel Allende Salazar, il giovane
diplomatico spagnolo che abitava nell¹albergo, andò a restituire a Samy
Aboussouan un libro. I due uomini si misero a ridere, rilevando come il
titolo del libro corrispondeva alla loro situazione. Era intitolato Viaggio
nell¹assurdità.
Annunciato da un rombo di tuoni, il temporale, che sembrava imminente nel
pomeriggio, scoppiò al cadere della notte. Mentre i lampi solcavano il
cielo, un vero diluvio si abbatté sulla città, trasformando le strade del
Katamon in torrenti di fango. Colpendo i tralicci o i fili della conduttura
elettrica, un fulmine fece piombare il quartiere nell¹oscurità. Spaventate,
due vecchie zie di Aboussouan cominciarono a dire il rosario, mentre la
servitù correva in cerca di candele. Quella sera, il pranzo fu piuttosto
lugubre. (S)
A meno di un chilometro di distanza, all¹ultimo, piano della casa di un
chirurgo ebreo, quattro uomini erano riuniti sopra la pianta di Gerusalemme.
Con il dito, Mishael Shacham segnò la strada che doveva portarli al loro
obiettivo. I quattro del commando sarebbero stati coperti da una squadra
della Haganah. Fuori, nella strada spazzata dalla pioggia, li aspettavano la
Humber e la vecchia Plymouth, con le quali avrebbero raggiunto il Semiramis.
Una volta sul luogo, avevano esattamente dieci minuti per forzare la porta
della cantina e introdurvi le loro valigie contenenti settantacinque chili
di TNT, collocare le cariche sotto i principali pilastri che sostenevano
l¹edificio, accendere la micce e sparire. ³Ora H: l¹una del mattino² stabilì
Shacham.
La pioggia seguitava a inondare la città. All¹Hotel Semiramis, Samy
Aboussouan depose un candeliere in mezzo a una tavola da gioco, per fare
mano a bridge con tre dei suoi cugini. Il console di Spagna rientrò di
buon¹ora, ritirandosi subito nella sua stanza. In un angolo del salone, le
due vecchie zie stavano sempre sgranando il rosario. Poco dopo le undici,
tutti andarono a coricarsi. A mezzanotte, l¹ultima candela era stata spenta.
(S).
La Humber e la Plymouth giunsero con quindici minuti d¹anticipo. Non vi era
nessuno di guardia allo sbarramento che avevano superato. Dal cortile del
convento ortodosso, posto davanti all¹albergo, l¹unica sentinella araba vide
una delle due macchine fermarsi davanti alla cucina del Semiramis. (S) La
porta della cantina era inchiavata. Bestemmiando nel buio, l¹ebreo Avram Gil
staccò dalla sua cintura una bomba a mano, fissandola alla maniglia della
porta. L¹esplosione fece uscire dai cardini i battenti. Gil e altri due
membri del commando s¹introdussero nei sotterranei pieni di fumo, con le
loro valigie.
La pioggia diu vetrim rotti svegliò Wida Kardous. Nella notte intese sua zia
Maria chiamare. Poi un¹0altra voce inginse di stendersi a terra. Il rumore
aveva ugualmente destato Samy Aboussouan. Per un istante credette a una
zuffa in strada, poi udì dei passi scricchiolare sulla sabbia nel cortile e
una voce dire in ebraico: ³Non ancora, non ancora².
Egli si alzò dal letto. (S) Poi corse al telefono. Più in fretta che poté,
compose il numero dell polizia. ³Stanno attaccando l¹Hotel Semiramis con le
bombe a mano² gridò all¹inglese insonnolito che aveva risposto. Nei
sotterranei intanto le cariche esplosive erano state fissate ai pilastri, ma
Avram Gil e i suoi compagni non riuscivano ad accendere le micce, bagnate
dalla pioggia. (S) ³Yoel non riusciamo ad accendere le micce². Il comandante
li raggiunse con calma nel sotterraneo, accostandosi a una carica. ³Ecco
come bisogna fare in questi casi² spiegò. ³non confondersi, lavorare con
calma, e tutto finirà bene.² Mentre parlavano, tagliò, semplicemente, il
pezzo di miccia bagnata con un temperino.
Di sopra, la zia Maria lasciò la mano della giovane Wida Kaordous. ³Torno
subito², la rassicurò ³vado a cercare una vestaglia.² Spaventata, Wida l¹udì
allontanarsi nel corridoio. Samy Aboussouan riattaccò la cornetta del
telefono, dirigendosi verso il salone. Al piano di sotto, suo fratello Cyril
dava il braccio a sua madre per farle scendere le scale. Suo padre li
seguiva in vestaglia.
Dopo diversi minuti di lavoro per preparare le micce, il comandante del
commando andò a raccogliere un pezzo di porta bruciacchiato dall¹esplosione,
vi soffiò sopra finché la brace emise una luce arancione con esso diede
fuoco alla varie micce. ³Adesso filiamo² disse con calma. (S)
Il rumore dell¹esplosione destò quasi tutto il quartiere. Dalla finestra
della sua camera, lo studente di diritto Peter Saleh, che era appena
smontato dal suo turno di guardia, vide l¹albergo esplodere come un geyser e
poi ricadere su se stesso. Una nube di fumo e di povere si levò dalle rovine
e l¹onda d¹urto si propagò con un rombo di tuono verso le colline della
Giudea.(S) Svegliata dallo scoppio della bomba a mano, Kay Albuina aveva
assistito dalla finestra della camera da letto allo svolgimento di tutto il
dramma. Aveva udito la fuga delle vetture della Haganah e visto con terrore
l¹esplosione disintegrare lentamente, come in un film al rallentatore, i tre
piani del Semiramis. Infermiera della Croce Rossa, prese la sua borsa,
alcuni lenzuoli e si precipitò per aiutare i feriti.
Ma nessuno dei manuali di pronto soccorso, su cui aveva studiato, l¹aveva
preparata allo spettacolo che le si parò dinanzi, tra le rovine
dell¹albergo. Una donna dall¹aria smarrita girava tra le rovine tenendo fra
le mani la testa d¹una bambina. Trentasei persone morirono nell¹esplosione
dell¹Hotel Semiramis. Samy Aboussouan e Wida Kardous sopravvivere, ma la
loro famiglia fu praticamente distrutta. (S). Tre giorni dopo l¹esplosione,
un cane, che grattava furiosamente tra le rovine che non aveva abbandonato,
condusse i membri della squadra di soccorso all¹ultima vittima ancora
sepolta. Nascosto sotto un mucchio di macerie, trovarono il padrone del
cane, il giovane diplomatico spagnolo. (S) Vittima d¹una tragedia che non
era la sua, Manuel Allende Salazar aveva finito il suo viaggio
nell¹assurditàS»
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Ho mutato nome al thread in modo da renderlo più aderente al suo contenuto.
Guelfo Nero
La legge degli Ebrei dopo la dispersione: spunti di approfondimento.
Da Cristo fino a noi l'ebreo ha attinto la sola e vera ortodossia giuridica nel Talmud e non nella legge di Mosè.
Un autore israelita ben conosciuto (Singer) disse con tutta ragione: "Sono in completo errore colore che si lusingano di conoscere la nostra religione studiando la Bibbia.
"Ciò che regola la vita religiosa dell'ebreo dal primo respiro all'ultimo sospiro sono le opere che compongono l'immenso edifizio della legislazione talmudista".
A gran torto adunque si considera l'antico Testamento come il codice religioso degli attuali ebrei: "Il codice è il Talmud, il quale, come fa osservare Chiarini, non è atto che a far loro perdere il buon senso e corrompere il loro cuore a nome dell'Eterno". (Mons. Meslin, Les Lieux saints, t. III, p. 549).
"Il Talmud - disse da parte sua il gran rabbino Trenel, direttore del seminario rabbinico - ebbe in tutti i tempi dei violenti detrattori e degli apologisti appassionati. Per duemila anni, è stato ed è ancora un oggetto di venerazione pegli israeliti dei quali è il codice religioso".(2)
Che cosa è dunque il Talmud? Il Talmud è una raccolta cominciata circa 150 anni dopo la morte di N. S. Gesù Cristo da un rabbino chiamato Giuda, continuata da altri rabbini e terminata solamente alla fine del secolo V. Ecco, secondo un dotto rabbino ebreo, convertito al cattolicismo, Drach, quanto dobbiamo pensarne:
"Noi che, per professione, abbiamo per lungo tempo insegnato il Talmud e spiegato la sua dottrina, dopo averne seguito un corso speciale per lunghi anni sotto i più rinomati dottori israeliti di questo secolo ..., noi ne parleremo con conoscenza di causa e con imparzialità ...; diremo ciò che lo raccomanda e ciò che lo condanna ... Talmud è un termine ebraico-rabbinico che significa dottrina, studio. Esso declina più particolarmente il gran corpo della dottrina degli ebrei, alla quale hanno lavorato successivamente, ed in epoche differenti, i più accreditati dottori in Israello. Esso è il codice completo, civile, religioso della Sinagoga. Il suo fine è di spiegare la dottrina di Mosè, conformemente allo spirito della tradizione verbale ...
"Se il giudizioso lettore del Talmud ha spesso motivo di affliggersi per le strane aberrazioni in cui può cader lo spirito umano privo della vera fede; se più d'una volta le turpitudini del cinismo rabbinico obbligano il pudore a velarsi la faccia; se la Chiesa è fatta bersaglio di atroci ed insensate calunnie che l'odio empio dei Farisei vi spande su tutti gli oggetti della sua venerazione religiosa, il teologo cristiano vi raccoglie dei dati e delle tradizioni preziose per la spiegazione di più d'un testo oscuro dell'antico Testamento, e per convincere i suoi avversari religiosi dell'antichità come della santità dei dogmi cattolici".
Esistono due redazioni del Talmud, quella di Gerusalemme e quella di Babilonia, composta per riformare i difetti della prima.
"Il Talmud di Babilonia - dice Achille Laurent, uno dei membri della Società orientale, che in questi ultimi tempi ha più profondamente studiata la questione ebrea - è il solo che sia seguito. Esso forma una collezione che non ha meno di dodici volumi in-foglio. È il codice religioso degli ebrei moderni, molto differente da quello degli antichi ebrei. In esso sono compendiate tutte le credenze; e quando si ha il coraggio di percorrere questa immensa raccolta, vi si trovano le cause che sempre fanno sollevare i popoli contro i resti dispersi d'Israele ... Da questo commentario sono derivate le chimere della cabala, i pericolosi errori della magia, l'invocazione dei buoni e cattivi spiriti, un lungo ammasso di errori morali, ed una teogonia tolta dalla Caldea e dalla Persia ... Il commentario distrugge la legge coi principii di odio che esso contiene per tutti gli uomini che non fanno parte di quello ch'esso chiama il popolo di Dio".(3)
È così che il Talmud fu il provocatore supremo dei più antisociali costumi, e l'ispiratore d'un forsennato odio contro i cristiani. Drach c'insegna che, fin da quando la conoscenza della lingua ebraica si è propagata in Europa, i tipografi ebrei hanno preso la precauzione di sopprimere i passaggi che contengono orrori e detestabili raccomandazioni contro i cristiani ed il cristianesimo lasciando delle lacune in loro luogo, e per rimediare a tali lacune, i rabbini insegnano verbalmente ciò che esse indicano. Talvolta anche, rimettono e ripristinano a mano nei loro esemplari le soppressioni. "Questo è successo, - dic'egli - nell'esemplare del Talmud che io possiedo".
Il Talmud ha soprattutto per fine d'inculcare agli ebrei questa fede, che cioè essi compongono una razza umana superiore, destinata a dominare su tutto l'universo e a dar loro i mezzi di raggiungere questa dominazione.
Già da un secolo, coll'aiuto della Rivoluzione, gli ebrei si son messi con nuovo ardore a proseguire l'ideale della loro razza e ad impadronirsi per ciò di tutte le forze vive dei popoli che hanno avuto l'imprudenza di accoglierli fra di loro sulla base dell'eguaglianza, adoperando con loro la morale cristiana, mentre gli ebrei non conoscono che la morale talmudica.
Ed è in tal modo che essi sono pervenuti in Francia a dominarci, o piuttosto a tiranneggiarci nella politica, nel governo, nell'alta banca, nelle finanze, nell'industria, nella stampa e nell'opinione.
Gougenot des Mousseaux espone in questi termini i frutti prodotti dal Talmud nell'anima ebrea e nella razza d'Israele:
"La legge religiosa dell'ebreo della franca ortodossia è una legge d'esclusione e di odio; ma egli non vi fuggirà, poiché vive di voi. Il furto, l'usura, la spogliazione dei cristiani sono uno de' suoi diritti, poiché il non ebreo davanti a lui non è che un semplice bruto incapace di possedere; e per l'ebreo la proprietà che possiede questo bruto, è un furto. Nessuna legge gli impone il rispetto dei beni, nessuna il rispetto alla vita di questo infedele. Che voi lo chiamiate, che voi lo respingiate, fate conto d'averlo sempre per vicino: ma sia che lo perseguitiate, sia che lo schiacciate, per così dire, sotto il peso de' vostri beneficii, voi non l'avrete mai per prossimo: mai vi terrà per suo simile".
In una parola, la dottrina antisociale del talmudista è la morte della civiltà cristiana.
Guelfo Nero