Paul, sei stato troppo prolisso !!
Scherzi a parte - e mi scuso con tutti per il ritardo nel rispondere, ma ero assente - questo tradizionalismo integrale, dopo gli ultimi interventi chiarificatori di Patrizio, mi sembra definibile come una metafisica di 2^ grado , quanto meno nelle sue intenzioni. Di 2^ grado perche' cercherebbe di avere una legittimita' ed una "verita' " + elevata dei singoli sistemi e perche' pare avere la tendenza ad inglobarli tutti. Perlomeno quelli ritenuti sufficientemente "tradizionali". Il problema e' se riesca a farlo o, da un'altra prospettiva, se questa operazione sia legittima.
Ritorniamo al discorso delle definizioni: in questi giorni sono riuscito a rileggere 1 po' di Evola (Rivolta contro il mondo moderno )e quello che mi ha stupito e' la discrepanza tra le analisi storico-morfologiche, complesse e particolareggiate, e le premesse dottrinali, piuttosto generiche ed evasive. Per definire la Tradizione Evola fa semplicemente accenno a dei dualismi, come trascendente-immanente, sensibile-sovrasensibile, eternita'-storicita', sostanzialmente insufficienti. Pare che non sia richiesto nessun requisito ulteriore per il carattere di tradizionalita', oltre l'affermazione dell'esistenza di una realta' di questo tipo. A questa stregua qualsiasi metafisica, greca, ebraica, araba o indu' potrebbe essere reclutata.
La stessa ambiguita' si ritrova nel problema delle origini cronologiche della modernita'. Se tutti i fenomeni citati non sono che tappe, quando comincia effettivamente la modernita' ? Quando l'umanita' avrebbe cominciato a distaccarsi dalla tradizione? Mi aspetto una obiezione: che civilta' tradizionali e non, possano essere simultanee in quanto fondate su un differente rapporto eternita'-storicita', su una diversa percezione del tempo (Evola). Tuttavia questo pone altre 2 questioni:
1- se civilta' tradizionali e non possono coesistere nel tempo, cio' non potrebbe essere accaduto fin dall'origine ? E' possibile che alcune civilta' abbiano negato od ignorato la tradizione da sempre ? E se si', come si giustifica la teoria dei cicli ? Se cosi' fosse, anche la decadenza sarebbe permanente, senza inizio.
2- la trasmissione originaria della tradizione (che a questo punto si configura come un vero e proprio complesso di dottrine specifiche, un insegnamento) e' stata universale o no ? Ha riguardato tutte le civilta' o no ? In relazione al pto 1, se alcune civilta' sono sempre state al di fuori della tradizione, con che criterio la trasmissione ha riguardato solo alcune ?
In ogni caso, questo e' sufficiente per farmi capire come i termini di confronto della questione siano, appunto, eterogenei, essendo nel mio caso religiosi (exoterici ?) e nell'altro, "dottrinali". Io riconosco nella modernita' nient'altro che il processo ed il risultato della profanizzazione (secolarizzazione) sistematica del cristianesimo (o giudeo-cristianesimo, nozione + completa) che ha dato luogo all'Occidente. Ed 'e a questo titolo che, rivendicando le radici pagane, critico e rifiuto la modernita': perche' si tratta di una alienazione spirituale, una sostituzione del mito fondatore che non permette lo sviluppo autonomo della nostra civilta'. Quindi ritengo possibile indicare nella modernita' una precisa radice culturale ed una origine nel tempo. Mentre la modernita' secondo il tradiz. integrale mi pare esuli da tutto cio', o quanto meno sfiori soltanto questa problematica, precisamente per quanto riguarda il problema della
trasmissione
Qui la prospettiva esposta da Patrizio mi sembra veramente una sorta di giustificazionismo sostanzialmente necessitante per quanto riguarda il corso propriamente storico. Il quale, fra l'altro, rischia - come nota Paul - di rendere indifferente ed infine equivalente qualsiasi tipo di transizione.
In primo luogo, abbiamo un evidente e stridente conflitto di finalita': se per la tradizione il passaggio al cristianesimo e' legittimo perche' comunque transitorio esso stesso, destinato al superamento all'origine di un nuovo ciclo, si da' il caso che per i cristiani tale passaggio sia definitivo e non siano contemplati altri stadi. Inoltre, i cristiani postulano una fine assoluta della storia, nella quale la rivelazione sara' definitiva e l'umanita' sara' ricompresa in un eterno presente a-storico. E' un modo ben diverso di concepire l'eternita' rispetto a qualsiasi concezione ciclica della storia, ove essa e' data piuttosto dall'infinita ripetizione dell'evento.
Scendendo nel particolare di questo passaggio, ossia la conversione, e' molto discutibile affermare che la saldatura c'e' stata. Almeno per l'essenziale: sappiamo come fino a Rinascimento inoltrato la conversione sia stata solo nominale, mentre la spiritualita' vissuta rimase sostanzialmente pagana. Sappiamo anche che con l'esaurirsi della scolastica il cattolicesimo non abbia saputo resistere alla razionalizzazione ed alla critica filosofica, nonche' l'etica cattolica non abbia retto all'ateismo ed al materialismo di massa. Ora, se tale nuova forma religiosa fosse effettivamente supportata dal crisma della tradizione, non avrebbe dovuto reggere a questi attacchi ? Se la sintesi fosse riuscita, e quindi, valida, come e' possibile che sia finita come una ideologia "umana e profana" qualsiasi ? Si dira': era tutto gia' scritto, e tutto necessario, in quanto anello della decadenza. Ok; prendiamo allora atto che il cristianesimo, essendo posteriore e successivo al paganesimo, e' cmq una forma di spiritualita' inferiore. Per cui, provvidenza o non provvidenza, diventa + che legittimo attenersi ad una forma che si valuta come superiore e rifiutare gli scadimenti.
Poi, tentando di pormi dal punto di vista tradizionalista, come si puo' conciliare la legittimita'della conversione con la dottrina della giurisdizione (ne sono venuto a conoscenza tramite uno scritto di Di Vona), secondo la quale in ambito essoterico ogni forma di spiritualita' ha un ambito di azione ben circoscritto, tale che ogni forma di proselitismo ed "imperialismo" equivale ad una usurpazione ?