NO ALLA “NUOVA DESTRA”
Alla luce della lettura dell’ultimo fascicolo della rivista-laboratorio di Tarchi, monograficamente impostata alla solita difesa/non-difesa dagli attacchi dei comunisti, diventa ancora più grande il nostro disprezzo per De Benoist e la sua filiale italiana, non tanto per la (ormai annosa) presa di distanze dal fascismo e dai suoi valori (è necessario staccarsi dal nostalgismo e superare la contingenza di quell’esperienza), quanto per la presa di distanze da tutto quanto per noi dovrebbe costituire punto di riferimento serio, metafisico, incrollabile, non-passeggero.
Quegli articoli infatti ci mostrano nella sintesi di un unico numero tutte le prese di distanze del duo (Tarchi-Benoist) dalla Tradizione e dagli strumenti esegetici che, soli, andrebbero invece riproposti se si vuole impostare una vera élite che agisca efficacemente nel politico, invece di fermarsi a contingenze ed analisi effimere e “profane”, al livello qualitativo di quelle del nostro nemico (e difatti questa mancanza di punti fermi meta-politici si riflette nell’immancabile virata di posizione di De Benoist ogni quattro o cinque anni, di fronte al fallimento delle sue previsioni).
L’ “area” a mio avviso deve dire NO a tale “Nuova Destra” per i seguenti motivi:
… perché, in un periodo in cui dovrebbe essere ormai chiaro – a chi non appartiene a quel mondo – che della democrazia liberale va facilitato il dissolvimento, essa fa invece le gomitate per entrare nel novero dei “bravi ragazzi” democratici, benché differenzandosi dai giacobini di stretta osservanza.
… perché dissimula, sotto parvenze più intellettuali, la lotta al Trascendente, a favore di un ateismo malamente velato da “rivalutazione” delle tradizioni diverse e da “paganesimo” (in realtà si tratta, al meglio, dell’ennesima riproposizione dell’errore panteista o naturalista *).
… perché in realtà, credendo di smarcarsi dalle dicotomie politologiche classiche, rende un indiretto favore alla politica antifascista e alle idee mondialiste, legittimando tutta una serie di errori speculativi del mondo “laico”; e qualora dovesse conquistarsi veramente la qualifica di interlocutore privilegiato dell’area anti-mondialista, sposterebbe il dibattito ancora una volta su dinamiche interne all’Occidente degenerato, senza uscirne e senza superarle, in sostanza legittimando un mondo che per noi invece deve morire.
(* si vedano gli illuminanti sproloqui su “Madre Natura” e le rivalutazioni di Rousseau…)