[QUOTE]Originally posted by Ferruccio
[B]Puo' anche darsi ma e' solo una ipotesi e come dici anche tu la storia non si fa con i se e con i ma.
E' un fatto che dopo il Congresso di Livorno ci fu l'adesione dei socialisti massimalisti alle idee ed ai programmo bolscevichi e questo diuede la forza risolutiva al fascismo che fino ad allora
aveva avuto una forza relativamente debole.
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Il tuo intervento mi offre la possibilità di puntualizzare una serie di dati storici che serve a rinforzare quanto avevo affermato nella mia prima replica.
Devo ricordare, innanzitutto, che la discussone era partita dalla commemorazione di un episodio che meritava di essere ricordato nel suo 80° anniversario (e POL è stato uno dei pochi posti dove è stato fatto). Ma veniamo alle questioni più specifiche, che meritano una disamina un po' più approfondita:
1) LE "SQUADRE D' AZIONE"
Il fascismo agrario nasce nelle regioni dove le leghe bracciantili avevano assunto un ruolo molto incisivo. Non solo guidavano con successo le rivendicazioni salariali ma, con l'imponibile di manodopera, obbligavano proprietari ed affittuari alle assunzioni dei braccianti in ragione della quantità e della qualità delle terre. Dal loro canto, i commercianti subivano la forte concorrenza delle cooperative di consumo create dal movimento operaio e contadino. Tutto questo, però, con il bolscevismo sovietico non c'entrava proprio niente. Nella borghesia agraria, e in genere nei ceti medi, cresceva comunque il desiderio di una riscossa antisocialista. Il fascismo si fece interprete, appunto di questi stati d'animo, tanto è vero che nel II Congresso dei Fasci (maggio 1920), le vaghe e confuse rivendicazioni sociali pur presenti nel programma del 1919 scomparvero, sostituite dai "postulati del programma fascista". L'offensiva fascista si estese dall'Emilia al resto della Valle Padana, alla Toscana, all'Umbria, alle Puglie, ossia ovunque le organizzazioni del salariato agricolo erano presenti e forti. Le spedizioni delle "squadre d'azione" si svolgevano con canti e slogan al centro dei quali stava l'esaltazione della violenza contro i "rossi", nemici della patria; soprattutto nel sud, ai richiami patriottici si aggiunse, talvolta, in funzione demagogica, la promessa della "terra ai contadini" dei latifondi. Così a partire dall'autunno 1920 iniziò la sistematica distruzione di tutto l'imponente apparato del movimento operaio. Solo nel primo semestre del 1921 furono distrutte: 59 case del popolo, 119 camere del lavoro, 107 cooperative, 83 leghe contadine, 141 sezioni socialiste e comuniste, 100 circoli colturali,, 28 sedi di centrali sindacali, 53 circoli ricreativi operai, 17 tipografie e sedi di giornali, 10 biblioteche e teatri popolari, 8 società di mutuo soccorso, ecc., con centinaia di morti e feriti. Il tutto grazie alla connivenza delle "forze dell'ordine" e ai sostanziosi finanziamenti versati dai padroni delle fabbriche e dai proprietari terrieri ai "fasci di combattimento".
Ebbene, tutto questo ha qualcosa a che vedere con la lotta contro il bolscevismo ? Io dico di no, anzi per me è l'esatto contrario, il fascismo fu una "rivoluzione preventiva capitalista".
2) LE "PROVVIDENZE" DEL REGIME
A parte il fatto che il capitalismo funziona benissimo anche con la giornata lavorativa di 8 ore e con le "colonie" estive per i bambini poveri, dalle quali non viene certo messo in discussione il sistema; a parte il fatto che una legislazione sociale molto più avanzata di quella fascista si è realizzata successivamente nell'Italia repubblicana nata dalla Resistenza (così come in tutto il resto dell'Occidente) senza bisogno di sopprimere le libertà fondamentali dei cittadini, è necessario comunque fare chiarezza sulle cosiddette "provvidenze" del regime fascista a favore del "popolo".
Premesso che i provvedimenti più significativi furono varati solo nel mezzo della "grande crisi" degli anni Trenta per esorcizzare l'insorgere di particolari tensioni sociali, va specificato che alle misure di previdenza sociale fecero sempre da contrappunto, nei momenti economici più critici, consistenti riduzioni dei salari. Di questi interventi a carattere sociale, da parte del fascismo, se ne potrebbero citare molti, ma ciò non modifica di una virgola il dato essenziale, e cioè che durante il fascismo la maggior parte della popolazione italiana visse un'esistenza- oltre che priva di libertà come già ricordato- anche grama e stentata da un punto di vista materiale. Vuoi qualche esempio? Eccotene una serie:
- negli anni Trenta la spesa per l'alimentazione assorbiva in media il 57% del bilancio di una famiglia appartenente alle classi subalterne e i consumi pro capite risultavano nel 1931 pari a 2.667 calorie, meno di quelli di dieci anni prima. Erano ancora tanti gli italiani che non potevano permettersi il pane bianco. E quello nero costava comunque relativamente caro rispetto ai salari: nel 1926 si vendeva a 2 lire e mezzo al chilo, quando una paga settimanale media oscillava fra le 27 e le 30 lire al chilo. Stando ad un'inchiesta condotta nel 1937, il vitto di una famiglia di operai consisteva in pane e qualcos'altro a colazione, in una minestra lunga a mezzogiorno, in pane e polenta la sera con qualche pezzetto di carne o baccalà. Fra i contadini si faceva ancora un gran consumo di mais. Nel 1937, dopo la "conquista dell'Impero" e del "posto al sole", gli Italiani consumavano in media circa un 4% in più di frumento rispetto al periodo precedente le sanzioni e l'autarchia, più riso e più ortaggi, più uova e più patate, ma meno carne, frutta e agrumi. La maggioranza della popolazione, insomma, tirava la cinghia;
- il reddito medio per persona occupata nel triennio 1935-38 era di soli 410 dollari in Italia, contro gli 804 della Francia, i 1206 della Gran Bretagna, i 1309 degli Stati Uniti. Operai e braccianti, privati anche del diritto di sciopero per difendere le loro condizioni di vita, non avevano dunque niente di cui rallegrarsi, malgrado la concessione della settimana lavorativa a 40 ore (peraltro soggetta a successive sospensioni) e il riconoscimento nel 1932 degli assegni familiari a tutte le categorie.
Insomma, da qualunque parte lo guardiamo, storicamente il fascismo è stato un fallimento, non può essere preso assolutamente ad esempio. Oltretutto ci ha fatto perdere malamente anche una guerra mondiale. Perciò, ancora una volta, onore alla memoria degli "Arditi del Popolo", che se non altro tentarono di fermarlo in tempo.
Infine, io penso che se Mussolini non avesse dichiarato guerra nel giugno del '40, in Italia sarebbe andata a finire come nella Spagna di Franco, ossia ci sarebbe stata una lenta agonia del regime e una transizione democratica dopo la morte del duce negli anni Settanta...