Mentre qua si continua a cazzeggiare su komunismo e fascismo, su padanogeni e allogeni, su toghe rosse e varie amenità, i conti pubblici stanno andando allo sfascio.
Gli analisti stanno dando ragione su tutti i fronti a Brunik, il noto l'agit-prop komunista.
Come da mesi avevo previsto, l'autotassazione è stata un fallimento. Mancano altri 5 milioni all'appello.
Ovviamente Tremonti dà la colpa all'Ulivo: più esattamente alla DIT, della quale avrebbero beneficiato le grandi imprese..
Purtroppo vi devo comunicare che è l'ennesima palla di Giulietto: la DIT, introdotta nel 97, aveva dato ottimi risultati, abbassando la tassazione delle imprese sane che reinvestivano gli utili.
E' stata abolita dal 30 giugno 2001, e sostituita dalla Tremonti-bis, finalmente messa sul banco degli accusati anche dagli analisti.
Una bella botta al deficit, stimato ora al 2%, e al PIL, stimato ora allo 0,9%, IL PIU' BASSO DEGLI ULTIMI 10 ANNI.
Lo sapete cosa vuol dire, vero? NIENTE TAGLI DI TASSE, NIENTE AUMENTO PENSIONI, NIENTE RIFORME, NIENTE DI NIENTE.
Incapaci e bugiardi.
Vogliamo fare una scommessa? Tra poco si ricomincia a parlare molto male dell'Europa.
Mercoledì 7 Agosto 2002, 19:23
Italia, piano taglio tasse a rischio dopo dati luglio
Di Francesca Piscioneri
ROMA (Reuters) - Il vistoso calo del gettito da autotassazione in luglio e il debole andamento delle entrate nei primi sei mesi dell'anno gettano un'ombra sulla possibilità che il governo realizzi nel 2003 la prima fase di riduzioni fiscali a meno di interventi poco popolari sulla spesa.
E la prospettiva fa scattare l'allarme in casa sindacale, soprattutto nella Cisl e nella Uil che hanno appena firmato un accordo con il governo. che prevede tra l'altro riduzioni fiscali per 5,5 miliardi di euro per i redditi più bassi in cambio di norme più elastiche sui licenziamenti. Contraria anche la Cgil che paventa un attacco al sistema pensionistico pubblico.
Nel periodo gennaio-giugno 2002 le entrate fiscali hanno fatto registrare un aumento limitato all'1,5% su base annua e, soprattutto, il gettito da autotassazione ha segnato in luglio un calo del 15% annuo per l'Irpef e del 18% per l'Irpeg, per un ammontare complessivo di circa 5 miliardi di euro.
AUTOTASSAZIONE: PROSPETTIVE NEGATIVE ANCHE PER FINE ANNO
Gli analisti non vedono per fine anno un recupero sul fronte delle entrate.
"Dai risultati dell'autotassazione di luglio, le prospettive per i versamenti di dicembre, più influenzati dall'andamento dell'anno in corso, non fanno ben sperare. Storicamente i dati sono correlati", dice Salvatore Parlato di Ref.
"Si rende dunque necessaria una revisione a settembre del quadro dei conti pubblici e delle stime macroeconomiche per il 2002 contenute nel Dpef", aggiunge Parlato, che prevede un deficit/Pil all'1,8% a fine anno contro l'1,1% del governo.
Secondo Gianluigi Mandruzzato di IntesaBci (Milano: BIN.MI - notizie - bacheca) , dopo i dati di ieri "anche in prospettiva non c'è più spazio per recuperi sul fronte delle entrate".
Il Tesoro ha attribuito l'andamento deludente dell'autotassazione ai favori concessi dal precedente ministro dell'Economia Vincenzo Visco alle grandi imprese, ma la spiegazione sembra non convincere gli analisti.
Secondo Parlato, il calo di gettito era prevedibile perché si sapeva che era stato introdotto un regime di tassazione più morbido (con la legge Visco) ed è stato il governo a sbagliare i conti, mentre, secondo Mandruzzato, è la Tremonti bis da mettere sotto accusa.
"La Tremonti ha depresso le entrate senza che sia ancora possibile capire quale grande impatto abbia sugli investimenti", dice l'economista di Intesa-Bci spiegando che la Tremonti ha un campo di azione molto più ampio della Visco che garantiva agevolazioni fiscali alle imprese per gli utili reinvestiti che aumentassero il capitale netto dell'azienda.
"La Tremonti non pone limiti alle modalità di finanziamento degli investimenti. Questo significa che una buona fetta degli investimenti complessivi, diciamo pure una buona metà del totale, può godere delle agevolazioni e ciò ovviamente deprime le entrate Irpeg", aggiunge.
Dopo i dati sul fabbisogno di luglio per 2,5 mld di euro, che porta a oltre 31 mld il saldo negativo dei primi sette mesi (24 nel 2001), IntesaBci stima un deficit/pil 2002 al 2% e una crescita del Pil a 0,9% contro l'1,3% del governo.
PER ANALISTI RIFORMA FISCALE A RISCHIO
La conseguenza di entrate scarse e crescita modesta è che la riduzione fiscale annunciata dal governo per il prossimo anno potrà essere realizzata probabilmente solo incidendo nella carne viva del bilancio dello Stato: pensioni, sanità.
Rinunciare all'avvio della riforma fiscale disegnata dal ministro Tremonti sarebbe infatti per il governo una insopportabile debacle.
"Non si potrà fare affidamento sulla crescita dell'economia per alimentare il flusso di entrate necessarie per finanziarie le riforme che il governo ha annunciato. O si riduce l'importanza della riforma fiscale o si migliorano le performance della spesa intervenendo su nodi cruciali che sono sanità e pensioni".
In soccorso al governo potrebbe arrivare un clima europeo più conciliante su conti pubblici fuori target, visto il quadro attuale della zona euro che vede le due economie più forti, Germania e Francia, ben lontane dal pareggio di bilancio.
SINDACATI PAVENTANO ULTERIORI INTERVENTI SU SPESA PUBBLICA
"La nostra preoccupazione è che ci sia un ritardo nella relizzazione della riforma fiscale o peggio che il governo ricorra a tagli alla spesa sociale perché questo sarebbe un modo di rinnegare il Patto per l'Italia", commenta il numero due della Uil, Adriano Musi.
Anche per il segretario confederale Cisl, Pierpaolo Baretta il dato di ieri è preoccupante.
"Ci auguriamo che il governo fornisca un quadro di previsioni attendibili, che non metta in discussione il Patto per l'Italia per ciç che riguarda la riforma fiscale e non metta a rischio la spesa sociale".
Baretta esclude comunque un intervento sulle pensioni di anzianità paventato dalla Cgil.
"Non mi pare che ci siano le condizioni per tagliare le pensioni, semmai la prima mossa che dovrebbe fare in governo è rinunciare alla decontribuzione che aumenta i costi pubblici", ha detto Beretta, riferendosi all'alleggerimento fiscale promesso alle aziende in cambio della rinuncia al Trattamento di fine rapporto.