ANTEPRIMA DAL LIBRO "LA SPORCA GUERRA DEL PETROLIERE BUSH" di Mauro Bottarelli (ed. Malatempora )
Rivelazioni forti e durissime sulle Twin Towers, sulle vere ragioni della guerra continua e sulla militarizzazione degli USA. Il libro, di prossima uscita, e' sconvolgente anche per chi gia' qualcosa sa e non ha creduto alla retorica patriottico-militarista del petroliere Bush.
"Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario."
George Orwell
PETROLIO, GASDOTTI E DOLLARI: ALTRO CHE SCONTRO DELLE CIVILTA'
di Mauro Bottarelli
"Al centro della partita ci sono due lunghi serpenti d’acciaio. Per adesso
ancora solo sulla carta, ma dovrebbero tagliare in due l’Afghanistan. In
uno, viaggeranno ogni giorno un milione di barili di greggio proveniente dai
giacimenti dell’ex Urss, nel secondo correrà il gas che sgorga dai
giacimenti di Dauletabad in Turkmenistan. Due arterie strategiche per
rendere accessibile alle grandi compagnie petrolifere americane le immense
riserve di idrocarburi dell’Asia centrale. Per dare solo un’idea della
proporzione della posta in gioco, basta ricordare che la stima delle riserve
del Caspio è di circa 263mila miliardi di piedi cubici di gas naturale e di
60 miliardi di barili di petrolio, pari al 65% delle riserve mondiali. Un
tesoro immenso che ha un solo handicap: la distanza dai mercati. La
soluzione? Ecco cosa propone John J. Maresca, vicepresidente delle relazioni
internazionali di Unocal Corporation, una delle principali compagnie
mondiali nel campo delle risorse energetiche e dei progetti. La Unocal farà
parte del consorzio Cent-Gas, fino alla fine del 1998, quando sarà
costretta, dalle pressioni dell'opinione pubblica americana, ad uscire
ufficialmente dalla struttura che mediava con il regime dei Talebani, salvo
poi a mostrare un forte interesse a rientrare a pieno titolo nel progetto
nel marzo del 2000, pochi mesi prima delle elezioni nelle quali era favorito
il candidato repubblicano. Al progetto la Unocal aveva lavorato sin dal
1994. Lo riferisce Ahmed Rachid, in uno studio pubblicato nel marzo scorso
dalla Yale University. "C’erano altre compagnie in campo - scrive Rachid -
come l'argentina Bridas. Ma Washington e Riad si sono impegnate per
convincere tutti i diretti interessati ad escludere Bridas. All’epoca Unocal
aveva aperto i suoi uffici di rappresentanza nelle zone controllate dai
Talebani". John J. Maresca si presenta il12 febbraio 1998 davanti al
sottocomitato del Congresso degli Stati Uniti pere l’Asia e il Pacifico per
parlare proprio dei progetti della Unocal e delle altre compagnie
petrolifere sugli idrocarburi dell’Asia centrale. Il problema come abbiamo
detto è il trasporto. Maresca spiega nella sua audizione - che RaiNews24 è
stata in grado di documentare - lo stato dell’arte e i progetti. Al memento
gli unici sbocchi possibili sono il Mar Nero e il Mediterraneo, con delle
linee di oleodotti che attraversano le ex repubbliche sovietiche e la
Turchia. Se tutti questi progetti fossero però realizzati - spiega il
vicepresidente della Unocal - non potrebbero garantire tutta la
distribuzione e soprattutto puntano verso mercati che non potrebbero
assorbire questa produzione. Sentiamolo.
"Noi dell’Unocal - afferma Maresca - riteniamo che il fattore centrale nella
progettazione di questi oleodotti dovrebbe essere la posizione dei futuri
mercati energetici che verosimilmente assorbiranno questa nuova produzione.
L’Europa occidentale, l’Europa centrale e orientale e gli stati ora
indipendenti dell'ex Unione sovietica sono tutti mercati a crescita lenta,
in cui la domanda crescerà solo dallo 0,5% all’1,2% all’anno nel periodo
1995-2010. L’Asia è tutto un altro discorso - sostiene Maresca - Il suo
bisogno di consumo energetico crescerà rapidamente. Prima della recente
turbolenza nelle economie dell'Asia orientale, noi dell’Unocal avevamo
previsto che la domanda di petrolio in questa regione si sarebbe quasi
raddoppiata entro il 2010. Sebbene l’aumento a breve termine della domanda
probabilmente non rispetterà queste previsioni, noi riteniamo valide le
nostre stime a lungo termine. Devo osservare che è nell'interesse di tutti
che vi siano forniture adeguate per le crescenti richieste energetiche dell’
Asia. Se i bisogni energetici dell'Asia non saranno soddisfatti, essi
opereranno una pressione su tutti i mercati mondiali, facendo salire i
prezzi dappertutto. La questione chiave è dunque come le risorse energetiche
dell'Asia centrale possano essere rese disponibili per i vicini mercati
asiatici. Ci sono due soluzioni possibili, con parecchie varianti.
Un'opzione è dirigersi a est attraversando la Cina, ma questo
significherebbe costruire un oleodotto di oltre 3.000 chilometri solo per
raggiungere la Cina centrale. Inoltre, servirebbe una bretella di 2.000
chilometri per raggiungere i principali centri abitati lungo la costa. La
questione dunque è quanto costerà trasportare il greggio attraverso questo
oleodotto, e quale sarebbe il netback che andrebbe ai produttori. (...)
La seconda opzione è costruire un oleodotto diretto a sud, che vada
dall'Asia centrale all'Oceano Indiano. Un itinerario ovvio verso sud
attraverserebbe l’Iran, ma questo è precluso alle compagnie americane a
causa delle sanzioni. L’unico altro itinerario possibile è attraverso
l'Afghanistan - dice il ancora vicepresidente di Unocal - e ha naturalmente
anch’esso i suoi rischi. Il Paese è coinvolto in aspri scontri da quasi due
decenni, ed è ancora diviso dalla guerra civile. Fin dall'inizio abbiamo
messo in chiaro che la costruzione dell'oleodotto attraverso l'Afghanistan
che abbiamo proposto non potrà cominciare finché non si sarà insediato un
governo riconosciuto che goda della fiducia dei governi, dei finanziatori e
della nostra compagnia.
Abbiamo lavorato in stretta collaborazione con l'Università del Nebraska a
Omaha allo sviluppo di un programma di formazione per l'Afghanistan che sarà
aperto a uomini e donne, e che opererà in entrambe le parti del paese, il
nord e il sud. La Unocal ha in mente un oleodotto che diventerebbe parte di
un sistema regionale che raccoglierà il petrolio dagli oleodotti esistenti
in Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan e Russia. L'oleodotto lungo 1.040
miglia si estenderebbe a sud attraverso l'Afghanistan fino a un terminal per
l’export che verrebbe costruito sulla costa del Pakistan. Questo oleodotto
dal diametro di 42 pollici (poco più di un metro, ndt) avrà una capacità di
trasporto di un milione di barili di greggio al giorno. Il costo stimato del
progetto, che è simile per ampiezza all'oleodotto trans-Alaska, è di circa
2,5 miliardi di dollari". Poi Maresca spiega quali sono in dettaglio i
progetti sull’Afghanistan."Lo scorso ottobre è stato creato il Central Asia
Gas Pipeline Consortium, chiamato CentGas, e in cui la Unocal ha una
cointeressenza, per sviluppare un gasdotto che collegherà il grande
giacimento di gas di Dauletabad in Turkmenistan con i mercati in Pakistan e
forse in India. Il prospettato gasdotto lungo 790 miglia aprirà nuovi
mercati per questo gas, viaggiando dal Turkmenistan attraverso l'Afghanistan
fino a Multan in Pakistan. Il prolungamento proposto porterebbe il gas fino
a New Delhi, dove si collegherebbe a un gasdotto esistente. Per quanto
riguarda il proposto oleodotto in Asia centrale, CentGas non può cominciare
la costruzione finché non si sarà insediato un governo afghano riconosciuto
internazionalmente".
E avanza le richieste delle Compagnie all’Amministrazione e al Congresso.
"Noi chiediamo all’Amministrazione e al Congresso di sostenere con forza il
processo di pace in Afghanistan condotto dagli Stati Uniti. Il governo Usa
dovrebbe usare la sua influenza per contribuire a trovare delle soluzioni
per tutti i conflitti nella regione. L’assistenza Usa nello sviluppare
queste nuove economie sarà cruciale per il successo degli affari".
Le parole di Maresca trovano orecchie attente nei circoli della politica
americana e soprattutto nella nuova Amministrazione guidata da Bush, dove
non mancano gli uomini e le donne che con il petrolio hanno una certa
dimestichezza a cominciare proprio dal Presidente e dal vicepresidente
Cheney, presidente e azionista quest’ultimo della Oil Supply Company. Ma non
solo il ruolo di Consigliere per la Sicurezza nazionale è ricoperto da
Condoleeza Rice, un’affascinante signora che prima di entrare nello staff
presidenziale era stata dirigente della Chevron sin dal 1991. Inutile dire
che la Chevron è una delle grandi compagnie petrolifere interessate allo
sfruttamento dei giacimenti del Caspio. Solo per citare i soggetti di
maggiore rilievo. "Nel 1995 - spiega lo scrittore pakistano Ahmed Rashid
nel suo recente libro “Talebani, Islam Petrolio e il grande scontro in Asia
centrale” - dopo che i Talebani hanno conquistato Herat e cacciato dalle
scuole migliaia di ragazze, non c’è stata una sola parola di critica da
parte degli Stati Uniti. In realtà gli Usa, insieme all’ISI, consideravano
la caduta di Herat un aiuto ad Unocal e un ulteriore stretta al cappio
intorno all’Iran".
I dirigenti Talebani dopo la presa del potere vengono accolti con favore
negli Usa e loro rappresentanti - racconta John Pilger - volano in Texas
dall’allora governatore Bush, dove incontrano i dirigenti dell’Unocal che
fanno loro un’offerta precisa riguardo all’oleodotto: una fetta dei profitti
pari al 15%. Ma ci sono alcune condizioni da rispettare.
Il racconto di quella mediazione lo si trova in un libro (Ben Laden, la
vérité interdite) uscito pochi giorni fa in Francia. Gli autori sono Jean
Charles Brisard e Guillaume Dasquieré. Brisard è l’autore, per conto del DST
francese del dossier sulle strutture economiche di Osama bin Laden, che il
presidente Chirac ha consegnato a Bush nella sua visita dopo gli attentati
alle Torri. Dasquieré dirige il prestigioso bollettino Intelligence online.
Insomma due esperti autorevoli. A reggere le fila dei contatti è Laila
Helms, la nipote dell’ex direttore della Cia ed ex ambasciatore Usa in Iran,
Richard Helms. Laila, è una brillante quarantenne, che da sempre ha
mantenuto contatti privilegiati con gli Afghani. Ma soprattutto ha ottimi
rapporti negli ambienti dei servizi segreti e del Dipartimento di Stato.
Negli ultimi sei anni - spiegano Brisard e Dasquieré nel loro libro - si è
dedicata alla supervisione di alcune azioni di influenza a nome dei Talebani
soprattutto preso le Nazioni Unite: La sua azione non si attenua neppure
dopo il 1996, quando il Mullah Omar diventa ufficialmente meno frequentabile
agli occhi degli americani e neppure quando i capi talebani accolgono bin
Laden che sarà poi ritenuto responsabile degli attentati contro le
ambasciate americane. Arriva persino a realizzare un documentario sulle
donne afghane, talmente filo talebano da esser rifiutato da tutte le reti
televisive americane.
Per Laila le cose si mettono bene con il ritorno dei Repubblicani al potere
che rimette molti suoi amici funzionari nei posti chiave della Cia e del
Dipartimento di Stato. I risultati non si fanno attendere. Tra il 18 e il 23
marzo di quest’anno Laila organizza un viaggio negli Stati Uniti per Sayed
Rahmatullah Hascimi. Ha solo 24 anni, ma è già l’ambasciatore itinerante dei
Talebani e consigliere personale del Mullah Omar. Non si tratta ovviamente
di un giro turistico o culturale. Si parla di petrolio e di oleodotti. Gli
interlocutori sono alti funzionari della Cia e del Dipartimento di Stato.
Laila riesce ad ottenere per il consiglire del Mullah un’intervista
televisiva alla ABC e alla Radio pubblica. Il tutto con la benedizione dei
circoli politici vicini all’Amministrazione, che punta ad un miglioramento
dell’immagine dei Talebani, in relazione al negoziato per “normalizzare” l’
Afghanistan.