Stesse tasse,meno calcio
22 agosto 2002
di Massimo Gramellini
SE gli elettori italiani di centrodestra fossero effettivamente liberali, saluterebbero con entusiasmo la privatizzazione del godimento calcistico in tv e difenderebbero con il loro corpo il giovane governatore Fitto, accerchiato da folle inferocite dopo la sua decisione di sfoltire il sistema sanitario pugliese.
Emerge invece in queste ore il grande equivoco, o se preferite l'incantesimo, del maghetto di Arcore, il quale ha convinto milioni di democristiani aggrappati da sempre alle mammelle dello Stato Sociale che sarebbe riuscito a estendere all'Italia intera il modello Mediaset, dove tutto è gratis perché tanto pagano gli sponsor.
Chi lo ha votato non pensava certo di rinunciare alle comodità del vecchio sistema. Voleva solo smettere di pagarne i costi. Sognava un paese dei balocchi dove si versano meno tasse, ma si continua a essere ricoverati in ospedale, ad andare a scuola e a guardare «Novantesimo minuto» senza sborsare mai un euro.
Alla quadratura del cerchio avrebbe provveduto il mercato per intercessione di madonna Pubblicità, rimpinguando le casse esangui del Tesoro in cambio di dosi massicce di spot, loghi e altre forme di persuasione moralmente discutibili, ma economicamente convenienti per tutti.
Il famoso Miracolo Italiano, in fondo, doveva essere questo. Poi qualcosa non ha funzionato e adesso rischiamo di ritrovarci con le tasse di una socialdemocrazia e i servizi pubblici, telecalcio incluso, di un paese anglosassone. I soliti furbi.
Il Gramellini ha lo stesso equilibrio...di Brunik