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ALLE FIAMME IL MANICHINO
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di Giovanni Conti
Molti dicono che si dovrebbe «ritornare a Mazzini». La
frase ha significati diversi sulla penna o sulla bocca di coloro
che la pronunziano: e v'è da temere che sulla bocca di alcuni
sia un'espressione della quale l'invocato Nume difenderebbe.
V'è nella mente di tanti italiani un Mazzini immaginario.
V'è un Mazzini patriota, il più ardente patriota: uno dei
«quattro fattori d’Italia», bene accostato, nelle poetiche sintesi
e nelle narrazioni usuali, a Garibaldi, come a Cavour e a Vit-
torio Emanuele Il; il monumento che si scopre in Roma bene
sta a ricordare «il grande patriota»: qualche ribelle, infervo-
randosi, dice da parte sua: è lui che doveva stare al posto di
Vittorio Emanuele sul monumento di piazza Venezia!
V'è un Mazzini cospiratore, fantastico dio dei cospiratori
d'ogni tempo, mangia tiranni, mangia-preti, un emulo di Ro-
bespierre; un vero anti-Mazzini ad uso della politica dozzina-
le tanto praticata.
V'è un Mazzini pensatore sprofondato a dettare coman-
damenti, precetti morali, a formulare una dottrina morale,
non solo per la politica ma per l'economia sociale: per ogni
sorta di attività umana.
V'è un Mazzini quasi quasi ancora interessante, eccitatore
di meditazioni, di elucubrazioni sul fatale andare dell'evolu-
zione sociale, sui guai che essa conduce seco; c'è un Mazzini
morto per il tempo nostro, cioè superato, e non in grado di ri-
spondere alle imperiose domande dell'attualità; e c'è, invece,
un Mazzini al quale si va a chiedere la soluzione d'ogni più
trito e banale problema della vita vissuta.
Non si giunse alla profanazione evocando Mazzini tra le
imprese del fascismo?
Grandi uomini furono male conosciuti in vita, per calun-
nie di nemici, per male arti di antagonisti, per alterazioni e
defomormazioni di idee; alcuni -Vico -furono scoperti dopo la
morte; altri ebbero pessimi discepoli e seguaci, traduttori-tra-
ditori del loro pensiero, delle finalità, delle intenzioni. Mazzi-
ni è stato, di certo, fra tutti i grandi, il più disgraziato. Fu lun-
gamente perseguitato e calunniato; fu negli ultimi venti anni
della vita, tra le spire della perfida destrezza monarchica e
tra le fiamme della polemica socialista. Morto, egli ebbe an-
che interpreti e discepoli degni, ma alla difesa generica e a
quella spicciola diedero mano troppi «mazziniani» e repub-
blicani, inconsapevoli detrattori, i quali un solo merito hanno
avuto; quello di aver, comunque, resistito agli attacchi, spes-
so bestiali, di settari, di faziosi, in lotta contro un pensiero,
contro un programma, contro idee e ideali ignorati e scono-
sciuti, i soli, forse, delle innumerevoli ideologie, che hanno a-
vuto attuazione nel loro pur lento cammino.
Che, per Mazzini, per il suo pensiero, sia giunto il mo-
mento della rivendicazione, del riscatto e della giustizia?
Vorrei dir meglio: che sia giunto il momento dell'inizio di
un serio studio del pensiero mazziniano, per il quale siano
bandite la predica delle formule, la ripetizione delle frasi fat-
te, la retorica di inconcludenti cosiddetti cultori delle dottrine
del (iniziale maiuscola) Maestro, e siano seguite indicazioni e
ispirazioni per un'azione feconda di tutti coloro i quali sono
impegnati nella politica, nel movimento sociale? di un'opera
spesso scriteriata, senza luce di esperienze, insomma arbitra-
ria e perciò quasi sempre dannosa?,
Nessuno tra i più celebrati politici, economisti, sociologi
contemporanei del Mazzini, ieri ed oggi sugli altari, è passa-
to, come lui, dalle astrazioni e dalle astruserie, alle applica-
zioni della realtà delle dottrine e delle escogitazioni; nessuno
offre, come il Mazzini, una vasta analisi delle questioni che
interessano in ogni tempo chi pretende di svolgere un'azione
nella lotta politica e sociale. Il Mazzini delle pagine letterarie,
il Mazzini degli appelli al sentimento e ai migliori sentimen-
ti, il Mazzini suscitatore di uomini capaci di devozione a
un'idea fino al sacrificio, è anche il Mazzini dell'epistolario
nel quale ha versato tesori di considerazioni umane, di acute
osservazioni psicologiche, di spesso, spietate condanne deI-
l'impostazione di problemi e di metodi, di inaspettate benefiche suggestioni, quel Mazzini è anche il Mazzini dei linea-
menti entrò i quali si inquadrano concretamente problemi
politici, sociali, morali i quali vogliono, oggi, soluzioni.
Bisogna respingere la figura del Mazzini disegnata da
mani fratesche, o esaltata da retori, con offesa e mortificazio-
ne di quel grande spirito.
Nò, Mazzini non fu il patriota che si suppone, non il mo-
ralista cile apparve e appare per tante infelici presentazioni,
non l'idealista-ideologo molesto e fuori della realtà, che appare
per i travestimenti infiniti.
Chi lo ha compreso sente, senza ripetere una sola sua pa-
rola' come egli sentì. Disse tanto bene di lui il Borgese: «Non
si creda che egli volesse l'arte a predicozzi e a pistolotti: la
moralità del Mazzini non era bacchettona».
Se compreso davvero, Mazzini può essere avanti agli occhi
di tutti i cittadini, degli uomini politici, del legislatore, del-
l'amministratore, dell'insegnante, del sindacalista nello svol-
gimento dell'opera loro. Bisogna, però, cercare il Mazzini au-
tentico e gettare alle fiamme il manichino…..
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Qual da gli aridi scogli erma su'l mare
Genova sta, marmoreo gigante,
Tal, surto in bassi dì, su'l fluttuante
Secolo, ei grande, austero, immoto appare.
Da quegli scogli onde Colombo infante
Nuovi pe'l mare vedea mondi spuntare,
Egli vide nel ciel crepuscolare
Co'l cuor di Gracco ed il pensier di Dante
La terza Italia: e con le luci fise
A lei trasse per mezzo un cimitero ,
E un popolo morto dietro a lui si mise.
Esule antico , al ciel mite e severo
Leva ora il volto che giammai non rise,
-Tu sol- pensando -o ideaI, sei vero.
di Giosue Carducci
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