Brano tratto dal primo capitolo: Galleria di fuorilegge. Chi li etichetta?

Come molti altri termini del linguaggio politico, il termine «stato fuorilegge (rogue state)» ha due usi: uno propagandistico, applicato ai nemici in genere, e uno letterale applicato agli stati che non si considerano vincolati alle regole internazionali. La logica suggerisce che gli stati più potenti rientrino nell'ultima categoria a meno che non abbiano costrizioni interne, ipotesi che la storia conferma.
Benché le norme internazionali non siano rigidamente determinate, esiste un certo grado di intenti sui principi generali. Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, tali norme sono in parte codificate nella Carta dell'ONU, nelle sentenze della Corte internazionale di giustizia e in molteplici convenzioni e trattati. Gli Stati Uniti si considerano esonerati da queste condizioni, ancora di più a partire dalla fine della guerra fredda che ha lasciato loro un predominio così schiacciante da scoraggiare ampiamente ogni pretesa e questo non è passato inosservato. Il bollettino dell'American Society of International Law (ASIL) ha riportato nel marzo 1999 che «oggi nel nostro paese, con ogni probabilità il diritto internazionale gode di minore considerazione rispetto ad Ogni altro periodo» di questo secolo; il direttore di questa rivista specialistica aveva poco prima messo in guardia sull'«allarmante inasprimento» seguito al rifiuto di Washington di rispettare gli obblighi del trattato.
Il principio operativo fu elaborato da Dean Achenson nel 1963 quando comunicò all'ASIL che la «pertinenza» della replica a una «sfida... [al]... potere, alla posizione, al prestigio degli Stati Uniti, non è una questione legale». Il diritto internazionale, aveva osservato in precedenza, è utile «per abbellire la nostra posizione con un ethos derivato da principi morali generali che hanno interessato le dottrine giuridiche», ma alle quali gli Stati Uniti non sono vincolati.
Achenson si stava riferendo specificatamente all'embargo contro Cuba. Cuba è stata uno dei principali bersagli della guerra del terrore ed economica degli Stati Uniti per 40 anni, anche prima della decisione segreta del marzo 1960 di rovesciarne il governo. La minaccia cubana fu identificata da Arthur Schleisinger che stese un rapporto conclusivo della missione in America Latina del neo presidente Kennedy: «La diffusione dell'idea di Castro di prendere in mano i propri affari», idea che avrebbe potuto stimolare dovunque «le popolazioni povere e indigenti», che «in questo momento chiedono possibilità di una vita decente» - l'effetto «virus» o «mela marcia», come è talvolta chiamato. C'era una relazione con la guerra fredda: «l'Unione Sovietica si muove ad ampio raggio, offrendo grandi quantità di prestiti allo sviluppo e presentandosi come modello per il raggiungimento della modernizzazione in un solo decennio».