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  1. #1
    Le fondamenta di POL
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    Predefinito SVILUPPO SOSTENIBILE -Note sul prossimo incontro di Johannesburg

    Riporto un articolo pubblicato da un collaboratore del Legno Storto pubblicato quest'oggi ma risalente allo scorso 15 agosto:
    http://www.legnostorto.com/node.php?id=454


    Se ogni abitante della Terra offrisse un euro (somma che assolutamente tutti si possono permettere), per una qualunque nobile causa, per esempio i bambini affamati, si disporrebbe nientemeno che di oltre undicimila miliardi di dollari. Una somma colossale. Come mai non si fa questa colletta? La risposta è che ogni frase che comincia con le parole "Se ogni abitante della Terra" è inutile. È come dire che se gli uomini avessero le ali risparmierebbero sui biglietti d'aereo. Non è possibile mettersi in contatto con tutti gli uomini della Terra. Non è mai avvenuto che tutti gli uomini della Terra abbiano fatto la stessa cosa. E non ci sarà mai modo di fargliela fare, per quanto ragionevole sia. C'è forse un invito più ragionevole di questo: non fate figli che poi non siete in grado di nutrire? E tuttavia i bambini destinati a morire di fame sono ugualmente messi al mondo da quegli stessi che poi dicono di soffrire per la loro sorte.

    Inoltre, quando si parla di "ogni abitante della Terra", si dimentica che per questo signore lui stesso è solo un singolo caso, non la generalità. Anni fa un professore che s'era messo in pensione per fare sport, andare a trovare le sue amanti e viaggiare, diceva: "Dovrei vergognarmi di vivere a spese del resto della collettività, lo so. La legge che me lo permette è sciocca e stravagante. Ma se rimanessi in cattedra cambierei la legge, impedirei ad altri professori di mettersi in pensione? No? E allora tanto vale che mi metta in pensione: io del resto sono solo uno".

    Coloro che si preoccupano di uno sviluppo sostenibile dicono: bisogna limitare, anzi diminuire, le immissioni d'anidride carbonica nell'atmosfera. E avranno magari ragione. Ma quello stesso giorno sono andati al lavoro a piedi? No. Hanno usato la loro automobile, l'autobus, il tram. Tutti mezzi che, direttamente o indirettamente, introducono anidride carbonica nell'atmosfera. Alle undici del mattino sono ecologisti, ma alle otto e mezza di quello stesso giorno hanno contribuito ad immettere Co2 nell'atmosfera.

    Nello stesso modo, si può essere terrorizzati dall'idea che un miliardo e duecento milioni di cinesi "si facciano l'automobile". Giusto, ma che si fa, si dichiara guerra alla Cina e si trasformano i suoi cittadini in servi della gleba? E come possiamo dirgli, "io l'auto ce l'ho e me la tengo ma tu non la devi avere"? Oggi le strade di Mosca brulicano di automobili, non è come vent'anni fa: me ce ne possiamo meravigliare, gli possiamo fare la morale, ai moscoviti?

    E ancora e ancora. Noi parliamo d'ecologia e di desertificazione, ma quale autorità abbiamo per cambiare i comportamenti di un poveraccio del terzo mondo che muore di fame, lui e i suoi figli? Ci risponderebbe che a lui, di ciò che ne sarà della Terra fra venti o trent'anni, non importa assolutamente nulla. Perché, se oggi non mangiano, né lui né i suoi figli ci saranno, tra venti o trent'anni. E per questo sono disposti a tutto: quand'anche dovessero depredare il pianeta come autentici criminali.

    Qualcuno obietterà a questo punto che, per quante difficoltà ci possano essere nel correggere l'andazzo attuale, rimane lo stesso vero che, se non si interviene, il pianeta andrà in malora. Ed è giusto. È però fastidioso che lo si dica come se fosse facile, trovare un rimedio. Come se fosse per domani. Come se bastasse un trattato internazionale. L'inquinamento della Terra dipende da decisioni quotidiane assunte, ciascuna indipendentemente dalle altre, da sei miliardi di individui. Ognuno di loro, come il professore di prima, pensa che il pianeta non dipenda da lui. Per questo non è detto che si concluda qualcosa. Né ha senso accusare gli Stati Uniti (soggetto passivo costante di tutte le accuse morali) d'essere la causa prima dell'inquinamento mondiale: ciò che gli statunitensi fanno, tutti gli abitanti della Terra cercano di farlo. E lo fanno nella misura in cui possono. Gli italiani, maestri di morale, hanno una densità automobilistica superiore a quella statunitense: ora provate ad invitarli a rinunciare alla loro seconda o terza automobile, in famiglia.

    In conclusione, forse in futuro ci sarà una soluzione, forse no. Forse la fornirà la tecnologia (la fusione fredda?), forse - ma è più improbabile - un consenso mondiale. Ciò che pare certo, allo stato attuale, è che sullo sviluppo sostenibile molto si dirà, niente si farà.

    Gianni Pardo


    15.8.2002

  2. #2
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    Predefinito ABOLIRE LA MISERIA

    AMBIENTE, PRIMA LA LOTTA ALLA POVERTA’

    di AMARTYA SEN dal CORRIERE DELLA SERA 13 agosto 2002

    Il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile che inizierà il prossimo 26 agosto a Johannesburg sarà un importantissimo evento globale. Finché "sviluppo sostenibile" suonerà come un concetto specialistico il grosso pubblico avrà ragione di chiedersi a che proposito abbia luogo quest'evento globale, quali potranno esserne le conclusioni e come andranno valutate. L'incontro di Johannesburg è il seguito del "Vertice sulla Terra" che si tenne dieci anni fa a Rio de Janeiro. La conferenza di Rio, che produsse pochi accordi, fece comunque progredire di molto la coscienza ambientale nei dibattiti pubblici; fece anche molto per generare la comprensione del fatto che "ambiente e sviluppo sono inestricabilmente collegati" (parole di Kofi Annan, Segretario generale Onu), ed è questa la nozione sottesa all'idea di "sviluppo sostenibile" al vertice di Johannesburg. Il concetto è stato largamente utilizzato nelle analisi ambientali dello scorso decennio dopo essere stato esplorato nel Rapporto Bruntland, intitolato "Il Nostro Futuro Comune".
    Il Rapporto Bruntland definiva la sostenibilità dello sviluppo come il requisito per andare incontro "ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di assolvere le proprie necessità". L’economista Robert Solow formulò più esattamente l'idea di sviluppo sostenibile insistendo sulla condizione che alla prossima generazione si sarebbe dovuto lasciare "tutto quello che potrebbe servire loro per ottenere una qualità della vita buona perlomeno come la nostra, e perché essi possano agire allo stesso modo nei confronti della generazione seguente".
    Mentre si potrebbero sollevare molte domande su queste asserzioni, non si può dubitare che il concetto di sviluppo sostenibile, del quale Bruntland è stato pioniere, abbia fatto da punto di partenza forte ed illuminante per riflettere allo stesso tempo su presente e futuro. La necessità di occuparsi dell'ambiente non può assolutamente essere staccata dal tipo di vita condotta oggi dalla gente, specialmente quella povera. Infatti, chi adesso ha una qualità della vita pessima, difficilmente si emozionerà per la promessa di sostenere in futuro quegli stessi standard di vita miserabili. L'obiettivo dovrà dunque comprendere una veloce riduzione della povertà attuale, mentre dovrà dare la certezza che qualsiasi cosa venga fatta ora potrà essere sostenuta in futuro.
    Oggi c'è bisogno della cooperazione globale: questo è precisamente ciò che il vertice di Johannesburg tenterà di realizzare. Ma quanto sono favorevoli le prospettive di una vera collaborazione di questo tipo? E' stata seguita molto attentamente la questione della necessità di finanziare ed assistere lo sviluppo, e della misura con la quale i Paesi più ricchi sarebbero disposti ad aiutare le aspirazioni allo sviluppo di quelli più poveri; su questo fronte, stesse a me dare un parere, le cose non appaiono particolarmente incoraggianti. La Conferenza Internazionale sui Finanziamenti per lo Sviluppo, tenutasi in Messico nel marzo scorso, produsse un documento - l'"Accordo di Monterrey" - davvero ottimista nella sua retorica altisonante, ma quasi elusivo sulla possibile entità dell'assistenza finanziaria. Insomma, da questo punto di vista le prospettive per il vertice di Johannesburg non si possono definire rosee.
    Ciononostante, di sicuro i sostenitori di un piano economico migliore a Johannesburg terranno duro, e a ragione. E' pure d'estrema importanza, però, che venga chiarito che una fruttuosa cooperazione globale può assumere molte forme, non solo quella d'una generica assistenza finanziaria. Il terreno perduto per l’ambiente a causa del rallentamento subito dagli accordi internazionali, e anche per il sottrarsi agli impegni firmati in passato (come hanno fatto, per esempio, gli Stati Uniti sugli accordi di Kyoto), va riguadagnato. Quanto all'economia, l'importanza di ridurre le barriere doganali che i Paesi più ricchi impongono ai prodotti di quelli più poveri merita una considerazione pratica assai maggiore; Johannesburg offre ad entrambi un'ottima opportunità.
    Inoltre, nonostante il pessimismo circa l'assistenza finanziaria in genere, c'è saggezza nell'acuta osservazione di Kofi Annan che le persone di altre nazioni tenderebbero ad essere molto più "sensibili quando si presenta loro un problema umano significativo ed una strategia credibile per affrontarlo". La risposta alla pandemia dell'Aids/Hiv sta in una necessità più generale di tentativi coordinati per le cure sanitarie principali e per l'educazione di base.
    Considerando un'altra area, vi sono molte riforme che occorre siano fatte con urgenza in vista dell'economia globale; per esempio, c'è una questione forte per regolamentare in modo più efficace e meno iniquo i brevetti. Le leggi esistenti non facilitano l'uso effettivo di farmaci disperatamente necessari nei Paesi meno affluenti, perché spesso i diritti per lo sfruttamento dei brevetti costano parecchie volte i costi reali di produzione.
    Esistono anche molte azioni positive che le nazioni più povere possono intraprendere a proprio vantaggio, senza nessun aiuto finanziario da parte dei ricchi, che hanno bisogno di non essere percepiti come agenti del cambiamento.
    In questo contesto, si può anche mettere in discussione la strategia generica con cui lo sviluppo sostenibile viene definito puramente in termini di soddisfacimento dei bisogni, piuttosto che servirsi della prospettiva più vasta dell’incremento delle libertà umane su basi tollerabili. Le libertà fondamentali, naturalmente, dovrebbero comprendere la capacità di andare incontro alle necessità economiche d’importanza primaria, ma bisogna tenere conto anche di altri fattori, come l’allargamento della partecipazione politica e delle opportunità sociali.
    L’Unione interparlamentare ed i Forum della società civile stiano preparando incontri a Johannesburg in contemporanea con il vertice, e si spera che i dirigenti di quest’ultimo presteranno attenzione alle preoccupazioni espresse da queste conferenze alternative. Non è neppure ovvia la ragione per la quale il sostegno e l’espansione delle libertà democratiche non figurano tra i temi centrali dello sviluppo sostenibile.
    Queste libertà, già importanti di per se stesse, potrebbero inoltre contribuire a far nascere altri tipi ancora di libertà. Per esempio il dibattito pubblico, tanto spesso soffocato sotto i regimi autoritari, potrebbe rivestire un’importanza capitale per il conseguimento di una vita più pienamente umana ed anche per meglio comprendere l’importanza di conservare l’ambiente e dei suoi effetti a lungo termine. I nostri rapporti col mondo dipendono in maniera cruciale dalla nostra visione di noi stessi. (Traduzione di Laura Toschi)

  3. #3
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    Predefinito CONVEGNO DI STOCCOLMA

    "ENTRO POCHI ANNI DUE TERZI DELL’UMANITÀ ANDRANNO IN CRISI PER L’ACQUA"
    dal CORRIERE DELLA SERA del 13 agosto 2002
    MILANO - "In meno di 25 anni due terzi della popolazione mondiale sarà colpita dalla crisi idrica". L’ultimo allarme ambientale viene lanciato dall’Onu a Stoccolma, in occasione del World Water Symposium, la conferenza mondiale sull’acqua che fino a sabato affronterà uno dei temi chiave del prossimo vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, in programma a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre. All’apertura dei lavori, dedicati a "Come creare un equilibrio tra le risorse idriche e lo sviluppo demografico, l’alimentazione e l’ambiente", erano presenti novecento persone, tra politici, scienziati e rappresentanti di cento Paesi. In questa cornice, che ha fatto da sfondo anche all’annuncio della minaccia climatica rappresentata dalla nube tossica gigante sull’Asia, sono stati illustrati i limiti di uno sviluppo dell’ambiente che non tenga conto di un più equilibrato sfruttamento delle risorse idriche.
    E’ un tema che tocca da vicino l’Italia: secondo le previsioni di Legambiente, infatti, la temperatura nel Meridione è destinata a salire di 2-3 gradi nel giro di un secolo, facendo calare le risorse idriche da 6,3 miliardi di metri cubi a 5,1 miliardi. Secondo le stime del Wwf, inoltre, ciascun italiano ha una disponibilità teorica annua di 2.700 metri cubi di acqua, ma la quantità reale crolla a 1.100 a causa dell’inquinamento delle falde e dei fiumi e della rete idrica vecchia e inadeguata, con il 40 per cento delle riserve sprecato per via delle perdite e degli allacciamenti abusivi.
    Le necessità, in Italia come nel resto del mondo, sono destinate a salire in proporzione alla crescita della popolazione: secondo l’Unesco in tutto il pianeta ci saranno otto miliardi e 300 milioni di persone nel 2025 e tra i dieci e i dodici miliardi nel 2050. "Entro il 2020 - ha spiegato Klaus Toepfer, direttore dell’Unep, l’Agenzia ambientale delle Nazioni Unite - l’uso dell’acqua aumenterà del 40 per cento. La quantità necessaria per nutrirsi crescerà del 17 per cento. In queste condizioni, senza provvedere a rendere l’acqua non inquinata, è impensabile riuscire a ridurre la povertà".
    Un miliardo e duecento milioni di persone, cioè il 20 per cento dell’umanità, in questo momento non possiede acqua per condurre una vita "normale". In molte aree dell’Africa donne e bambini devono compiere sette chilometri al giorno a piedi per approvvigionarsi d’acqua. E la situazione è destinata a peggiorare: con gli attuali investimenti l’acqua non inquinata potrà raggiungere l’intera popolazione africana non prima del 2050, quella latinoamericana non prima del 2040 e quella asiatica non prima del 2025.
    In realtà il 97,5 per cento dell’acqua della terra è salata e del rimanente 2,5 soltanto lo 0,007 per cento è a disposizione dell’uomo. Un monito in più per sfruttare al meglio questa risibile percentuale a disposizione.
    Le soluzioni? Il programma, per un impegno diretto a produrre un uso sostenibile dell’acqua senza dispersioni nell’ambiente, sarà affidato ai grandi di Johannesburg

  4. #4
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    Predefinito Re: SVILUPPO SOSTENIBILE -Note sul prossimo incontro di Johannesburg

    Originally posted by Österreicher
    Né ha senso accusare gli Stati Uniti (soggetto passivo costante di tutte le accuse morali) d'essere la causa prima dell'inquinamento mondiale: ciò che gli statunitensi fanno, tutti gli abitanti della Terra cercano di farlo. E lo fanno nella misura in cui possono.
    Sarà, ma controllando le statistiche per i consumi energetici mondiali dell'anno 2000, mi pare che l'americano medio consumi circa 2,85 volte quello che consuma l'eruopeo medio. Se escludiamo il Canada, il rapporto è comunque di 2,75;
    dieci Statunitensi medi consumano come ventisette Italiani!

    Per capirci, gli Stati Uniti hanno un consumo di energia pro capite che è inferiore solo a quello di: Finlandia, Svezia, Lussemburgo, Canada, Islanda e Norvegia. Con l'eccezione del Lussemburgo, tutti i Paesi qui elencati godono di un clima rigido.
    Peraltro, questi Paesi (con l'eccezione della Finlandia, che comunquerimane molto sotto alla quantità statunitense) producono meno di un terzo del CO2 prodotto negli Stati Uniti per kWh.
    Inoltre la quantità di emissioni di CO2 per kWh degli States è sopra alla media mondiale (ricordo che è un parametro che dovrebbe diminuire con lo sviluppo di una nazione e non aumentare).

    fonte: http://grtn.it/statistiche/documenti...rnazionali.pdf

 

 

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