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Il 26 agosto il tour dei diritti è passato per S. Benedetto del Tronto. Qualcuno a caso ci può dire qualcosa.
Per le imprese i diritti sono un intralcio
Di Luca Mirone
Il Tour dei diritti continua la marcia di avvicinamento a Trieste passando da S. Benedetto del Tronto. La provincia di Ascoli Piceno conta 370.000 abitanti e presenta una realtà produttiva fatta di migliaia di piccole e piccolissime imprese, per il 48% manifatturiere. La piccola dimensione delle imprese costituisce un grosso limite, perché la gestione è improntata allo spontaneismo. Senza programmazione l'economia provinciale sta lentamente decrescendo, e in questo contesto il rispetto dei contratti, dei diritti e delle tutele è visto come un intralcio da parte degli imprenditori. Anche nelle realtà economiche più forti.
"Il nostro datore di lavoro si compra la Fiorentina mentre io guadagno 1.700.000 con due superminimi, non beneficio né di premi produzione, né di premi qualità, né di 14esima". A parlare è Patrizia, operaia presso la Della Valle, leader nel settore calzaturiero. "5 anni fa abbiamo portato l'azienda in tribunale perché non pagava la flessibilità. Aspettiamo il pronunciamento della Cassazione, in appello abbiamo già vinto".
Guerriero Rossi, da 6 anni alla Della Valle: "E' un'azienda affermata, ha grossi volumi d'affari ma i meccanismi al suo interno sono quelli di una piccola impresa, in cui il padrone fa il bello e il cattivo tempo ai danni dei lavoratori. È difficile anche la mobilitazione, perché i posti chiave sono gestiti da amici e parenti. Recentemente abbiamo presentato una piattaforma di contratto integrativo. La risposta è stata solo un aumento di flessibilità. I lavoratori si sono rifiutati di fare un'ora in più, e l'azienda ha minacciato la cassa integrazione. Il contratto integrativo non può essere accettato, altrimenti la lobby interna dei soliti amici non può più controllare i lavoratori con il meccanismo della contrattazione individuale; una pratica che permette all'azienda di mettere i lavoratori uno contro l'altro, facendo favori ad uno e negandoli ad un altro".
Il sindacato qui è proprio sgradito. Giulio Tardelli, calzolaio: "Dopo essere diventato rappresentante sindacale sono stato sempre più isolato. Alla fine mi hanno negato l'avanzamento di livello che mi spettava da contratto. Eravamo in 4 montatori a dover subire lo scatto. Casualmente io sono stato l'unico a non beneficiarne".
Il settore industriale risente fortemente della fine dei finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno. Le aziende tagliano ovunque. Eraldo Tranquillo, della Sgl Carbon: "Noi dobbiamo manipolare prodotti carboniosi, quindi particolarmente pericolosi per la salute, ma lavoriamo in condizioni di assoluta insalubrità. Poi, con l'espansione urbanistica, la fabbrica si trova adesso dentro la città. La magistratura ha sequestrato due forni perché superavano i limiti delle emissioni. L'azienda ha minacciato tagli se noi non l'avessimo sostenuta contro questo provvedimento. Dopo il nostro rifiuto siamo stati messi in mobilità in 10, ma poi il giudice ha ordinato il reintegro".
Luzi, operaio presso la Moduli, tubi di gomma: "Negli ultimi 10 anni l'azienda ha fatto un uso massiccio dell'interinale, prendendo tutti i figli dei dipendenti. In questo modo i padri hanno paura di mobilitarsi perché temono un aggravamento delle già precarie condizioni dei figli".
I giovani ascolani sono totalmente soggetti al precariato. Su 878 aziende, in 700 si sono riscontrate irregolarità (Dati Inps provinciali). Luana, commessa della Coop: "Ho cambiato mille lavori ed ho sempre percepito lo stipendio senza mai una lira di contributi. Alla Coop ho un contratto a termine, di tre mesi in tre mesi. L'ultima volta non sono stata confermata, salvo poi rientrare nella graduatoria e perdere comunque un mese di stipendio".
Grazia, della Filcams: "Tutti i ragazzi hanno di fronte a sè almeno 10 anni di precariato. Col rischio che, saltando da un lavoro all'altro, non sempre si riesce ad accumulare un'esperienza solida per avviarsi ad un mestiere". Il precariato così non è solo un'esperienza di temporaneo sacrificio e d'inevitabile gavetta, ma rischia di segnare a vita il futuro di una persona. In negativo.
Articolo tratto da L'Unità del 27 agosto 2002