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    Predefinito Forza Nuova contro gli extracomunitari clandestini: «Ribellarsi è ormai un dovere!»

    (da L’ARENA DI VERONA – 28 agosto 2002)

    LAVAGNO. Il 20 settembre manifestazione di Forza Nuova
    Protesta contro i clandestini sfruttati per il lavoro nero
    A Vago sono sempre più numerosi e vengono usati in campagna


    Lavagno. Si svolgerà il 20 settembre, alle 21, nella piazza di Vago, la manifestazione organizzata da Forza Nuova contro gli extracomunitari clandestini. «Ribellarsi è ormai un dovere», recitano i manifesti che il responsabile del movimento di estrema destra per l'Est veronese Cristiano Pasi ha già distribuito in alcuni bar a Lavagno e San Martino Buon Albergo. «Prima del comizio distribuiremo i volantini fuori dalle chiese delle cittadine che confinano con Vago», annuncia Pasi. «È una forma di protesta giusta, a patto che quel giorno venga rispettato l'ordine pubblico, perché denuncia una situazione, quella dei clandestini a Vago, che è sotto gli occhi di tutti», spiega il vicesindaco Luca Bona (Alleanza nazionale) che ha autorizzato il raduno.
    (...) «A Vago si radunano molti irregolari giunti nell'Est veronese», dice Pasi. «In piazza girano almeno cinque, sei clandestini al giorno. I "caporali" reclutano la manodopera da mandare a lavorare in nero nelle campagne attorno a Lavagno», assicura il comandante della polizia municipale di Lavagno Andrea Volpe. Gli extracomunitari che si raggruppano a Vago provengono da Belfiore, Ronco, Albaredo e Zevio dove i raccolti abbondano. Volpe, assieme agli altri due agenti, pattuglia anche di notte le coltivazioni attorno a Vago per scovare gli immigrati stranieri che si accampano nei casolari abbandonati.
    (...) Le famiglie di Vago, però, non hanno mai protocollato in municipio alcuna lettera per segnalare la probabile presenza di clandestini. Se notano qualcosa, preferiscono riferirla a voce agli agenti. «La popolazione non si espone perché teme ritorsioni», sostiene Volpe che, due anni fa, grazie al coraggio di una mamma, ha accompagnato in Questura a Verona due albanesi che infastidivano le bambine che frequentavano le elementari di Vago. (...)


    La proposta del senatore Luigi Viviani dell’Ulivo
    «Una caserma dismessa per accogliere i senzatetto immigrati»

    «Toglierli dalla strada e offrire loro un tetto dignitoso». Il fenomeno dell’immigrazione è un problema sociale vasto e complesso, ma l’emergenza presenta conti da saldare subito. E di quei due interventi immediati parla il senatore dell’Ulivo Luigi Viviani, commentando la nuova ondata di stranieri senzatetto giunta a Verona quest’estate. È un’emergenza da mille posti letto, dotata cioè di numeri più che sufficienti per farla deragliare sul versante della malavita. «È qui», dice Viviani, «che deve emergere la differenza di approccio culturale e politico di una amministrazione di centrosinistra rispetto al centrodestra. (...) Una prima soluzione, per far fronte all’emergenza, portrebbe essere quella di creare un centro di prima accoglienza capace di offrire un tetto a un certo numero di immigrati nel periodo loro necessario a trovare una sistemazione. Si potrebbe utilizzare una delle caserme dismesse della città, anche in prospettiva di un uso definitivo a questo scopo in futuro».
    «Poi il problema casa», continua Viviani, «va affrontato in termini di concertazione sociale chiamando attorno a un tavolo tutti i soggetti interessati (industriali, artigiani, sindacati, Ater, Agec, ecc.) per realizzare insieme una serie di strumenti tendenti a offrire una sistemazione abitativa dignitosa a chi lavora. Sia attraverso la costruzione di nuovi alloggi sia attraverso strumenti di garanzia studiati per consentire l’affitto di appartamenti disponibili ma finora inibiti agli immigrati».
    (...) Ma non è solo una casa la risposta che la città e chiamata a dare a chi arriva in cerca di lavoro e di una vita migliore. «Rimangono i problemi relativi all’accesso agli altri diritti di cittadinanza sociale e di integrazione degli immigrati e delle loro famiglie. In questo campo, occorre rendere concreto l’esercizio dei diritti alla salute, all’istruzione, al lavoro nel caso venga perduto. Anche se l’ambito più impegnativo, e decisivo per l’esito dell’intero processo di integrazione, rimane quello dell’inserimento sociale e culturale. (...)



    (da IL GIORNALE DI VICENZA – 28 agosto 2002)

    Gli immigrati si sono insediati nella zona vecchia: e non mancano le proteste
    Alte parla solo straniero
    Comprano case, aprono negozi, piazza S. Paolo è loro

    (...) Lì si è formato un vero e proprio quartiere degli immigrati, come accade nelle grandi città. Degli oltre 1500 stranieri iscritti all’ufficio anagrafe di Montecchio Maggiore, oltre la metà fanno tappa ad Alte. Sono sempre di più i negozi gestiti da stranieri. Sempre di più gli immigrati che acquistano casa. E lo fanno proprio nel cuore di Alte perché il quartiere è vecchio, come confermano anche alcune agenzie immobiliari. Lo fanno anche perché proprio lì ci sono altri immigrati. È così che Alte sta cambiando volto. (...) «Sono qui da ventidue anni - dichiara un commerciante locale - e negli ultimi tre anni le cose sono radicalmente cambiate: il sabato e la domenica pomeriggio non si vede più la famiglia italiana a passeggio tra le vetrine, ma solo extracomunitari, che pur apprezzando gli articoli di qualità, non dispongono dei mezzi per acquistarli. Dal punto di vista commerciale, non vedo positivamente questo sviluppo della situazione: sto seriamente pensando di cambiare zona».


    Hossain macellaio musulmano «Gli italiani da noi non entrano»
    Indiano, 28 anni, di cui 6 in conceria Ora s’è messo in proprio


    In tre anni, sono arrivati a dieci i negozi gestiti da stranieri a Montecchio. Di questi, la metà si trova concentrata nella zona di Alte, intorno a piazza S. Paolo. L'ultimo è quello di Hossain Edmad, che sulle orme della precedente attività, ha aperto all'inizio di luglio una macelleria, arricchita nelle scorse settimane con prodotti alimentari tipici del suo paese. La nuova macelleria si differenzia dalla precedente, sia per la tipologia della carne che per la macellazione della stessa, che segue rigorosamente il rito musulmano.
    «Ho scelto questa piazza perché è frequentata praticamente solo da stranieri - precisa Hossain - In un certo senso, potrei dire che Piazza S. Paolo è di noi stranieri. (...)
    Non appena possibile, Hossain farà arrivare in Italia anche la moglie e il figlio di due anni, che ancora non ha visto. (...)



    Ormai siamo invasi dagli immigrati e le nostre belle città si stanno lentamente trasformando in suck maleodoranti.
    Perché i clandestini non vengono rimpatriati?

  2. #2
    P.N.F.
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    MESTRE (VE)
    LA CITTÀ CHE CAMBIA
    Il bar da Gastone, due vetrine più in là della libreria Moderna vicino alla Torre, è stato acquisito dal cinese Wu Chengai:

    In Piazza lo spritz ha gli occhi a mandorla
    Un segno dei tempi. Ormai gli affitti in centro storico sono molto alti e parecchi negozi hanno dovuto chiudere i battenti

    Al bar da Gastone, bar storico di piazza Ferretto, si parla cinese. Lo spritz a mandorla è l'ultimo grido della piazza, dopo il passaggio dei Benetton che hanno "mutandizzato" la piazza negli anni Ottanta, adesso è la volta dei cinesi . E per Mestre è la prima volta in assoluto che passa di mano un esercizio pubblico "normale". Nel senso che finora i cinesi si erano specilizzati in ristoranti e negozi caratteristici, tipici, adesso invece un cinese, Wu Chengai, è diventato il titolare del bar da Gastone, che conserva in tutto e per tutto, almeno finchè resta in organico la commessa italiana, le caratteristiche del vecchio bar che da sempre ha i tavolini in piazza, due vetrine più in là della libreria Moderna, dove fino ad una decina di anni fa si dava appuntamento l'intellighentia mestrina. Ma allora il bar da Gastone era gestito da Gianni - che tutti chiamavano Gastone - il quale passò poi la mano ad Aldo - che adesso è ai Tigli - il quale vendette ad altri e poi ad altri ancora. L'ultimo in ordine di tempo è Wu Chengai che gestisce questo bar assieme alla moglie. E potete scommetterci quel che volete, ma non c'è uno che entri in quel bar e immagini che sia lui il padrone, credono tutti che si tratti di un cameriere visto che anche in piazza, come da qualsiasi altra parte, spopolano cameriere ucraine e pizzaioli del Bangladesh. Ma, per l'appunto, questa è la prima volta in assoluto che un cinese diventa proprietario di un bar italiano, dopo aver vinto sul filo di lana la concorrenza degli italiani. Perchè quel bar aveva pure dei gestori, fino all'altro giorno, che non vedevano l'ora di firmare un nuovo contratto di affitto e comperare la licenza. Il tira e molla con i proprietari sembra che sia durato parecchi mesi e, quando sembrava che fossero lì lì per chiudere, ecco farsi avanti Wu Chengai che in un battibaleno ha convinto la proprietaria a firmare. Inutile dire che circolano cifre da favola, impossibili da verificare. Certo è che la trattativa con i predecessori era attorno al mezzo miliardo di lire e quindi Wu Chengai non può aver speso tanto meno. Del resto un esercizio commeciale come quello in piazza Ferretto non può valere tanto meno. Ma, oltre ai soldi della licenza, ci sono quelli dell'affitto e anche in quel caso si parla di cifre che viaggiano sopra i 5 milioni di vecchie lire al mese. Vere o false che siano queste valutazioni, resta il fatto che è un segno dei tempi quel che sta succedendo in piazza Ferretto, che sta cambiando pelle per l'ennesima volta. Tra l'altro proprio in questo periodo si vede che più di un negozio ha chiuso i battenti. Riapriranno o faranno come Mc Donald che chiude promettendo una ristrutturazione e non riapre più i battenti? Perchè anche in questo piazza Ferretto è unica, visto che in nessuna altra parte del mondo è mai successo che la multinazionale della bistecca faccia cilecca e chiuda per sempre.
    E al suo posto ancora non è andato proprio nessuno- si parlava dell'ennesimo negozio di Benetton - mentre di qua e di là della piazza tutti ristrutturano. "Più di qualcuno è alla canna del gas - dice il solito ben informato - Gli affitti sono alle stelle. Ricordiamo che la Parigina ha chiuso perchè il proprietario aveva chiesto allora 6 milioni e rotti, che adesso saranno diventati anche 10 e che Mc Donalds sembra pagasse oltre 20 milioni al mese di affitto. E anche la gelateria dei fratelli Fontanella è stata costretta a cedere il passo ad un negozio di telefoni, no?" Insomma, in piazza i negozi storici si contano ormai sulle dita di una mano - chi si ricorda più di Menato, di Gastaldis, dei fiorentini che facevano il castagnaccio, della Parigina, di Fontanella, del negozio di elettrodomestici, di Colussi, della Macelleria (quella vera) di piazzetta da Re? - mentre anche le "firme" sembrano lasciare il passo ad altre attività. E dietro l'angolo ci sono ancora i cinesi , che qualcuno giura essere pronti a rilevare qualsiasi negozio. Anche pagandolo un po' di più di quel che vale.

  3. #3
    P.N.F.
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    MESTRE (VE)
    Chinatown cresce ma non allarma:

    Ma dove li trovano tutti questi soldi i cinesi ? Liquidi. E tutti subito? Fino a qualche anno fa la risposta era a senso unico: mafia cinese. E voleva dire che per la polizia si trattava di soldi riciclati, quattrini che arrivavano direttamente dalla Cina e che venivano reinvestiti in attività lecite in Italia. Impossibile infatti che avessero un senso commerciale tanti ristoranti cinesi e poi tanti negozi di abiti e cianfrusaglie cinesi . Ma adesso che via Piave è stata soprannominata Chinatown, ormai tutti si sono abituati alla presenza massiccia dei cinesi in città. E se per altri immigrati spesso si coglie un malcelato senso di fastidio, quel che è certo è che la comunità cinese vive tranquillamente senza destare alcuna preoccupazione. Non che si siano integrati, perchè i cinesi non sanno nemmeno che cosa sia l'integrazione, ma sicuramente sono ampiamente tollerati. Li accettano tutti, senza problemi. Anche i ristoratori che pure temevano molto la concorrenza. "Tutti hanno capito che i ristoranti cinesi coprono un target diverso di clienti - spiega Marco Zelco, direttore dell'Ascom - E tanta paura iniziale alla fine si è dissolta nel nulla, ognuno si è tenuto i suoi clienti e basta. Si è capito che la qualità fa premio e che chi frequenta il tuo ristorante da sempre non lo cambia facilmente". Ma vero o no che la comunità cinese - a proposito, storicamente il primo ristorante in assoluto che ha aperto i battenti a Mestre è quello di Corso del Popolo, Suzhou, che ha preso il posto del bar Al tronco - si sta espandendo anche in via Cappuccina?
    "Sembrerebbe proprio di sì"- risponde Zelco. Esattamente come è successo per via Piave dove tanti negozianti, magari in là con l'età, alle prese con le nuove strategie commerciali, con la concorrenza degli ipermercati e con gli affitti che crescono a dismisura, hanno pensato bene di mollare la presa. In via Cappuccina i negozi di roba cinese sono già 5. "Hanno rilevato vecchie attività che stavano per chiudere o che avevano già chiuso - spiega Marco Zelco - anche in via Cappuccina c'erano state richieste di aumento dell'affitto che non permettevano più al commerciante di tenere aperti i battenti". E invece i cinesi pagano, pronto cassa. "Non più come una volta, a sentire i nostri soci - continua Zelco - Fino a qualche anno fa è vero che pur di entrare nel mondo del commercio, i cinesi erano disposti a strapagare l'esercizio che andavano a rilevare, ma adesso non è più così". Dunque, è andata bene a chi ha ceduto tempo fa, adesso non si naviga più nell'oro. Segno che si sta facendo strada una nuova imprenditoria cinese, dunque. Questo, almeno, è quel che appare, perchè saperne di più è impossibile. La comunità cinese è notoriamente impermeabile, non ha alcun contatto con chi non è cinese - non solo qui, in ogni parte del mondo - e siccome l'eventuale criminalità resta tutta interna alla comunità cinese - quando la polizia arriva in un laboratorio clandestino, arresta solo cinesi e finora non si è mai saputo di accordi tra malavita cinese e italiana - non dà fastidio a nessuno e nessuno si preoccupa di studiarla. Anche perchè ben più pericolosi appaiono gli albanesi o i nigeriani che puntano direttamente al controllo di certi mercati come la prostituzione o la droga, mercati che hanno una ricaduta diretta sulla vita dei mestrini. I cinesi invece sono un popolo di invisibili. A contare i tanti ristoranti e negozi che ci sono in città a mettere insieme tutti i laboratori clandestini che vengono scoperti ogni anno, si direbbe che girando per strada dovremmo essere accerchiati da cinesi e invece non è così. La loro presenza è discreta, invisibile per l'appunto, ma le loro "antenne" sul territorio sono sensibilissime e appena c'è un bar o un negozio in vendita, ecco che puntuale si presenta il cinese. Con i soldi pronti in mano. E, negozio dopo negozio, Chinatown cresce.

    NO COMMENT!

  4. #4
    P.N.F.
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    SEMPRE PIÙ GESTORI CINESI: UN FENOMENO DA MONITORARE:

    Specie nell'anno in corso abbiamo assistito ad un grande aumento dei pubblici esercizi, dei locali e dei negozi gestiti da stranieri ed in special modo da cinesi .Da una parte è' un fatto fisiologico, di mercato; nulla da dire sulla transazione economica poi; chi vende è un italiano essenzialmente che trova conveniente l'offerta e le modalità di pagamento. Ma vi sono due preoccupazioni che vanno sottolineate.
    La prima, evidenziata anche da molti operatori commerciali italiani, e cioè la veloce trasformazione dei mercati con l'inserimento sempre maggiore di ambulanti stranieri, con tipologie di merci molto diverse, più "modeste" se vogliamo, con una "cultura" di presentazione del prodotto totalmente diversa.

    Risultato che alcuni mercati ove questo inserimento è più consistente cominciano a soffrire; un mercato è fondamentalmente un "centro commerciale", sia pur all'aperto, ove se non vi è un gioco di squadra, una sinergia pur nelle diversità, non soffre solo il singolo ma l'intero mercato, l'intero piccolo o grande "centro commerciale". E questa trasformazione che comincia ad essere visibile sta portando anche a questo, ad una minor qualificazione del mercato rispetto alla concorrenza.

    La seconda è che, specie i locali pubblici, rischiano di diventare - salvo qualche lodevole eccezione - dei punti di aggregazione, di raccolta per immigrati irregolari, con consistenti problemi di ordine pubblico.

    Basti vedere quanto ritrovato all'interno dell'Hotel Vienna, gestito da un cinese od orientale, o la vicenda del Gigi's bar chiuso in questi giorni dal Questore dopo il noto accoltellamento..

    Con questo non si vuol criminalizzare lo straniero od una etnia, quella cinese in particolare, che però risulta di difficile interpretazione non avendo una comunità organizzata e dei rappresentanti con cui dialogare, ma solo porre l'accento su un problema che già ora è forte e rischia di esserlo sempre più.
    Cifre pagate in contanti, senza particolari trattative, sono le caratteristiche di queste transazioni, un po' inusuali da noi.

    E se sino al 2001 erano una dozzina i locali gestiti da cinesi, con i dati dell'Assessorato che continua una opera di monitoraggio, già nei primi sei mesi del 2002 andiamo al raddoppio !

    Se poi sommiamo il fenomeno del lavoro nero, sommerso nelle decine e decine di laboratori artigianali ove molti cinesi od orientali, in regola con nulla, sfruttati da loro connazionali lavorano in condizioni disumane, forse paragonabili a quelle del nostro '800, il fenomeno assume contorni ancor più inquietanti.

    Non è ovviamente nostro compito fare illazioni sulla provenienza del denaro impiegato nelle transazioni anche se qualche dubbio lo si può avere. In questo campo, mi sembra, le Forze dell'Ordine sono particolarmente attive e chiusure di questi laboratori illegali, ove tutto è in nero, si susseguono costantemente come riportano spesso le cronache dei giornali.

    Cosa fare, allora.E' un fenomeno da monitorare costantemente, tenere sotto controllo, cercando di individuare cause e finalità, scindendo il fisiologico.da quello che appare eccessivo.

    Per tali motivi ritengo opportuno proporre a settembre un tavolo di monitoraggio del fenomeno alle Associazioni che rappresentano i pubblici esercizi (forse il settore più interessato) e i commercianti.

    Comprendere per proporre correttivi; comprendere per aiutare anche "culturalmente" chi vuole adeguarsi al nostro tipo di cultura, impostazione per separarli da chi invece intende comportarsi in maniera diversa.Questo possiamo e dobbiamo fare.

    Franco Perlasca

    assessore Attività produttive

    Comune di Padova

  5. #5
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    Il censimento dei residenti nel capoluogo contava a fine 2001 quasi 4300 "foresti" regolari, provenienti dai cinque continenti.

    È straniero un trevigiano ogni venti:

    Molto consistenti i gruppi nazionali marocchino, albanese e dell’ex Jugoslavia, cresce la comunità cinese:

    Treviso sempre più straniera. Sono 4.289 i cittadini di nazionalità non italiana che, al 31 dicembre dello scorso anno, risiedevano nel territorio del comune. Di questi, 2.382 sono uomini e 1.907 donne, mentre 921 non hanno ancora compiuto 18 anni. Su una popolazione totale di circa 83 mila abitanti, gli stranieri rappresentano poco più del 5 per cento.
    Alla fine del 2000 raggiungevano le 3.694 unità: nel giro di 12 mesi, dunque, l'incremento percentuale è stato pari al 16,1 per cento. Valore consistente, ma, a differenza degli anni precedenti, al di sotto della media del Veneto (più 20,4).

    Il capoluogo della Marca si conferma comunque tra i più multietnici: vengono a stabilirsi qui in pratica da ogni angolo dei cinque continenti, in rappresentanza di ben 104 paesi, dalla "A" di Arzebaijan alla "Z" di Zambia. Abitano all'ombra del Palazzo dei Trecento persone nate in Libano, Uzbekistan, Togo, Congo, Ciad, Honduras, Panama, Nicaragua, Birmania, Seichelles. Ci sono persino una coppia neozelandese, due nativi delle isole Samoa (arcipelago dell'oceano Pacifico, al largo dell'Australia) e un cittadino della repubblica di San Marino. All'elenco bisogna aggiungere pure 5 apolidi (2 maschi e 3 femmine), ovvero coloro che, per uno strano gioco del destino e della legislazione internazionale, non posseggono alcuna cittadinanza.

    I gruppi nazionali più numerosi sono quelli classici dell'immigrazione degli ultimi decenni: in testa gli ex jugoslavi con 581 presenze (di cui 384 maschi e 197 femmine), seguono gli albanesi (509) e i marocchini (492). Cospicue anche la comunità cinese (261 persone, 136 uomini, 125 donne), croata (136), macedone (124), del Bangladesh (97) e dello Sri Lanka, la britannica Ceylon, (93). Complessivamente gli africani sono 1.360, tra cui 153 immigrati della Costa d'Avorio, 129 dal Ghana, 115 dal Senegal. In genere gli uomini sono più numerosi delle donne della stessa etnia, con, però, alcune significative eccezioni: risiedono in città 84 brasiliane contro 36 compatrioti maschi, 74 dominicane contro 23, 58 filippine contro 27.

    Ma non c'è solo l'immigrazione dal terzo mondo: il comune trevigiano ospita pure cittadini di tutti i paesi dell'Unione Europea, tranne il Lussemburgo, soprattutto inglesi, francesi e tedeschi. Oltre a 36 "trevigiani" provenienti dagli Stati Uniti e 9 dal Giappone.

    Un' avvertenza è doverosa: le cifre si riferiscono ai cittadini stranieri iscritti all'anagrafe del Comune di Treviso. Non tengono conto, perciò, di irregolari e clandestini. E non considerano neppure un fenomeno molto diffuso, soprattutto tra gli extracomunitari: la mobilità. Molti di coloro che provengono dall'estero, infatti, si registrano presso la loro prima destinazione italiana, poi si spostano, magari alla ricerca di lavoro, spesso senza curarsi di formalizzare il trasferimento.


    QUESTI I REGOLARI.....NON OSO IMMAGINARE QUANTI SONO GLI IRREGOLARI.

  6. #6
    Enclave MUSSOLINISTA
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    Predefinito BASTA IMMIGRATI

    Signori
    basta con questa Italia multirazziale
    che vogliono imporci.
    Basta con Immigrazione e Razzismo


    Uno dei problemi più gravi nel nostro paese è l' immigrazione. E non solamente quella clandestina.

    Un fenomeno che parte da lontano: dal calo demografico nel nostro paese, dalla crisi economica ed alimentare e dal disordine politico nel terzo mondo, dal definitivo sopravvento dell’economia sulla politica tradizionale nei paesi occidentali e dallo svilupparsi di un’eresia buonista e pauperista all’interno di ambienti ecclesiastici.

    "Ogni popolo ha la sua terra ogni terra ha il suo popolo"

    E se nella storia dei popoli spesso sono avvenute migrazioni, invasioni, mai abbiamo assistito ad un fenomeno come quello odierno, di tali proporzioni e soprattutto con tali conseguenze.



    Ovunque c'è alta immigrazione, le paghe salariali si abbassano. Il capitalismo superando tutte le remore di carattere etico e politico favorisce il fenomeno dell’immigrazione, perché consente ulteriori profitti alle solite grandi famiglie di oligarchi a scapito dei lavoratori.

    L’ordine pubblico, la convivenza civile e la sicurezza sono stati già messi a dura prova dall’immigrazione clandestina e selvaggia. Basti pensare al fatto che la popolazione carceraria in Italia è in maggioranza composta di extracomunitari. I reati legati allo spaccio di droga, alla prostituzione e alla violenza interna alle stesse comunità di stranieri (violenza a sfondo etnico, se non tribale , alla faccia della tolleranza e della societá multirazziale!) sono ormai nella quasi totalitá ascrivibili al mondo dell’immigrazione.


    La soluzione del problema non può che essere radicale, è necessario quindi analizzare alla radice quest’evento di massa senza pari nella storia moderna.

    Il fenomeno immigratorio va bloccato non solo ai confini ,ma, soprattutto all’interno del Paese fonte. Una politica che, lungi dal risolvere il fenomeno, rischia addirittura di stravolgere la fisionomia del nostro paese.


    1) Bloccare l’immigrazione.

    2) Avviare un rimpatrio umano degli immigrati già presenti nelle nostre terre.

    3)In particolare, rimpatriare immediatamente tutti quelli detenuti, evitando al contribuente tasse maggiori, per mantenerli in italia

    4) Dare vita, in accordo con gli altri paesi europei, ad un programma di ristrutturazione economica dei paesi del terzo mondo.

    5) Consentire ai nostri connazionali residenti all’estero, di ritornare immediatamente e così colmare il gap occupazionale del nord.

    6) E in modo prioritario, dare immediata occupazione a tutti i disoccupati italiani, prima di assumere un solo straniero.

    7) E prima di costruire e ristrutturare i centri d'accoglienza, dare una casa agli abitanti di Colfiorito (PG) e zone terremotate, che da quasi 5 anni abitano nei containers.

    Vogliamo però fugare ogni dubbio riguardo il problema del razzismo.

    Per noi, parlare di «razzismo» o di «antirazzismo» da un ottica prettamente Italiana, è soltanto un non senso. Noi, infatti, parliamo di «stirpe»: una nozione, quest’ultima, che non ha niente a che vedere, né con il concetto di «razza» (inteso in senso biologico o antropologico), né con l’idea di «melting pot» o di «miscuglio etnico-culturale», intesa nel senso di «brulicanti cocktails» di popolazioni di origine e di cultura diversa che vivono all’interno dello stesso habitat e che sono quasi sempre contraddittori ed antagonisti ed, in ogni caso, origine e causa primaria di patenti o latenti conflittualità multirazziali e/o multiculturali. La «stirpe», per il Fascismo è una nozione strettamente politica. Una nozione, cioè, che tende a circoscrivere, esplicitare e mettere in luce le qualità, le caratteristiche e le prerogative del «popolo» nel quale si identifica. In quest’ottica, concepiamo i diversi «popoli» o le diverse «nazioni» del mondo, non come degli «Stati-Nazione», ma come <<POPOLI-NAZIONE>>.

 

 

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