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  1. #1
    Mjollnir
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    Post Stefano Gasparri, "La cultura tradizionale dei Longobardi"

    Stefano Gasparri, La cultura tradizionale dei Longobardi. Struttura tribale e resistenze pagane. Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1983


    Dopo secoli di trasmissione orale, intorno all’anno 750, alcune tradizioni storiche e mitologiche dei Longobardi furono finalmente redatte in forma scritta da Paolo Diacono. Il passaggio da una tradizione orale della cultura ad una redazione scritta della storia non fu una metamorfosi aset_tica. Il diacono cividalese, per inserire la storia del suo popolo nell’ambito della tradizione sto_riografica romana, procedette infatti ad un’accurata selezione degli episodi della cultura longobarda, alla razionalizzazione delle sue saghe, all’eliminazione di quei miti e all’omissione di quegli avvenimenti che potevano sembrare troppo esplicitamente pagani. Per quanto dunque l’ "Historia Langobardorum" di Paolo sia, nel complesso, molto avara di informazioni "non fil_trate" sulle tradizioni etniche della sua stirpe e benché tanto nell’Editto (643) con cui il re Roth_ari procedette, al tempo stesso, alla codificazione delle leggi e alla conservazione degli usi, delle norme (cawarfidae) e dei costumi longobardi, quanto nel catalogo "Origo gentis Langobardo_rum" (VIII sec.) che funse poi da premessa all’Editto, non abbondino affatto i riferimenti agli ordinamenti primitivi e agli usi tribali di questo popolo, alcuni elementi contenuti nei testi so_pracitati appaiono inequivocabilmente importanti sotto il profilo etnografico e sotto quello an_tropologico. Le complesse analisi che hanno consentito agli studiosi di far affiorare in superficie i residui delle antiche saghe e leggende dei Longobardi sono quindi ripercorse, spesso ridiscusse e, talvolta, confutate dal Gasparri che focalizza la sua attenzione sia su alcuni episodi narrati da Paolo Diacono sia su alcuni passi contenuti nell’Editto rotariano.

    In particolare lo studioso si sofferma sui capitoli dell’Historia relativi alle origini della stirpe longobarda e procede ad una serie di analisi comparative in cui si avvale dei risultati acquisiti dalla tradizione storiografica indoeuropeistica e germanistica. Ora, gli studi di Georges Dumézil hanno messo in luce come nei miti di fondazione o di migrazione dei popoli indoeuropei rivesta un ruolo di primaria importanza una coppia di fratelli / gemelli semidivini. Dei due fratelli uno, immortale, appare legato alla sfera guerriera, mentre l’altro, mortale, risulta spesso in rapporto con l’attività agricola.(in ambito italico abbiamo la corrispondenza di Romolo e Remo, nota di Mjollnir) Quest’ultimo aspetto, ammantato di una componente più prettamente re_ligiosa, è presente anche nella figura femminile che di solito si aggiunge ai due fratelli. L’equiv_alente longobardo di questa triade - in cui si riflette, secondo Dumézil, la tripartizione della società indoeuropea in guerrieri, agricoltori, sacerdoti - è rappresentato dalla coppia Ibor e Aion, cui si affianca la madre dei due giovani condottieri, la sacerdotessa Gambara. Costei -che in un testo tardo, l’ Historia Langobardorum cod. Goth. (IX sec.), è detta "profetessa"-, rapp_resenterebbe quindi la funzione mantico-religiosa mentre ad Aion, il capostipite dei re longo_bardi, e ad Ibor, il fratello mortale che non dà origine ad alcuna stirpe, il Gasparri pensa di poter attribuire rispettivamente la funzione guerriera e quella connessa all’agricoltura. Lo studioso, tenuto conto degli strettissimi rapporti tra i due popoli dei Longobardi e dei Sassoni, ritiene quindi di poter desumere degli ulteriori elementi dalla saga degli omologhi sassoni di Ibor e Aion: Horsa e Hengest. Dei due, Horsa che ad un certo punto del mito scompare, sarebbe l’equivalente di Ibor, mentre Hengest, figura-chiave della leggenda relativa alla conquista sas_sone della Britannia, corrisponderebbe al "guerriero" Aion. Nell’ambito sassone, i fratelli Horsa e Hengest, sono detti figli di Wotan/Odino ed è quindi probabile, secondo il Gasparri, che ciò valesse anche per i due condottieri longobardi. Non è tutto: il ruolo del dio della vittoria bellica risulta determinante anche in quello che si configura come il mito di genesi della stirpe longo_barda. Si tratta del celebre episodio, -stigmatizzato da Paolo Diacono come "una ridicola favola di Godan e Frea" (Hist. Lang., I, 8)- in cui Gambara prega la moglie di Odino, Frea, di interce_dere affinché il dio concedesse ai suoi figli una vittoria sugli aggressori Vandali. Dopo questa vittoria, i giovani guerrieri al seguito di Ibor e di Aion assumono quindi il nome di Longobardi ma sono costretti da una carestia ad abbandonare le loro sedi nella mitica Scoringia. "E’ certo -scrive Paolo (I, 9)- che i Longobardi, che prima erano chiamati Winnili, poi furono denominati Longobardi, perché le loro lunghe barbe non erano mai state toccate dal rasoio. Infatti nella loro lingua lang significa lunga e bart barba." Quello che lo storico non dice è che il nome Lan_gobardi pare riconducibile alla sfera del culto di Godan/ Odino e in particolare all’epiteto del dio, Langbadhr ("dalla lunga barba"). Il mito riveste dunque un profondo significato iniziati_co: l’acquisizione di una nuova identità, l’adozione del culto odinico -o meglio l’adozione del popolo da parte del dio-, l’abbandono dello stadio di popolo sedentario, il passaggio all’età adul_ta (con la conseguente adozione di una nuova acconciatura: la barba) da parte di giovani che, -come scrive Paolo Diacono- "erano allora nel fiore della loro vitalità".

    L’importanza del culto di Godan/ Odino - una divinità guerriera quanto mai utile nel corso di migrazioni che implicavano un continuo stato di guerra - traspare anche in un altro episodio del_la saga. Narra Paolo Diacono che, nell’imminenza di uno scontro con gli Assopitti che sbarra_vano loro il cammino verso la Mauringia, i Longobardi escogitarono il seguente stratagemma: finsero di avere nelle loro fila dei guerrieri con la testa di cane, ferocissimi in battaglia e a tal punto avidi di sangue umano da bere il proprio sangue quando non potevano procurarsi quello dei nemici. Per asseverare la loro menzogna essi ingrandirono dunque le tende del loro accam_pamento e le illuminarono con un gran numero di fuochi. "Quando i nemici ebbero visto e sen_tito queste cose, non osarono ingaggiare la battaglia di cui prima li avevano minacciati". Chi erano i feroci combattenti che Paolo Diacono designa con il nome greco di "cynocephali"? Er_ano probabilmente dei guerrieri -assimilabili ai bersekir e agli ulfhedhnar vikinghi vestiti di pel_li d’orso o di lupo- che indossavano a scopo rituale una maschera totemica a forma di testa di cane. Erano guerrieri votati al culto di Odino che combattevano, in una sorta di trance, con tale invasamento da compiere gesta sovrumane e da sentirsi mutati negli animali infernali che ac_compagnavano Odino nella wilde jagd (la caccia selvaggia), una sorta di processione dei morti rievocata nella "festa di mezzo inverno" germanica. E’ dunque interessante notare come nel cor_so di questa festa, attestata nel Nordeuropa ancora nel medioevo, avessero luogo dei giochi e dei combattimenti i cui partecipanti erano travestiti da fiere. Alla luce di queste considerazioni e sulla scorta del passo in cui lo storico Tacito attribuisce ad alcuni Germani il costume di com_battere mascherati da spettri, sembra quindi sintomatico che il nome Winnili, che designava i Longobardi prima del loro esodo dalla Scandinavia, possa esser tradotto come "cani folli, inde_moniati". Non paiono inoltre di scarso rilievo la considerazione che, in quanto combattenti vo_tati ad Odino, i Longobardi siano citati nelle saghe nordiche come Hundinge (da hund cane da caccia) o il riscontro che il nome della stirpe regale longobarda dei Gungingi derivasse da quello della micidiale lancia del dio ("gungnir"). In definitiva, ci troveremmo di fronte ad una classe di guerrieri seguaci di un culto estatico-militare collegato ad Odino, ad una casta di combattenti simili a quelli menzionati nel poema epico "Ynglingasaga": "Gli uomini di Odino andavano senza corazza, selvaggi come lupi o cani. Mordevano i loro scudi ed erano forti come orsi o tori. Uccidevano gli uomini e né il fuoco né l’acciaio potevano nulla contro di loro. Ques_to si chiamava berserksgangrs".

    Un altro aspetto tribale, sui cui opportunamente si sofferma il Gasparri, è quello relativo alla persistenza nella cultura longobarda dell’antropofagia rituale e dell’immolazione dei teschi agli dei. (cfr. la particolare devozione dei Celti per le teste mozzate ed appese ad es all'ingresso delle abitazioni, nota di Mjollnir) Il cannibalismo e la conservazione dei crani dei nemici -in particolare di quelli degli avver_sari più illustri- rappresentano, com’è noto, dei fenomeni ben attestati tanto presso le culture del passato che presso alcune genti "primitive" dei nostri tempi. Il "momento" antropofagico della cultura longobarda non appartiene però ai tempi mitici dell’origo ma si riferisce al regno di Al_boin, il sovrano-eroe con cui si chiude l’età leggendaria delle migrazioni e ha inizio la fase "ital_iana" di sedentarizzazione. Racconta infatti Paolo Diacono di aver visto con i suoi occhi alla corte del re Ratchis il cranio che Alboin utilizzava come coppa per bere. Quel singolare tipo di coppa, detto in lingua longobarda "skala", era il cranio del re dei Gepidi Cunimond che Alboin aveva sconfitto e ucciso in battaglia. Del cannibalismo non c’è traccia nella narrazione di Paolo Diacono: l’avvenuta cristianizzazione dei Longobardi sconsigliava evidentemente di ritenere possibile che un simile rito avesse avuto luogo a corte. Tuttavia i confronti di tipo antropologico inducono a reputare certa l’esistenza presso i Longobardi di quelle pratiche rituali di tipo can_nibalistico che appaiono peraltro ben attestate presso altri popoli germanici e sono esplicita_mente menzionate nell’Editto di Rothari nei capitoli riguardanti le streghe (capp. 197-198). Per quanto riguarda invece l’immolazione dei teschi, va ricordata la persistenza nell’Italia longo_barda di un rito propiziatorio tipico dei popoli cacciatori del Nord. Si tratta della cerimonia in cui all’immolazione di una testa di capra erano connessi una danza molto veloce e un canto "ne_fandum". Il rito sembra poter esser ricollegato al mito di Thor/Donar riportato nel poema "Gylf_aginning": il dio sfama sè stesso e i compagni con due capri di cui fa conservare le ossa e le pelli; poi con il suo martello ( ) consacra le pelli e resuscita i due animali. Non mancano infine altri riscontri di questa cerimonia sacra nel mondo germanico: le fonti latine ricordano ad es. come i crani dei cavalli dei Romani morti in battaglia nella Selva di Teutoburgo fossero stati ritrovati molti anni più tardi penzolanti dagli alberi della foresta.

    Un’ampia parte del contributo del Gasparri è dedicato quindi alla sopravvivenza dei culti pagani in seno ad un popolo convertitosi al cristianesimo. E’ noto infatti, a tal proposito, che i primi due duchi longobardi di Spoleto erano pagani e che, ancora intorno al 660, persistevano nel ducato beneventano dei rituali tipicamente germanici. Nella Vita del vescovo Barbato si narra infatti che il duca di Benevento, benché ufficialmente cristiano, adorava di nascosto nel suo pal_azzo un idolo raffigurante una vipera e si racconta inoltre come, attorno ad un albero (forse una quercia consacrata al dio Thor/Donar) avesse luogo la seguente cerimonia: una pelle d’animale veniva stesa attorno all’albero sacro e, dopo una gara a cavallo, i partecipanti al rito facevano a pezzi la pelle e la mangiavano. Non mancano quindi i confronti con le tradizioni religiose del mondo germanico: l’adorazione degli alberi era praticata dai Franchi ancora pagani sotto il re Dagobert (morto nel 639) mentre è attestato che in Assia si veneravano le quercie sacre a Thor/ Donar. E’ noto poi che, nel 772, Carlo Magno abbattè l’ "Irminsul" dei Sassoni (il quale non era a quanto pare un albero vivo ma un tronco) e come, ancora nel X secolo, nel bosco sacro di Upp_sala in Svezia, venissero appesi i cadaveri di uomini e animali immolati a Odino. A tal proposito non va taciuto come, secondo il mito, Odino stesso si fosse impiccato ad un albero per acquisire la conoscenza magica delle rune.

    Pratiche magiche, stregoneria: è possibile evincere dall’editto di Rothari il coinvolgimento della classe dirigente longobarda in credenze pagane relative alle streghe. Nonostante il legislatore assuma a riguardo una posizione assolutamente incredula, l’evidenza del fatto appare fuori dis_cussione. Nel capitolo 376 dell’Editto, dove si sancisce la condanna di quanti uccidono una don_na altrui -aldia o ancella che fosse- ritenendola una strega, è infatti scritto: "christianibus mentibus nullatenus credendum est nec possibilem ut mulier hominem vivum intrinsecum possit comedere". Nondimeno, nel passo seguente, il re Rothari contempla la possibilità che l’uccisore della "striga" potesse essere nientemeno che uno iudex ovvero un Longobardo di più alto lig_naggio. Risulta poi di indubbio interesse il riscontro che nella legislazione dei Sassoni (un po_polo di cui Gasparri sottolinea spesso l’affinità con i Longobardi) si intravveda la presenza di pratiche cannibalistiche a scopo magico e che a tali riti, -ma anche ai convegni stregoneschi e al ruolo svolto dagli aiutanti maschi delle streghe-, faccia riferimento in modo ancora più es_plicito la legge Salica dei Franchi. Se si tiene conto dunque della persistenza di queste pratiche pagane anche presso gli Alamanni e i Visigoti, non sorprenderà che, per quanto condannata dal re almeno su un piano ufficiale, la fede nella stregoneria e nelle pratiche delle strigae "divoratri_ci di uomini" fosse oltremodo diffusa nella cultura dei Longobardi.

  2. #2
    Totila
    Ospite

    Predefinito

    Mjollnir, per un attimo mi avevi fatto prendere un colpo...Pensavo che il ministro Gasparri si occupasse di Longobardi...Invece, anzichè Maurizio, trattasi di Stefano Gasparri...Fiuuuuuu...

  3. #3
    Mjollnir
    Ospite

    Predefinito

    Ahahahah tranquillo, Tot...

    Gasparri che si occupa di cultura ? E' + facile che gli asini volino...

  4. #4
    Totila
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Mjollnir
    Ahahahah tranquillo, Tot...

    Gasparri che si occupa di cultura ? E' + facile che gli asini volino...

    La cosa che mi avrebbe preoccupato sarebbe stata il sapere che il ministro si occupa di Longobardi...

 

 

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