Robert Steuckers
«L'Euro non sarà una moneta credibile se non quando l’Europa sarà forte e sovrana!» 13.12.2001
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A meno di tre settimane dall’introduzione ufficiale dell’Euro nell’UE, con l’eccezione del Regno Unito, della Danimarca e della Svezia, vorrei ricordare tre gruppi di fatti che devono inquadrare ogni pensiero sulla nuova moneta unica, sia che questa riflessione le sia ostile sia che le sia favorevole. Io non sono un economista e il signor Chalumeau, qui tra noi, vi presenterà l’elemento economico dell’introduzione dell’Euro con molta più incisività di me. Il mio proposito è dunque quello di dare qualche idea generale e di richiamare alcuni fatti storici.
1. Innanzi tutto, l'Euro non è la prima moneta a vocazione europea o internazionale. L'Unione latina, dalla fine del XIX secolo al 1918, introdusse una moneta sovranazionale condivisa da Francia, Belgio, Svizzera, Grecia, in seguito da Spagna e da Portogallo, seguite da Russia e da alcuni paesi dell’America Latina. La prima guerra mondiale, creando enormi disparità, mise fine a questo progetto di unificazione monetaria, il cui motore era la Francia con il suo franco-oro. L’Euro, in questa prospettiva, non è dunque una novità.
2. Sulla base del ricordo dell’Unione latina e sulla base di volontà, all’epoca antagoniste, di creare l’Europa economica attorno alla nuova potenza industriale tedesca, l’idea di creare una moneta per l’intero continente europeo non è malvagia a priori, anzi. Il principio è buono e potrebbe favorire le transazioni all’interno dell’area della civiltà europea. Ma se il principio è buono, la realtà politica attuale rende l’Europa inadatta, al momento, a garantire la solidità di una tale moneta, contrariamente all’epoca dell’Unione latina, in cui la posizione militare delle nazioni europee si trovava nel mondo in posizione preponderante.
3. L'Europa è incapace di garantire la moneta che essa oggi si dà, perché essa subisce un terribile deficit di sovranità. Nel suo insieme, l’Europa è un gigante economico e un nano politico: questo paragone è stato ripetuto ad oltranza ed a giusto titolo. Quanto agli Stati nazionali, anche i due principali Stati del sub-continente europeo membri dell’UE, la Francia e la Germania, non possono pretendere di esercitare una sovranità in grado di resistere o di battere la sola potenza veramente sovrana del mondo unipolare attuale, vale a dire gli Stati Uniti d’America. Le dimensioni territoriali dopotutto ridotte di questi paesi, il numero limitato della loro popolazione, non permettono di elevare imposte sufficienti per dotarsi di elementi tecnici, tali da assicurare una tale sovranità. Perché oggi, come ieri, è sovrano chi può decidere sullo stato di urgenza e sulla guerra, come ci ha insegnato Carl Schmitt. Ma per essere sovrano, c’è sempre stato bisogno di disporre di mezzi tecnici e militari superiori (o almeno eguali) ai propri potenziali avversari. Al momento attuale, questi mezzi sono rappresentati da un sistema di sorveglianza elettronica planetaria, come la rete ECHELON, nata dagli accordi UKUSA (Regno Unito e Stati Uniti) che inglobano anche il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda, antichi dominions britannici. Il dominio dello spazio circumterrestre da parte delle potenze navali anglosassoni decolla da una strategia lungamente sperimentata: quella che mira a controllare le "res nullius" (i « territori » che non appartengono e non possono appartenere a nessuno, perché essi non sono tellurici, ma marittimi o spaziali).
La prima "res nullius" dominata dall’Impero britannico è stato il mare, dal quale furono impietosamente eliminati i Francesi, i Russi, i Tedeschi e i Giapponesi. Sotto l’impulso ideologico dell’Ammiraglio Mahan e della "Navy League" americana, gli Stati Uniti ricevettero la staffetta. Nel 1922, il Trattato di Washington consacra la supremazia navale anglosassone e giapponese (il Giappone non sarà eliminato che nel 1945), riducendo al nulla la flotta tedesca costruita da Tirpitz e ridimensionando le flotte francese e italiana. La Francia subisce qui uno schiaffo particolarmente umiliante e scandaloso, nel senso che ha sacrificato un milione e mezzo di soldati in una guerra dalla quale le due potenze navali anglosassoni vanno a trarre tutti i benefici, con sacrifici in proporzione minori. La dominazione del mare, prima res nullius, comporterà il controllo di un altro spazio inglobante, cosa che permetterà di soffocare i continenti, secondo la "strategia dell'anaconda" (Karl Haushofer). Quest’altro spazio inglobante, egualmente una res nullius, è lo spazio circumterrestre, conquistato dalla NASA e ormai pieno di satelliti di telecomunicazioni e di osservazione, i quali danno alle potenze che li schierano e li pilotano una superiorità in materia di informazione e di indirizzo di tiri balistici. Le potenze che non sono né marittime né spaziali sono allora letteralmente soffocate e schiacciate dall’anaconda navale e da quello satellitare. Francesi e Tedeschi hanno sempre mal compresa l’utilità delle « res nullius » marittima e circumterrestre, malgrado gli avvertimenti di un Ratzel, di un Tirpitz o di un Castex. I popoli fissi sulla terra, che badano a vivere secondo le regole di un diritto ben solido e preciso evitando ogni ambiguità, difficilmente ammettono che uno spazio, impalpabile come l’acqua o come l’etere atmosferico o stratosferico, appartenga a qualcuno. Questa qualità contadina, questa preoccupazione del tangibile che è fondamentalmente onesta, retaggi di Roma, si rivelano delle tare davanti ad un approccio contrario che privilegia la mobilità incessante, la conquista delle linee di comunicazione invisibili e non quantificabili da un geometra o da un agrimensore.
Ecco dunque i tre gruppi di considerazioni che vorrei voi prendeste questa sera in considerazione.
Spazio circumterrestre e sovranità militare reale
Prima di concludere, mi permetto di sottoporvi alcune considerazioni, questa volta di ordine storico e monetario. L'Euro ci è stato presentato come la moneta che farà concorrenza al dollaro ed eventualmente lo eclisserà. Di fronte a questo gioco di concorrenza, l'Euro parte perdente, perché il dollaro americano dispone di una copertura militare evidente, come è stato dimostrato dagli ultimi tre conflitti, del Golfo, dei Balcani e dell’Afghanistan. L'incontestabile sovranità militare americana si vede consolidata da un apparato diplomatico ben rodato, in cui non si tergiversa e non si discute inutilmente e si dispone di un sapere storico ben strutturato, di una memoria viva del tempo e dello spazio, contrariamente all’anarchia concettuale che regna in tutti i paesi d’Europa, vittime di istrioni politici scervellati, nella misura in cui non si sentono più di tanto responsabili di una continuità storica che sia nazionale-statale o continentale ; questa irresponsabilità sfocia in tutte le fantasie di bilancio, in tutte le capitolazioni, in tutte le svendite. Atteggiamenti che interdicono lo sbocciare di una sovranità, dunque anche il diritto regale di battere moneta. La conquista da parte dell’America dello spazio circumterrestre dà un enorme vantaggio nella corsa all’intelligence, come vedremo tra poco. Ora, dall’antichità cinese di Sun Tzu, qualsiasi principiante di studi strategici, dunque di studi politici, sa che la potenza proviene dall’abbondanza e dalla precisione dell’informazione: 1) Sun Tzu: "Se tu conosci il nemico e conosci te stesso, tu non conoscerai alcun pericolo in cento battaglie". 2) Machiavelli: "Quali sono le risorse fisiche e psichiche che io controllo, quali sono quelle che controlla il mio concorrente?". 3) Helmuth von Moltke: "Raccogliere in modo continuo e sfruttare tutte le informazioni disponibili su tutti gli avversari potenziali". 4) Liddell-Hart: "Osservare e verificare in maniera durevole, per sapere dove, come e quando potrò squilibrare il mio avversario". Da 2500 anni, il pensiero strategico è unanime; le centrali strategiche britanniche e americane ne applicano gli assiomi; il personale politico europeo, istrionico, non ne tiene conto. Dunque l'Euro resterà debole, fragile davanti ad un dollaro, forse economicamente meno forte in assoluto o in linea di pura teoria economica, ma coperto da un esercito e da un sistema di informazioni terribilmente efficace.
Il solo vantaggio dell'Euro è la quantità di scambi interni dell’UE: 72%. Magnifica performance economica, ma che nega i principi di autarchia o di autosufficienza, opta dunque per un tipo di economia « penetrata » (Grjébine) e non protegge il mercato con strumenti statali o imperiali efficaci. Tali incoerenze portano al fallimento, al declino e alla caduta di una civiltà.
Altro aspetto della storia monetaria del dollaro: contrariamente ai paesi europei, i cui spazi sono ridotti e densamente popolati ed esigono dunque una stretta organizzazione razionale che implica una dose più forte di Stato, il territorio americano, ancora largamente vergine nel XIX secolo, costituiva in sè, con la sua semplice presenza, un capitale fondiario non trascurabile, potenzialmente colossale. Quelle terre erano da dissodare e da organizzare: esse formavano dunque un capitale potenziale e costituivano un richiamo naturale a degli investimenti destinati a diventare redditizi. Per di più, con l’afflusso di immigranti e di nuove forze-lavoro, le esportazioni americane di tabacco, cotone e cereali non cessarono di crescere e consolidare la moneta. Il mondo del XIX secolo non era chiuso come quello del XX secolo e a fortiori del XXI, e consentiva del tutto naturalmente delle continue crescite esponenziali, senza grossi rischi di riflusso. Oggi il mondo chiuso non consente più una simile aspettativa, anche se i prodotti europei sono perfettamente vendibili su tutti i mercati del globo. Il patrimonio industriale europeo e la produzione che ne deriva sono indubbiamente i vantaggi maggiori per l'Euro, ma, contrariamente agli Stati Uniti, l'Europa soffre di un’assenza di autarchia alimentare (solo la Francia, la Svezia e l’Ungheria beneficiano di una relativa autarchia alimentare). Essa è dunque estremamente fragile a questo livello, tanto più che il suo antico « polmone cerealicolo » ucraino è stato rovinato dalla gestione disastrosa del comunismo sovietico. Gli Americani sono assai consapevoli di questa debolezza e l’ex ministro Eagleburger constatava con la soddisfazione del potente che “le derrate alimentari erano la migliore arma dell’arsenale americano”.
Le due truffe che hanno « fatto » il dollaro.
Il dollaro, appoggiato su riserve d’oro provenienti parzialmente dalla corsa del 1848 verso i filoni della California o dell’Alaska, si è consolidato per un clamoroso imbroglio che non poteva essere commesso che in un mondo dove sussistevano degli steccati. Questa truffa ebbe per vittima il Giappone. Verso la metà del XIX secolo, desiderando aumentare le loro riserve d’oro per avere una copertura sufficiente per avviare il processo di investimenti nel territorio americano dal Middle West alla California, da poco sottratti al Messico, gli Stati Uniti si accorgono che il Giappone, volontariamente isolato dal resto del mondo, pratica un tasso di conversione dei metalli preziosi diverso dal resto del mondo: in Giappone, in effetti, si cambia un lingotto d’oro per tre lingotti d’argento, mentre dappertutto la regola vuole che si cambi un lingotto d’oro per quindici d’argento. Gli Americani comprano la riserva d’oro del Giappone pagandola secondo il cambio giapponese, cioè un quinto del suo valore! L'Europa non avrà la possibilità di commettere una tale truffa per consolidare l’Euro. Secondo imbroglio: la valorizzazione dell‘Ovest passa attraverso la creazione di una colossale rete ferroviaria, tra cui le famose transcontinentali. In mancanza di abbondanti investimenti americani, ci si appella ad investitori europei, promettendo loro dei dividendi straordinari. Una volta che le vie e le opere sono installate, le compagnie ferroviarie si dichiarano fallite, senza rimborsare da quel momento né dividendi né capitali. Il collegamento ferroviario Est-Ovest non è costato niente all’America; essa ha rovinato degli ingenui Europei ed ha fatto la fortuna di coloro che l’avrebbero immediatamente utilizzato.
Gli Stati Uniti hanno sempre mirato al controllo della principale fonte di energia, il petrolio, in particolare concludendo ben presto degli accordi con l’Arabia Saudita. La guerra che oggi si svolge in Afghanistan non è che l’ultimo elemento di una guerra che dura da lungo tempo e che ha per oggetto l’oro nero. Non mi dilungherò sulle vicissitudini di questo annoso conflitto, ma mi limiterò a ricordare che gli Stati Uniti possiedono sufficienti riserve petrolifere sul proprio territorio e che il controllo dell’Arabia Saudita non serve che a impedire alle altre potenze di sfruttare questi giacimenti di idrocarburi. Gli Stati europei e il Giappone non possono quasi acquistare petrolio che tramite l’intermediazione di società americane, americano-saudite o saudite. Questo stato di cose indica o dovrebbe indicare la necessità assoluta di possedere un’autonomia energetica, come voleva De Gaulle, che scommise sul nucleare (al pari di Guillaume Faye), ma non esclusivamente; i progetti gaulliani in materia energetica miravano alla massima autarchia della nazione e prevedevano la diversificazione delle fonti di energia, puntando anche su quelle eoliche, sulle installazioni maremotrici, sui pannelli solari, sulle dighe idroelettriche, etc. Se simili progetti fossero di nuovo elaborati in Europa su vasta scala, essi consoliderebbero l’Euro, che, ipso facto, non sarebbe reso fragile da costi energetici troppo elevati.
Altro vantaggio che favorisce il dollaro: l'esistenza del complesso militare-industriale. Immediatamente prima della guerra del 1914, gli Stati Uniti erano in debito verso gli Stati europei. Essi fornirono enormi quantità di materiali diversi, di conserve alimentari, di camion, di cotone, di munizioni agli alleati occidentali e costoro cedettero le loro riserve passando dallo stato di creditori a quello di debitori. Era nata l’industria di guerra americana. Essa dimostrerà la sua formidabile efficacia dal 1940 al 1945 armando non solo le proprie truppe, ma anche quelle dell’Impero britannico, dell’esercito mobilitato da De Gaulle in Africa del Nord e dell’armata sovietica. Le guerre di Corea e del Vietnam furono delle nuove « iniezioni di congiuntura » negli anni 50, 60 e 70. La NATO, se non è servita a sbarrare la strada all’ipotetico invasore sovietico, è almeno servita a vendere del materiale agli Stati europei vassalli, alla Turchia, all’Iran e al Pakistan. L'industria di guerra europea, senza dubbio in grado di fabbricare materiali in teoria concorrenziali, manca di coordinazione e un buon numero di tentativi iniziati per collegare gli sforzi europei vengono puramente e semplicemente silurati: io ricordo che il "pool" europeo dell’elicottero, che doveva unire la MBB (Germania), la Dassault e la Westland (Regno Unito) è stato sabotato da Lord Brittan.
Nel 1944, la situazione è talmente favorevole agli Stati Uniti, grandi vincitori del conflitto, che viene stabilito un tasso fisso di cambio tra il dollaro e l’oro: 35 $ per un’oncia d’oro. Nixon metterà fine a questa parità nel 1971, provocando la fluttuazione del dollaro, il quale, tra lui e Reagan, varierà da 28 a 70 franchi belgi (4,80 e 11,5 franchi francesi al cambio attuale). Ma queste fluttuazioni, che alcuni fingevano di avvertire come calamità, hanno sempre servito la politica americana, hanno sempre creato delle situazioni favorevoli: il dollaro basso facilitava le esportazioni e quello elevato permetteva talvolta di raddoppiare il prezzo delle fatture emesse in dollari e di aumentare così i capitali senza colpo ferire. Si può dubitare che l'Euro sia in grado di dedicarsi alle stesse pratiche.
Ritorniamo all’attualità: nel 1999, all’inizio dell’anno tutto sembrava andare nel miglior modo per l'Euro. L'inflazione diminuiva negli Stati membri dell’Unione. I deficit di bilancio nazionali si riassorbivano. La congiuntura era buona. Gli Stati dell’Asia annunciavano che si sarebbero serviti dell’Euro. Con lo scoppio della guerra dei Balcani, l'Euro passerà dal cambio di 1 Euro per 1,18 dollari, del 4 gennaio 1999, a 1 Euro per 1,05 dollari di fine aprile, in piena guerra nei cieli serbi, e a 1 Euro per 1,04 dollari di giugno, nel momento in cui cessano i bombardamenti sulla Yugoslavia. In tutto, l'Euro avrà perduto l’11% del suo valore (il 18% dicono i più pessimisti), a causa dell’operazione contro Milosevic, demonizzato dalle attenzioni della CNN.
La guerra del Kosovo ha reso pericolosamente fragile l'Euro
Dopo la guerra del Kosovo, l'Euro, indebolito, acquista la nomea di essere una moneta da perdenti. L'Europa diviene un teatro di guerra, cosa che diminuisce la fiducia nelle sue istituzioni, specialmente in Asia. Lo stop dei bombardamenti non significa la fine delle ostilità nei Balcani e da ciò deriverà una UE impotente a mantenere l’ordine nella propria area geopolitica. L'economista tedesco Paul J. J. Welfens enuncia sei ragioni concrete per spiegare la svalutazione dell’Euro:
1. Non ci sarà più ripartenza nel Sud-Est del continente se non dopo lungo tempo. Lo spazio balcanico, aggiungerei, è uno “spazio di sviluppo complementare” (Ergänzungsraum) per l'Europa occidentale e centrale, come lo era d’altronde già prima del 1914. Una delle ragioni principali della prima guerra mondiale fu quella di impedire lo sviluppo di questa regione, al fine che la potenza tedesca e sussidiariamente la potenza russa, non potessero avere « finestre » sul Mediterraneo orientale, dove si trova il Canale di Suez, da dove i francesi erano stati cacciati nel 1882. Nel 1934, quando Goering, senza tenere conto del disinteresse di Hitler, giunge a creare un modus vivendi attraverso degli accordi con i dirigenti ungheresi e rumeni e soprattutto tramite l’intesa con il brillante economista e ministro serbo Stojadinovic, i servizi americani evocano la creazione de facto (e non de jure) di un "German Informal Empire" nel Sud-Est europeo, cosa che costituisce un "casus belli". Nel 1944, Churchill perviene a frammentare i Balcani proteggendo la Grecia, « neutralizzando » la Yugoslavia a beneficio dell’Occidente e lasciando tutti i paesi senza sbocco sul Mediterraneo a Stalin e ai Sovietici, che vengono così totalmente messi nel sacco nonostante il ruolo di “grandi spauracchi” loro affibbiato. La fine della Cortina di Ferro avrebbe potuto permettere, a termine, di rifare dei Balcani quello « spazio di sviluppo complementare » nell’area europea. Costanti nella loro volontà di balcanizzare sempre i Balcani, perché essi non divengano mai l’appendice della Germania o della Russia, gli Americani sono riusciti a congelare ogni sviluppo potenziale nella regione per numerosi decenni. L'Europa non beneficerà dunque dello spazio di sviluppo sud-orientale. Di conseguenza, questo stato di cose rallenterà la congiuntura e le prime vittime della paralisi delle attività nei Balcani sono la Germania (guarda caso), l’Italia, l’Austria (che aveva triplicato le sue esportazioni dal 1989) e la Finlandia. L'Euro ne risentirà.
2. I "danni collaterali" della guerra aerea hanno provocato dei flussi di rifugiati in Europa, cosa che costerà all’UE 40 miliardi di Euro.
3. L'Europa sarà costretta a sviluppare un "Piano Marshall" per i Balcani, il che rappresenterà un semestre del budget dell'UE!
4. Le migrazioni interne, provocate da questa guerra e dal deteriorarsi della situazione, specialmente in Macedonia e in una Serbia privata di un buon numero delle sue possibilità industriali, porranno un problema sul mercato del lavoro e aumenteranno il tasso di disoccupazione nell’UE, mentre proprio questo tasso elevato di disoccupazione costituisce l’inconveniente maggiore dell’economia dell’UE.
4. La guerra permanente nei Balcani mobilita gli spiriti, ricorda Welfens, che non meditano più di mettere a punto le riforme strutturali necessarie all’insieme del continente (riforme strutturali che vedono d’altronde i loro budget potenziali considerevolmente tagliati).
5. La guerra in Europa innescherà una nuova corsa agli armamenti che poterà beneficio agli Stati Uniti, detentori del migliore complesso militare-industriale.
6. Noi vediamo dunque che la solidità di una moneta non dipende tanto da fattori economici, come si tenta di farci credere per meglio rimbecillirci, ma dipende essenzialmente dalla politica, dalla sovranità reale e non da quella teorica.
Questa sovranità, come ho già detto all’inizio di questa esposizione, si fonderebbe, se essa esistesse nella testa dell’Europa, su un sistema per lo meno equivalente a quello di ECHELON. Perché ECHELON non serve a guidare i missili, come una sorta di super-AWACS, ma serve soprattutto a spiare il settore civile. Nell’indagine che il Parlamento europeo ha recentemente ordinato sulla rete di ECHELON, si è potuto constatare decine di casi in cui dei grandi progetti tecnologici europei (specialmente presso la Thomson in France o presso un centro di ricerche eoliche in Germania) sono stati curiosamente sorpassati dai loro concorrenti americani, grazie a ECHELON. L'eliminazione di ditte europee ha comportato dei fallimenti, delle perdite occupazionali e dunque un arretramento congiunturale. Come può l’Europa in queste condizioni consolidare la sua moneta? Peggio: il vantaggio europeo, questo famoso 72% delle transazioni interne alla UE, rischia di essere intaccato se delle ditte americane forniscono prodotti di alta tecnologia a prezzo basso (perché esse non ne hanno finanziato la ricerca!).
L'Euro è una buona idea. Ma l'UE non è un’istituzione politica in grado di decidere. Il personale politico che la incarna è istrionico, si rivela incapace di dare il giusto ordine alle priorità. In tali condizioni, noi corriamo verso la catastrofe.