Un gran valzer di numeri sull’occupazione è stato
pubblicato ieri sulle due sponde dell’Atlantico,
facendo sentire i suoi effetti anche sui mercati.
Dagli USA è arrivata una buona notizia: per il
quarto mese consecutivo è aumentato il numero
degli occupati. Una boccata d’ossigeno per chi
(e ce ne sono molti) teme che la debole ripresa
americana prenda i contorni di una ‘jobless
recovery’, una situazione in cui i disoccupati
continuano a non trovare lavoro ma l’economia
cresce grazie all’aumento di produttività (cioè
grazie alla maggiore efficienza di chi già lavora).
Che questi dati siano importanti, lo dimostra
da sola l’impennata di Wall Street. Se le aziende
americane ricominciano finalmente ad assumere,
lo spettro di una nuova recessione si allontana.
Dalla UE, che proprio sulla rigidità del mercato
del lavoro sconta il più grave deficit di
competitività con gli USA, vengono invece
notizie di segno opposto. Secondo il rapporto
pubblicato dalla Commissione Europea, la crescita
dell’occupazione sarà ferma al palo in questo e
nel prossimo anno.
Solo l’Italia e la Spagna stanno conoscendo una
qualche crescita, ma per questo paese si tratta
di una vittoria di Pirro: l’Italia ha il livello
di occupati più basso del continente.
Ogni cento persone in grado di lavorare, solo
55 lo fanno effettivamente. Un triste primato
europeo (per non parlare del confronto con gli
USA).
Altro record negativo che fa riflettere, e che
sarebbe bene tenere a mente quando si discute di
riforma pensionistica, è che in nessun altro
paese la percentuale di lavoratori sopra i 55 anni
è tanto bassa.
Risultati deludenti anche per quanto riguarda
l’occupazione femminile (41% contro una media
europea del 55%) e, soprattutto, per la
disoccupazione di lungo periodo (la peggiore).
Un italiano su venti è disoccupato cronico. In
Europa siamo a 1 su 30. Negli USA il problema
praticamente non esiste.
Con numeri simili sotto gli occhi, diventa davvero
difficile sostenere che in questo paese il mercato
del lavoro vada bene così com’è.