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Discussione: Il popolo Dogon

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    Predefinito Il popolo Dogon

    Dal sito http://www.marcovasta.net/

    Stelle dal cielo, trottole di fuoco
    Popolo enigmatico, ancorato a un atavico animismo - Una straordinaria varietà di maschere - Salda difesa delle proprie tradizioni, con una «filosofia» di pacata saggezza
    di Marco Vasta (CAI Brescia)

    «All'inizio dei tempi le donne Dogon staccavano le stelle dal cielo per darle ai loro bambini. Essi le bucavano con un fuso e facevano girare queste trottole di fuoco per mostrarsi fra loro come funzionava il mondo». Cosi raccontava un Ogon, un vecchio capo, a Marcel Griaule, antropologo che per primo si è spinto fra questo popolo enigmatico. Ed è allo spuntare delle prime stelle che giungiamo a Banana, dopo due ore di marcia sull'altopiano. Una pericolosa discesa in una stretta forra che fende la muraglia ed eccoci ai piedi della «falaise» di Bandiagara, enorme parete di arenaria, lunga più di duecento chilometri, che attraversa il territorio Dogon.

    L'immensa pianura del Séno, divisa fra Mali e Niger, si estende a perdita d'occhio quando all'alba il brusio del villaggio, adagiato su groppe rocciose, ci invoglia ad inoltrarci fra le case.

    Il gigantesco scenario di pietra gialla incombe sulle case di fango e gli speroni rocciosi sembrano precipitare su le capanne, l'attenzione è subito attratta dalle numerose e strette grotte che punteggiano la parete, alcune chiuse da muretti di fango. Sono le case dei mitici Tellem, «piccoli uomini rossi» forse pigmei, scacciati, circa settecento anni fa, dall'arrivo del Dogon, che ora vi depositano i loro morti, issando il feretro lungo le cenge con robuste corde di fibre.

    Popolo misterioso ed inavvicinabile, considerati stregoni ed antropofagi, i Dogon sono rimasti animisti, rispettando l'Islam e combattendolo, come ricordano i numerosi feticci fallici incontrati nella «brousse», la boscaglia di arbusti che attraversiamo per giorni costeggiando la falaise da un villaggio all’altro. Ogni aspetto delle vita sociale, domestica ed economica di questo popolo, da sempre unito ai miti della loro complessa cosmogonia: la parola, ogni parola, ha un significato diverso che muta in differenti contesti, il suono diventa presenza fisica dell'entità nominata. Ma non solamente i nomi ed i numeri hanno importanza nella concezione del mondo sviluppata dei Dogon. Ogni oggetto si trasforma da strumento in rappresentazione concrete di concetti astratti; le falangi delle mano non sono solo numeri ma disegnano i rapporti di parentela, un cesto rovesciato rappresenta, con la sua piramide conica tronca, la forma del mondo. La stessa distribuzione spaziale delle case rotonde a questa. simbologia per noi difficile e talvolta incomprensibile.

    I vari quartieri di un villaggio rispecchiano l'organizzazione in famiglie ed i clan totemici, ma ad uno studio più attento ci si accorge che anche la topografia del villaggio ha una sue caratteristica dovendo richiamare concettualmente l'immagine di un uomo supino per terra. La case del consiglio, rappresenta la testa ed e a Nord sulla piazza principale, Est ed Ovest le case per le donne mestruate, rotonde come l'utero, rappresentano le mani, a Sud gli altari comuni sono i piedi e le grandi case di famiglia segnano il petto ed d ventre. Ogni quartiere deve rispecchiare questo stesso simbolismo ed ecco altre piazze principali ed altre «toguna».

    La «toguna», o «grande riparo», è l'edificio del consiglio degli anziani; il «luogo della parola» è una spessa tettoia di arbusti elevate su base quadrangolare, con pilastri di legno o pietre e adorni di figure stilizzate. I corridoi interni devono essere bassi, nessuno s'alzerà di scatto in preda all'ira; devono essere scomodi per giungere presto a rapide decisioni of dice un vecchio capo, l'unico in questo villaggio di Mali che conosca un po' di francese, che consultiamo senza dover ricorrere alla guida assegnateci dalla polizia per attraversare la zona.

    Il nostro giovane interprete, convertito all'Islam, irride a noi ed al nostro colloquio «Tutte frottole per gli studiosi» è il laconico commento. Suo compito e sue preoccupazione maggiore è guidarci lungo i sentieri consentiti agli stranieri e prevenire ogni nostra inavvertita offesa ai costumi del nostri ospiti. Vietate le fotografie delle persone, pena il sacrificio di un montone; pericoloso toccare le pietre sparse nei campi perché potrebbero essere feticci «tabu». Vietato avvicinarsi alle tombe: troppi «antropologi» le hanno saccheggiate con furtive incursioni notturne.

    I villaggi che attraversiamo si ripetono per struttura, le viuzze strette fra le case quadrate di fango, spesso diroccate dal tempo, qua e là si ergono le torri cilindriche a due piani dove vengono educati assieme i ragazzini di entrambi i sessi. Stupisce la libertà delle donne Dogon, a confronto con le vicine donne mussulmane. libero il corteggiamento, ammesso il rapporto prematrimoniale, concesso un periodo di prove in cui i coniugi vivono nelle case d'origine. Il matrimonio diventa obbligatorio solo dopo la nascita del secondo figlio.

    Ma se l'antropologo impazzisce dalla gioia nello studiare i costumi di questo popolo, ben più immediato è l'entusiasmo suscitato dal partecipare ai momenti collettivi quali i funerali o le danze. Quando la »società delle maschere» si esibisce la vita del villaggio si concentra su questo momento di ritmo e di colore. Un posto di grandissimo rilievo è tenuto, nella simbologia dei Dogon, delle maschere, che contano una ricchissima varietà di tipi. In genere sono rappresentazioni di animali: la lepre, l'antilope, oppure raffigurano i personaggi tradizionali della stessa società Dogon: il capo religioso, le ragazze dei villaggi, il vecchio, oppure mostrano le fattezze delle bellissime donne Peul o Bozo, i vicini di sicura origine etnica differente, essendo i Dogon del Niger sono famosi per la loro bellezza ed i giovani Peul si vantano dei loro lineamenti androgini.

    Fra le maschere che più attraggono l'interesse vi è quella che rappresenta la casa più bella del villaggio (anche avendo vari significati) ; è un'asse traforata con i colori classici rosso, bianco e nero, alta fino a cinque metri. Infine la maschera «Kanaga», con la croce di Mali, le braccia volte al cielo ed alla terra per unificarle cui al centro del mondo. Le maschere policrome sono completate da un costume a frange, tinte di rosso, e da monili di conchiglie e vimini intrecciati. Ognuna richiede un diverso passo di danza, quello della maschera kanaga è particolarmente ritmico e selvaggio, ergendosi ora verso il cielo, ora strusciando nella sabbia.

    Le maschere sono usate dei membri delle numerose «società» di quartiere in occasione di feste, funerali, riti propiziatori o dietro congruo compenso da parte del visitatori. Sono gli stessi danzatori a scolpirle usando un legno tenero e leggero. Sono quindi fragili e spesso riparate o ridipinte ed alla fine gettate nelle caverne dei Tellem o vendute ai mercanti d'arte che le contrabbandano in Europa dove le maschere raggiungono quotazioni molto alte.

    Nell'afa del meriggio l'Ogon non accenna ad interrompere il suo racconto mentre, attorno a noi, sulla piazzetta della toguna i vecchi del villaggio sfilacciano la corteccia di un baobab, si inumidiscono sulle labbra e la attorcigliano costruendo robuste corde. Giunge alla fine la domanda che ogni viaggiatore pone quasi a liberarsi dal senso di colpa: Che ne sarà del tuo popolo? « Il primo Monno ha creato l'ordine dell'universo - risponde l'Ogon fissandoci negli occhi ad uno ad uno - anche i Dogon scompariranno poiché questo è stabilito».

  2. #2
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    Predefinito Il popolo Dogon

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    Stelle dal cielo, trottole di fuoco
    Popolo enigmatico, ancorato a un atavico animismo - Una straordinaria varietà di maschere - Salda difesa delle proprie tradizioni, con una «filosofia» di pacata saggezza
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    «All'inizio dei tempi le donne Dogon staccavano le stelle dal cielo per darle ai loro bambini. Essi le bucavano con un fuso e facevano girare queste trottole di fuoco per mostrarsi fra loro come funzionava il mondo». Cosi raccontava un Ogon, un vecchio capo, a Marcel Griaule, antropologo che per primo si è spinto fra questo popolo enigmatico. Ed è allo spuntare delle prime stelle che giungiamo a Banana, dopo due ore di marcia sull'altopiano. Una pericolosa discesa in una stretta forra che fende la muraglia ed eccoci ai piedi della «falaise» di Bandiagara, enorme parete di arenaria, lunga più di duecento chilometri, che attraversa il territorio Dogon.

    L'immensa pianura del Séno, divisa fra Mali e Niger, si estende a perdita d'occhio quando all'alba il brusio del villaggio, adagiato su groppe rocciose, ci invoglia ad inoltrarci fra le case.

    Il gigantesco scenario di pietra gialla incombe sulle case di fango e gli speroni rocciosi sembrano precipitare su le capanne, l'attenzione è subito attratta dalle numerose e strette grotte che punteggiano la parete, alcune chiuse da muretti di fango. Sono le case dei mitici Tellem, «piccoli uomini rossi» forse pigmei, scacciati, circa settecento anni fa, dall'arrivo del Dogon, che ora vi depositano i loro morti, issando il feretro lungo le cenge con robuste corde di fibre.

    Popolo misterioso ed inavvicinabile, considerati stregoni ed antropofagi, i Dogon sono rimasti animisti, rispettando l'Islam e combattendolo, come ricordano i numerosi feticci fallici incontrati nella «brousse», la boscaglia di arbusti che attraversiamo per giorni costeggiando la falaise da un villaggio all’altro. Ogni aspetto delle vita sociale, domestica ed economica di questo popolo, da sempre unito ai miti della loro complessa cosmogonia: la parola, ogni parola, ha un significato diverso che muta in differenti contesti, il suono diventa presenza fisica dell'entità nominata. Ma non solamente i nomi ed i numeri hanno importanza nella concezione del mondo sviluppata dei Dogon. Ogni oggetto si trasforma da strumento in rappresentazione concrete di concetti astratti; le falangi delle mano non sono solo numeri ma disegnano i rapporti di parentela, un cesto rovesciato rappresenta, con la sua piramide conica tronca, la forma del mondo. La stessa distribuzione spaziale delle case rotonde a questa. simbologia per noi difficile e talvolta incomprensibile.

    I vari quartieri di un villaggio rispecchiano l'organizzazione in famiglie ed i clan totemici, ma ad uno studio più attento ci si accorge che anche la topografia del villaggio ha una sue caratteristica dovendo richiamare concettualmente l'immagine di un uomo supino per terra. La case del consiglio, rappresenta la testa ed e a Nord sulla piazza principale, Est ed Ovest le case per le donne mestruate, rotonde come l'utero, rappresentano le mani, a Sud gli altari comuni sono i piedi e le grandi case di famiglia segnano il petto ed d ventre. Ogni quartiere deve rispecchiare questo stesso simbolismo ed ecco altre piazze principali ed altre «toguna».

    La «toguna», o «grande riparo», è l'edificio del consiglio degli anziani; il «luogo della parola» è una spessa tettoia di arbusti elevate su base quadrangolare, con pilastri di legno o pietre e adorni di figure stilizzate. I corridoi interni devono essere bassi, nessuno s'alzerà di scatto in preda all'ira; devono essere scomodi per giungere presto a rapide decisioni of dice un vecchio capo, l'unico in questo villaggio di Mali che conosca un po' di francese, che consultiamo senza dover ricorrere alla guida assegnateci dalla polizia per attraversare la zona.

    Il nostro giovane interprete, convertito all'Islam, irride a noi ed al nostro colloquio «Tutte frottole per gli studiosi» è il laconico commento. Suo compito e sue preoccupazione maggiore è guidarci lungo i sentieri consentiti agli stranieri e prevenire ogni nostra inavvertita offesa ai costumi del nostri ospiti. Vietate le fotografie delle persone, pena il sacrificio di un montone; pericoloso toccare le pietre sparse nei campi perché potrebbero essere feticci «tabu». Vietato avvicinarsi alle tombe: troppi «antropologi» le hanno saccheggiate con furtive incursioni notturne.

    I villaggi che attraversiamo si ripetono per struttura, le viuzze strette fra le case quadrate di fango, spesso diroccate dal tempo, qua e là si ergono le torri cilindriche a due piani dove vengono educati assieme i ragazzini di entrambi i sessi. Stupisce la libertà delle donne Dogon, a confronto con le vicine donne mussulmane. libero il corteggiamento, ammesso il rapporto prematrimoniale, concesso un periodo di prove in cui i coniugi vivono nelle case d'origine. Il matrimonio diventa obbligatorio solo dopo la nascita del secondo figlio.

    Ma se l'antropologo impazzisce dalla gioia nello studiare i costumi di questo popolo, ben più immediato è l'entusiasmo suscitato dal partecipare ai momenti collettivi quali i funerali o le danze. Quando la »società delle maschere» si esibisce la vita del villaggio si concentra su questo momento di ritmo e di colore. Un posto di grandissimo rilievo è tenuto, nella simbologia dei Dogon, delle maschere, che contano una ricchissima varietà di tipi. In genere sono rappresentazioni di animali: la lepre, l'antilope, oppure raffigurano i personaggi tradizionali della stessa società Dogon: il capo religioso, le ragazze dei villaggi, il vecchio, oppure mostrano le fattezze delle bellissime donne Peul o Bozo, i vicini di sicura origine etnica differente, essendo i Dogon del Niger sono famosi per la loro bellezza ed i giovani Peul si vantano dei loro lineamenti androgini.

    Fra le maschere che più attraggono l'interesse vi è quella che rappresenta la casa più bella del villaggio (anche avendo vari significati) ; è un'asse traforata con i colori classici rosso, bianco e nero, alta fino a cinque metri. Infine la maschera «Kanaga», con la croce di Mali, le braccia volte al cielo ed alla terra per unificarle cui al centro del mondo. Le maschere policrome sono completate da un costume a frange, tinte di rosso, e da monili di conchiglie e vimini intrecciati. Ognuna richiede un diverso passo di danza, quello della maschera kanaga è particolarmente ritmico e selvaggio, ergendosi ora verso il cielo, ora strusciando nella sabbia.

    Le maschere sono usate dei membri delle numerose «società» di quartiere in occasione di feste, funerali, riti propiziatori o dietro congruo compenso da parte del visitatori. Sono gli stessi danzatori a scolpirle usando un legno tenero e leggero. Sono quindi fragili e spesso riparate o ridipinte ed alla fine gettate nelle caverne dei Tellem o vendute ai mercanti d'arte che le contrabbandano in Europa dove le maschere raggiungono quotazioni molto alte.

    Nell'afa del meriggio l'Ogon non accenna ad interrompere il suo racconto mentre, attorno a noi, sulla piazzetta della toguna i vecchi del villaggio sfilacciano la corteccia di un baobab, si inumidiscono sulle labbra e la attorcigliano costruendo robuste corde. Giunge alla fine la domanda che ogni viaggiatore pone quasi a liberarsi dal senso di colpa: Che ne sarà del tuo popolo? « Il primo Monno ha creato l'ordine dell'universo - risponde l'Ogon fissandoci negli occhi ad uno ad uno - anche i Dogon scompariranno poiché questo è stabilito».

  3. #3
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    IL MISTERO DEI DOGON

    di Salvatore Poma

    I Dogon sono una popolazione africana stanziata sull'altopiano di Bandiagara nella repubblica del Mali. Questa popolazione entrò in contatto col mondo occidentale dopo il 1920 e nel 1931 gli antropologi francesi Marcel Griaule e Germaine Dieterlen si stabilirono presso di loro per diversi anni, per studiarne la cultura e le tradizioni.
    Fu il vecchio sciamano Ogo Temmeli a rivelare ai due antropologi francesi il sapere e la cosmogonia Dogon. Essi parlavano dei Nommo, creature anfibie civilizzatrici provenienti da Sirio, e mostrarono di possedere precise nozioni riguardo alla stella. Nel 1950, Germaine Dieterlen pubblicò i risultati dei suoi studi nel libro Le Renarde Pale, in cui parla dell’incredibile conoscenza astronomica di questa tribù. Innanzitutto, i Dogon erano a conoscenza del fatto che Sirio è un sistema multiplo, con Sirio A, Sirio B e Sirio C. Dimostrarono di sapere che Sirio B ruota attorno a Sirio A, la stella principale, con un'orbita ellittica e in un periodo di 50 anni (l'intera vita religiosa dei Dogon era incentrata sulla Festa dei Sigui, che ricorreva ogni cinquant'anni: si tratta del periodo - così riferì il vecchio sciamano - in cui la stella Po Tolo completa la propria rivoluzione attorno a Sirio). Inoltre, cosa ancora più sconcertante, i Dogon conoscevano l'esatta posizione di Sirio A all'interno dell'ellisse formata dalla rotazione di Sirio B attorno alla stella principale. Sirio B era chiamata Po Tolo: "tolo" significa stella, mentre "po" è il nome di un cereale che ha la caratteristica di essere pesante nonostante le piccole dimensioni. Sirio B è infatti una nana bianca, cioè una stella che un tempo subì un processo di contrazione, a seguito del quale la sua materia venne enormemente compressa: i Dogon sostenevano che essa era composta da una sostanza più pesante di tutto il ferro della terra. Ogo Temmeli rivelò anche che una seconda compagna di Sirio A accompagnava Po Tolo, e il suo nome era Emme Ya ("sorgo femmina"). Emme Ya era quattro volte più leggera di Po Tolo ed orbitava attorno a Sirio A in un periodo di sei anni. Il sistema di Sirio era quindi un sistema ternario. Sirio B, la piccola nana bianca, fu vista e fotografata solo nel 1970, mentre Sirio C è stata rilevata nel 1995 dagli astronomi francesi Benest e Duvent mediante studi sulle perturbazioni stellari (Sirio C è probabilmente una nana rossa di magnitudine 15, cioè migliaia di volte meno luminosa di Sirio A). Quindi, un popolo tribale era a conoscenza da millenni di cose che solo ora stiamo scoprendo straordinariamente esatte.
    Ma la conoscenza dei Dogon non era limitata solo a Sirio. Ogo Temmeli disegnava il pianeta Saturno all'interno di un cerchio più grande (gli anelli) e sapeva che Giove ha attorno a sé quattro compagne principali (le lune galileiane). Inoltre, i Dogon raffiguravano la terra come una sfera, e ne conoscevano il principio di rotazione sul proprio asse, sapevano che la Luna è secca e morta come sangue secco e morto, che l'Universo è un'infinità di stelle e di vita intelligente e che la Via Lattea, la nostra Galassia, ha un movimento a spirale cui partecipa anche il nostro Sole. Tutto ciò oggi può apparire scontato, ma è del tutto incredibile se si considera che solo alcuni secoli fa per noi occidentali la terra era piatta, e i Dogon conoscevano già nel 1931 dettagli strutturali del sistema di Sirio che solo recentemente abbiamo acquisito, ma che i Dogon si erano tramandati dall'inizio dei tempi, in forma simbolica e mitizzata.
    Da dove proveniva tutta questa conoscenza? Sappiamo che molti popoli antichi potevano ricavare profonde conoscenze astronomiche da osservazioni fatte ad occhio nudo. Ma Sirio B non è visibile ad occhio nudo, e meno ancora lo è Sirio C. A dir poco sorprendente è la spiegazione che i Dogon danno delle loro avanzate conoscenze astronomiche, dicendo semplicemente che sono state rivelate loro dai Nommo, discesi sulla Terra per civilizzarla. Questi Nommo sarebbero esseri semidivini, metà uomini e metà pesci, che scesero dal cielo a bordo di una grande arca circolare, tra fuoco e tuoni, e che avevano bisogno di acqua per sopravvivere. Inoltre, i Dogon facevano distinzione tra l'oggetto che atterrò sulla terra e un'altra arca, che rimase invece in cielo e che è facile interpretare come una astronave-madre. Secondo la tradizione Dogon questi esseri, una volta discesi dal loro veicolo volante, avrebbero cercato per prima cosa dell'acqua per potersi immergere.
    L'incontro con i Nommo non sarebbe però avvenuto nel deserto dove ora i Dogon risiedono; sembra che questi siano i discendenti di un popolo di origine mediterranea, i Garamanti, e che siano giunti sull'altopiano di Bandiagara tra il 1200 e il 1500 d.C. Nell'antichità i Dogon furono in contatto con le culture dell'Egitto e della Mesopotamia, e forse fu proprio qui che i Dogon appresero le loro sorprendenti conoscenze astronomiche. Infatti in Mesopotamia è possibile trovare miti con semidei di natura anfibia, gli Oannes. Si può quindi immaginare, circa 5.000 anni fa, lo sbarco di esseri provenienti dal sistema di Sirio, in una vasta area compresa tra l'Egitto e il Medio Oriente. In questa zona, ricca di fiumi e di paludi, gli esseri anfibi trovarono un ambiente confortevole, e adatto al loro insediamento. L'inevitabile contatto con gli indigeni portò ad uno scambio culturale tra i due mondi e all'acquisizione, da parte dei Sumeri e degli Egiziani, di conoscenze astronomiche e tecnologiche altrimenti inesplicabili.

    Dal sito: http://space.tin.it/clubnet/bxpoma/


    Disegno Dogon:
    rappresenterebbe una stella
    che gira intorno a Sirio

  4. #4
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    IL MISTERO DEI DOGON

    di Salvatore Poma

    I Dogon sono una popolazione africana stanziata sull'altopiano di Bandiagara nella repubblica del Mali. Questa popolazione entrò in contatto col mondo occidentale dopo il 1920 e nel 1931 gli antropologi francesi Marcel Griaule e Germaine Dieterlen si stabilirono presso di loro per diversi anni, per studiarne la cultura e le tradizioni.
    Fu il vecchio sciamano Ogo Temmeli a rivelare ai due antropologi francesi il sapere e la cosmogonia Dogon. Essi parlavano dei Nommo, creature anfibie civilizzatrici provenienti da Sirio, e mostrarono di possedere precise nozioni riguardo alla stella. Nel 1950, Germaine Dieterlen pubblicò i risultati dei suoi studi nel libro Le Renarde Pale, in cui parla dell’incredibile conoscenza astronomica di questa tribù. Innanzitutto, i Dogon erano a conoscenza del fatto che Sirio è un sistema multiplo, con Sirio A, Sirio B e Sirio C. Dimostrarono di sapere che Sirio B ruota attorno a Sirio A, la stella principale, con un'orbita ellittica e in un periodo di 50 anni (l'intera vita religiosa dei Dogon era incentrata sulla Festa dei Sigui, che ricorreva ogni cinquant'anni: si tratta del periodo - così riferì il vecchio sciamano - in cui la stella Po Tolo completa la propria rivoluzione attorno a Sirio). Inoltre, cosa ancora più sconcertante, i Dogon conoscevano l'esatta posizione di Sirio A all'interno dell'ellisse formata dalla rotazione di Sirio B attorno alla stella principale. Sirio B era chiamata Po Tolo: "tolo" significa stella, mentre "po" è il nome di un cereale che ha la caratteristica di essere pesante nonostante le piccole dimensioni. Sirio B è infatti una nana bianca, cioè una stella che un tempo subì un processo di contrazione, a seguito del quale la sua materia venne enormemente compressa: i Dogon sostenevano che essa era composta da una sostanza più pesante di tutto il ferro della terra. Ogo Temmeli rivelò anche che una seconda compagna di Sirio A accompagnava Po Tolo, e il suo nome era Emme Ya ("sorgo femmina"). Emme Ya era quattro volte più leggera di Po Tolo ed orbitava attorno a Sirio A in un periodo di sei anni. Il sistema di Sirio era quindi un sistema ternario. Sirio B, la piccola nana bianca, fu vista e fotografata solo nel 1970, mentre Sirio C è stata rilevata nel 1995 dagli astronomi francesi Benest e Duvent mediante studi sulle perturbazioni stellari (Sirio C è probabilmente una nana rossa di magnitudine 15, cioè migliaia di volte meno luminosa di Sirio A). Quindi, un popolo tribale era a conoscenza da millenni di cose che solo ora stiamo scoprendo straordinariamente esatte.
    Ma la conoscenza dei Dogon non era limitata solo a Sirio. Ogo Temmeli disegnava il pianeta Saturno all'interno di un cerchio più grande (gli anelli) e sapeva che Giove ha attorno a sé quattro compagne principali (le lune galileiane). Inoltre, i Dogon raffiguravano la terra come una sfera, e ne conoscevano il principio di rotazione sul proprio asse, sapevano che la Luna è secca e morta come sangue secco e morto, che l'Universo è un'infinità di stelle e di vita intelligente e che la Via Lattea, la nostra Galassia, ha un movimento a spirale cui partecipa anche il nostro Sole. Tutto ciò oggi può apparire scontato, ma è del tutto incredibile se si considera che solo alcuni secoli fa per noi occidentali la terra era piatta, e i Dogon conoscevano già nel 1931 dettagli strutturali del sistema di Sirio che solo recentemente abbiamo acquisito, ma che i Dogon si erano tramandati dall'inizio dei tempi, in forma simbolica e mitizzata.
    Da dove proveniva tutta questa conoscenza? Sappiamo che molti popoli antichi potevano ricavare profonde conoscenze astronomiche da osservazioni fatte ad occhio nudo. Ma Sirio B non è visibile ad occhio nudo, e meno ancora lo è Sirio C. A dir poco sorprendente è la spiegazione che i Dogon danno delle loro avanzate conoscenze astronomiche, dicendo semplicemente che sono state rivelate loro dai Nommo, discesi sulla Terra per civilizzarla. Questi Nommo sarebbero esseri semidivini, metà uomini e metà pesci, che scesero dal cielo a bordo di una grande arca circolare, tra fuoco e tuoni, e che avevano bisogno di acqua per sopravvivere. Inoltre, i Dogon facevano distinzione tra l'oggetto che atterrò sulla terra e un'altra arca, che rimase invece in cielo e che è facile interpretare come una astronave-madre. Secondo la tradizione Dogon questi esseri, una volta discesi dal loro veicolo volante, avrebbero cercato per prima cosa dell'acqua per potersi immergere.
    L'incontro con i Nommo non sarebbe però avvenuto nel deserto dove ora i Dogon risiedono; sembra che questi siano i discendenti di un popolo di origine mediterranea, i Garamanti, e che siano giunti sull'altopiano di Bandiagara tra il 1200 e il 1500 d.C. Nell'antichità i Dogon furono in contatto con le culture dell'Egitto e della Mesopotamia, e forse fu proprio qui che i Dogon appresero le loro sorprendenti conoscenze astronomiche. Infatti in Mesopotamia è possibile trovare miti con semidei di natura anfibia, gli Oannes. Si può quindi immaginare, circa 5.000 anni fa, lo sbarco di esseri provenienti dal sistema di Sirio, in una vasta area compresa tra l'Egitto e il Medio Oriente. In questa zona, ricca di fiumi e di paludi, gli esseri anfibi trovarono un ambiente confortevole, e adatto al loro insediamento. L'inevitabile contatto con gli indigeni portò ad uno scambio culturale tra i due mondi e all'acquisizione, da parte dei Sumeri e degli Egiziani, di conoscenze astronomiche e tecnologiche altrimenti inesplicabili.

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    rappresenterebbe una stella
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    LA COMPLESSA COSMOGONIA DOGON

    Era comparso dal Mare Eritreo. Diceva di chiamarsi Oannes ed era un animale dotato di raziocinio; tutto il suo corpo era come quello di un pesce; aveva sotto la testa di pesce un'altra testa, e dei piedi umani, aggiunti alla coda di pesce. Anche la sua voce ed il linguaggio erano umani e articolati. E ancora oggi si venera la sua immagine.

    Così lo storico babilonese Berosso descriveva, nel 275 a.C., una misteriosa creatura apparsa improvvisamente in Mesopotamia, uscita dalle acque per "istruire ed instradare" il barbaro genere umano. "Questo essere - raccontava Berosso - non si nutriva mai, ma parlava con l'uomo tutto il giorno; insegnava le lettere, le scienze, le arti. Aveva insegnato a costruire le case e a fondare i templi, a compilare le leggi, a distinguere i semi della terra e a raccogliere i frutti; aveva spiegato i principi della geometria e, in breve, aveva insegnato tutto quello che serviva a dare dei modi garbati e a rendere più umana la gente. I suoi insegnamenti erano così universali che, dopo allora, non fu aggiunto nulla per migliorarli. Quando tramontava il sole, l'essere si tuffava in mare ed attendeva tutta la notte nelle profondità marine, in quanto anfibio. Dopo di lui apparvero altri animali simili ad Oannes".
    Uno di questi era il Nommo, il dio anfibio dei Dogon.


    L’antropologo Marcel Griaule studiò la mitologia e la religione Dogon per sedici anni prima che gli stregoni della tribù ricompensassero la sua dedizione iniziandolo ai loro segreti più gelosamente custoditi. Ogo Temmeli, un anziano saggio e sapiente, fu nominato suo “tutore” e fu lui a rivelare allo studioso francese la complessa cosmogonia dogon.
    Amma è il dio supremo, il creatore dell'Universo. E’ lui che ha creato il Sole, la Luna, le stelle e infine la Terra. Per il Sole e la Luna Amma usò palle d'argilla avvolte in spirali (in 8 volute) d'oro e d'argento. Non appena ebbe creato la Terra, Amma si congiunse a lei, ma l'unione fu resa imperfetta dalla presenza del clitoride (residuo di mascolinità nella femmina). Da questa unione nacque un figlio altrettanto imperfetto, lo sciacallo, simbolo del disordine, che successivamente si accoppiò incestuosamente con la madre, determinando l'insorgere delle mestruazioni. Da questa catena di eventi incestuosi e peccaminosi i Dogon fanno discendere la pratica purificatrice della circoncisione, sia maschile che femminile, che tende ad eliminare la presenza di elementi (anche se ridotti a livello pressoché simbolico) del sesso opposto.
    Per ristabilire l'armonia, Amma generò quindi i due gemelli Nommo, creature acquatiche, androgini, contraddistinti dalla Virtù.
    Dai gemelli (bisessuati, e quindi fuori dal pericolo di generazioni impure) nacquero gli otto antenati primordiali, che, nella notte dei tempi, per ordine del dio Amma, scesero sulla Terra per istruire gli uomini. La macchina volante dei Nommo produsse un gran fragore e sollevo' molta polvere.
    Gli esseri si dimostrarono gentili e dissero di provenire da Po Tolo, una stella fatta della materia piu' pesante dell'universo. Durante il loro viaggio, i Nommo avevano visto un pianeta con anelli (Saturno), uno con molte lune (Giove) e uno, un satellite della Terra, morto e disseccato: la Luna. Inoltre i Dogon, grazie ai Nommo, sapevano che i pianeti ruotavano attorno al Sole e l'architettura dei loro santuari presentava precisi riferimenti a Venere. Spiegavano correttamente la rotazione terrestre e intrecciavano canestri che, una volta aperti e srotolati, risultavano essere mappe stellari della via Lattea.
    Disegnavano la rotazione di Sirio B, una stella invisibile a occhio nudo e fino a qualche decennio fa ignota ai nostro astronomi, quasi con la stessa precisione dei nostri studiosi, ponendo un'altra stella, Sirio A, non al centro ma in uno dei fuochi dell'ellisse. Questo sistema binario Sirio A-Sirio B altro non era che un sistema Digitaria-Potolo da cui i Nommo dicevano di venire.

    La storia dei Nommo venne ampiamente divulgata dallo scrittore Robert Temple nel volume The Sirius Mistery (sicuramente il libro più erudito e convincente sulla possibile presenza di “antichi astronauti” sulla Terra). Temple arriva a sostenere che vi sia addirittura un legame fra i Nommo e l'Egitto, affermando che le tre piramidi di Giza sarebbero orientate verso le stelle Sirio A, B e C. Un altro dato curioso è che nelle leggende Dogon si accenna spesso a due Nommo, due gemelli anfibi scesi nella notte dei tempi. Nelle raffigurazioni pittoriche australiane ricorre la stessa simbologia: i due gemelli Kundingas. E ricorre anche nei miti sumeri, allorché si parla di due "divini fratelli", Dumuzi e Tammuz, le cui gesta ispirarono poi la vicenda biblica di Caino e Abele. Quando Dumuzi morì, gli venne costruita una tomba "con un foro orientato con le stelle" (come nel caso della Grande Piramide). Il fatto che le piramidi di Giza siano orientate, oltre che verso Orione, pure in direzione di Sirio è curioso. Anche i Dogon, probabilmente influenzati dalla popolazione nomade dei garamanti provenienti dall'Egitto, impostarono la loro teogonia su Sirio. L'aspetto insolito è che i Dogon attribuivano queste conoscenze ai "Nommo"; e i sumeri, separati dai neri del Mali da secoli di storia e da migliaia di chilometri di distanza, le attribuivano - oltreché agli Oannes, che erano gli istruttori materiali veri e propri - alla dea Nammu, la "creatrice di Sumer". Qui, l'assonanza Nommo-Nammu è troppo stretta per essere puramente casuale...

    Liberamente tratto dal sito: http://space.tin.it/internet/mturri/

  6. #6
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    Predefinito Re: Il popolo Dogon

    Originally posted by Tomás de Torquemada
    La «toguna», o «grande riparo», è l'edificio del consiglio degli anziani; il «luogo della parola» è una spessa tettoia di arbusti elevate su base quadrangolare, con pilastri di legno o pietre e adorni di figure stilizzate.

    Presso i Dogon, la tradizione è affidata agli uomini, che sono soliti ritrovarsi nella toguna. Toguna significa "grande rifugio", ma anche "casa della parola"… traduzione, quest’ultima, che rispecchia maggiormente il significato e l'uso che di questa struttura architettonica si fa nel villaggio. E' il luogo in cui gli uomini riposano, fumano, parlano, discutono le varie questioni e in cui le donne non hanno accesso. La pianta del villaggio Dogon rappresenta schematicamente la figura del corpo umano e la toguna si trova a formare la testa di questa ideale figura, il cui cuore coincide con le abitazioni vere e proprie. Gran parte della vita sociale è vissuta attorno a questa casa: la giustizia, i calendari agricoli, gli interventi d'emergenza ed i provvedimenti di carattere amministrativo sono decisi qui e qui si riunisce il consiglio del villaggio, formato da otto anziani (otto come gli antenati). L’edificio consiste di una spessa tettoia di canne, elevata su base quadrangolare e sorretta da pilastri scolpiti con scene di vita quotidiana. Il numero di tali pilastri varia a secondo della dedicazione dell'edificio: se la toguna è dedicata agli antenati, i pilastri sono otto (sempre come gli antenati). Se invece è dedicata alla fertilità i pilastri sono sette, poiché questo è il numero che simboleggia la famiglia. I pilastri riportano sempre rappresentazioni cosmogoniche, e spesso vi sono raffigurate coppie con i sessi ben evidenziati, a testimoniare l'importanza della fertilità e della procreazione.
    Lo spazio all’interno della toguna è volutamente scomodo, in modo che il Consiglio giunga a rapide decisioni… Ed è anche volutamente basso cosicché, semmai qualcuno dovesse scaldarsi troppo nella discussione e scattare in piedi con troppa veemenza, una bella capocciata lo richiamerebbe immediatamente all’ordine…


    La toguna

  7. #7
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    Il lavoro di Griaule e Dieterlen è stato criticato per molti aspetti. I due hanno sempre lavorato con interpreti, e tutta la storia di Sirio deriva da interviste ad una singola persona. Non hanno tenuto conto del fatto che i Dogon tendono ad evitare ogni forma di contrasto, e quindi a non contraddire una persona stimata e rispettata (come erano loro) se questa fa ipotesi un po' strampalate. Griaule e Dieterlen affermano che i Dogon conoscono pure una terza compagna di Sirio, che non è conosciuta. L'interpretazione della stella compagna come una stella doppia è scarsamente documentabile anche dal lavoro dei due antropologi.

    Ma la cosa che fa crollare miseramente la teoria è che i Dogon non sono inaccessibili. Sono una delle etnie più studiate del centrafrica, e nessuno ha mai trovato traccia delle conoscenze anomale. Al di fuori praticamente dell'informatore di Griaule e Dieterlen, nessuno ha mai sentito parlare di stelle compagne, o di periodi di 50 anni, o di materia ultrapesante. Questo non è spiegabile con conoscenze segrete, perché i Dogon non hanno un corpo mitico segreto. La conoscenza è diffusa, senza una casta che custodisce i segreti religiosi.

    Walter Van Beek, che ha passato 11 anni tra i Dogon, ha trovato che pochissimi Dogon utilizzano i nomi Sigu Tolo e Po Tolo (Sirio A e Sirio B secondo Griaule). L'importanza di Sirio è minima nella loro cultura. Nessuno, neppure gli informatori di Griaule, hanno idea che Sirio sia una stella doppia. Jacky Boujou, che di anni coi Dogon ne ha passato 10, concorda in pieno. E sottolinea che le teorie di Griaule possono essere interpretazioni distorte di quest'ultimo, confermate per spirito di armonia dal suo interlocutore.

    (Gianni Comoretto)

  8. #8
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    Gianni Comoretto fa parte del Cicap, che sostiene che moltissimi sono i canali attraverso i quali i Dogon possono aver appreso certe conoscenze astronomiche anche se, a dir la verità, il Cicap non spiega come mai Sirio B sia stata vista e fotografata solo nel 1970, e Sirio C rilevata solo nel 1995, mentre le tradizioni dogon sono vecchie di secoli e, in ogni caso, i contatti tra questo popolo e gli antropologi Griaule e Dieterlen risalgono a molti anni prima (il libro di Griaule, Dio d'acqua, è stato pubblicato nel 1948 e quello della Dieterlen, Le Renarde Pale, nel 1950).

    Vero è comunque che, nel mito dogon, le stelle "compagne" di Sirio, Po Tolo (Sirio B) e Emme Ya (Sirio C), hanno rispettivamente attributi maschili e femminili, e che potrebbero quindi essere intese non come vere e proprie stelle, ma come simboli di fertilità. Chissà…

  9. #9
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    Silvia, dai 16 ai 20 anni mi sono bevuto tutti i libri di Peter Kolosimo (non so se esistono ancora, erano gli anni '60) che elencavano una incredibile quantità di misteri, dalla pila atomica assiro-babilonese di Baghdad (quella che stanno ancora cercando gli ispettori dell'ONU) fino ai disegni peruviani del lago Titicaca
    La cosa mi ha affascinato, entusiasmato e divertito per anni.
    Poi l'età, gli studi e qualche lettura critica mi ha convinto ad assumere una posizione nettamente scettica al riguardo di questo genere di cose.
    Forse non dovrei postare contributi "critici" in questo forum perchè tutto sommato a mio tempo queste cose mi hanno divertito molto e certo mi avrebbe disturbato, allora, sentirmi preso in giro per la facilità con cui credevo a queste cose.
    Magari solo nei casi in cui c'è dietro una vera e propria "truffa" (come quello che piegava i cucchiai, per intenderci) vedrò di fare sentire una voce critica.

    Anzi se trovo i vecchi libri di Kolosimo provo a postare qualcuna delle incredibili cose che c'erano.

  10. #10
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    Caro pcosta, i contributi critici sono apprezzatissimi. Io stessa, anche se forse ho dato l’impressione di essere un po’ ingenua (impressione, a dir la verità, non del tutto sbagliata ), ho linkato diversi articoli del Cicap, associazione che apprezzo molto per la sua serietà, e che certamente apprezzerei ancora di più se, almeno per una volta, si lasciasse sfiorare dal dubbio di non essere infallibile. Questo però non significa che io creda a tutto: semplicemente ho i miei dubbi, le mie impressioni e - perché no? - anche le mie suggestioni, che comunque non sono mai certezze… E non mi sento affatto presa in giro, ci mancherebbe. In fondo, sono in ottima compagnia: anche Einstein sosteneva che la cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero e che chi non sa più provare stupore è come morto…

 

 
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