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    brescianofobo
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    Predefinito Tremonti accusa: "Questo stato è criminogeno"

    IlMondo, sabato , 16 marzo 1996
    VARIE

    Economia e societa' Fisco 1. Tremonti accusa
    Questo Stato e' crominogeno


    Bagnoli Roberto


    Dopo i provvedimenti del governo Dini le praterie dell'evasione sono sprofondate come la mitica terra di Atlantide nell'Oceano del condono del ministro Fantozzi. Il ministro delle Finanze del governo Dini non solo ha trasformato quello che doveva essere un concordato in un condono ma lo ha esteso al biennio 1994-95. E' la prima volta nella storia di un paese civile che viene attuato un condono fiscale nell'esercizio in corso. I contribuenti nel maggio prossimo faranno una dichiarazione dei redditi sapendo che verra' condonata>>. Tremonti 2, la vendetta. L'ex titolare del dicastero delle Finanze sotto il governo Berlusconi, 48 anni, docente di diritto tributario all'Universita' di Pavia attacca. Ha gia' deciso di scendere in campo nelle file di Forza Italia e per lui la campagna elettorale sara' particolarmente pesante: la serrata dei commercianti di Torino, la manifestazione milanese del 10 marzo e le polemiche che seguiranno sono un segnale chiarissimo. La battaglia sull'infido terreno elettorale dei lavoratori autonomi, quasi 5 milioni di contribuenti, si giochera' a botte di promesse fiscali.

    Allora professore, cosa ha combinato il suo successore al dicastero di viale Europa?Un disastro totale. Forse non tutti si sono accorti che con la politica fiscale del governo dei tecnici, l'evasione resta un problema morale e che non e' piu' una terra di recupero. Vale a dire che tutti quelli che hanno evaso o stanno per evadere hanno la possibilita' di condonare. Non solo: per come e' concepito il condono, chi piu' ha evaso meno paga. Le possibilita' di recuperare l'evasione sono dunque azzerate. Ha fatto i conti almeno di quanto lo Stato ha incassato con questi condoni? Poche migliaia di miliardi. In cambio di questo gruzzolo ci siamo giocati la possibilita' di forti recuperi. Che potremo fare solo tra qualche anno, sempre che non resti Fantozzi con i suoi condoni. Voglio ribadire ancora una volta questo concetto: tutto lo stock dell'evasione, come Atlantide, e' sprofondato nel mare dei condoni. Il concordato e' stato trasformato in un condono. Il condono e' stato esteso al futuro. Mai successa una cosa simile. Con questo ragionamento l'evasione fiscale in Italia non esiste piu... Esattamente cosi. Se si ipotizza, come dato oramai da tutti riconosciuto, un'evasione di circa 100 mila miliardi l'anno, con la politica dei condoni ci siamo giocati per sempre la possibilita' di un recupero. Un colpo di spugna sul passato e, ripeto, anche sul futuro. La logica e' questa: chi ha condonato non e' piu' evasore. Ma forse ci sono evasori che non hanno condonato? Secondo me e' impossibile per almeno due ragioni. Primo, perche' chi ha evaso e' il primo che condona. Secondo, perche' il condono e' stato studiato per agevolare chi aveva evaso. Perche' non si e' partiti dalla logica che chi ha pagato di piu' ha evaso di meno, ma da quella opposta.

    Ma perche' ce l'ha tanto con Fantozzi? Perche' ha varato la logica dei condoni nonostante abbia sempre sostenuto di non farlo. E infatti durante il suo mandato ha previsto ben quattro condoni. Ha esordito col condono sul bollo auto, ha proseguito con quello sulle elusioni societarie, sulle riserve bancarie, ha sostituito col condono i redditi in natura e ha condonato le rimanenze di magazzino delle imprese commerciali. Secondo lei che cosa si dovrebbe fare per evitare questa riproduzione?


    Il Mondo, lunedi , 14 agosto 1989

    Fisco. i piani di Formica
    Prometto meno tasse


    Ricordy Giorgio


    Di tornare a fare il ministro delle Finanze, Rino Formica non aveva nessuna voglia. A coloro con cui e' in maggior confidenza lo aveva detto esplicitamente: " Nessuna persona sensata accetta di fare il ministro delle finanze un anno prima delle elezioni ". Se questa battuta preludesse a elezioni anticipare e fosse riferita alle amministrative del 1990, non e' chiaro. Una volta superata la riserva, pero', Formica si e' messo subito al lavoro. E di gran lena.

    Le regole alle quali il ministro e il suo staff hanno deciso di attenersi sono essenzialmente tre: non aumentare le imposte che gravano sui contribuenti, semplificare il sistema e le procedure fiscali, impugnare saldamente la bandiera della lotta all' evasione . Al terzo piano della palazzina. A del ministero delle finanze gia' si susseguono a getto continuo le riunioni di quello che sara' una sorta di Comitato antievasione, composto di esperti esterni e interni al ministero, alcuni a tempo pieno, altri destinati ad avere incarichi finalizzati a singoli temi. Del gruppo faranno parte economisti come Antonio Pedone, Franco Gallo, Nicola Scalzini, Antonio di Majo, il superispettore del Secit Enrico de Lellis e l' ex superispettore Vincenzo Russo. Il ruolo di consigliere ombra sara' affidato a Giulio Tremonti, esperto di diritto tributario, da sempre vicino a Formica che tra l' altro lo nomino', ai tempi del governo Spadolini, vicepresidente della Sogel, la societa' dell' Iri che gestisce l' anagrafe tributaria.

  2. #2
    brescianofobo
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    Predefinito Tremonti accusa: "Questo stato è criminogeno"

    IlMondo, sabato , 16 marzo 1996
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    Economia e societa' Fisco 1. Tremonti accusa
    Questo Stato e' crominogeno


    Bagnoli Roberto


    Dopo i provvedimenti del governo Dini le praterie dell'evasione sono sprofondate come la mitica terra di Atlantide nell'Oceano del condono del ministro Fantozzi. Il ministro delle Finanze del governo Dini non solo ha trasformato quello che doveva essere un concordato in un condono ma lo ha esteso al biennio 1994-95. E' la prima volta nella storia di un paese civile che viene attuato un condono fiscale nell'esercizio in corso. I contribuenti nel maggio prossimo faranno una dichiarazione dei redditi sapendo che verra' condonata>>. Tremonti 2, la vendetta. L'ex titolare del dicastero delle Finanze sotto il governo Berlusconi, 48 anni, docente di diritto tributario all'Universita' di Pavia attacca. Ha gia' deciso di scendere in campo nelle file di Forza Italia e per lui la campagna elettorale sara' particolarmente pesante: la serrata dei commercianti di Torino, la manifestazione milanese del 10 marzo e le polemiche che seguiranno sono un segnale chiarissimo. La battaglia sull'infido terreno elettorale dei lavoratori autonomi, quasi 5 milioni di contribuenti, si giochera' a botte di promesse fiscali.

    Allora professore, cosa ha combinato il suo successore al dicastero di viale Europa?Un disastro totale. Forse non tutti si sono accorti che con la politica fiscale del governo dei tecnici, l'evasione resta un problema morale e che non e' piu' una terra di recupero. Vale a dire che tutti quelli che hanno evaso o stanno per evadere hanno la possibilita' di condonare. Non solo: per come e' concepito il condono, chi piu' ha evaso meno paga. Le possibilita' di recuperare l'evasione sono dunque azzerate. Ha fatto i conti almeno di quanto lo Stato ha incassato con questi condoni? Poche migliaia di miliardi. In cambio di questo gruzzolo ci siamo giocati la possibilita' di forti recuperi. Che potremo fare solo tra qualche anno, sempre che non resti Fantozzi con i suoi condoni. Voglio ribadire ancora una volta questo concetto: tutto lo stock dell'evasione, come Atlantide, e' sprofondato nel mare dei condoni. Il concordato e' stato trasformato in un condono. Il condono e' stato esteso al futuro. Mai successa una cosa simile. Con questo ragionamento l'evasione fiscale in Italia non esiste piu... Esattamente cosi. Se si ipotizza, come dato oramai da tutti riconosciuto, un'evasione di circa 100 mila miliardi l'anno, con la politica dei condoni ci siamo giocati per sempre la possibilita' di un recupero. Un colpo di spugna sul passato e, ripeto, anche sul futuro. La logica e' questa: chi ha condonato non e' piu' evasore. Ma forse ci sono evasori che non hanno condonato? Secondo me e' impossibile per almeno due ragioni. Primo, perche' chi ha evaso e' il primo che condona. Secondo, perche' il condono e' stato studiato per agevolare chi aveva evaso. Perche' non si e' partiti dalla logica che chi ha pagato di piu' ha evaso di meno, ma da quella opposta.

    Ma perche' ce l'ha tanto con Fantozzi? Perche' ha varato la logica dei condoni nonostante abbia sempre sostenuto di non farlo. E infatti durante il suo mandato ha previsto ben quattro condoni. Ha esordito col condono sul bollo auto, ha proseguito con quello sulle elusioni societarie, sulle riserve bancarie, ha sostituito col condono i redditi in natura e ha condonato le rimanenze di magazzino delle imprese commerciali. Secondo lei che cosa si dovrebbe fare per evitare questa riproduzione?


    Il Mondo, lunedi , 14 agosto 1989

    Fisco. i piani di Formica
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    Ricordy Giorgio


    Di tornare a fare il ministro delle Finanze, Rino Formica non aveva nessuna voglia. A coloro con cui e' in maggior confidenza lo aveva detto esplicitamente: " Nessuna persona sensata accetta di fare il ministro delle finanze un anno prima delle elezioni ". Se questa battuta preludesse a elezioni anticipare e fosse riferita alle amministrative del 1990, non e' chiaro. Una volta superata la riserva, pero', Formica si e' messo subito al lavoro. E di gran lena.

    Le regole alle quali il ministro e il suo staff hanno deciso di attenersi sono essenzialmente tre: non aumentare le imposte che gravano sui contribuenti, semplificare il sistema e le procedure fiscali, impugnare saldamente la bandiera della lotta all' evasione . Al terzo piano della palazzina. A del ministero delle finanze gia' si susseguono a getto continuo le riunioni di quello che sara' una sorta di Comitato antievasione, composto di esperti esterni e interni al ministero, alcuni a tempo pieno, altri destinati ad avere incarichi finalizzati a singoli temi. Del gruppo faranno parte economisti come Antonio Pedone, Franco Gallo, Nicola Scalzini, Antonio di Majo, il superispettore del Secit Enrico de Lellis e l' ex superispettore Vincenzo Russo. Il ruolo di consigliere ombra sara' affidato a Giulio Tremonti, esperto di diritto tributario, da sempre vicino a Formica che tra l' altro lo nomino', ai tempi del governo Spadolini, vicepresidente della Sogel, la societa' dell' Iri che gestisce l' anagrafe tributaria.

  3. #3
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    Non c'e' che dire...questi della CdL
    HANNO LA FACCIA COME IL CULO!
    Antonio

  4. #4
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    Antonio

  5. #5
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    Parlando con un collega, sostenitore cdl, ho sentito la nuova tesi molto divertente, sull'argomento:
    "Tremonti RIMANE contrario ai condoni. E' che nella cdl ci sono molti falchi....".

    Devo prendere piu' caffe' con questo collega.

  6. #6
    decerebrato consapevole
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    Parlando con un collega, sostenitore cdl, ho sentito la nuova tesi molto divertente, sull'argomento:
    "Tremonti RIMANE contrario ai condoni. E' che nella cdl ci sono molti falchi....".

    Devo prendere piu' caffe' con questo collega.

  7. #7
    brescianofobo
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    Originally posted by XT
    Parlando con un collega, sostenitore cdl, ho sentito la nuova tesi molto divertente, sull'argomento:
    "Tremonti RIMANE contrario ai condoni. E' che nella cdl ci sono molti falchi....".

    Devo prendere piu' caffe' con questo collega.
    Beh, penso che RIMANGA anche contrario al deficit pubblico.

    In questo bel libro del 97 il buon Giulio ci diceva di quanto cresce al minuto il deficit pubblico. Praticamente faceva il catastrofista, esattamente quello che fa la sinistra oggi.

    Sarebbe bene aggiornare la statistica con il suo, di deficit.

    http://www.giuliotremonti.com/libro.htm


    9. Il caso italiano

    L'Italia è, in Europa, il paese più statalizzato, più indebitato, più corrotto . Statalismo, debito, corruzione sono anelli di un stessa catena: il centralismo statale ha generato il debito pubblico, il debito pubblico, usato come gettone di spesa elettorale, senza controllo politico e senza limite economico di espansione, ha prodotto due effetti politici essenziali:
    a) da un lato, ha finanziato il montaggio e lo sviluppo di una struttura burocratica e di una sovrastruttura politica uniche in Europa; in specie, ha consentito alla classe politica italiana da fare politica in assenza di realtà, data la possibilità di fare politica usando l'illusione finanziaria del debito pubblico; in questi termini la cultura politica del paese si è basata (e ancora si basa) sulla confusione dei mezzi della politica (le procedure partitiche, parlamentari, costituzionali) con il fine della politica (l'arbitraggio tra diritti e doveri, nell'interesse dei cittadini);
    b) dall'altro lato, ha prodotto l'ambiente ideale per la diffusione della corruzione: la "democrazia del deficit".
    Principio di totalitarietà della politica ("ogni decisione è politica"), monopolio statale nella funzione di arbitraggio dei flussi finanziari, moltiplicazione iperbolica dei passaggi e delle 'transazioni' economiche tra privato e pubblico, hanno infatti complessivamente attribuito allo Stato italiano una posizione dominante di energumeno e di factotum politico: datore di lavoro, benefattore, cliente, committente, imprenditore, azionista, socio occulto, banchiere, estorsore, ricattatore, complice.
    È dunque il debito pubblico l'elemento essenziale per ricostruire la storia recente del paese. Ed è questa la ragione che impone la sua particolare considerazione, nell'economia di questo libro.
    Nell'esperienza storica i grandi debiti pubblici sono normalmente il prodotto delle guerre. C'è, in specie, tra debiti pubblici e guerre, un nesso sistematico di frequenza storica. L'Italia non ha perso una guerra ma, per effetto del debito pubblico, è come se avesse perso una guerra: uguali sono infatti il declino della speranza e lo spettacolo di devastazione e alterazione dei rapporti tra classi sociali e aree geografiche, di inquinamento della politica, di putrefazione e paralisi dei maggiori centri amministrativi, di sovvertimento delle ragioni dello Stato.
    Tutto è cominciato a partire dall'inizio degli anni Settanta, con la "democrazia del deficit", che si è progressivamente risolta in un sostanziale deficit di democrazia. Non è difficile rendersi conto di questo processo. I debiti privati sono fatti privati, i debiti pubblici sono fatti politici. In Italia, un debito pubblico accumulato in uno stock che va ormai oltre 2,2 milioni di miliardi, crescente a un tasso di 237 milioni al minuto, di 14 miliardi all'ora, di 342 miliardi al giorno è in specie il fatto politico per eccellenza.
    Dunque, non è solo un problema di cleptocrazia politica o di visione neo-patrimonialistica dello Stato, è qualcosa di più e di peggio. "Tangentopoli" non è stata il fenomeno, così come non è stata neppure un epifenomeno, ma solo il "big bang": un passaggio esplosivo, in una più vasta e complessa cascata di fenomeni politici, economici, giuridici. La prova si ha notando come, dal passato, tendano ormai a riemergere, in forme nuove, le antiche divisioni del paese, come tra 'guelfi' e 'ghibellini': impresa privata contro impiego pubblico, occupati contro disoccupati, giovani contro vecchi, tartassati contro evasori, innovatori contro reazionari di destra e di sinistra, piazza contro palazzo, Nord contro Sud.

  8. #8
    brescianofobo
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    Originally posted by XT
    Parlando con un collega, sostenitore cdl, ho sentito la nuova tesi molto divertente, sull'argomento:
    "Tremonti RIMANE contrario ai condoni. E' che nella cdl ci sono molti falchi....".

    Devo prendere piu' caffe' con questo collega.
    Beh, penso che RIMANGA anche contrario al deficit pubblico.

    In questo bel libro del 97 il buon Giulio ci diceva di quanto cresce al minuto il deficit pubblico. Praticamente faceva il catastrofista, esattamente quello che fa la sinistra oggi.

    Sarebbe bene aggiornare la statistica con il suo, di deficit.

    http://www.giuliotremonti.com/libro.htm


    9. Il caso italiano

    L'Italia è, in Europa, il paese più statalizzato, più indebitato, più corrotto . Statalismo, debito, corruzione sono anelli di un stessa catena: il centralismo statale ha generato il debito pubblico, il debito pubblico, usato come gettone di spesa elettorale, senza controllo politico e senza limite economico di espansione, ha prodotto due effetti politici essenziali:
    a) da un lato, ha finanziato il montaggio e lo sviluppo di una struttura burocratica e di una sovrastruttura politica uniche in Europa; in specie, ha consentito alla classe politica italiana da fare politica in assenza di realtà, data la possibilità di fare politica usando l'illusione finanziaria del debito pubblico; in questi termini la cultura politica del paese si è basata (e ancora si basa) sulla confusione dei mezzi della politica (le procedure partitiche, parlamentari, costituzionali) con il fine della politica (l'arbitraggio tra diritti e doveri, nell'interesse dei cittadini);
    b) dall'altro lato, ha prodotto l'ambiente ideale per la diffusione della corruzione: la "democrazia del deficit".
    Principio di totalitarietà della politica ("ogni decisione è politica"), monopolio statale nella funzione di arbitraggio dei flussi finanziari, moltiplicazione iperbolica dei passaggi e delle 'transazioni' economiche tra privato e pubblico, hanno infatti complessivamente attribuito allo Stato italiano una posizione dominante di energumeno e di factotum politico: datore di lavoro, benefattore, cliente, committente, imprenditore, azionista, socio occulto, banchiere, estorsore, ricattatore, complice.
    È dunque il debito pubblico l'elemento essenziale per ricostruire la storia recente del paese. Ed è questa la ragione che impone la sua particolare considerazione, nell'economia di questo libro.
    Nell'esperienza storica i grandi debiti pubblici sono normalmente il prodotto delle guerre. C'è, in specie, tra debiti pubblici e guerre, un nesso sistematico di frequenza storica. L'Italia non ha perso una guerra ma, per effetto del debito pubblico, è come se avesse perso una guerra: uguali sono infatti il declino della speranza e lo spettacolo di devastazione e alterazione dei rapporti tra classi sociali e aree geografiche, di inquinamento della politica, di putrefazione e paralisi dei maggiori centri amministrativi, di sovvertimento delle ragioni dello Stato.
    Tutto è cominciato a partire dall'inizio degli anni Settanta, con la "democrazia del deficit", che si è progressivamente risolta in un sostanziale deficit di democrazia. Non è difficile rendersi conto di questo processo. I debiti privati sono fatti privati, i debiti pubblici sono fatti politici. In Italia, un debito pubblico accumulato in uno stock che va ormai oltre 2,2 milioni di miliardi, crescente a un tasso di 237 milioni al minuto, di 14 miliardi all'ora, di 342 miliardi al giorno è in specie il fatto politico per eccellenza.
    Dunque, non è solo un problema di cleptocrazia politica o di visione neo-patrimonialistica dello Stato, è qualcosa di più e di peggio. "Tangentopoli" non è stata il fenomeno, così come non è stata neppure un epifenomeno, ma solo il "big bang": un passaggio esplosivo, in una più vasta e complessa cascata di fenomeni politici, economici, giuridici. La prova si ha notando come, dal passato, tendano ormai a riemergere, in forme nuove, le antiche divisioni del paese, come tra 'guelfi' e 'ghibellini': impresa privata contro impiego pubblico, occupati contro disoccupati, giovani contro vecchi, tartassati contro evasori, innovatori contro reazionari di destra e di sinistra, piazza contro palazzo, Nord contro Sud.

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    brescianofobo
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    Ecco un bell'articolo in prima pagina del Corriere del '92. Il Prof. Tremonti sentenzia, con le sue ardite metafore con le quali ama infiorettare le sue puttanate: "Riforme strutturali, i condoni sono ingiusti". Infatti adesso fa un bel condono, come aveva fatto nel '94.

    Anche il concordato tra fisco e contribuente, quello che adesso ha annunciato Berlusconi, è da evitare.

    Il "creativo" ci informa inoltre che l'improvvisazione non serve a niente.

    Da notare che il solone era stato consigliere del ministero delle finanze per anni, ed era stato anche lui a creare quell'amministrazione finanziaria iniqua e distorta che è stata poi aggiustata da Visco.

    Però criticava. Le sue critiche sono state fatte proprie dal governo del'Ulivo, e adesso lui continua ad attaccare "Dracula" Visco.

    Penso che Tremonti sia uno bravo a criticare, ma non a fare il ministro. Prenda atto dei suoi limiti e si dimetta.

    Subito.

    Corriere della Sera, lunedi , 10 agosto 1992


    manovra economica del governo
    rimedi seri anti evasori



    Tremonti Giulio

    Un personaggio di Calvino, Suor Teodora, si lamentava di conoscere poco del mondo, stando nel chiuso del suo convento: soltanto novene, tridui, trebbiature, vendemmie, pestilenze e niente di altro. Nel chiuso del nostro recinto fiscale, soprattutto a quest'ultimo genere di cose ci stiamo assu efacendo: imposte straordinarie, rivalutazioni obbligatorie, condoni permanenti, all'insegna dell'iniquità, della disparità dei prelievi. Questo continuo distruttivo gaspillage fiscale, secondo alcuni inevitabile, non può tuttavia continuare a lungo: non solo perchè è pericoloso, dato che entrate straordinarie e saltuarie non possono finanziare spese ordinarie e strutturate, soprattutto perchè nessun Paese, neppure il nostro, può alla lunga permettersi di avere un sistema fiscale invertito, in cui l'eccezione tende a essere una norma e la norma un'eccezione. Ma anche perchè può dar luogo a fenomeni di ribellione, di sciopero fiscale, che stanno diventando il cavallo di battaglia della propaganda leghista. Ad un certo momento si deve per forza tornare alla tranquillità delle trebbiature e delle vendemmie e per farlo c'è molto spazio. Non si tratta di esaurire la fertilità dei campi, dove si è già fin troppo trebbiato e vendemmiato, si tratta piuttosto di dissodare i campi estesissimi dove finora ancora niente è stato fatto: i campi dell'evasione fiscale, le aree incolte del privilegio. Dopo anni di demagogia e di retorica, restano una sola cosa da evitare e una sola cosa da fare. La cosa da evitare è pensare che trebbiature e vendemmie si possano fare prima ancora di seminare. Astrazioni materializzate da nomi esotici, come minimum tax, tassa minima, o gentlemen agreement, patto fra contribuente e Fisco, non possono ad esempio consentire di contabilizzare, a copertura di spese pubbliche, entrate derivanti dal recupero di evasione fiscale. È questo un caso in cui le tasse prima si devono riscuotere e poi si possono contabilizzare. Contabilizzare da subito entrate sperate, forse poco probabili e certo non istantanee ( nella migliore delle ipotesi riscuotibili solo a partire dal 1994), a copertura di spese certe e attuali, non sarebbe solo fare un falso in bilancio, ma un attentato al principio fondamentale della nostra Costituzione finanziaria. Inoltre, se c'è un modo per favorire l'evasione, è proprio l'improvvisazione. In realtà, in Italia c'è evasione fiscale strutturale per il semplice fatto che non c'è amministrazione fiscale. Da anni sul Corriere si segnala che l'amministrazione finanziaria italiana non funziona perchè basata sulla coppia contabilità.repressione. Da un lato c'è l'illusione contabile che gioca contro il nostro Fisco: secondo il Codice Civile, la contabilità di impresa fa stato contro l'imprenditore; secondo la nostra legge fiscale , fa stato a favore dell'imprenditore e . per vocazione suicida . contro il Fisco. In realtà la contabilità è fiscalmente affidabile se l'impresa la redige per proprie ragioni di convenienza organizzativa, per avere rapporti con le banche e la Borsa, con i fornitori, i clienti, i lavoratori. Se la contabilità non è fatta per queste ragioni, ma solo per ragioni fiscali, il primo che dovrebbe diffidarne è proprio il Fisco, mentre secondo la nostra legge è l'opposto. Dall'altro lato, l'evasione non può essere repressa, quando è già stata compiuta in aree estesissime della nostra economia. L'evasione può solo essere prevenuta attraverso un serio apparato deterrente di amministrazione fiscale basato sulla coppia coefficienti.accertamenti. Pensare che basti prevedere un livello di imponibile minimo che dovrebbe essere dichiarato a pena di accertamento presuppone un'amministrazione credibile. Se non lo è basta che la generalità non dichiari e poi, come è già accaduto due anni fa, non è che si fanno gli accertamenti e il Fisco che fa finta che non vi siano i coefficienti. Dai coefficienti allo scambio con i contribuenti . meno oppressione e più pressione fiscale . sono tutte idee da tempo esposte sul Corriere e passate nel programma di governo. È proprio questa la cosa da fare, anche se non serve per tappare buchi di bilancio, richiedendo tempi lunghi di seria amministrazione, in modo da determinare progressivamente comportamenti coerenti e convenienti da parte dei contribuenti. Questi strumenti potrebbero . forse . anche essere completati dalla reintroduzione del concordato fiscale, che c'è con vari nomi in tutti gli ordinamenti europei, dove la posizione del contribuente è sempre definita in contraddittorio con l'Ufficio. D' altra parte l'abolizione del concordato, avvenuta in sede di riforma fiscale del 1971.1973, non risulta che abbia dischiuso nell'amministrazione finanziaria italiana superiori orizzonti di moralità. I responsabili degli Uffici si chiamano procuratori delle imposte: ebbene, che le procurino, essendo responsabilizzati nella loro funzione. Lo stesso vale per il ministero delle Finanze, a partire dai vertici: che amministri. Finora non lo si è fatto a sufficienza. Giulio Tremonti Dalla prima pag ina

  10. #10
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    Ecco un bell'articolo in prima pagina del Corriere del '92. Il Prof. Tremonti sentenzia, con le sue ardite metafore con le quali ama infiorettare le sue puttanate: "Riforme strutturali, i condoni sono ingiusti". Infatti adesso fa un bel condono, come aveva fatto nel '94.

    Anche il concordato tra fisco e contribuente, quello che adesso ha annunciato Berlusconi, è da evitare.

    Il "creativo" ci informa inoltre che l'improvvisazione non serve a niente.

    Da notare che il solone era stato consigliere del ministero delle finanze per anni, ed era stato anche lui a creare quell'amministrazione finanziaria iniqua e distorta che è stata poi aggiustata da Visco.

    Però criticava. Le sue critiche sono state fatte proprie dal governo del'Ulivo, e adesso lui continua ad attaccare "Dracula" Visco.

    Penso che Tremonti sia uno bravo a criticare, ma non a fare il ministro. Prenda atto dei suoi limiti e si dimetta.

    Subito.

    Corriere della Sera, lunedi , 10 agosto 1992


    manovra economica del governo
    rimedi seri anti evasori



    Tremonti Giulio

    Un personaggio di Calvino, Suor Teodora, si lamentava di conoscere poco del mondo, stando nel chiuso del suo convento: soltanto novene, tridui, trebbiature, vendemmie, pestilenze e niente di altro. Nel chiuso del nostro recinto fiscale, soprattutto a quest'ultimo genere di cose ci stiamo assu efacendo: imposte straordinarie, rivalutazioni obbligatorie, condoni permanenti, all'insegna dell'iniquità, della disparità dei prelievi. Questo continuo distruttivo gaspillage fiscale, secondo alcuni inevitabile, non può tuttavia continuare a lungo: non solo perchè è pericoloso, dato che entrate straordinarie e saltuarie non possono finanziare spese ordinarie e strutturate, soprattutto perchè nessun Paese, neppure il nostro, può alla lunga permettersi di avere un sistema fiscale invertito, in cui l'eccezione tende a essere una norma e la norma un'eccezione. Ma anche perchè può dar luogo a fenomeni di ribellione, di sciopero fiscale, che stanno diventando il cavallo di battaglia della propaganda leghista. Ad un certo momento si deve per forza tornare alla tranquillità delle trebbiature e delle vendemmie e per farlo c'è molto spazio. Non si tratta di esaurire la fertilità dei campi, dove si è già fin troppo trebbiato e vendemmiato, si tratta piuttosto di dissodare i campi estesissimi dove finora ancora niente è stato fatto: i campi dell'evasione fiscale, le aree incolte del privilegio. Dopo anni di demagogia e di retorica, restano una sola cosa da evitare e una sola cosa da fare. La cosa da evitare è pensare che trebbiature e vendemmie si possano fare prima ancora di seminare. Astrazioni materializzate da nomi esotici, come minimum tax, tassa minima, o gentlemen agreement, patto fra contribuente e Fisco, non possono ad esempio consentire di contabilizzare, a copertura di spese pubbliche, entrate derivanti dal recupero di evasione fiscale. È questo un caso in cui le tasse prima si devono riscuotere e poi si possono contabilizzare. Contabilizzare da subito entrate sperate, forse poco probabili e certo non istantanee ( nella migliore delle ipotesi riscuotibili solo a partire dal 1994), a copertura di spese certe e attuali, non sarebbe solo fare un falso in bilancio, ma un attentato al principio fondamentale della nostra Costituzione finanziaria. Inoltre, se c'è un modo per favorire l'evasione, è proprio l'improvvisazione. In realtà, in Italia c'è evasione fiscale strutturale per il semplice fatto che non c'è amministrazione fiscale. Da anni sul Corriere si segnala che l'amministrazione finanziaria italiana non funziona perchè basata sulla coppia contabilità.repressione. Da un lato c'è l'illusione contabile che gioca contro il nostro Fisco: secondo il Codice Civile, la contabilità di impresa fa stato contro l'imprenditore; secondo la nostra legge fiscale , fa stato a favore dell'imprenditore e . per vocazione suicida . contro il Fisco. In realtà la contabilità è fiscalmente affidabile se l'impresa la redige per proprie ragioni di convenienza organizzativa, per avere rapporti con le banche e la Borsa, con i fornitori, i clienti, i lavoratori. Se la contabilità non è fatta per queste ragioni, ma solo per ragioni fiscali, il primo che dovrebbe diffidarne è proprio il Fisco, mentre secondo la nostra legge è l'opposto. Dall'altro lato, l'evasione non può essere repressa, quando è già stata compiuta in aree estesissime della nostra economia. L'evasione può solo essere prevenuta attraverso un serio apparato deterrente di amministrazione fiscale basato sulla coppia coefficienti.accertamenti. Pensare che basti prevedere un livello di imponibile minimo che dovrebbe essere dichiarato a pena di accertamento presuppone un'amministrazione credibile. Se non lo è basta che la generalità non dichiari e poi, come è già accaduto due anni fa, non è che si fanno gli accertamenti e il Fisco che fa finta che non vi siano i coefficienti. Dai coefficienti allo scambio con i contribuenti . meno oppressione e più pressione fiscale . sono tutte idee da tempo esposte sul Corriere e passate nel programma di governo. È proprio questa la cosa da fare, anche se non serve per tappare buchi di bilancio, richiedendo tempi lunghi di seria amministrazione, in modo da determinare progressivamente comportamenti coerenti e convenienti da parte dei contribuenti. Questi strumenti potrebbero . forse . anche essere completati dalla reintroduzione del concordato fiscale, che c'è con vari nomi in tutti gli ordinamenti europei, dove la posizione del contribuente è sempre definita in contraddittorio con l'Ufficio. D' altra parte l'abolizione del concordato, avvenuta in sede di riforma fiscale del 1971.1973, non risulta che abbia dischiuso nell'amministrazione finanziaria italiana superiori orizzonti di moralità. I responsabili degli Uffici si chiamano procuratori delle imposte: ebbene, che le procurino, essendo responsabilizzati nella loro funzione. Lo stesso vale per il ministero delle Finanze, a partire dai vertici: che amministri. Finora non lo si è fatto a sufficienza. Giulio Tremonti Dalla prima pag ina

 

 
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