Ecco le "prove" del ricatto a Berlusconi


Il dossier, in otto punti, è stato consegnato dall'ex ministro al presidente Casini. Mancuso: "Ciò che denuncio è vero, lo giuro sul mio onore".


ROMA - Ci sarebbero delle "prove", o meglio - come li ha definiti Filippo Mancuso - "fatti dimostrativi circa i rapporti fra Silvio Berlusconi e Cesare Previti". Otto "fatti" - si lege stamani su Repubblica - che, secondo l'ex Guardasigilli, sostengono l'accusa lanciata il 20 settembre nell'aula di una commissione Giustizia alle prese con la "legge Cirami". Ecco la denunzia: "Il presidente Berlusconi non è psicologicamente e moralmente libero (...) Dica Berlusconi che io sto mentendo quando asserisco che egli non è libero davanti a Cesare Previti, e che non è libero così nel Parlamento e nel Paese di svolgere moralmente il proprio compito". Insomma, Berlusconi sarebbe condizionato da Previti? Mancuso, si legge sempre su Repubblica, spiega che ciò che denuncia "è tutto vero". "Passerò per matto - si sfoga - ma ho il dovere morale di parlare".

Gli otto "fatti" sono contenuti nel documento che l'onorevole ha consegnato al presidente della Camera Pierferdinando Casini al termine del suo intervento.

1. Via del Plebiscito. "Nel pomeriggio del 28 giugno 2000 - scrive Mancuso - vengo inaspettatamente chiamato nello studio di Berlusconi, in via del Plebiscito dove trovo presenti Pisanu, Letta e, mi pare, saltuariamente Paolo Bonaiuti. L'esigenza di questa riunione nasceva da due telefonate ricevute da Berlusconi: la prima, da parte di Giuliano Amato, allora presidente del Consiglio, e l'altra da parte dell'on. Fassino, ministro di Grazia e Giustizia, entrambe aventi ad oggetto l'amnistia e/o condono, allora attuale per molteplici ragioni (ricorrenza giubilare, sollecitazioni vaticane, situazione penitenziaria...).

- Pubblicità - Mentre è in corso la consultazione preparatoria tra me e Berlusconi, fa ingresso nello studio Letta, il quale, evidentemente nella veste di chi filtra le telefonate, dice così: "Presidente, c'è per te al telefono Cesare Previti che vuole parlarti subito". Mai avrei immaginato di ascoltare il formalissimo Berlusconi esplodere in una così furiosa reazione verbale negativa, una vera e propria esplosione di insofferenza e di stanchezza psicologica sigillata dal seguente ordine di servizio per Letta: "Digli, a questo signore, che non voglio assolutamente né vederlo, né sentirlo, neanche per telefono. Basta! Basta! Non si faccia vedere!". (...)

Vedo allora Letta, evidentemente non persuaso, avanzare subito il seguente invito: "Presidente, ascoltami, è meglio per tutti che tu gli risponda, è assolutamente necessario farlo. Vieni al telefono e rispondigli". Il presidente esegue l'invito con l'aria di sentirlo alla stregua di una "proposta che non si può rifiutare". Il breve colloquio telefonico seguitone non saprei dire quale risultato abbia poi avuto. Sta di fatto però che, conclusolo, Berlusconi ancora in preda a forte agitazione, torna a sedersi davanti a me e parla come segue: "Scusami, Filippo, hai capito quali sono i miei rapporti con Previti? Non mi lascia in pace; a suo tempo per il ministero di Grazia e Giustizia, e via via un'infinità di pretese incessanti nella stessa materia. Ricordalo!"".

2. Michele Saponara. "Nel corso della presente legislatura, per ben due volte, questo collega deputato, onestamente attento al divenire "dell'eterna questione Berlusconi-Previti", mi dice di sapere per certo che la preoccupazione di quest'ultimo (Previti) intorno alle note procedure di Milano era giunta a un tale punto di esasperazione da inviare all'altro (Berlusconi) una missiva di certissimo contenuto ultimativo. Nella quale, Previti latineggiava il seguente allusivo avvertimento: Simul stabunt simul cadent".

3. Gaetano Pecorella. "Siamo al vicino tempo della discussione alla Camera del disegno di legge sulle rogatorie. Io più volte mi lamento della eccessiva rigidità delle posizioni di Forza Italia sugli emendamenti dell'opposizione. Mi sento contestare con concetti del genere: "Letta non vuole, Letta ha telefonato dicendo che la materia, per noi, è bloccata". Ciò essenzialmente ad opera della coppia danzante Elio Vito e Antonio Leone, capogruppo e vice capogruppo di F.I. alla Camera (...)

In occasione di uno di tali miei dissensi, Gaetano Pecorella, presidente della commissione Giustizia, con irritazione e preoccupazioni visibili, mi partecipava di sua iniziativa un suo stato d'animo: "Non ne posso più dell'avvocato Previti, che parrebbe l'unico avvocato esistente; non mi dà pace con le sue continue pressioni, che talvolta accompagna con la inverosimile asserzione che io, con la pretesa fiacchezza nella conduzione del mio ruolo, starei dimostrando di 'volerlo in galera'." Gli chiedo perché non liquida la questione. Pecorella mi ribatte: 'E' molto difficile, tu sai chi c'è dietro, c'è Berlusconi'".

4. Iole Santelli. "Non si voglia ritenerla cosa inelegante, ma ai fini della pienezza del quadro di subordinazione di Berlusconi è impossibile non tener conto della vicenda assai imbarazzante della nomina all'alta responsabilità di sottosegretario alla Giustizia di una giovane semisconosciuta neoparlamentare (Iole Santelli), già interna allo studio Previti. Pacificamente e all'evidenza trattasi di nomina proposta da Berlusconi, ma di esclusiva provenienza e diretto interesse previtiani, solo queste essendo le credenziali per tali designazione e nomina".

5. Il giudice costituzionale. "Durante la primavera di quest'anno, Berlusconi abbandona la sua stessa personale designazione (Filippo Mancuso, ndr). Ne segue la surrogazione di tale candidatura con quella di un intimo, attuale e continuativo sodale professionale dello studio Previti (Romano Vaccarella, ndr): surrogazione da quest'ultimo prima ventilata e poi chiaramente comunicata al sottoscritto. Si tratta di una designazione anch'essa voluta dal predetto personaggio (Previti) e formalizzata in un repentino e notturno mutamento di linea da parte di Berlusconi il quale, poi, una volta raggiunta la elezione del neo designato, non esita a dar fuori con una esclamazione piuttosto confessoria ("E' andata bene!") pronunciata addirittura nella solenne sede del Quirinale".

6. La legge Cirami. "La vicenda è ancora in atto. Senato e Camera sono stati e sono da mesi alla frusta di una cosiddetta "urgenza e necessità", l'una e l'altra artificiose e strumentali. Motivo reale e determinante di cosiffatto andamento: il dover consegnare a tutti i costi il "prodotto finito" (...) Un "prodotto finito" mirato alla specifica finalità di avvantaggiare i processi milanesi dell'on. Previti, finalità purtroppo forte dell'indispensabile via libera del titolare unico del potere formale di comando politico, cioè Berlusconi".

7. Cronologia. "La semplice cronologia costituisce un elemento anch'esso probatorio".

8. Scioglimento delle Camere. "Tali minacce sono pervenute sia dal presidente della commissione Giustizia Pecorella sia dallo stesso presidente del Consiglio. Il senso di tali minacce è quello di una intimidazione ripetuta, a carico dei parlamentari che si apprestano a votare o a rivotare la materia, a temere le conseguenze di un eventuale rigetto della Cirami, vale a dire lo scioglimento presidenziale della Camere. Minacce, inaudite e irresponsabili, che sottintendono la possibilità che la maggioranza scontenta imponga al presidente della Republica di compiacerla con l'immediato esercizio del potere di scioglimento. Nessuno, tra gli eccessi di questa vicenda, dimostra più di questo l'intensità e la spregiudicatezza dell'interesse messo in campo".