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    Predefinito E la storia Continua ....

    Dopo l'inchiesta dal titolo "Le colonne d'Ercole", Sergio Frau si è rimesso a lavoro. Da seguire a ruota!!

    Terza Puntata-
    http://www.repubblica.it/online/spet...rza/terza.html


    GLI ARCHEOGIALLI/ Mille anni prima di Cristo, il passaggio
    all'età del ferro forse fu una battuta d'arresto
    Il segreto del bronzo, cancellato
    da un lontano cataclisma
    di SERGIO FRAU


    ESIODO, nella Teogonia: "E della Notte oscura la casa terribile s'innalza. Di fronte ad essa il figlio di Giapeto (Atlante. ndr) tiene il cielo ampio reggendolo con la testa e con infaticabili braccia - saldo - là dove la Notte e il Giorno, venendo vicini, si salutano passando alterni la Grande Soglia di Bronzo...". Marco Politi su La Repubblica: "Una preghiera breve, un faticoso rialzarsi e infine la mano del Papa afferra le maniglie dei grandi battenti di bronzo (prima l'una e poi l'altra, lentamente) e chiude la magica Porta". Tra la Soglia di Bronzo di Esiodo, sorvegliata dal titano Briareo sepolto sotto l'Etna dei mille fuochi, e quella sbarrata da Giovanni Paolo II, Pontefice romano a fine Giubileo 2000, ci sono in mezzo - grosso modo - 27 secoli. Quasi 3000 anni durante i quali quella Magica Porta e senza dubbio il bronzo di cui è composta hanno conservato intatta la loro sacralità.

    E' un giallo, il bronzo. Un vero giallo: diventa santo solo quando scompare, nel XII secolo a.C. Diventa sacro con l'Età del Ferro. Da allora lo è sempre stato: reliquia di un tempo bello che fu. Un mistero "come" e "perché", a un certo punto, qui da noi, in Occidente e in Grecia, per secoli sparì. Per farlo, prima, mica bastavano rame e stagno: servivano i Maestri delle Montagne che sapessero capire il terreno, bucarlo, trattarlo. E navi attrezzate, pronte a trasportarlo. E gente in grado di cuocerlo tutto insieme, quanto basta, nascondendone i segreti. Tutta un'imponente organizzazione - una vera e propria Internazionale del Mare e del Commercio mediterraneo - che, però, d'improvviso nella prima metà del XII secolo scomparve. Bronzo. Bronzo medio. Bronzo medio finale. Bronzo medio finale quasi finito... Dalle autopsie degli archeologhi la sua sembrerebbe una lunghissima agonia. Ora, invece, si è capito che il bronzo morì di colpo: dopo quel misterioso cataclisma che dodici secoli prima di Cristo ruppe il mare, si riusò a lungo materiale che c'era già. Sia in Grecia che da noi fusero e rifusero. E rifusero ancora roba vecchia, per secoli, prima di rimettersi sotto a farne di nuovo.

    Come mai? Per risolvere il giallo c'è una pista tutta italiana fatta di reperti conservati sotto gli occhi di tutti: al Museo Etrusco di Valle Giulia a Roma, o all'Archeologico di Bologna, o a quello di Firenze, o ad Arezzo, Volterra, Populonia, Cagliari, Sassari, o le sale appena riaperte a Nuoro. È lì che è possibile rintracciare strani gemellaggi, sufficienti, però, a istruire un processo indiziario: com'è morto il Bronzo? E perché, poi, è diventato così santo? Per tutto il '900 - si sa - ha trionfato Darwin. Come se andasse sempre avanti l'evoluzione. Ora, e solo da un po', si è capito che la storia dell'uomo è più simile al Gioco dell'Oca: avanti, avanti, avanti, e - d'improvviso - un salto indietro, o un altolà: una Dark Age, o un Diluvio... L'archeologia Usa per il Bronzo ha messo a fuoco una bella teoria: il ferro?

    Sarebbe stato un salto indietro, un ripiego, non un'evoluzione. Interrotte, squassate da cataclismi, le reti commerciali che garantivano l'apporto di stagno (indispensabile per far bronzo) dal Grande Nord - attraverso il Rodano, molti porti, qualche isola e mille navi - dappertutto si fu costretti ad arrangiarsi con la "nuova" scoperta: il ferro. Roba difficile, nel Mille avanti Cristo: 1600 gradi, una vera magia riuscirci. Mircea Eliade - di questa diaspora di metallari d'improvviso in giro tutt'insieme - scrive: "A diversi livelli di cultura sembra dunque esistere un intimo legame fra l'arte del fabbro, le tecniche occulte (sciamanesimo, magia, guarigione) e l'arte della canzone, della danza, della poesia". Tutti quelli che diffondevano la nuova mitologia, insomma. E infatti - morto il Bronzo - viva il Ferro. Viva il Ferro e tutte le credenze e sacralità che dal Mille in poi si porta dietro: bronzo compreso, come Reliquia e Rimpianto.

    Il ferro da noi è firmato da fabbri Etruschi. A Canaan da fabbri Filistei, i Superstiti delle Isole. Dietro le Alpi da Celti che decoravano di palme cento loro oggetti... Seguiamole le tracce del Bronzo Sacro, ma solo in Etruria. Come mai nelle loro prime tombe (tra l'VIII e V secolo) ne trovi così tanto? E come mai, così spesso, lavorato alla sarda? Ma nell'isola quelle statuine fuse a cera persa stavano lì come offerta, saldate con un perno e piccole goccie di piombo fuso, sugli altari di nuraghi o di santuari fatti apposta. Tra gli Etruschi, invece, le trovi in tombe, ad accompagnare il morto nel suo viaggio all'Aldilà.

    Sciamani, navicelle, sculturine: tutti lì intorno, come a circondarlo di Sardegna. Che ci fanno là dentro? Nel volume Etruria e Sardegna tra l'Età del Bronzo finale e l'Arcaismo quelle sculturine fanno da protagonisti: ne parlano sia Giovanni Lilliu che Gilda Bartoloni dei 130 bronzetti sardi rintracciati in tombe dell'Etruria mineraria. Lilliu, scientifico, li ha già studiati a fondo. Qui, stavolta, mette in fila chi, dall'800 a oggi, ha tentato di scassinarne l'enigma. Tutti insieme fanno riflettere. Uno per tutti, Rainer Pauli: "Tutta la metallurgia sarda appare più antica di quella etrusca". E: "Presso gli Etruschi i bronzetti nuragici continuarono a essere usati di generazione in generazione, come antichità insostituibili". La Bartoloni non si sbilancia più di tanto. A forza di archiviare in sequenza i reperti trovati a Populonia, però, finisce per dirti tutto: "Nei contesti populoniesi sono attestate quasi tutte le categorie di manufatti sardi o di mediazione sarda...". Ed elenca armi, spade, pugnali, pendenti, appliques, bottoni, faretrine, brocchette dal collo obliquo... Sembrerebbe un trasloco di fabbri e minatori sardi. Invece - e da secoli - è un mistero.

    Il passo successivo, il più semplice - quello "indiziario" che, però manda avanti la giustizia nel mondo - in archeologia non ci si azzarda a farlo: mica si dice che, probabilmente, se accanto al caro estinto qualcuno mette roba sacra sarda - e spesso vecchia di secoli, come fossero "gioie care di famiglia", scrisse anche Michel Gras - è forse perché quel ricordo è sacro non solo al morto ma anche a chi, innamorato e straziato, quel suo morto l'ha dovuto seppellire. Così il censimento di quei bronzetti sardi, spaesati in Toscana, o sull'Appennino, o giù a Crotone, invece di far indagare su una possibile, colossale, emigrazione dalla Sardegna del Mille, trasloca da decenni da un catalogo etrusco all'altro: ma come fossero variabili impazzite tra gadget greci per l'Aldilà. Doni di matrimonio, si dice. Regali tra principi, si dice anche...

    Eppure, per uscire dalle vaghezze, un modo ormai ci sarebbe. Raimondo Zucca, archeologo e docente all'Università di Sassari, un'idea ce l'ha: "In attesa che si potenzi l'archeologia subacquea - l'unica in grado di restituire voce anche al nostro Mar d'Occidente, purtroppo, ancora muto - servirebbe un vero colpo d'ala: catalogare per bene, di nuovo, tutto il bronzo saltato fuori nelle zone etrusche - quelle campane comprese - e ricominciare a ragionarci sopra. E farlo non solo con occhi freschi, sgombri da pregiudizi, ma anche aiutandosi con la chimica dei metalli ormai in grado di mostrarci con precisione persino i luoghi di provenienza del rame e dello stagno serviti a fabbricarlo, quel bronzo".

    E Giovanni Colonna, grande etruscologo, suggerisce una chiave per l'ordine nuovo ancora tutto da fare. Ricorda infatti a tutti l'etimologia primaria di Tirreni, da cui il termine Etruschi derivò: "da "tyrseis" ovvero torri". Come dire: Tirreni Uno, i Sardi. Tirreni Due: i Sardi della Diaspora, ovvero g1i Etruschi dei Mille Metalli.

    A bilancio dell'indagine, il Bronzo Sacro (degli Etruschi) si calamita dietro, nell'ordine, i seguenti indizi: il doppiofondo di un nome (Tirreni uguale Costruttori o Abitanti di Torri); una testimonianza seria come quella di Strabone (che giura su una Sardegna abitata dai Costruttori di Torri/Tirreni, in tempi antichi, prima dei Fenici; prima del X secolo a.C., dunque); l'imponente sviluppo di tombe etrusche che, però, spesso evocano forme e volte di nuraghi, ma come seppellite dal fango; fiammate di metallurgia improvvise in zone della penisola ricche di minerali giusti. E, in più, un'analisi come quella di Colonna il quale, seppur con le sacrosante cautele d'accademico, verbalizza: "Abbiamo creduto di poter identificare, attraverso gli scarni echi dell'opera di Filisto (storico del IV secolo a.C., ndr) giunti fino a noi (...), la formazione di un "Popolo delle Torri" in Sardegna e quindi il suo trasferimento in Etruria, dove i Tirreni erano "abitanti delle torri" solo di nome e non di fatto". (3.Continua).

    (24 agosto 2002)

  2. #2
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    Predefinito E la storia Continua ....

    Dopo l'inchiesta dal titolo "Le colonne d'Ercole", Sergio Frau si è rimesso a lavoro. Da seguire a ruota!!

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    http://www.repubblica.it/online/spet...rza/terza.html


    GLI ARCHEOGIALLI/ Mille anni prima di Cristo, il passaggio
    all'età del ferro forse fu una battuta d'arresto
    Il segreto del bronzo, cancellato
    da un lontano cataclisma
    di SERGIO FRAU


    ESIODO, nella Teogonia: "E della Notte oscura la casa terribile s'innalza. Di fronte ad essa il figlio di Giapeto (Atlante. ndr) tiene il cielo ampio reggendolo con la testa e con infaticabili braccia - saldo - là dove la Notte e il Giorno, venendo vicini, si salutano passando alterni la Grande Soglia di Bronzo...". Marco Politi su La Repubblica: "Una preghiera breve, un faticoso rialzarsi e infine la mano del Papa afferra le maniglie dei grandi battenti di bronzo (prima l'una e poi l'altra, lentamente) e chiude la magica Porta". Tra la Soglia di Bronzo di Esiodo, sorvegliata dal titano Briareo sepolto sotto l'Etna dei mille fuochi, e quella sbarrata da Giovanni Paolo II, Pontefice romano a fine Giubileo 2000, ci sono in mezzo - grosso modo - 27 secoli. Quasi 3000 anni durante i quali quella Magica Porta e senza dubbio il bronzo di cui è composta hanno conservato intatta la loro sacralità.

    E' un giallo, il bronzo. Un vero giallo: diventa santo solo quando scompare, nel XII secolo a.C. Diventa sacro con l'Età del Ferro. Da allora lo è sempre stato: reliquia di un tempo bello che fu. Un mistero "come" e "perché", a un certo punto, qui da noi, in Occidente e in Grecia, per secoli sparì. Per farlo, prima, mica bastavano rame e stagno: servivano i Maestri delle Montagne che sapessero capire il terreno, bucarlo, trattarlo. E navi attrezzate, pronte a trasportarlo. E gente in grado di cuocerlo tutto insieme, quanto basta, nascondendone i segreti. Tutta un'imponente organizzazione - una vera e propria Internazionale del Mare e del Commercio mediterraneo - che, però, d'improvviso nella prima metà del XII secolo scomparve. Bronzo. Bronzo medio. Bronzo medio finale. Bronzo medio finale quasi finito... Dalle autopsie degli archeologhi la sua sembrerebbe una lunghissima agonia. Ora, invece, si è capito che il bronzo morì di colpo: dopo quel misterioso cataclisma che dodici secoli prima di Cristo ruppe il mare, si riusò a lungo materiale che c'era già. Sia in Grecia che da noi fusero e rifusero. E rifusero ancora roba vecchia, per secoli, prima di rimettersi sotto a farne di nuovo.

    Come mai? Per risolvere il giallo c'è una pista tutta italiana fatta di reperti conservati sotto gli occhi di tutti: al Museo Etrusco di Valle Giulia a Roma, o all'Archeologico di Bologna, o a quello di Firenze, o ad Arezzo, Volterra, Populonia, Cagliari, Sassari, o le sale appena riaperte a Nuoro. È lì che è possibile rintracciare strani gemellaggi, sufficienti, però, a istruire un processo indiziario: com'è morto il Bronzo? E perché, poi, è diventato così santo? Per tutto il '900 - si sa - ha trionfato Darwin. Come se andasse sempre avanti l'evoluzione. Ora, e solo da un po', si è capito che la storia dell'uomo è più simile al Gioco dell'Oca: avanti, avanti, avanti, e - d'improvviso - un salto indietro, o un altolà: una Dark Age, o un Diluvio... L'archeologia Usa per il Bronzo ha messo a fuoco una bella teoria: il ferro?

    Sarebbe stato un salto indietro, un ripiego, non un'evoluzione. Interrotte, squassate da cataclismi, le reti commerciali che garantivano l'apporto di stagno (indispensabile per far bronzo) dal Grande Nord - attraverso il Rodano, molti porti, qualche isola e mille navi - dappertutto si fu costretti ad arrangiarsi con la "nuova" scoperta: il ferro. Roba difficile, nel Mille avanti Cristo: 1600 gradi, una vera magia riuscirci. Mircea Eliade - di questa diaspora di metallari d'improvviso in giro tutt'insieme - scrive: "A diversi livelli di cultura sembra dunque esistere un intimo legame fra l'arte del fabbro, le tecniche occulte (sciamanesimo, magia, guarigione) e l'arte della canzone, della danza, della poesia". Tutti quelli che diffondevano la nuova mitologia, insomma. E infatti - morto il Bronzo - viva il Ferro. Viva il Ferro e tutte le credenze e sacralità che dal Mille in poi si porta dietro: bronzo compreso, come Reliquia e Rimpianto.

    Il ferro da noi è firmato da fabbri Etruschi. A Canaan da fabbri Filistei, i Superstiti delle Isole. Dietro le Alpi da Celti che decoravano di palme cento loro oggetti... Seguiamole le tracce del Bronzo Sacro, ma solo in Etruria. Come mai nelle loro prime tombe (tra l'VIII e V secolo) ne trovi così tanto? E come mai, così spesso, lavorato alla sarda? Ma nell'isola quelle statuine fuse a cera persa stavano lì come offerta, saldate con un perno e piccole goccie di piombo fuso, sugli altari di nuraghi o di santuari fatti apposta. Tra gli Etruschi, invece, le trovi in tombe, ad accompagnare il morto nel suo viaggio all'Aldilà.

    Sciamani, navicelle, sculturine: tutti lì intorno, come a circondarlo di Sardegna. Che ci fanno là dentro? Nel volume Etruria e Sardegna tra l'Età del Bronzo finale e l'Arcaismo quelle sculturine fanno da protagonisti: ne parlano sia Giovanni Lilliu che Gilda Bartoloni dei 130 bronzetti sardi rintracciati in tombe dell'Etruria mineraria. Lilliu, scientifico, li ha già studiati a fondo. Qui, stavolta, mette in fila chi, dall'800 a oggi, ha tentato di scassinarne l'enigma. Tutti insieme fanno riflettere. Uno per tutti, Rainer Pauli: "Tutta la metallurgia sarda appare più antica di quella etrusca". E: "Presso gli Etruschi i bronzetti nuragici continuarono a essere usati di generazione in generazione, come antichità insostituibili". La Bartoloni non si sbilancia più di tanto. A forza di archiviare in sequenza i reperti trovati a Populonia, però, finisce per dirti tutto: "Nei contesti populoniesi sono attestate quasi tutte le categorie di manufatti sardi o di mediazione sarda...". Ed elenca armi, spade, pugnali, pendenti, appliques, bottoni, faretrine, brocchette dal collo obliquo... Sembrerebbe un trasloco di fabbri e minatori sardi. Invece - e da secoli - è un mistero.

    Il passo successivo, il più semplice - quello "indiziario" che, però manda avanti la giustizia nel mondo - in archeologia non ci si azzarda a farlo: mica si dice che, probabilmente, se accanto al caro estinto qualcuno mette roba sacra sarda - e spesso vecchia di secoli, come fossero "gioie care di famiglia", scrisse anche Michel Gras - è forse perché quel ricordo è sacro non solo al morto ma anche a chi, innamorato e straziato, quel suo morto l'ha dovuto seppellire. Così il censimento di quei bronzetti sardi, spaesati in Toscana, o sull'Appennino, o giù a Crotone, invece di far indagare su una possibile, colossale, emigrazione dalla Sardegna del Mille, trasloca da decenni da un catalogo etrusco all'altro: ma come fossero variabili impazzite tra gadget greci per l'Aldilà. Doni di matrimonio, si dice. Regali tra principi, si dice anche...

    Eppure, per uscire dalle vaghezze, un modo ormai ci sarebbe. Raimondo Zucca, archeologo e docente all'Università di Sassari, un'idea ce l'ha: "In attesa che si potenzi l'archeologia subacquea - l'unica in grado di restituire voce anche al nostro Mar d'Occidente, purtroppo, ancora muto - servirebbe un vero colpo d'ala: catalogare per bene, di nuovo, tutto il bronzo saltato fuori nelle zone etrusche - quelle campane comprese - e ricominciare a ragionarci sopra. E farlo non solo con occhi freschi, sgombri da pregiudizi, ma anche aiutandosi con la chimica dei metalli ormai in grado di mostrarci con precisione persino i luoghi di provenienza del rame e dello stagno serviti a fabbricarlo, quel bronzo".

    E Giovanni Colonna, grande etruscologo, suggerisce una chiave per l'ordine nuovo ancora tutto da fare. Ricorda infatti a tutti l'etimologia primaria di Tirreni, da cui il termine Etruschi derivò: "da "tyrseis" ovvero torri". Come dire: Tirreni Uno, i Sardi. Tirreni Due: i Sardi della Diaspora, ovvero g1i Etruschi dei Mille Metalli.

    A bilancio dell'indagine, il Bronzo Sacro (degli Etruschi) si calamita dietro, nell'ordine, i seguenti indizi: il doppiofondo di un nome (Tirreni uguale Costruttori o Abitanti di Torri); una testimonianza seria come quella di Strabone (che giura su una Sardegna abitata dai Costruttori di Torri/Tirreni, in tempi antichi, prima dei Fenici; prima del X secolo a.C., dunque); l'imponente sviluppo di tombe etrusche che, però, spesso evocano forme e volte di nuraghi, ma come seppellite dal fango; fiammate di metallurgia improvvise in zone della penisola ricche di minerali giusti. E, in più, un'analisi come quella di Colonna il quale, seppur con le sacrosante cautele d'accademico, verbalizza: "Abbiamo creduto di poter identificare, attraverso gli scarni echi dell'opera di Filisto (storico del IV secolo a.C., ndr) giunti fino a noi (...), la formazione di un "Popolo delle Torri" in Sardegna e quindi il suo trasferimento in Etruria, dove i Tirreni erano "abitanti delle torri" solo di nome e non di fatto". (3.Continua).

    (24 agosto 2002)

 

 

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