Immigrazione: Bossi, Niente Impronte Agli Italiani

[Gianmario]

MILANO - 'Noi abbiamo l'anagrafe tributaria e non vedo perche' chi risiede ed e' nato qui debba rilasciare le impronte digitali: noi abbiamo la certezza dell'identita', abbiamo gli uffici anagrafe che funzionano, c'e' la carta d'identita'': lo ha dichiarato in un'intervista telefonica a Radio Padania Libera il ministro delle Riforme, Umberto Bossi. 'C'e' chi all'interno del Governo, e mi pare di aver sentito, anche il Presidente della Repubblica, ritiene che le impronte digitali devono essere estese agli italiani - ha aggiunto Bossi -. Io sono completamente contrario, e contrario io, contrari tutti. Cioe': gli altri possono anche mettersi d' accordo ma un governo non puo' dividersi in due, altrimenti non si capisce perche' ho lasciato passare l'emendamento sulle impronte digitali'.
11/09/2002 182

[Gianmario]

MILANO - 'Noi abbiamo l'anagrafe tributaria e non vedo perche' chi risiede ed e' nato qui debba rilasciare le impronte digitali: noi abbiamo la certezza dell'identita', abbiamo gli uffici anagrafe che funzionano, c'e' la carta d'identita'': lo ha dichiarato in un'intervista telefonica a Radio Padania Libera il ministro delle Riforme, Umberto Bossi. 'C'e' chi all'interno del Governo, e mi pare di aver sentito, anche il Presidente della Repubblica, ritiene che le impronte digitali devono essere estese agli italiani - ha aggiunto Bossi -. Io sono completamente contrario, e contrario io, contrari tutti. Cioe': gli altri possono anche mettersi d' accordo ma un governo non puo' dividersi in due, altrimenti non si capisce perche' ho lasciato passare l'emendamento sulle impronte digitali'.
11/09/2002 182

[Walter]

(...) La Lega insiste nella sua avversione alle rilevazioni dattiloscopiche per gli italiani. Lo fa con Bossi e con tutto lo stato maggiore del partito. ''Parliamo di cose che non esistono - ripete Bossi - Non c'è nella legge, non esiste. D'altra parte non è che noi siamo contenti di prendere le impronte agli immigrati, ma c'era un oggettivo problema: qui arriva gente che ha quattro, cinque, dieci identità diverse, e allora bisognava pur provvedere''. ''Il problema per gli italiani non esiste - conclude Bossi - perché qui da noi l'anagrafe funziona. Le impronte agli immigrati sono una necessità derivante dal fatto di dover creare un minimo di chiarezza a proposito delle identità di chi arriva nel nostro Paese''.

Ma sul campo di battaglia scendono anche il capogruppo alla Camera Alessandro Cè e il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. Il primo dice che sull'argomento "c'è stata superficialità e che si è finito per dare uno schiaffo ai cittadini italiani equiparandoli agli immigrati". Il secondo contesta l'altolà di Fini e lo definisce intriso di buonismo assurdo. "Tutti sanno - ribadisce Calderoli - che gli italiani entrano a far parte dell'anagrafe da quando nascono con un sistema di certificazioni ben controllato. Imporre una sorta di falsa par condicio per le impronte è un'assurdità''.

Il resto della maggioranza però si dissocia con nettezza. Visto che il Presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan (Forza Italia) si offre volentieri come "primo dei veneti a mettere il polpastrello sull'inchiostro". E visto che il Capogruppo al Senato dell'Udc Francesco D'Onofrio insiste nel pretendere che il decreto legge sull'immigrazione venga convertito al Senato sulla base dell'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri che l'ha ispirato. Ovvero: mantenendo le impronte digitali per tutti, ma ampliando la regolarizzazione anche a chi ha avuto un provvedimento d'espulsione ma non ha commesso altri reati. (...)

(da IL NUOVO 12 settembre 2002)

[Walter]

(...) La Lega insiste nella sua avversione alle rilevazioni dattiloscopiche per gli italiani. Lo fa con Bossi e con tutto lo stato maggiore del partito. ''Parliamo di cose che non esistono - ripete Bossi - Non c'è nella legge, non esiste. D'altra parte non è che noi siamo contenti di prendere le impronte agli immigrati, ma c'era un oggettivo problema: qui arriva gente che ha quattro, cinque, dieci identità diverse, e allora bisognava pur provvedere''. ''Il problema per gli italiani non esiste - conclude Bossi - perché qui da noi l'anagrafe funziona. Le impronte agli immigrati sono una necessità derivante dal fatto di dover creare un minimo di chiarezza a proposito delle identità di chi arriva nel nostro Paese''.

Ma sul campo di battaglia scendono anche il capogruppo alla Camera Alessandro Cè e il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. Il primo dice che sull'argomento "c'è stata superficialità e che si è finito per dare uno schiaffo ai cittadini italiani equiparandoli agli immigrati". Il secondo contesta l'altolà di Fini e lo definisce intriso di buonismo assurdo. "Tutti sanno - ribadisce Calderoli - che gli italiani entrano a far parte dell'anagrafe da quando nascono con un sistema di certificazioni ben controllato. Imporre una sorta di falsa par condicio per le impronte è un'assurdità''.

Il resto della maggioranza però si dissocia con nettezza. Visto che il Presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan (Forza Italia) si offre volentieri come "primo dei veneti a mettere il polpastrello sull'inchiostro". E visto che il Capogruppo al Senato dell'Udc Francesco D'Onofrio insiste nel pretendere che il decreto legge sull'immigrazione venga convertito al Senato sulla base dell'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri che l'ha ispirato. Ovvero: mantenendo le impronte digitali per tutti, ma ampliando la regolarizzazione anche a chi ha avuto un provvedimento d'espulsione ma non ha commesso altri reati. (...)

(da IL NUOVO 12 settembre 2002)