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Discussione: contratti d'autunno

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    Predefinito contratti d'autunno

    L'autunno dei contratti non decollerà?


    Confindustria punta alla revisione del modello e intanto vorrebbe bloccare i rinnovi. Federmeccanica ammette: non abbiamo fretta. Sindacati spaccati e inflazione alta fanno il resto.
    di Fernanda Alvaro

    ROMA- E se l'autunno caldo diventasse infuocato perché la stagione contrattuale non riuscisse neanche a partire? La tentazione c'è. Confindustria ha sondato la settimana scorsa i sindacati dialoganti, Cisl e Uil, per cercare di capire se è possibile bloccare la stagione dei rinnovi, in attesa che nuove regole cambino quelle scritte ormai quasi 10 anni fa. E ha raccolto un fermo "no".

    Federmeccanica non nasconde la tentazione di fare orecchie da mercante alla scadenza vicina, niente affatto impaurita da eventuali scioperi: "Con la recessione in corso, potrebbero essere un buon sostituto alla cassa integrazione". Ma la tentazione è soltanto di una parte e i sindacati, mai così divisi, potrebbero ritrovarsi dalla stessa parte nel reclamare il rispetto di quell'intesa del luglio 1993 che molti vorrebbero rivedere.

    Insomma, come si presenta l'autunno del 2002, dopo "il Patto per l'Italia" rifiutato dalla Cgil, alla luce di uno sciopero generale proclamato dalla sola organizzazione di Corso d'Italia, ai tempi dell'inflazione programmata distante anche dalle previsioni del Centro studi di Confindustria, nel momento in cui i conti pubblici tornano di nuovo a preoccupare fino al punto di far prevedere una manovra economica che potrebbe levitare ben oltre quei 20 miliardi fin qui dichiarati dall'esecutivo? Difficile, è troppo poco.

    Ad aspettare il rinnovo dei contratti sono oltre sei milioni e mezzo di lavoratori : dai ministeriali, ai metalmeccanici, dai ferrovieri, al commercio, dal turismo agli autoferrotranvieri. Ce n'è per tutti io gusti: a cominciare dal pubblico impiego dove a forzare la mano saranno soprattutto Cisl e Uil , ai metalmeccanici tradizionalmente barricaderi anche grazie all'intransigenza della Fiom.

    "Non credo proprio che i sindacati presenteranno una piattaforma unica - dice Roberto Biglieri, direttore generale di Federmeccanica - Già la Cgil non ha firmato il passato contratto mettendo in campo un'azione più politica che sindacale. Comunque vedremo. Noi non abbiamo alcuna fretta perché l'economia metalmeccanica sta vivendo un presente triste e si aspetta un futuro non felice. Insomma il contratto non si rinnoverà in tempi brevi e poco ci fanno paura gli scioperi, rischiano di sostituire l'eventuale Cig. Del resto, se tutti siamo d'accordo che si cominci a parlare di revisione degli assetti contrattuali, perché mai ci dovremmo metter a rinnovare il contratto con le vecchie regole?".

    "La stagione contrattuale deve aprirsi perché le regole che abbiamo scritto insieme e che non abbiamo ancora cambiato, sono ancora valide - risponde Pierpaolo Baretta, segretario confederale Cisl - Mi stupisce che a mettere in discussione la cosa siano proprio i fautori del rispetto dell'inflazione programmata per non venir meno alla politica dei redditi sancita proprio con lo stesso accordo. Di quell'intesa del 1993 non si può prendere soltanto quel che fa comodo. Comunque la maggior parte dei rinnovi, verte sulla questione normativa più che su quella salariale, si faccia attenzione". Niente discussione sulle nuove regole, dunque? "No, assolutamente - continua Baretta - Noi della Cisl, da tempo sosteniamo la necessità di uno spostamento del peso contrattuale sul secondo livello, ma la riforma non deve interferire con i rinnovi. Siamo divisi, è vero, ma discutere tra noi si può, partendo dal fatto che un autunno caldo c'è sempre stato e che quel che è cambiato non è il quadro economico o il rappoto tra Cgil, Cisl e Uil, ma il mondo. A partire dal fatto che, adesso, ci sono i Co.co.co".

    Divisi o uniti? Non ha dubbi Carla Cantone, segretaria confederale Cgil, "dipenderà da Cisl e Uil, non da noi. Se pretenderanno di farci fare i contratti sulla base di quel Patto per l'Italia che noi non abbiamo firmato, non ci sarà alcuna possibilità di confronto". Possibilità di confronto sembra invece esserci nell'assunto, condiviso dai sindacati, che quell'1,4% di inflazione programmata è assolutamente irrealistico: "Noi, come Cgil - dice Cantone - non chiediamo soltanto il recupero dell'inflazione reale, ma anche la redistribuzione a livello nazionale della produttività che fin qui è finita nelle tasche degli industriali. Insomma, il problema non è alzare quell'1,4% di uno 0,1 o 0,2%. Il problema era e resta che questo governo vuole sostituire la concertazione con un dialogo sociale che significa: discuto con chi è d'accordo con me. Il problema era e resta che bisogna riscrivere le regole della democrazia rappresentativa e consegnare ai lavoratori la decisione sulle scelte che ci dividono".

    "Non insisterei sulle divisioni dei sindacati, non ci puntino gli industriali o le controparti in generale - dice Paolo Pirani, segretario confederale Uil - Stiamo lavorando per le piattaforme unitarie perché, sia chiaro, uniti o no, i contratti si devono fare, anche se qualcuno spera di poter prendere tempo. I conti non tornano come dovrebbero, ma i contratti si sono fatti anche in momenti più difficili e se il governo italiano vuole mantenere quell'1,4% di inflazione programmata, noi vogliamo guardare almeno a quel che dice l'Europa. E quindi, per essere realistici, pensiano a un 2%. Inutile dire che l'accordo del 1993 prevedeva il recupero. Certo, è vero, ma pensare di spostare il recupero di quasi un punto nel prossimo anno, significa preparare un'enorme bolla inflazionistica".

    Premesse di battaglia? Pare di sì. Il ministro Frattini continua a ripetere che si rispetterà l'inflazione programmata, la Cgil si mette in moto per convincere Cisl e Uil a iniziative comuni di lotta, la Uil dà appuntamento alle categorie la prossima settimana. L'autunno alle porte rischia di essere non soltanto "caldo", come al solito, ma incandescente.
    Antonio

  2. #2
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    L'autunno dei contratti non decollerà?


    Confindustria punta alla revisione del modello e intanto vorrebbe bloccare i rinnovi. Federmeccanica ammette: non abbiamo fretta. Sindacati spaccati e inflazione alta fanno il resto.
    di Fernanda Alvaro

    ROMA- E se l'autunno caldo diventasse infuocato perché la stagione contrattuale non riuscisse neanche a partire? La tentazione c'è. Confindustria ha sondato la settimana scorsa i sindacati dialoganti, Cisl e Uil, per cercare di capire se è possibile bloccare la stagione dei rinnovi, in attesa che nuove regole cambino quelle scritte ormai quasi 10 anni fa. E ha raccolto un fermo "no".

    Federmeccanica non nasconde la tentazione di fare orecchie da mercante alla scadenza vicina, niente affatto impaurita da eventuali scioperi: "Con la recessione in corso, potrebbero essere un buon sostituto alla cassa integrazione". Ma la tentazione è soltanto di una parte e i sindacati, mai così divisi, potrebbero ritrovarsi dalla stessa parte nel reclamare il rispetto di quell'intesa del luglio 1993 che molti vorrebbero rivedere.

    Insomma, come si presenta l'autunno del 2002, dopo "il Patto per l'Italia" rifiutato dalla Cgil, alla luce di uno sciopero generale proclamato dalla sola organizzazione di Corso d'Italia, ai tempi dell'inflazione programmata distante anche dalle previsioni del Centro studi di Confindustria, nel momento in cui i conti pubblici tornano di nuovo a preoccupare fino al punto di far prevedere una manovra economica che potrebbe levitare ben oltre quei 20 miliardi fin qui dichiarati dall'esecutivo? Difficile, è troppo poco.

    Ad aspettare il rinnovo dei contratti sono oltre sei milioni e mezzo di lavoratori : dai ministeriali, ai metalmeccanici, dai ferrovieri, al commercio, dal turismo agli autoferrotranvieri. Ce n'è per tutti io gusti: a cominciare dal pubblico impiego dove a forzare la mano saranno soprattutto Cisl e Uil , ai metalmeccanici tradizionalmente barricaderi anche grazie all'intransigenza della Fiom.

    "Non credo proprio che i sindacati presenteranno una piattaforma unica - dice Roberto Biglieri, direttore generale di Federmeccanica - Già la Cgil non ha firmato il passato contratto mettendo in campo un'azione più politica che sindacale. Comunque vedremo. Noi non abbiamo alcuna fretta perché l'economia metalmeccanica sta vivendo un presente triste e si aspetta un futuro non felice. Insomma il contratto non si rinnoverà in tempi brevi e poco ci fanno paura gli scioperi, rischiano di sostituire l'eventuale Cig. Del resto, se tutti siamo d'accordo che si cominci a parlare di revisione degli assetti contrattuali, perché mai ci dovremmo metter a rinnovare il contratto con le vecchie regole?".

    "La stagione contrattuale deve aprirsi perché le regole che abbiamo scritto insieme e che non abbiamo ancora cambiato, sono ancora valide - risponde Pierpaolo Baretta, segretario confederale Cisl - Mi stupisce che a mettere in discussione la cosa siano proprio i fautori del rispetto dell'inflazione programmata per non venir meno alla politica dei redditi sancita proprio con lo stesso accordo. Di quell'intesa del 1993 non si può prendere soltanto quel che fa comodo. Comunque la maggior parte dei rinnovi, verte sulla questione normativa più che su quella salariale, si faccia attenzione". Niente discussione sulle nuove regole, dunque? "No, assolutamente - continua Baretta - Noi della Cisl, da tempo sosteniamo la necessità di uno spostamento del peso contrattuale sul secondo livello, ma la riforma non deve interferire con i rinnovi. Siamo divisi, è vero, ma discutere tra noi si può, partendo dal fatto che un autunno caldo c'è sempre stato e che quel che è cambiato non è il quadro economico o il rappoto tra Cgil, Cisl e Uil, ma il mondo. A partire dal fatto che, adesso, ci sono i Co.co.co".

    Divisi o uniti? Non ha dubbi Carla Cantone, segretaria confederale Cgil, "dipenderà da Cisl e Uil, non da noi. Se pretenderanno di farci fare i contratti sulla base di quel Patto per l'Italia che noi non abbiamo firmato, non ci sarà alcuna possibilità di confronto". Possibilità di confronto sembra invece esserci nell'assunto, condiviso dai sindacati, che quell'1,4% di inflazione programmata è assolutamente irrealistico: "Noi, come Cgil - dice Cantone - non chiediamo soltanto il recupero dell'inflazione reale, ma anche la redistribuzione a livello nazionale della produttività che fin qui è finita nelle tasche degli industriali. Insomma, il problema non è alzare quell'1,4% di uno 0,1 o 0,2%. Il problema era e resta che questo governo vuole sostituire la concertazione con un dialogo sociale che significa: discuto con chi è d'accordo con me. Il problema era e resta che bisogna riscrivere le regole della democrazia rappresentativa e consegnare ai lavoratori la decisione sulle scelte che ci dividono".

    "Non insisterei sulle divisioni dei sindacati, non ci puntino gli industriali o le controparti in generale - dice Paolo Pirani, segretario confederale Uil - Stiamo lavorando per le piattaforme unitarie perché, sia chiaro, uniti o no, i contratti si devono fare, anche se qualcuno spera di poter prendere tempo. I conti non tornano come dovrebbero, ma i contratti si sono fatti anche in momenti più difficili e se il governo italiano vuole mantenere quell'1,4% di inflazione programmata, noi vogliamo guardare almeno a quel che dice l'Europa. E quindi, per essere realistici, pensiano a un 2%. Inutile dire che l'accordo del 1993 prevedeva il recupero. Certo, è vero, ma pensare di spostare il recupero di quasi un punto nel prossimo anno, significa preparare un'enorme bolla inflazionistica".

    Premesse di battaglia? Pare di sì. Il ministro Frattini continua a ripetere che si rispetterà l'inflazione programmata, la Cgil si mette in moto per convincere Cisl e Uil a iniziative comuni di lotta, la Uil dà appuntamento alle categorie la prossima settimana. L'autunno alle porte rischia di essere non soltanto "caldo", come al solito, ma incandescente.
    Antonio

 

 

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