cari amici
dopo la neccessaria premessa da me scritta la scorsa settimana, vediamo ora in sostanza che cosa rivelano i documenti degli archivi di Washington desecretati nel '95 dall'allora presente Bill Clinton... se poi si tratti o no di letteratura da 'osteria' presumo che il lettore sia abbastanza intelligente da capirlo da solo senza 'aiuto' da parte di ragionieri di recupero diplomatisi alle serali.
Occorre innazitutto dire che quello che leggerete non segue il filo adottato da Ennio Caretto e Bruno Marolo nel libro citato, ma è piuttosto una mia 'ricostruzione' di alcuni fatti in base al contenuto 'grezzo' dei documenti riportati in esso. Ciò significa che mentre il contenuto dei documenti è 'originale', i commenti e le considerazioni sono miei e per altro assai diversi da quelli degli autori citati. Questo se non altro mi permetterà di difendermi dall'accusa di essere una mera 'fotocopiatrice', attributo che viceversa pare adattarsi molto bene ad un ingombrante personaggio perennemente presente da queste parti... sappiamo chi [... ]...
La prima parte tratta del periodo che, grosso modo, và dalla primavera del '43 alla primavera del '45... la seconda penso di potervela fornire tra poco...
al solito... buona lettura!...
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Nobis ardua
Comandante CC carlo Fecia di Cossato
Roosevelt, Churchill e Stali a Yalta nel marzo del '45
I contraddittori rapporti tra gli anglo-americani con la resistenza e il Pci nel corso della guerra
I carteggi contenuti nel capitolo Civil Affaires della citata documentazione dei National Archives di Washington trattano diffusamente dei rapporti avuti tra gli anglo-americani e il movimento resistenziale italiano. Fin da subito si può dire che essi furono caratterizzati da fasi alterne e non mancarono anche contrasti tra americani e britannici, spesso trovatisi ai ferri corti, sul ruolo da assegnare alle formazioni partigiane. Solo su di un punto essi furono in perfetto accordo: non avrebbero permesso alla resistenza di sostituirsi al legittimo governo italiano da essi sostenuto. I documenti consultati confermano in pieno che se necessario essi non avrebbero esitato ad usare la forza, come del resto è accaduto in Grecia alla fine del ’44, per imporre nel Nord Italia l’autorità del governo di Roma. Cosa che assolutamente essi non desideravano era un governo di ‘partigiani rossi’ del tipo di quello costituito in Yugoslavia da Tito, e questo non perché allora la politica degli alleati fosse unanimemente ‘anticomunista’ [essa, come abbiamo già visto, allora era perseguita con decisione da Churchill in aperto contrasto con Roosevelt tanto che la vera e propria ‘svolta’ vi sarà solo con l’avvento di Harry Truman dopo la morte di Roosevelt, avvenuta nell’aprile del ‘45] ma semplicemente perché pensavano che tale governo avrebbe potuto contestare le condizioni imposte all’Italia dall’armistizio che erano state accettate da Badoglio.
Anche se può sembrare un fatto incredibile il primo rapporto dell’Oss che rivela l’esistenza di in partito comunista italiano il cui leader si chiama ‘Ercole Ercoli’ è del principio del ’43. Fino a quel momento i servizi segreti americani si erano totalmente disinteressati dei movimenti antifascisti clandestini che avevano operato in Italia e soprattutto all’estero e il poco che si sapeva veniva dai servizi segreti inglesi, dal momento che quelli russi su questo argomento mantenevano un silenzio assolutamente ermetico. Il rapporto afferma che questo Ercole Ercoli si fa chiamare anche Knigge, ma che in realtà è un certo Palmiro Togliatti, nato a Genova, laureato a Torino e fuoriuscito in seguito all’avvento del fascismo da prima in Francia e quindi in Unione Sovietica. Qui egli ha saputo guadagnare, impresa in realtà non delle più facili e riuscita a ben pochi, la fiducia di Stalin divenendo a tutti gli effetti una sua ‘creatura’, tanto che sarà inviato da questi in Spagna al tempo della guerra civile come ispettore munito di pieni poteri. Il rapporto, come sarà in seguito per tanti altri rapporti dell’Oss riguardo i comunisti italiani, afferma che i comunisti italiani non costituiscono una realtà di cui ci si debba preoccupare eccessivamente, in quanto il partito, che conta un centro a Milano e l’altro a Roma, è fondamentalmente diviso e frazionato in correnti autonomiste. Solo una anno dopo i vertici politici e militari americani dovranno toccare con mano l’erroneità delle informazioni fornite dai loro servizi, allorchè si faranno cogliere in contropiede dall’iniziativa di Stalin il quale, dietro il puramente formale riconoscimento della monarchia e del governo Badoglio, assicurerà l’ingresso dei comunisti italiani nella ‘stanza dei bottoni’, dalla quale, una volta entrati, non usciranno più per un bel pezzo.
I primi contatti tra gli angolo-americani e la resistenza risalgono all’autunno del ’43, dopo che l’Italia ha scavalcato il fosso divenendo da paese nemico ‘cobelligerante’, quando agenti alleati incontrano in Svizzera due delegati delle formazioni partigiane, Ferruccio Parri e Leo Valiani. Gli anglo-americani promettono armi e danaro ma in cambio chiariscono subito che la guerra per bande dovrà avere un limitato sviluppo, basato soprattutto su raccolta di informazioni e la creazione di una rete di assistenza per i prigionieri di guerra evasi dai campi. I finanziamenti non sono distribuiti in maniera equilibrata tanto che le neonate ‘brigate Garibaldi’, di orientamento comunista, sono fortemente penalizzate rispetto ad altre formazioni [vedremo in seguito che tale ‘avarizia’ nei loro confronti sarà abbondantemente compensata dalla ‘generosità’ del compagno Stalin]. Del resto anche Parri scriverà poi nelle sue memorie:
‘… avevamo la sensazione che gli alleati cercassero di dividerci invece che aiutarci a creare una organizzazione unitaria…’
La reciproca diffidenza si approfondisce nel gennaio ’44, quando a Milano viene costituito il Clnai [Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia]. Uno dei primi rapporti che i servizi segreti americani trasmettono a Washington chiarisce che gli obiettivi politici sono molto più ambiziosi di quanto gli alleati siano disposti ad accettare:
‘… non ci sarà posto tra noi per un regime reazionario comunque mascherato e nemmeno per una democrazia zoppa. Il Cln di oggi è una prefigurazione del governo di domani. Nel governo di domani è certo che operai, contadini, artigiani e tutte le classi popolari avranno un peso determinante, e un posto adeguato a questo peso sarà occupato dai partiti che li rappresentano…’
Costretto così in qualche modo a prestare più attenzione al partito comunista e alle sue intenzioni l’Oss non tarda a scoprire i suoi saldi legami con il Cremlino. E così nel febbraio ’44 viene alla luce un rapporto dell’Oss che smentisce clamorosamente quello di un anno prima:
‘… Togliatti, l’uomo di fiducia dei dirigenti sovietici, può saldare l’anello mancante della catena tra i comunisti italiani e sovietici. Ercoli conosce i piani di Mosca per il suo paese ed è deciso a realizzarli. Egli sa bene che i problemi italiani sono tenuti in gran conto al Cremlino, contrariamente a chi pensa che l’espansionismo sovietico si fermi prima del Mediterraneo’.
L’Oss, quasi a voler ribadire che la tattica del doppio gioco [o anche triplo perché no?…] è prassi usuale dei servizi segreti di ogni paese e in ogni tempo, in quello stesso periodo non rifiuta la collaborazione militare e il dialogo politico con i comunisti, anzi lo incoraggia. Un agente nella Roma occupata, Peter Tomkins, lo stesso che cinquant’anni dopo deporrà a Roma contro Erik Priebke, si incontra con Giorgio Amendola per concordare una strategia operativa in comune. Il fatto è che l’Oss,nelle cui file militano numerosi simpatizzanti di sinistra che poi verranno rimossi nella ‘purga’ eseguita un anno dopo, non solo crederà alla ‘sincera volontà’ di Togliatti di stabilire un’intesa con tutti i partiti democratici antifascisti allorchè sarà artefice della celebre ‘svolta di Salerno’, ma anzi ribadirà la convinzione che senza l’apporto determinate del Pci la futura Italia sarebbe stata ingovernabile.
Le dimensioni del movimento popolare che si sta organizzando al nord diventano poi evidenti in occasione dello sciopero generale proclamato dal Cln il 1° marzo ‘44, l’unico avvenuto nel corso della guerra in un paese dell’Europa sotto occupazione tedesca. Il 9 giugno poi il movimento partigiano assume la fisionomia di un vero e proprio esercito, che viene posto sotto un comando militare unificato e prende il nome di Corpo Volontari per la Libertà [Cvl]. Secondo uno ‘studio approfondito’ eseguito da Charles Delzell edito dall’Università di Princeton [ Mussolini’s enemies: the italian anti-fascist resistance, il numero di italiani che hanno in qualche misura partecipato alla resistenza sarebbe all’incirca pari a 200-mila. La cifra sappiamo essere esagerata anche perché le indicazioni raccolte dall’Oss da una parte e dai servizi segreti britannici dall’altra sono assai discordi, anche se entrambi affermano che nella primavera del ’44 il fenomeno della guerra partigiana si è di molto accresciuto. Il 22 maggio il comandante in capo britannico Harold Alexander, il quale è riuscito finalmente a sfondare sul fronte di Cassino, invia un comunicato nel quale afferma che i tedeschi sono stati costretti a spostare verso nord sei delle loro ventiquattro divisioni in Italia ‘per combattere contro i partigiani italiani e far fronte agli yugoslavi sui confini della Venezia Giulia’.
Gli americani, non avendo potuto impedire al movimento partigiano di svilupparsi al di là di quanto voluto da loro, decidono di prendere atto della cosa, anche perché le informazioni di cui dispongono tramite il loro intelligence, pur assai frammentarie e probabilmente inesatte, non sono in fondo catastrofiche. Dopo aver interrogato ‘un considerevole numero di patrioti che hanno attraversato la linea del fronte per venire a Roma’, il capitano dell’Oss Bruno Gori riferisce al suo comando nel giugno ’44:
‘… la maggior parte è di sinistra ed è organizzata dal partito comunista e dal partito d’azione. Non si tratta tuttavia di comunisti nel vero senso della parola ma di persone che desiderano un profondo cambiamento politico e sociale. Le nostre fonti affermano che sono tutti repubblicani… tra di loro ve ne sono molti che non hanno alcun rispetto della legge… è necessario separare i veri patrioti da coloro che sono semplici briganti travestiti e prendere seri provvedimenti contro questi ultimi.. i patrioti hanno l’impressione che la loro libertà politica sia ostacolata, per cui bisogna convincerli che essi sono liberi di professare qualunque idea purchè non cerchino di imporla con le armi… in conclusione le nostre fonti credono che i patrioti dell’Italia del Nord diverranno buoni cittadini rispettosi della legge se verrà loro concessa la dovuta considerazione morale e materiale…’
La relazione ‘tranquillizzante’ del capitano Gori, la quale la dice lunga sull’affidamento che si è potuto dare in ogni tempo e luogo alle ‘informazioni’ dei servizi segreti americani, l’Oss prima e la Cia poi, e alle loro ‘esatte previsioni’ circa l’evolversi degli aspetti politici nelle varie ‘aree critiche’ del mondo, viene clamorosamente smentita già in luglio, quando gli anglo-americani avanzano verso Firenze e per la prima volta occupano territori con significativa presenza di nuclei partigiani. Per il comando alleato si pone infatti non solo il serio problema di disarmare migliaia di questi ‘Volontari per la Libertà’ e di reinserirli nella vita civile, ma altresì quello assai più delicato di decidere quale atteggiamento tenere nei confronti degli esponenti del Cln i quali, in seguito della ritirata di tedeschi e fascisti in vista dell’arrivo degli alleati, hanno preso in mano di fatto l’amministrazione locale.
Ai primi di settembre un delegato del Clnai, che ha attraversato le linee tedesche per arrivare dal nord fino a Roma, chiede agli alleati di riconoscere il Clnai come unico legittimo rappresentante del governo italiano nei territori occupati. In pratica si sollecita da essi il riconoscimento ufficiale di un fatto compiuto, tanto più che il 30 agosto il Clnai ha inviato in tutte le province del Nord una circolare, anch’essa trasmessa a Washington, nella quale proclama di rappresentare il governo ed autorizza i comitati locali ad esercitare il potere in suo nome.
In ottobre avviene l’episodio della ‘liberazione’ della Val d’Ossola e della ‘proclamazione’ della omonima repubblica partigiana con capitale Domodossola, episodio già ampiamente descritto in altra sede dove il lettore potrà apprendere particolari circa la sanguinosa repressione effettuata in quella occasione dalle forze tedesche e fasciste nel giro di una sola settimana. Si è trattato in sé di un episodio irrilevante sia sotto il profilo militare sia sotto in profilo politico, anche se i comunisti in seguito cercheranno al solito di trarne il massimo effetto propagandistico, che tuttavia rivela agli anglo-americani i veri scopi ed intenti del movimento partigiano. Tanto per cominciare Harold Caccia, il consigliere politico britannico presso la commissione alleata di controllo, impartisce ad Alexander disposizioni affinchè d’ora in poi le operazioni dei partigiani siano ignorate dalla propaganda di guerra.
Nel mese di novembre la tensione si acuisce ulteriormente, allorchè i a Roma i socialisti e il partito d’azione sostengono le rivendicazioni del Clnai in modo tale da mettere in imbarazzo gli stesi comunisti. Il 12 i partiti di sinistra indicono una dimostrazione di massa sul Palatino per celebrare il ventisettesimo anniversario della rivoluzione di ottobre. Nell’occasione il leader socialista italiano Pietro Nenni anticipa di quasi trent’anni a Roma la posizione incondizionatamente favorevole alla ‘via armata al socialismo’ che verrà fatta propria dal collega leader socialista cileno Carlos Altamirano nell’estate del ’73 a Santiago. Decine di migliaia di contadini ed operai, alcuni venuti da lontano, applaudono il comizio di Pietro Nenni, il quale scriverà poi nel suo diario:
‘… è stata la manifestazione più suggestiva della mia vira… questo popolo mi considera come suo interprete. Direi che sente che la parola mi è stata data per esprimere il mio pensiero, mentre intuisce in Togliatti una riserva mentale che lo turba. E’ stata una successione di ovazioni che ha raggiunto il delirio ogni volta che ho attaccato la monarchia. Non vi è dubbio che l’odio della massa è oggi diretto contro il Quirinale. Questa è stata in gran parte opera mia. Anche Togliatti ha dovuto alla fine pronunciare la parola Repubblica…’
Ubriaco di euforia Nenni alla fine proprompe in un grido di battaglia che segna la definitiva rottura con tutte le forze moderate : ‘… tutto il potere al Cln!…’. In queste parole gli americani colgono nitidamente l’eco dello slogan di Lenin: ‘… tutto il potere ai soviet!…’ e, mentre il governo Bonomi entra in crisi, decidono di prendere seri provvedimenti. Ferruccio Parri e Giancarlo Pajetta, quest’ultimo in rappresentanza di Luigi Longo, vengono convocati al quartier generale alleato a cordiale ma franco colloquio con il generale Henry Wilson, comandante in capo delle forze del Mediterraneo. Una informativa dell’Oss a dir poco ‘sconcertante’, firmata da Biagio Corvo e trasmessa al quartier generale il 24 novembre, suggerisce tuttavia di aderire alle richieste del Cln e di riconoscerlo ufficialmente, in quanto le autorità dei occupazione avrebbero da ciò ‘molto da guadagnare’ [sic!]…
‘… il riconoscimento vorrebbe dire una maggiore garanzia contro il rischio di disordini sociali e sollevazioni politiche dopo la liberazione dell’Italia del Nord. Il disarmo delle varie bande dovrebbe essere eseguito dal Clnai e il mantenimento dell’ordine diverrebbe quindi problema esclusivo del Clnai…’
E’ ovvio che a questo punto è inevitabile che qualcuno cominci a chiedersi da quale parte siano schierati gli agenti dell’Oss, se con l’Occidente ovvero con Stalin, anche alla luce di inquietanti rapporti che giungono da altre parti.
Il primo :
‘… due mesi fa i delegati dei sindacati sovietici Baranosky e Belogolovy hanno stabilito una rete di agenti comunisti nelle aree liberate… i sovietici controllano cinque centri in altrettante città e hanno speso 20-mila rubli in propaganda…’
Le cinque città nominate nel rapporto sono Catania, Napoli, Taranto, Civitavecchia, Terranova Pausania. Un secondo rapporto informa:
‘… i sovietici stanno indottrinando prigionieri di guerra italiani in vista del loro rimpatrio e una missione economica sovietica è in arrivo da Mosca con istruzioni e fondi per il Pci…’
Ai primi di dicembre un terzo dispaccio fa una radiografia dettagliata del ‘proselitismo comunista’, che ricorre all’arruolamento in massa di cattolici ed ex-fascisti. Con stupefacente candore l’Oss però continua a dubitare fortemente che il comunismo sia ‘una reale e imminente possibilità per l’Italia’ [sic!!!… - n.d.r.].
E’ solo nel gennaio del ’45 che i dubbi sulla piena affidabilità dell’Oss cominciano a delinearsi in seguito alla ricezione a Washington di due documenti segreti. Il primo è un dispaccio immatricolato come A-48898, nel quale è riportato tra l’altro quanto segue:
‘… il Pci finge di lavorare per la democrazia e la cooperazione con gli altri partiti, mentre in verità intende distruggerli… la Cgil, per quanto si professi apolitica, è in realtà dominata dai comunisti. Il suo leader Giuseppe Di Vittorio ritiene che alcuni partiti democratici siano i veri responsabili dell’avvento del fascismo e ha definito l’Italia all’inizio degli anni ’20 una democrazia delle banche…’
Il secondo è un memoriale segreto inviato nel gennaio ’45 dall’ambasciata britannica a Washington al Dipartimento di Stato che ricostruisce il contenuto dei colloqui tra Wilson, Pajetta e Parri avvenuti nel mese di novembre. Esso sottolinea tra l’altro i contrastanti punti di vista tra i governi americano e inglese, con Churchill deciso risolutamente a far intervenire le truppe, come già avvenuto in Grecia, per condurre a più miti consigli i partigiani italiani. Tale diversità di vedute del resto rispecchiava i differenti punti di vista di Churchill e Roosevelt. Quest’ultimo infatti viveva ancora nell’illusione che la sconfitta del nazismo e del fascismo avrebbe automaticamente portato alla nascita del ‘mondo nuovo’, in cui si potesse garantire ad ognuno libertà e benessere applicando semplicemente la dottrina americana del ‘New Deal’ e vedeva in Stalin un prezioso alleato per la realizzazione di questo nuovo ordine mondiale. Il un primo momento il comando alleato aveva proposto un accordo a tre con il Clnai e il gabinetto Bonomi.
‘… i governo di sua maestà ha espresso la sua completa approvazione e nello stesso tempo ha chiesto che l’accordo comprenda anche il riconoscimenti del governo italiano da parte del Clnai…’
Il 26 novembre però Bonomi aveva dato le dimissioni e questo minacciava di rendere vani i negoziati per cui Wilson, malgrado le energiche proteste di Londra, aveva deciso di tagliar corto e concludere un patto di natura militare con il solo Clnai, che aveva così ottenuto i finanziamenti di cui aveva disperato bisogno oltre che, cosa cui teneva più di tutto, l’incarico di presidiare le città del Nord nel periodo fra il ritiro dei tedeschi e l’arrivo delle truppe alleate. In cambio non aveva avuto problemi a fornire assicurazioni verbali, tanto poi si sarebbero sempre potute smentire se necessario, con le quali si impegnava a deporre le armi [cosa che tra l’altro non sarà fatta se non in parte…] quando le forze anglo-americane avessero occupato i territori liberati. Applicando alla perfezione il classico ‘un colpo al cerchio e un colpo alla botte’ due settimane dopo lo stesso Pajetta aveva firmato un accordo,a ‘tu per tu’ senza nessun ‘terzo incomodo’ , con Bonomi, il quale aveva nel frattempo formato il nuovo governo, nel quale quest’ultimo riconosceva il Clnai come suo rappresentante nell’Italia occupata.Fino all’ultimo momento Londra aveva insistito perché l’accordo comprendesse un riconoscimento esplicito del governo Bonomi da parte del Clnai e su questo punto essenziale il memoriale dell’ambasciata britannica fa notare con una certa apprensione:
‘… il comando supremo alleato nel Mediterraneo ha ritenuto che per ragioni operative l’intera questione dovesse essere risolta senza ulteriore indugio e l’accordo politico è stato firmato senza questa particolare garanzia . L’atteggiamento che assumerà il governo di sua maestà è dettato in larga misura dalla sua esperienza in Grecia…’
Una insurrezione dei partigiani comunisti è stata repressa alla fine dell’anno precedente in Grecia ed essa è costata alle truppe britanniche centinaia di morti e questa è la ragione per la quale Londra è preoccupata che in Italia si verifichi una situazione identica, per cui la nota dell’ambasciata conclude così:
‘… è possibile che [il Clnai] cerchi di estendere la sua autorità e si affermi non soltanto come rivale del governo di Roma ma anche dell’esercito italiano che combatte con gli alleati. Una situazione del genere conterrebbe tutti i fattori necessari per una guerra civile in cui le truppe alleate, allorchè occuperanno l’Italia del Nord, sarebbero inevitabilmente coinvolte. Il governo di sua maestà ritiene perciò che gli sviluppi futuri devono essere osservati con la massima attenzione ed esprime il parere che, se le circostanze da esso indicate dovessero insorgere, dovrebbero essere prese misure per evocare l’accordo recentemente concluso…’
Il documento dell’ambasciata britannica, di tenore così diverso dai ‘tranquillizzanti’ rapporti dell’Oss e nel quale per la prima volta è paventata la minaccia di una insurrezione partigiana nell’Italia del Nord contro le forze anglo-americane, circostanza nella quale il comportamento del ricostituito esercito italiano sarebbe tutto da verificare, comincia a scuotere i vertici militari americani dal loro tranquillo torpore, anche perché negli ultimi giorni dell’anno si era verificato sul fronte italiano un’evento del tutto inatteso e soprattutto spiacevole. Si tratta dell’operazione offensiva Wintergewitne [tempesta invernale] scatenata dagli italo-tedeschi in Garfagnana in concomitanza a quella delle Ardenne. Pur disponendo di assai scarse risorse offensive ma approfittando delle condizioni atmosferiche che annullano in parte l’enorme superiorità aerea alleata, italiani e tedeschi avevano sorpreso tre divisioni americane e una brasiliana tutte intente a prepararsi ai festeggiamenti del Natale, erano avanzate per circa una trentina di chilometri in direzione di Lucca e, cosa più importante, si erano impadronite di immense quantità di viveri e carburante che consentiranno per le esauste forze dell’Asse una risorsa preziosa per superare l’ultimo inverno di guerra. Anche se l’operazione Wintergewitne rappresentava l’ultimo successo militare dell’Asse in Europa, si era trattato comunque di un risultato effimero, di esclusivo effetto propagandistico e non in grado di incidere significativamente sugli eventi bellici successivi. Con encomiabile maestria però il leader comunista Togliatti aveva sfruttato a pieno l’allarme suscitato da questo risveglio offensivo di tedeschi e fascisti per lanciare sulla stampa del partito una campagna affinchè l’esercito italiano venisse rafforzato e impiegato, ovviamente sotto il comando del Cln, in operazioni militari contro tedeschi e fascisti.
Questa abile manovra ha avuto però il difetto di nascondere assai male i suoi veri scopi, che non erano sfuggiti infatti all’attento servizio segreto britannico. Il 18 gennaio l’ambasciatore britannico in Italia Alexander Kirk invia un telegramma riservato a Washington con il quale informa il segretario di stato di aver raccolto notizie circa un piano organizzato dai comunisti per promuovere lo sviluppo di un esercito che alla fine potrebbe ricadere sotto il loro controllo:
‘… Togliatti e compagni hanno manovrato per conservare il posto di sottosegretario alla guerra a Mario Palermo e per far assegnare a Mauro Scoccimarro l’incarico di ministro per l’Italia occupata. Il primo incarico da loro una influenza diretta sull’organizzazione delle forze armate italiane e il secondo la supervisione del movimento partigiano, dal quale i comunisti si aspettano il reclutamento di molti volontari ideologicamente fidati per inserirli nell’esercito…’
All’ambasciatore risulta che il servizio di informazioni militari italiano [Sim] ha preso contromisure e assegnato ufficiali di sua fiducia presso le brigate partigiane con il compito di sorveglia e che il presidente del consiglio Bonomi e i ministri non comunisti del suo governo sono anch’essi assai diffidenti nei confronti della resistenza.
Arriviamo così alla primavera e a Roma si scatena un’aspra contesa circa l’opportunità di dare il via ad una insurrezione del Corpo Volontari della Libertà in appoggio all’attacco delle truppe anglo-americane nella valle del Po. All’interno dei partiti antifascisti moderati la convinzione che un’iniziativa del genere possa di fatto essere la premessa alla presa di potere dei comunisti nell’Italia del Nord è pressochè unanime, al punto che lo stesso Vaticano si fa promotore per tramite dell’arcivescovo di Milano cardinale Schuster di prevenirla promuovendo un accordo preventivo di non belligeranza tra i tedeschi ed alleati in modo da ostacolare i piani dei comunisti [tali contatti tra tedeschi, anglo-americani ed elementi ‘moderati’ del Cln sono già stati descritti in un precedente postato ]. Per quanto possa sembrare incredibile [ma probabilmente a questo punto non lo è affatto] anche ora l’Oss sembra preoccupato soprattutto di ‘rassicurare’ i vertici americani della ‘non pericolosità’ delle intenzioni dei comunisti. Ecco il testo di un telegramma inviato da un agente dell’Oss al comando alleato:
‘… in seguito al vostro memorandum di qualche giorno fa che sollecita indicazioni definitive sull’eventualità che elementi partigiani organizzino una rottura con il governo, diverse stazioni operative sul campo sono state contattate e in nessun caso abbiamo trovato indicazioni positive. La vostra domanda non è chiara. Se intendete un governo distinto dall’attuale governo di Roma, questa ipotesi è fantasiosa [sic!!!… - n.d.r.] . Se invece intendete un governo distinto da quello fascista di Salò, tentativi come quello del gerarca Farinacci sono nati morti [doppio sic!!!…- n.d.r]...’
Se il lettore a questo punto comincia ad essere un poco disorientato, egli sarà addirittura ’sconcertato’ allorchè avrà letto il contenuto di un rapporto segreto del 29 marzo inviato dal maggiore dell’Oss William Suhling ai comandanti alleati, i quali addirittura vengono severamente ‘messi in guardia’ dalla tentazione di ostacolare in qualsiasi modo i disegni dei comunisti italiani:
‘… da qualche tempo è evidente che la politica del quartier generale alleato è motivata dall’esperienza britannica in Grecia e che si teme una qualche forma di rivoluzione armata subito dopo la fine dei combattimenti. Ci viene riferito inoltre che la commissione alleata di controllo negherebbe la sua approvazione ai comunisti nominati dal Cln ai posti di prefetto e questore. Ogni tentativo di sconfessare la nomina di membri di uno specifico partito provocherebbe con tutta evidenza una reazione terribile…’
Il rapporto cita come esempio la lista delle autorità che il Cln intende insediare in Piemonte il giorno, ormai prossimo, della liberazione :
‘… il prefetto è socialista, il vice prefetto liberale, il sindaco di Torino comunista. Vicesindaci sono un democristiano e un socialista. Il questore è del partito d’azione e il presidente del Cln liberale…’
Ribadendo poi che contrastare queste scelte comporterebbe il pericolo di gravi disordini il rapporto di Suhling conclude così:
‘… si è assolutamente convinti che la linea proposta dalla commissione di controllo sia sbagliata e vi prego di farlo presente ai commissari americani…’
Il destinatario della lettera del maggiore Suhling è il colonnello Stuart Hughes, il quale dopo la guerra si diletterà a scrivere alcuni ‘saggi storici’. Egli non condivide semplicemente le convinzioni del maggiore suo sottoposto, ma va ben oltre presentando anzi i comunisti come ‘garanti dell’ordine’ [!!!… - n.d.r.]:
‘… il fattore chiave della resistenza al nord è l’unità delle forze politiche… ci sembra che sia nell’interesse degli alleati incoraggiare questa unità al fine di ottenere il massimo sforzo militare… ogni tentativo di discriminazione contro un partito , specie il partito comunista, romperebbe inevitabilmente questa unità e susciterebbe discordia… in questo momento i comunisti portano avanti una politica di unità e moderazione, più moderata in effetti di quella dei socialisti…’
E’ solo nel marzo ’45 che i vertici militari e politici americani acquistano sicura consapevolezza [meglio tardi che mai!…] del pericolo reale rappresentato dai comunisti italiani e dei loro piani per creare nell’Italia del Nord un governo di tipo sovietico prima dell’arrivo degli angloamericani e poi estendere tale realtà in un futuro più o meno prossimi all’intera penisola. Il ‘merito’, se così si può chiamare, di questo ‘rinsavimento’ è di una branca dell’Oss di cui finora non si è parlato e che tornerà fuori in modo prepotente più avanti quando parleremo della ‘Gladio Rossa’. Si tratta del Secret Service, in seguito indicata con la sigla ‘Si’, un’organizzazione creata dagli americani alla vigilia dello sbarco in Sicilia e formata in gran parte da italo-americani legati ad ambienti della mafia. E’ proprio la Si a denunciare ai primi di marzo del ’45 la formazione del ‘Comitato Militare Centrale Esecutivo Clandestino’ al comando del generale Arnaldo Azzi. Il comitato è nato dalla fusione la l’organizzazione militare del Pci e le giunte militari dei partiti socialista, repubblicano e d’azione. Il generale Azzi è comunista ed è stato sospeso poco tempo prima dal presidente Parri per aver accusato lo stato maggiore di voler ‘fascistizzare’ le forze armate italiane. Nell’occasione Togliatti, vincolato dagli ordini ricevuti da Stalin di formale ‘rispetto delle istituzioni’, aveva dovuto appoggiare il provvedimento per non far cadere il governo, ma tuttavia la Si sospetta che Azzi agisca in realtà proprio dietro suo mandato in vista della ‘liberazione’ dell’Italia del Nord. In un rapporto della Si si può leggere tra l’altro:
‘… il Comitato e il Pci svolgono compiti di spionaggio per l’Unione Sovietica da cui vengono finanziati… essi sono penetrati anche nella Marina, fino a questo momento ritenuta di sicura fede monarchica… il fine del Comitato è quello di ottenere l’appoggio delle forze armate al momento di rovesciare il governo con la rivoluzione…’
Ai primi di aprile un altro dispaccio della Si ribadisce esplicitamente che il Comitato è di fatto ‘diretto ed incoraggiato dal Pci’ ed esso sarebbe legato alla Guardia Popolare, un movimento comunista definito come ‘dissidente’. A prova di ciò rivela che:
‘… abitualmente il Comitato si riunisce nella sede massonica di Palazzo Giustiniani… la Guardia Popolare ha diviso la capitale in zone di operazione, segnando i percorsi per le forze provenienti dall’esterno a suo sostegno e gli arsenali segreti alla periferia… il movimento si propone di scatenare violente dimostrazioni di protesta e a seconda delle reazioni dell’opinione pubblica il Pci le approverebbe o ne approfitterebbe per impadronirsi del potere…’
Questi segnali sono certo assai forti, ma l’avvenimento a parere di chi scrive decisivo per spingere gli americani ad opporsi con la massima decisione ad ogni velleità dei comunisti italiani si verifica il 12 aprile ’45, allorchè Harry Truman si insedia nella carica di presidente degli Stati Uniti al posto dello scomparso Franklin Delano Roosevelt. Ne fa prova fede uno dei primi documenti ufficiali [ancorchè riservati] emessi dalla nuova amministrazione, un memorandum intitolato ‘La stabilità del governo’. In esso si raccomanda ‘l’impiego di truppe alleate sufficienti a sedare qualunque tentativo di sommossa fino a che un leale esercito italiano non venga adeguatamente addestrato ed equipaggiato’. Si creavano così i presupposti per la creazione di quella che sarà l’organizzazione ‘Gladio’. Che i problemi politici siano più complessi di quelli militari e di ordine pubblico lo si capisce assai bene più oltre, allorchè nel memorandum si raccomanda ‘una campagna contro la corruzione del sottogoverno delle amministrazioni locali, sebbene i quadri adatti a sostituirli scarseggino’. E si creavano così i presupposti di quello che sarebbe stato il finanziamento in dollari, in diretta competizione con i finanziamenti perfino più cospicui che Stalin assegnerà al Pci, dei partiti anticomunisti italiani che durerà per alcuni lustri a partire dalla fine della guerra in Italia.
E’ innegabile, pur tra le molte incertezze che ho doverosamente riportato in precedenza che non autorizzano a fare delle dichiarazioni, diciamo così, ‘avventate’ che dalla lettura di documenti desecretati provenienti dagli archivi di Washington si trae conferma chiara di quello che in realtà si è sempre saputo anche se pochi hanno voluto ammettere. Mentre Roosevelt, fedele alla sua fantastica visione del mondo suddiviso in ‘buoni’ e ‘cattivi’, i primi ovviamente considerati ‘amici’ come i secondi ‘nemici’, si era illuso che, una volta ‘liberata’ l’Italia dal fascismo, le successive elezioni democratiche avrebbero inaugurato per essa un luminoso avvenire di libertà e progresso, Stalin ne aveva sempre e solo perseguito la comunistizzazione. Stalin in realtà combatteva su due fronti, quello ‘visibile’ contro Hitler e Mussolini e quello ‘invisibile’ contro il capitalismo e le democrazie occidentali. In Italia la via da seguire, quella ‘visibile’ che raccomandava al fido Togliatti di rispettare le decisioni del ‘governo legittimo’ e degli anglo-americani che lo appoggiavano, oppure quella ‘invisibile’ che vedeva nella resistenza lo strumento per realizzare la ‘via armata al socialismo’, era da lui scelta, come si addice ad un perfetto comunista, di volta in volta esclusivamente per motivi di opportunità tattica. Mentre Roosevelt si illudeva [Churchill era molto più scettico] di poter intrecciare con lui un dialogo fattivo, l’inesorabile georgiano in realtà aveva in mente uno e un solo disegno: il comunismo in ogni paese. E questo certamente avrebbe fatto in Italia, sia nella primavera del ’45 sia in tempi successivi, se in tutte le occasioni non si fosse trovato di fronte alla superiorità militare alleata e, sia pure dopo molte tergiversazioni come abbiamo visto, alla volontà ferma dei leader occidentali di farne uso contro di lui in caso di necessità. Queste considerazioni si dimostreranno ancora più convincenti quando andremo da qui a breve ad esaminare la documentazioni degli archivi di Washington relativa al primo dopoguerra, il periodo dal ’45 al ‘48 che ha visto l’instaurarsi della guerra fredda.