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    memoria storica di PoL
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    cari amici
    dopo la neccessaria premessa da me scritta la scorsa settimana, vediamo ora in sostanza che cosa rivelano i documenti degli archivi di Washington desecretati nel '95 dall'allora presente Bill Clinton... se poi si tratti o no di letteratura da 'osteria' presumo che il lettore sia abbastanza intelligente da capirlo da solo senza 'aiuto' da parte di ragionieri di recupero diplomatisi alle serali.

    Occorre innazitutto dire che quello che leggerete non segue il filo adottato da Ennio Caretto e Bruno Marolo nel libro citato, ma è piuttosto una mia 'ricostruzione' di alcuni fatti in base al contenuto 'grezzo' dei documenti riportati in esso. Ciò significa che mentre il contenuto dei documenti è 'originale', i commenti e le considerazioni sono miei e per altro assai diversi da quelli degli autori citati. Questo se non altro mi permetterà di difendermi dall'accusa di essere una mera 'fotocopiatrice', attributo che viceversa pare adattarsi molto bene ad un ingombrante personaggio perennemente presente da queste parti... sappiamo chi [... ]...

    La prima parte tratta del periodo che, grosso modo, và dalla primavera del '43 alla primavera del '45... la seconda penso di potervela fornire tra poco...

    al solito... buona lettura!...


    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC carlo Fecia di Cossato





    Roosevelt, Churchill e Stali a Yalta nel marzo del '45


    I contraddittori rapporti tra gli anglo-americani con la resistenza e il Pci nel corso della guerra

    I carteggi contenuti nel capitolo Civil Affaires della citata documentazione dei National Archives di Washington trattano diffusamente dei rapporti avuti tra gli anglo-americani e il movimento resistenziale italiano. Fin da subito si può dire che essi furono caratterizzati da fasi alterne e non mancarono anche contrasti tra americani e britannici, spesso trovatisi ai ferri corti, sul ruolo da assegnare alle formazioni partigiane. Solo su di un punto essi furono in perfetto accordo: non avrebbero permesso alla resistenza di sostituirsi al legittimo governo italiano da essi sostenuto. I documenti consultati confermano in pieno che se necessario essi non avrebbero esitato ad usare la forza, come del resto è accaduto in Grecia alla fine del ’44, per imporre nel Nord Italia l’autorità del governo di Roma. Cosa che assolutamente essi non desideravano era un governo di ‘partigiani rossi’ del tipo di quello costituito in Yugoslavia da Tito, e questo non perché allora la politica degli alleati fosse unanimemente ‘anticomunista’ [essa, come abbiamo già visto, allora era perseguita con decisione da Churchill in aperto contrasto con Roosevelt tanto che la vera e propria ‘svolta’ vi sarà solo con l’avvento di Harry Truman dopo la morte di Roosevelt, avvenuta nell’aprile del ‘45] ma semplicemente perché pensavano che tale governo avrebbe potuto contestare le condizioni imposte all’Italia dall’armistizio che erano state accettate da Badoglio.

    Anche se può sembrare un fatto incredibile il primo rapporto dell’Oss che rivela l’esistenza di in partito comunista italiano il cui leader si chiama ‘Ercole Ercoli’ è del principio del ’43. Fino a quel momento i servizi segreti americani si erano totalmente disinteressati dei movimenti antifascisti clandestini che avevano operato in Italia e soprattutto all’estero e il poco che si sapeva veniva dai servizi segreti inglesi, dal momento che quelli russi su questo argomento mantenevano un silenzio assolutamente ermetico. Il rapporto afferma che questo Ercole Ercoli si fa chiamare anche Knigge, ma che in realtà è un certo Palmiro Togliatti, nato a Genova, laureato a Torino e fuoriuscito in seguito all’avvento del fascismo da prima in Francia e quindi in Unione Sovietica. Qui egli ha saputo guadagnare, impresa in realtà non delle più facili e riuscita a ben pochi, la fiducia di Stalin divenendo a tutti gli effetti una sua ‘creatura’, tanto che sarà inviato da questi in Spagna al tempo della guerra civile come ispettore munito di pieni poteri. Il rapporto, come sarà in seguito per tanti altri rapporti dell’Oss riguardo i comunisti italiani, afferma che i comunisti italiani non costituiscono una realtà di cui ci si debba preoccupare eccessivamente, in quanto il partito, che conta un centro a Milano e l’altro a Roma, è fondamentalmente diviso e frazionato in correnti autonomiste. Solo una anno dopo i vertici politici e militari americani dovranno toccare con mano l’erroneità delle informazioni fornite dai loro servizi, allorchè si faranno cogliere in contropiede dall’iniziativa di Stalin il quale, dietro il puramente formale riconoscimento della monarchia e del governo Badoglio, assicurerà l’ingresso dei comunisti italiani nella ‘stanza dei bottoni’, dalla quale, una volta entrati, non usciranno più per un bel pezzo.

    I primi contatti tra gli angolo-americani e la resistenza risalgono all’autunno del ’43, dopo che l’Italia ha scavalcato il fosso divenendo da paese nemico ‘cobelligerante’, quando agenti alleati incontrano in Svizzera due delegati delle formazioni partigiane, Ferruccio Parri e Leo Valiani. Gli anglo-americani promettono armi e danaro ma in cambio chiariscono subito che la guerra per bande dovrà avere un limitato sviluppo, basato soprattutto su raccolta di informazioni e la creazione di una rete di assistenza per i prigionieri di guerra evasi dai campi. I finanziamenti non sono distribuiti in maniera equilibrata tanto che le neonate ‘brigate Garibaldi’, di orientamento comunista, sono fortemente penalizzate rispetto ad altre formazioni [vedremo in seguito che tale ‘avarizia’ nei loro confronti sarà abbondantemente compensata dalla ‘generosità’ del compagno Stalin]. Del resto anche Parri scriverà poi nelle sue memorie:

    ‘… avevamo la sensazione che gli alleati cercassero di dividerci invece che aiutarci a creare una organizzazione unitaria…’

    La reciproca diffidenza si approfondisce nel gennaio ’44, quando a Milano viene costituito il Clnai [Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia]. Uno dei primi rapporti che i servizi segreti americani trasmettono a Washington chiarisce che gli obiettivi politici sono molto più ambiziosi di quanto gli alleati siano disposti ad accettare:

    ‘… non ci sarà posto tra noi per un regime reazionario comunque mascherato e nemmeno per una democrazia zoppa. Il Cln di oggi è una prefigurazione del governo di domani. Nel governo di domani è certo che operai, contadini, artigiani e tutte le classi popolari avranno un peso determinante, e un posto adeguato a questo peso sarà occupato dai partiti che li rappresentano…’

    Costretto così in qualche modo a prestare più attenzione al partito comunista e alle sue intenzioni l’Oss non tarda a scoprire i suoi saldi legami con il Cremlino. E così nel febbraio ’44 viene alla luce un rapporto dell’Oss che smentisce clamorosamente quello di un anno prima:

    ‘… Togliatti, l’uomo di fiducia dei dirigenti sovietici, può saldare l’anello mancante della catena tra i comunisti italiani e sovietici. Ercoli conosce i piani di Mosca per il suo paese ed è deciso a realizzarli. Egli sa bene che i problemi italiani sono tenuti in gran conto al Cremlino, contrariamente a chi pensa che l’espansionismo sovietico si fermi prima del Mediterraneo’.

    L’Oss, quasi a voler ribadire che la tattica del doppio gioco [o anche triplo perché no?…] è prassi usuale dei servizi segreti di ogni paese e in ogni tempo, in quello stesso periodo non rifiuta la collaborazione militare e il dialogo politico con i comunisti, anzi lo incoraggia. Un agente nella Roma occupata, Peter Tomkins, lo stesso che cinquant’anni dopo deporrà a Roma contro Erik Priebke, si incontra con Giorgio Amendola per concordare una strategia operativa in comune. Il fatto è che l’Oss,nelle cui file militano numerosi simpatizzanti di sinistra che poi verranno rimossi nella ‘purga’ eseguita un anno dopo, non solo crederà alla ‘sincera volontà’ di Togliatti di stabilire un’intesa con tutti i partiti democratici antifascisti allorchè sarà artefice della celebre ‘svolta di Salerno’, ma anzi ribadirà la convinzione che senza l’apporto determinate del Pci la futura Italia sarebbe stata ingovernabile.

    Le dimensioni del movimento popolare che si sta organizzando al nord diventano poi evidenti in occasione dello sciopero generale proclamato dal Cln il 1° marzo ‘44, l’unico avvenuto nel corso della guerra in un paese dell’Europa sotto occupazione tedesca. Il 9 giugno poi il movimento partigiano assume la fisionomia di un vero e proprio esercito, che viene posto sotto un comando militare unificato e prende il nome di Corpo Volontari per la Libertà [Cvl]. Secondo uno ‘studio approfondito’ eseguito da Charles Delzell edito dall’Università di Princeton [ Mussolini’s enemies: the italian anti-fascist resistance, il numero di italiani che hanno in qualche misura partecipato alla resistenza sarebbe all’incirca pari a 200-mila. La cifra sappiamo essere esagerata anche perché le indicazioni raccolte dall’Oss da una parte e dai servizi segreti britannici dall’altra sono assai discordi, anche se entrambi affermano che nella primavera del ’44 il fenomeno della guerra partigiana si è di molto accresciuto. Il 22 maggio il comandante in capo britannico Harold Alexander, il quale è riuscito finalmente a sfondare sul fronte di Cassino, invia un comunicato nel quale afferma che i tedeschi sono stati costretti a spostare verso nord sei delle loro ventiquattro divisioni in Italia ‘per combattere contro i partigiani italiani e far fronte agli yugoslavi sui confini della Venezia Giulia’.

    Gli americani, non avendo potuto impedire al movimento partigiano di svilupparsi al di là di quanto voluto da loro, decidono di prendere atto della cosa, anche perché le informazioni di cui dispongono tramite il loro intelligence, pur assai frammentarie e probabilmente inesatte, non sono in fondo catastrofiche. Dopo aver interrogato ‘un considerevole numero di patrioti che hanno attraversato la linea del fronte per venire a Roma’, il capitano dell’Oss Bruno Gori riferisce al suo comando nel giugno ’44:

    ‘… la maggior parte è di sinistra ed è organizzata dal partito comunista e dal partito d’azione. Non si tratta tuttavia di comunisti nel vero senso della parola ma di persone che desiderano un profondo cambiamento politico e sociale. Le nostre fonti affermano che sono tutti repubblicani… tra di loro ve ne sono molti che non hanno alcun rispetto della legge… è necessario separare i veri patrioti da coloro che sono semplici briganti travestiti e prendere seri provvedimenti contro questi ultimi.. i patrioti hanno l’impressione che la loro libertà politica sia ostacolata, per cui bisogna convincerli che essi sono liberi di professare qualunque idea purchè non cerchino di imporla con le armi… in conclusione le nostre fonti credono che i patrioti dell’Italia del Nord diverranno buoni cittadini rispettosi della legge se verrà loro concessa la dovuta considerazione morale e materiale…’

    La relazione ‘tranquillizzante’ del capitano Gori, la quale la dice lunga sull’affidamento che si è potuto dare in ogni tempo e luogo alle ‘informazioni’ dei servizi segreti americani, l’Oss prima e la Cia poi, e alle loro ‘esatte previsioni’ circa l’evolversi degli aspetti politici nelle varie ‘aree critiche’ del mondo, viene clamorosamente smentita già in luglio, quando gli anglo-americani avanzano verso Firenze e per la prima volta occupano territori con significativa presenza di nuclei partigiani. Per il comando alleato si pone infatti non solo il serio problema di disarmare migliaia di questi ‘Volontari per la Libertà’ e di reinserirli nella vita civile, ma altresì quello assai più delicato di decidere quale atteggiamento tenere nei confronti degli esponenti del Cln i quali, in seguito della ritirata di tedeschi e fascisti in vista dell’arrivo degli alleati, hanno preso in mano di fatto l’amministrazione locale.

    Ai primi di settembre un delegato del Clnai, che ha attraversato le linee tedesche per arrivare dal nord fino a Roma, chiede agli alleati di riconoscere il Clnai come unico legittimo rappresentante del governo italiano nei territori occupati. In pratica si sollecita da essi il riconoscimento ufficiale di un fatto compiuto, tanto più che il 30 agosto il Clnai ha inviato in tutte le province del Nord una circolare, anch’essa trasmessa a Washington, nella quale proclama di rappresentare il governo ed autorizza i comitati locali ad esercitare il potere in suo nome.

    In ottobre avviene l’episodio della ‘liberazione’ della Val d’Ossola e della ‘proclamazione’ della omonima repubblica partigiana con capitale Domodossola, episodio già ampiamente descritto in altra sede dove il lettore potrà apprendere particolari circa la sanguinosa repressione effettuata in quella occasione dalle forze tedesche e fasciste nel giro di una sola settimana. Si è trattato in sé di un episodio irrilevante sia sotto il profilo militare sia sotto in profilo politico, anche se i comunisti in seguito cercheranno al solito di trarne il massimo effetto propagandistico, che tuttavia rivela agli anglo-americani i veri scopi ed intenti del movimento partigiano. Tanto per cominciare Harold Caccia, il consigliere politico britannico presso la commissione alleata di controllo, impartisce ad Alexander disposizioni affinchè d’ora in poi le operazioni dei partigiani siano ignorate dalla propaganda di guerra.

    Nel mese di novembre la tensione si acuisce ulteriormente, allorchè i a Roma i socialisti e il partito d’azione sostengono le rivendicazioni del Clnai in modo tale da mettere in imbarazzo gli stesi comunisti. Il 12 i partiti di sinistra indicono una dimostrazione di massa sul Palatino per celebrare il ventisettesimo anniversario della rivoluzione di ottobre. Nell’occasione il leader socialista italiano Pietro Nenni anticipa di quasi trent’anni a Roma la posizione incondizionatamente favorevole alla ‘via armata al socialismo’ che verrà fatta propria dal collega leader socialista cileno Carlos Altamirano nell’estate del ’73 a Santiago. Decine di migliaia di contadini ed operai, alcuni venuti da lontano, applaudono il comizio di Pietro Nenni, il quale scriverà poi nel suo diario:

    ‘… è stata la manifestazione più suggestiva della mia vira… questo popolo mi considera come suo interprete. Direi che sente che la parola mi è stata data per esprimere il mio pensiero, mentre intuisce in Togliatti una riserva mentale che lo turba. E’ stata una successione di ovazioni che ha raggiunto il delirio ogni volta che ho attaccato la monarchia. Non vi è dubbio che l’odio della massa è oggi diretto contro il Quirinale. Questa è stata in gran parte opera mia. Anche Togliatti ha dovuto alla fine pronunciare la parola Repubblica…’

    Ubriaco di euforia Nenni alla fine proprompe in un grido di battaglia che segna la definitiva rottura con tutte le forze moderate : ‘… tutto il potere al Cln!…’. In queste parole gli americani colgono nitidamente l’eco dello slogan di Lenin: ‘… tutto il potere ai soviet!…’ e, mentre il governo Bonomi entra in crisi, decidono di prendere seri provvedimenti. Ferruccio Parri e Giancarlo Pajetta, quest’ultimo in rappresentanza di Luigi Longo, vengono convocati al quartier generale alleato a cordiale ma franco colloquio con il generale Henry Wilson, comandante in capo delle forze del Mediterraneo. Una informativa dell’Oss a dir poco ‘sconcertante’, firmata da Biagio Corvo e trasmessa al quartier generale il 24 novembre, suggerisce tuttavia di aderire alle richieste del Cln e di riconoscerlo ufficialmente, in quanto le autorità dei occupazione avrebbero da ciò ‘molto da guadagnare’ [sic!]…

    ‘… il riconoscimento vorrebbe dire una maggiore garanzia contro il rischio di disordini sociali e sollevazioni politiche dopo la liberazione dell’Italia del Nord. Il disarmo delle varie bande dovrebbe essere eseguito dal Clnai e il mantenimento dell’ordine diverrebbe quindi problema esclusivo del Clnai…’

    E’ ovvio che a questo punto è inevitabile che qualcuno cominci a chiedersi da quale parte siano schierati gli agenti dell’Oss, se con l’Occidente ovvero con Stalin, anche alla luce di inquietanti rapporti che giungono da altre parti.
    Il primo :

    ‘… due mesi fa i delegati dei sindacati sovietici Baranosky e Belogolovy hanno stabilito una rete di agenti comunisti nelle aree liberate… i sovietici controllano cinque centri in altrettante città e hanno speso 20-mila rubli in propaganda…’

    Le cinque città nominate nel rapporto sono Catania, Napoli, Taranto, Civitavecchia, Terranova Pausania. Un secondo rapporto informa:

    ‘… i sovietici stanno indottrinando prigionieri di guerra italiani in vista del loro rimpatrio e una missione economica sovietica è in arrivo da Mosca con istruzioni e fondi per il Pci…’

    Ai primi di dicembre un terzo dispaccio fa una radiografia dettagliata del ‘proselitismo comunista’, che ricorre all’arruolamento in massa di cattolici ed ex-fascisti. Con stupefacente candore l’Oss però continua a dubitare fortemente che il comunismo sia ‘una reale e imminente possibilità per l’Italia’ [sic!!!… - n.d.r.].

    E’ solo nel gennaio del ’45 che i dubbi sulla piena affidabilità dell’Oss cominciano a delinearsi in seguito alla ricezione a Washington di due documenti segreti. Il primo è un dispaccio immatricolato come A-48898, nel quale è riportato tra l’altro quanto segue:

    ‘… il Pci finge di lavorare per la democrazia e la cooperazione con gli altri partiti, mentre in verità intende distruggerli… la Cgil, per quanto si professi apolitica, è in realtà dominata dai comunisti. Il suo leader Giuseppe Di Vittorio ritiene che alcuni partiti democratici siano i veri responsabili dell’avvento del fascismo e ha definito l’Italia all’inizio degli anni ’20 una democrazia delle banche…’

    Il secondo è un memoriale segreto inviato nel gennaio ’45 dall’ambasciata britannica a Washington al Dipartimento di Stato che ricostruisce il contenuto dei colloqui tra Wilson, Pajetta e Parri avvenuti nel mese di novembre. Esso sottolinea tra l’altro i contrastanti punti di vista tra i governi americano e inglese, con Churchill deciso risolutamente a far intervenire le truppe, come già avvenuto in Grecia, per condurre a più miti consigli i partigiani italiani. Tale diversità di vedute del resto rispecchiava i differenti punti di vista di Churchill e Roosevelt. Quest’ultimo infatti viveva ancora nell’illusione che la sconfitta del nazismo e del fascismo avrebbe automaticamente portato alla nascita del ‘mondo nuovo’, in cui si potesse garantire ad ognuno libertà e benessere applicando semplicemente la dottrina americana del ‘New Deal’ e vedeva in Stalin un prezioso alleato per la realizzazione di questo nuovo ordine mondiale. Il un primo momento il comando alleato aveva proposto un accordo a tre con il Clnai e il gabinetto Bonomi.

    ‘… i governo di sua maestà ha espresso la sua completa approvazione e nello stesso tempo ha chiesto che l’accordo comprenda anche il riconoscimenti del governo italiano da parte del Clnai…’

    Il 26 novembre però Bonomi aveva dato le dimissioni e questo minacciava di rendere vani i negoziati per cui Wilson, malgrado le energiche proteste di Londra, aveva deciso di tagliar corto e concludere un patto di natura militare con il solo Clnai, che aveva così ottenuto i finanziamenti di cui aveva disperato bisogno oltre che, cosa cui teneva più di tutto, l’incarico di presidiare le città del Nord nel periodo fra il ritiro dei tedeschi e l’arrivo delle truppe alleate. In cambio non aveva avuto problemi a fornire assicurazioni verbali, tanto poi si sarebbero sempre potute smentire se necessario, con le quali si impegnava a deporre le armi [cosa che tra l’altro non sarà fatta se non in parte…] quando le forze anglo-americane avessero occupato i territori liberati. Applicando alla perfezione il classico ‘un colpo al cerchio e un colpo alla botte’ due settimane dopo lo stesso Pajetta aveva firmato un accordo,a ‘tu per tu’ senza nessun ‘terzo incomodo’ , con Bonomi, il quale aveva nel frattempo formato il nuovo governo, nel quale quest’ultimo riconosceva il Clnai come suo rappresentante nell’Italia occupata.Fino all’ultimo momento Londra aveva insistito perché l’accordo comprendesse un riconoscimento esplicito del governo Bonomi da parte del Clnai e su questo punto essenziale il memoriale dell’ambasciata britannica fa notare con una certa apprensione:

    ‘… il comando supremo alleato nel Mediterraneo ha ritenuto che per ragioni operative l’intera questione dovesse essere risolta senza ulteriore indugio e l’accordo politico è stato firmato senza questa particolare garanzia . L’atteggiamento che assumerà il governo di sua maestà è dettato in larga misura dalla sua esperienza in Grecia…’

    Una insurrezione dei partigiani comunisti è stata repressa alla fine dell’anno precedente in Grecia ed essa è costata alle truppe britanniche centinaia di morti e questa è la ragione per la quale Londra è preoccupata che in Italia si verifichi una situazione identica, per cui la nota dell’ambasciata conclude così:

    ‘… è possibile che [il Clnai] cerchi di estendere la sua autorità e si affermi non soltanto come rivale del governo di Roma ma anche dell’esercito italiano che combatte con gli alleati. Una situazione del genere conterrebbe tutti i fattori necessari per una guerra civile in cui le truppe alleate, allorchè occuperanno l’Italia del Nord, sarebbero inevitabilmente coinvolte. Il governo di sua maestà ritiene perciò che gli sviluppi futuri devono essere osservati con la massima attenzione ed esprime il parere che, se le circostanze da esso indicate dovessero insorgere, dovrebbero essere prese misure per evocare l’accordo recentemente concluso…’

    Il documento dell’ambasciata britannica, di tenore così diverso dai ‘tranquillizzanti’ rapporti dell’Oss e nel quale per la prima volta è paventata la minaccia di una insurrezione partigiana nell’Italia del Nord contro le forze anglo-americane, circostanza nella quale il comportamento del ricostituito esercito italiano sarebbe tutto da verificare, comincia a scuotere i vertici militari americani dal loro tranquillo torpore, anche perché negli ultimi giorni dell’anno si era verificato sul fronte italiano un’evento del tutto inatteso e soprattutto spiacevole. Si tratta dell’operazione offensiva Wintergewitne [tempesta invernale] scatenata dagli italo-tedeschi in Garfagnana in concomitanza a quella delle Ardenne. Pur disponendo di assai scarse risorse offensive ma approfittando delle condizioni atmosferiche che annullano in parte l’enorme superiorità aerea alleata, italiani e tedeschi avevano sorpreso tre divisioni americane e una brasiliana tutte intente a prepararsi ai festeggiamenti del Natale, erano avanzate per circa una trentina di chilometri in direzione di Lucca e, cosa più importante, si erano impadronite di immense quantità di viveri e carburante che consentiranno per le esauste forze dell’Asse una risorsa preziosa per superare l’ultimo inverno di guerra. Anche se l’operazione Wintergewitne rappresentava l’ultimo successo militare dell’Asse in Europa, si era trattato comunque di un risultato effimero, di esclusivo effetto propagandistico e non in grado di incidere significativamente sugli eventi bellici successivi. Con encomiabile maestria però il leader comunista Togliatti aveva sfruttato a pieno l’allarme suscitato da questo risveglio offensivo di tedeschi e fascisti per lanciare sulla stampa del partito una campagna affinchè l’esercito italiano venisse rafforzato e impiegato, ovviamente sotto il comando del Cln, in operazioni militari contro tedeschi e fascisti.

    Questa abile manovra ha avuto però il difetto di nascondere assai male i suoi veri scopi, che non erano sfuggiti infatti all’attento servizio segreto britannico. Il 18 gennaio l’ambasciatore britannico in Italia Alexander Kirk invia un telegramma riservato a Washington con il quale informa il segretario di stato di aver raccolto notizie circa un piano organizzato dai comunisti per promuovere lo sviluppo di un esercito che alla fine potrebbe ricadere sotto il loro controllo:

    ‘… Togliatti e compagni hanno manovrato per conservare il posto di sottosegretario alla guerra a Mario Palermo e per far assegnare a Mauro Scoccimarro l’incarico di ministro per l’Italia occupata. Il primo incarico da loro una influenza diretta sull’organizzazione delle forze armate italiane e il secondo la supervisione del movimento partigiano, dal quale i comunisti si aspettano il reclutamento di molti volontari ideologicamente fidati per inserirli nell’esercito…’

    All’ambasciatore risulta che il servizio di informazioni militari italiano [Sim] ha preso contromisure e assegnato ufficiali di sua fiducia presso le brigate partigiane con il compito di sorveglia e che il presidente del consiglio Bonomi e i ministri non comunisti del suo governo sono anch’essi assai diffidenti nei confronti della resistenza.

    Arriviamo così alla primavera e a Roma si scatena un’aspra contesa circa l’opportunità di dare il via ad una insurrezione del Corpo Volontari della Libertà in appoggio all’attacco delle truppe anglo-americane nella valle del Po. All’interno dei partiti antifascisti moderati la convinzione che un’iniziativa del genere possa di fatto essere la premessa alla presa di potere dei comunisti nell’Italia del Nord è pressochè unanime, al punto che lo stesso Vaticano si fa promotore per tramite dell’arcivescovo di Milano cardinale Schuster di prevenirla promuovendo un accordo preventivo di non belligeranza tra i tedeschi ed alleati in modo da ostacolare i piani dei comunisti [tali contatti tra tedeschi, anglo-americani ed elementi ‘moderati’ del Cln sono già stati descritti in un precedente postato ]. Per quanto possa sembrare incredibile [ma probabilmente a questo punto non lo è affatto] anche ora l’Oss sembra preoccupato soprattutto di ‘rassicurare’ i vertici americani della ‘non pericolosità’ delle intenzioni dei comunisti. Ecco il testo di un telegramma inviato da un agente dell’Oss al comando alleato:

    ‘… in seguito al vostro memorandum di qualche giorno fa che sollecita indicazioni definitive sull’eventualità che elementi partigiani organizzino una rottura con il governo, diverse stazioni operative sul campo sono state contattate e in nessun caso abbiamo trovato indicazioni positive. La vostra domanda non è chiara. Se intendete un governo distinto dall’attuale governo di Roma, questa ipotesi è fantasiosa [sic!!!… - n.d.r.] . Se invece intendete un governo distinto da quello fascista di Salò, tentativi come quello del gerarca Farinacci sono nati morti [doppio sic!!!…- n.d.r]...’

    Se il lettore a questo punto comincia ad essere un poco disorientato, egli sarà addirittura ’sconcertato’ allorchè avrà letto il contenuto di un rapporto segreto del 29 marzo inviato dal maggiore dell’Oss William Suhling ai comandanti alleati, i quali addirittura vengono severamente ‘messi in guardia’ dalla tentazione di ostacolare in qualsiasi modo i disegni dei comunisti italiani:

    ‘… da qualche tempo è evidente che la politica del quartier generale alleato è motivata dall’esperienza britannica in Grecia e che si teme una qualche forma di rivoluzione armata subito dopo la fine dei combattimenti. Ci viene riferito inoltre che la commissione alleata di controllo negherebbe la sua approvazione ai comunisti nominati dal Cln ai posti di prefetto e questore. Ogni tentativo di sconfessare la nomina di membri di uno specifico partito provocherebbe con tutta evidenza una reazione terribile…’

    Il rapporto cita come esempio la lista delle autorità che il Cln intende insediare in Piemonte il giorno, ormai prossimo, della liberazione :

    ‘… il prefetto è socialista, il vice prefetto liberale, il sindaco di Torino comunista. Vicesindaci sono un democristiano e un socialista. Il questore è del partito d’azione e il presidente del Cln liberale…’

    Ribadendo poi che contrastare queste scelte comporterebbe il pericolo di gravi disordini il rapporto di Suhling conclude così:

    ‘… si è assolutamente convinti che la linea proposta dalla commissione di controllo sia sbagliata e vi prego di farlo presente ai commissari americani…’

    Il destinatario della lettera del maggiore Suhling è il colonnello Stuart Hughes, il quale dopo la guerra si diletterà a scrivere alcuni ‘saggi storici’. Egli non condivide semplicemente le convinzioni del maggiore suo sottoposto, ma va ben oltre presentando anzi i comunisti come ‘garanti dell’ordine’ [!!!… - n.d.r.]:

    ‘… il fattore chiave della resistenza al nord è l’unità delle forze politiche… ci sembra che sia nell’interesse degli alleati incoraggiare questa unità al fine di ottenere il massimo sforzo militare… ogni tentativo di discriminazione contro un partito , specie il partito comunista, romperebbe inevitabilmente questa unità e susciterebbe discordiain questo momento i comunisti portano avanti una politica di unità e moderazione, più moderata in effetti di quella dei socialisti…’

    E’ solo nel marzo ’45 che i vertici militari e politici americani acquistano sicura consapevolezza [meglio tardi che mai!…] del pericolo reale rappresentato dai comunisti italiani e dei loro piani per creare nell’Italia del Nord un governo di tipo sovietico prima dell’arrivo degli angloamericani e poi estendere tale realtà in un futuro più o meno prossimi all’intera penisola. Il ‘merito’, se così si può chiamare, di questo ‘rinsavimento’ è di una branca dell’Oss di cui finora non si è parlato e che tornerà fuori in modo prepotente più avanti quando parleremo della ‘Gladio Rossa’. Si tratta del Secret Service, in seguito indicata con la sigla ‘Si’, un’organizzazione creata dagli americani alla vigilia dello sbarco in Sicilia e formata in gran parte da italo-americani legati ad ambienti della mafia. E’ proprio la Si a denunciare ai primi di marzo del ’45 la formazione del ‘Comitato Militare Centrale Esecutivo Clandestino’ al comando del generale Arnaldo Azzi. Il comitato è nato dalla fusione la l’organizzazione militare del Pci e le giunte militari dei partiti socialista, repubblicano e d’azione. Il generale Azzi è comunista ed è stato sospeso poco tempo prima dal presidente Parri per aver accusato lo stato maggiore di voler ‘fascistizzare’ le forze armate italiane. Nell’occasione Togliatti, vincolato dagli ordini ricevuti da Stalin di formale ‘rispetto delle istituzioni’, aveva dovuto appoggiare il provvedimento per non far cadere il governo, ma tuttavia la Si sospetta che Azzi agisca in realtà proprio dietro suo mandato in vista della ‘liberazione’ dell’Italia del Nord. In un rapporto della Si si può leggere tra l’altro:

    ‘… il Comitato e il Pci svolgono compiti di spionaggio per l’Unione Sovietica da cui vengono finanziati… essi sono penetrati anche nella Marina, fino a questo momento ritenuta di sicura fede monarchica… il fine del Comitato è quello di ottenere l’appoggio delle forze armate al momento di rovesciare il governo con la rivoluzione…’

    Ai primi di aprile un altro dispaccio della Si ribadisce esplicitamente che il Comitato è di fatto ‘diretto ed incoraggiato dal Pci’ ed esso sarebbe legato alla Guardia Popolare, un movimento comunista definito come ‘dissidente’. A prova di ciò rivela che:

    ‘… abitualmente il Comitato si riunisce nella sede massonica di Palazzo Giustiniani… la Guardia Popolare ha diviso la capitale in zone di operazione, segnando i percorsi per le forze provenienti dall’esterno a suo sostegno e gli arsenali segreti alla periferia… il movimento si propone di scatenare violente dimostrazioni di protesta e a seconda delle reazioni dell’opinione pubblica il Pci le approverebbe o ne approfitterebbe per impadronirsi del potere…’

    Questi segnali sono certo assai forti, ma l’avvenimento a parere di chi scrive decisivo per spingere gli americani ad opporsi con la massima decisione ad ogni velleità dei comunisti italiani si verifica il 12 aprile ’45, allorchè Harry Truman si insedia nella carica di presidente degli Stati Uniti al posto dello scomparso Franklin Delano Roosevelt. Ne fa prova fede uno dei primi documenti ufficiali [ancorchè riservati] emessi dalla nuova amministrazione, un memorandum intitolato ‘La stabilità del governo’. In esso si raccomanda ‘l’impiego di truppe alleate sufficienti a sedare qualunque tentativo di sommossa fino a che un leale esercito italiano non venga adeguatamente addestrato ed equipaggiato’. Si creavano così i presupposti per la creazione di quella che sarà l’organizzazione ‘Gladio’. Che i problemi politici siano più complessi di quelli militari e di ordine pubblico lo si capisce assai bene più oltre, allorchè nel memorandum si raccomanda ‘una campagna contro la corruzione del sottogoverno delle amministrazioni locali, sebbene i quadri adatti a sostituirli scarseggino’. E si creavano così i presupposti di quello che sarebbe stato il finanziamento in dollari, in diretta competizione con i finanziamenti perfino più cospicui che Stalin assegnerà al Pci, dei partiti anticomunisti italiani che durerà per alcuni lustri a partire dalla fine della guerra in Italia.

    E’ innegabile, pur tra le molte incertezze che ho doverosamente riportato in precedenza che non autorizzano a fare delle dichiarazioni, diciamo così, ‘avventate’ che dalla lettura di documenti desecretati provenienti dagli archivi di Washington si trae conferma chiara di quello che in realtà si è sempre saputo anche se pochi hanno voluto ammettere. Mentre Roosevelt, fedele alla sua fantastica visione del mondo suddiviso in ‘buoni’ e ‘cattivi’, i primi ovviamente considerati ‘amici’ come i secondi ‘nemici’, si era illuso che, una volta ‘liberata’ l’Italia dal fascismo, le successive elezioni democratiche avrebbero inaugurato per essa un luminoso avvenire di libertà e progresso, Stalin ne aveva sempre e solo perseguito la comunistizzazione. Stalin in realtà combatteva su due fronti, quello ‘visibile’ contro Hitler e Mussolini e quello ‘invisibile’ contro il capitalismo e le democrazie occidentali. In Italia la via da seguire, quella ‘visibile’ che raccomandava al fido Togliatti di rispettare le decisioni del ‘governo legittimo’ e degli anglo-americani che lo appoggiavano, oppure quella ‘invisibile’ che vedeva nella resistenza lo strumento per realizzare la ‘via armata al socialismo’, era da lui scelta, come si addice ad un perfetto comunista, di volta in volta esclusivamente per motivi di opportunità tattica. Mentre Roosevelt si illudeva [Churchill era molto più scettico] di poter intrecciare con lui un dialogo fattivo, l’inesorabile georgiano in realtà aveva in mente uno e un solo disegno: il comunismo in ogni paese. E questo certamente avrebbe fatto in Italia, sia nella primavera del ’45 sia in tempi successivi, se in tutte le occasioni non si fosse trovato di fronte alla superiorità militare alleata e, sia pure dopo molte tergiversazioni come abbiamo visto, alla volontà ferma dei leader occidentali di farne uso contro di lui in caso di necessità. Queste considerazioni si dimostreranno ancora più convincenti quando andremo da qui a breve ad esaminare la documentazioni degli archivi di Washington relativa al primo dopoguerra, il periodo dal ’45 al ‘48 che ha visto l’instaurarsi della guerra fredda.


  2. #52
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    Non c'è bisogno di spiegare nulla, che sei ridicolo lo hanno capito già tutti quelli che hanno un quoziente di intelligenza pari ad almeno il 75% di quello ritenuto normale.

    Non hai la minima idea di che cosa sia la storia e neppure di quale sia la mia posizione, pertanto ti avviluppi intorno alla tua abissale ignoranza con il compiacimento di un presuntuoso.
    Una gran parte dei contenuti delle "novità" li troverai nei post sopra. Comprese citazioni molto più complete dei comumenti ciellenisti, circa le diffidenze anglo-americane, quelle di De Gasperi (molt interessanti) la natura degli accordi CLN-Alleati, e via discorrendo....

    Hasta l'osteria bello

  3. #53
    memoria storica di PoL
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    Ad essere sincero non arrivo a comprendere perchè mai 'sua insindacabilità' [se il lettore preferisce, lo designerò d'ora in poi con l'equivalente titolo 'sua imbecillità'... ] pone così in risalto il fatto che io mi stia rendendo ridicolo anche ai deficienti... quando come ribadito dal titolo del presente 3d, lo scopo da me perseguito è appunto quello di rendermi ridicolo... misteri che stanno nei meandri di un cervello 'troppo sviluppato' [...].

    Incoraggiato dunque dalle rassicurazioni del nostro ragioniere circa la piena riuscita dei miei intenti vedrò di rendermi ancora più ridicolo illustrando al lettore il contenuto di un'altra serie di documenti provenienti dagli archivi di Washington che si riferiscono alla nascita della cosidetta 'Gladio Rossa', ovvero del 'braccio armato' del Partito Comunista Italiano, quello che avrebbe dovuto realizzare, se possiamo chimarla così, la 'via italiana al socialismo'. Il lettore può star sicuro che dalla lettura di questi documenti, commentati brevemente dal sottoscritto, si renderà perfettamente conto non solo del perchè questo intento dei comunisti italiani è fallito nella primavera del '45 [come pure in epoche successive], ma anche e soprattutto quanto sia stato vicino a realizzarsi.

    al solito... buona lettura!...


    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC Carlo Fecia di Cossato





    Due protagonisti del ritaglio di storia che stiamo esaminando. A sinistra Palmiro Togliatti ['Ercole Ercoli'], fedelissimo esecutore della strategia di Stalin che mirava a trasformare anche l'Italia in 'repubblica sovietica'. A destra, in un ritratto giovanile che risale al tempo della guerra di Spagna, Luigi Longo ['Gallo'], il quale in un discorso tenuto a Montecitorio nel 1948 affermò testualmente: noi comunisti italiani non abbiamo mai nascosto che l’unica via allora era quella dell’insurrezione


    La nascita della ‘Gladio Rossa’

    All’epoca in cui gli americani sbarcano in Sicilia l’Oss è già una potente organizzazione che conta ormai 13-mila uomini ed è strutturata come un vero e proprio ministero, con un bilancio segreto e sotto il controllo diretto dello stato maggiore delle forze armate e del presidente. Il suo direttore William Donovan, definito scherzosamente ‘il rinnegato irlandese visitatore di postriboli’, con esemplare ‘pragmatismo’ non ha fatto mistero di aver raccolto in esso personaggi suscettibili di rilevarsi utili alla causa americana indipendentemente dalla loro ‘etichetta’ e per questo nell’Oss si ritrovano indifferentemente intellettuali, avventurieri, soldati di ventura e aspiranti Mata Hari, così che nei suoi ranghi figurano ad esempio futuri leader della sinistra americana degli anni ’60 come il filosofo Herbert Marcuse e lo storico Arthur Schlesinger, nonché attori rimasti poi vittime della epurazione maccartista come Sterling Hayden.
    Il direttore dell’ufficio italiano è Earl Brennan, ex-console e deputato del parlamento del New Hampshire. Brennan ha trascorso l’infanzia a Roma, dove è tornato nei primi anni del fascismo come addetto all’ambasciata Usa. Egli è ritenuto un esperto di polizia segreta, mafia e massoneria e in Canada, dove ha diretto la sua ultima sede diplomatica, ha avuto modo di contattare diversi antifascisti italiani. Una delle sue prime scelte è caduta su di un giovane ufficiale dell’esercito americano, Max Corvo, figlio di un fuoriuscito socialista. E’ Corvo che ha preparato per lo sbarco in Sicilia, dove egli è nato, un piano che ha impressionato i generali del Pentagono. Grazie alle conoscenze sue e a quelle del padre Corvo è divenuto l’ufficiale di reclutamento del Secret Intelligence, [abbreviata d’ora in poi come ‘Si’] per l’Italia. Tra gli antifascisti italiani arruolati da Corvo vi è Vincent Scamporino [detto ‘Scamp’], un brillante avvocato di trentacinque anni che parla correttamente italiano, francese ed inglese. Questi tre uomini, Brennan Scamporino e Corvo [nessuno di essi è più in vita], accomunati nell’avversione profonda al fascismo, al comunismo e alla burocrazia, diverranno i ‘padrini dell’Italia’. Le loro operazioni e i loro telegrammi a Donovan saranno la ‘croce e delizia’ dell’amministrazione Roosevelt. Pur di raggiungere gli scopi prestabiliti e di realizzare gli interessi degli Stati Uniti non esiteranno a ricorrere alla mafia, e non soltanto in Sicilia, per sconfiggere i vari nemici e da qui inizierà l’infiltrazione mafiosa nei gangli più delicati della futura Prima Repubblica.

    I legami della Si con i comunisti rappresentano un esempio lampante del ’pragmatismo’ che si richiede ad ogni buon servizio segreto. Quando Scamporino e Corvo sbarcano in Nord Africa insieme alle truppe americane nell’autunno del ’42 reclutano subito Inving Goff, che in Spagna ha combattuto con la brigata comunista Lincoln, e numerosi suoi ex-compagni che si sono già distinti a Tunisi in operazioni di spionaggio. L’Oss è assai diverso da quella che sarà poi la Cia e ‘zio Joe’ Stalin non è ancora un nemico. Il ‘gruppo Goff ‘ come verrà chiamato, si infiltrerà più tardi nell’Italia del Nord e lavorerà in stretto contatto con i partigiani. Gli americani permetteranno addirittura ai partigiani comunisti di utilizzare le loro ricetrasmittenti e a questo, per ragioni di opportunismo, né il Dipartimento di Stato né il Pentagono sollevano all’inizio delle obiezioni. Lo stesso Max corvo racconta nel suo libro di ‘memorie’ che alla fine della guerra, ai primi di maggio del ’45, i tre ‘comandanti rossi’ Longo, Moscatelli e Pajetta li inviteranno a cena a Milano in segno di ‘ringraziamento’. Alla fine del ’44 però , come abbiamo visto in precedenza, molti nodi cominciano a venire al pettine e, in seguito a preoccupanti segnalazioni degli inglesi circa l’inaffidabilità di certe notizie fornite dall’Oss, a Washington qualcuno comincia a chiedersi se questo ente fa gli interessi degli Stati Uniti ovvero dei comunisti italiani istruiti da Mosca. Alla fine di novembre, seguendo le disposizioni del proprio governo tendenti ad ostacolare al massimo i piani dei comunisti italiani, il generale inglese Alexander aveva interrotto l’invio di armi, viveri e munizioni alle formazioni partigiane ed inviato loro disposizioni perché ogni loro attività fosse sospesa durante l’inverno. In questo delicato momento a Washington si viene a sapere di un messaggio che Togliatti ha inviato, servendosi delle ricetrasmittenti del ‘gruppo Goff’, al comandante della resistenza ‘Gallo’ [Luigi Longo], nel quale il leader del Pci raccomanda di non tenere in conto la disposizioni di Alexander e di intensificare anzi la guerriglia armata. La goccia che fa traboccare il vaso è un messaggio inviato dallo stesso Scamporino a Washington nel quale si legge tra l’altro:

    ‘… sotto la direzione di tre leader allevati da Mosca Togliatti, Greco e Scoccimarro, il Pci mantiene un basso profilo in attesa del momento propizio per rovesciare il governo. Ha già annullato la politica socialista e mira al monopolio dei sindacati attraverso la Confederazione Italiana del Lavoro…’

    A questo punto Goff e i suoi ‘compagni’ Vincent Lossowsky, Inving Fajans e Milton Wolff sono richiamati negli Usa se la Camera di Washington li pone sotto inchiesta, insieme con altri dieci agenti dell’Oss, con l’accusa di avere divulgato all’Unione Sovietica segreti americani. Goff alla fine riuscirà a cavarsela ma ciò non impedisce che la Casa Bianca ordini al colonnello Whitney Shepardson di svolgere un’inchiesta sull’operato dell’intera Oss. Un suo rapporto stilato alcuni mesi dopo rivela un quadro assai preoccupante. La maggior parte delle informazioni fornite a suo tempo dall’Oss sono da ritenersi ambigue ed inaffidabili e inoltre la Si è troppo intrisa di elementi collegati con la mafia siciliana. Ha inizio così una radicale ‘purga’ che praticamente coinvolgerà tutta l’organizzazione [il solo Donovan si salverà] e che porterà allo scioglimento della Si… quando ormai la sua azione deleteria è stata compiuta e la mafia si è ormai inserita in tutti i gangli vitali del paese. Sempre nel suo libro di ‘memorie’ Max Corvo scriverà che Shepardson aveva ‘distorto i fatti’ e nota che ‘fu la Si a stabilire i primi rapporti con i leader che per quarant’anni avrebbero governato l’Italia alleandola agli Usa’… si aspetta forse dei ringraziamenti da noi, signor Corvo?…

    Quando è nata la ‘Gladio Rossa’?… Gli inglesi sospettavano della sua esistenza già nella primavera del ’44, allorchè in una riunione di gabinetto a Londra Churchill, criticando ancora una volta Roosevelt per il suo atteggiamento troppo ‘benevolo’ nei confronti di Stalin aveva esclamato: ‘… assisteremo alla comunistizzazione dei Balcani e dell’Italia senza reagire?…’. Sempre in quella riunione il premier britannico aveva indicato in Mauro Scoccimarro, ministro delle ‘terre occupate’ nel secondo governo Bonomi, l’organizzatore di una vera o propria ‘armata rossa’ in Italia. Ci vuole quasi un anno e una vasta epurazione al suo interno, quella poco fa descritta, prima che l’Oss pervenga alle stesse conclusioni dei britannici. Si scopre così che le formazioni militari rosse sono composte di nuclei di varia consistenza coordinati da un gruppo di cinque funzionari, ciascuno agli ordini della direzione del partito su modello sovietico: il segretario, due vice e due assistenti. L’Oss calcola che in caso di necessità, siamo oramai ai primi di aprile del ’45, la ‘Gladio Rossa’ potrebbe mobilitare in breve tempo 50-mila uomini armati di tutto punto. L’Oss da i nomi di alcuni dirigenti: Luigi Longo, Francesco Roasio, Giorgio Amendola e alcuni altri [non compare ancora il nome di Cino Moscatelli]. A questo punto [a costo di ripetermi… meglio tardi che mai!…] gli alleati si vedono costretti a riesaminare i piani di parziale ritiro delle loro forze armate in Italia. Con una storica battuta l’ammiraglio Harold Stark, comandante in capo della marina americana di stanza in acque europee, dichiara: ‘l’Italia non può essere abbandonata all’Urss’. In un appunto al neoinsediato presidente Truman il segretario di stato Byrnes denuncia la ‘situazione critica’ dell’Italia e il pericolo che ‘qualche potente esercito straniero giunto a ridosso dei suoi confini possa rafforzarla’.
    Del resto la lunga ‘luna di miele’ tra l’Oss e il Pci era finita in pratica all’inizio del ’45, quando l’ex-delegato americano all’Advisory Council for Italy Alexander Kirk, nominato ambasciatore a Roma, aveva segnalato al Dipartimento di Stato:

    ‘… il Pci incoraggia il reclutamento dei comunisti nell’esercito in modo da poterne assumere il controllo e i partigiani ne sono naturalmente il serbatoio. E’ uno sviluppo da non sottovalutare, tanto che il Sim, il servizio segreto militare italiano, cerca di contrastare il Pci mandando i suoi ufficiali a combattere nella resistenza…’

    Alexander Kirk tornerà poi alla carica in agosto, tre mesi dopo la fine ‘ufficiale’ delle ostilità :

    ‘… la quinta armata indaga su notizie di un addestramento e di un riarmo della popolazione civile nella zona tra Verona e Modena… il Pci si preparerebbe a catturare il potere alla partenza delle truppe alleate…’

    Nel periodo immediatamente predecedente la resa tedesca allarmanti segnalazioni giungono da ogni parte del Nord Italia. In un rapporto del febbraio-marzo un agente dell’Oss in Piemonte segnala che il Pci sta accumulando depositi di armi e munizioni a Torino, in Valsesia e nella Valle del Po. Segnalazioni del genere sono poi all’ordine del giorno e giungono anche da Milano, Genova e da quasi tutti i centri del triangolo industriale. Agenti di Stalin e di Tito, mescolatisi ai partigiani, perseguono chiaramente obiettivi che vanno al di là della liberazione dell’Italia del Nord: annessione dell’Alto Adige all’Austria che dovrebbe anch’essa diventare comunista, della Venezia Giulia alla Yugoslavia e soprattutto la formazione di una Armata Rossa in Italia. Il disegno non è poi limitato nel settentrione, anche nell’Italia del Centro e del Sud già ‘liberati’ sono in corso analoghi tentativi. Come si siano svolti gli eventi nelle giornate cruciali di fine aprile-inizio maggio del ’45 è stato già ampiamente narrato in varie sedi e non è il caso qui di ripeterlo per non tediare il lettore. In possesso questa volta di precise ed affidabili informazioni riguardo le possibili intenzioni dei comunisti italiani gli anglo-americani non si sono lasciati cogliere alla sprovvista e, passati alcuni terribili giorni nelle quali il ‘terrore rosso’ è stato lasciato sfogare senza essere contrastato [è ovvio che delle vite di decine di migliaia di inermi ‘fascisti o presunti tali’ a loro non importava proprio un bel niente nè valeva la pena di rischiare per essi la vita di un sol uomo] alla fine, lanciato un preciso avvertimento a ‘zio Joe’ di rispettare i patti sottoscritti a Yalta, hanno proceduto al disarmo delle formazioni partigiane prima e alla ricerca dei depositi occulti di armi e munizioni poi, aiutati in questo dall’arma dei carabinieri, da loro stesi ricostruita e potenziata. Questo senza perdere d’occhio per un solo attimo il Pci, una specie di Giano Bifronte che oramai ai loro occhi era diventato uno strumento di guerra del nemico.

    Che i leader comunisti, rinunciato al loro progetto insurrezionale nella primavera del ’45, attendessero solo la prima favorevole opportunità di realizzarlo da lì a poco deve essere stati chiaro fin da subito a James Angleton, il capo della Strategic Services Unit [d’ora in poi Ssu] che nell’estate del ’45 ha rimpiazzato il disciolto Oss. In uno dei primi rapporti a lui inviati dal maggiore americano Charles Murchia compare il nome di Cino Moscatelli. Questi avverte che l’ex-capo partigiano della Valsesia e della Val d’Ossola sta ‘preparando la guerra civile per il giorno in cui partiranno gli alleati’, ed inoltre mette in guardia da questo individuo ‘sotto la cui maschera di affabilità si nasconde un killer spietato’. Ma è il 4 aprile del ’46, allorchè mancano solo due mesi al referendum che deciderà sulla questione monarchica-repubblica, che il nuovo console a Milano Charles Bay segnala in un telegramma inviato all’ambasciata americana a Roma ancora una volta il nome di Moscatelli, questa volta come capo di una formazione militare clandestina che sta preparando piani insurrezionali:

    ‘… Cino Moscatelli, assistito dal camerata [!?… - n.d.r.] Bulo [‘Bulow’, vero nome Boldrini…- n.d.r.] è il comunista più influente e pericoloso della regione milanese. Si dice abbia ricevuto 500 milioni di lire [cifra astronomica per quei tempi…- n.d.r.] dalla Russia. Moscatelli è consigliere del Pci ed è presidente dell’Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, il cui quartier generale è in fase di trasferimento da Milano a Roma. La direzione dell’Ampi, sebbene si professi apolitica, è il centro di una organizzazione armata clandestina. Sembra che Moscatelli si vesta come Tito e si allude a lui come al leader di una nuova marcia su Roma da effettuare al momento opportuno. Moscatelli, come Togliatti del resto, prende ordini da Mosca. Il suo ufficio nella capitale deve essere sorvegliato…’

    E’ la prima volta che la Ssu rivela indicazioni precise su una ‘Gladio Rossa’ e su un presunto colpo di stato che, spiega il console Charles Bay, ‘verrà attuato se i risultati del referendum saranno favorevoli, anche se non si avrà la vittoria’. Bay è classificato un ‘falco’, ha in precedenza lavorato per l’Oss e il Dipartimento di Stato lo ha mandato a Milano perché, insieme ai colleghi di Torino e Genova, tenga d’occhio l’attività del Pci nel triangolo industriale. Bay dal canto suo ha preso a cuore l’incarico, ha fiducia nelle proprie fonti di informazione e riferisce con cura numerosi particolari.Il golpe, da attuarsi in caso di relativo successo elettorale, è stato deciso il 26 marzo dal comitato esecutivo del Pci milanese. Il console cita fedelmente i punti principali della mozione del giorno, approvata all’unanimità:

    a) tutte le fabbriche verranno occupate dai lavoratori
    b) i contadini prenderanno possesso delle terre e le ridistribuiranno tra loro
    c) l’intera famiglia reale sarà arrestata
    d) tutte le persone che non si allineeranno alla linea del Pci saranno eliminate con la forza

    Il console dichiara che le tre parole con la forza sono state sottolineate dagli autori della mozione di cui ha in mano una copia. Il documento, anch’esso declassificato nel marzo del ’95, pare autentico e questo fa sì che la Ssu chieda a Bay una immediata verifica. Il riscontro non tarda a venire. L’11 maggio il console invia un secondo telegramma all’ambasciata, il cui contenuto e assai più particolareggiato e allarmante del primo:

    ‘… il Cremlino ha ordinato al Pci di seguire due diverse strategie in vista del referendum e delle elezioni, una prima e l’altra dopo il voto. Nel caso che gli alleati dopo le elezioni cerchino di assumere il controllo del paese per mantenervi l’ordine, Stalin e Tito manderebbero truppe jugoslave ad invadere l’Italia e scatenare un’altra guerra. La ‘doppia strategia’ consiste in questo. Mentre i comunisti daranno l’impressione di attenersi strettamente alla legge, gruppi composti da elementi violenti provenienti dal nord intimideranno la gente, specie nei sobborghi più popolari, spingendoli a votare per la repubblica e per il Pci ed inoltre causeranno incidenti per indurre gli elementi moderati a reagire. Dopo il 2 giugno l’obiettivo dei comunisti sarà invece quello di prendere con la forza il potere. Saranno pubblicate liste di proscrizione in cima alle quali figurerà il nome del maresciallo Pietro Badoglio seguito da quelli dei leader dei partiti moderativerranno occupati i punti strategici delle grandi città e verranno attaccate le chiese ed altre istituzioni religiose, Vaticano compreso…’

    Sono attendibili le dichiarazioni così allarmistiche del console Bay?… L’ambasciatore Alexander Kirk, rooseveltiano di ferro, ne dubita fortemente e ha scritto, anch’egli nelle sue ‘memorie’, di ‘aver perso la pazienza con quanti sostenevano che il pericolo per l’Italia fosse il comunismo, quando invece era piuttosto l’anarchia’. Altri invece non la pensano nello stesso modo, anche alla luce di allarmanti analoghe informazioni giunte dalla polizia italiana, e così l’allarme si propaga non solo nella Ssu e nella Sac, il comando supremo alleato, ma anche nella Democrazia Cristiana, che ormai gli americani hanno deciso definitivamente di appoggiare in funzione anticomunista.

    Ma se Moscatelli è il ‘braccio armato’ della ‘Gladio Rossa’ chi ne è la mente?… Il console Charles Bay non ha dubbi: Luigi Longo, il futuro segretario del Pci, quello che un tempo Max Corvo ha definito ‘il capo delle forze comuniste al Nord durante la guerra’. Sempre nel telegramma dell’11 maggio egli aveva scritto:

    ‘… a Roma si è insediato un servizio stalinista di controspionaggio, il Ghepeu, diretto da Ruggero Grieco il quale dipende a sua volta da Luigi Longo. Il Ghepeu coordina la propria attività con gli agenti titini che hanno assoldato alcuni pericolosi fascisti… due agenti di Tito viaggiano su di una auto costosa targata Bologna e scortati da due fascisti, tali Spallero e Tempesta che probabilmente sono nomi falsi, risiedono in un appartamento di via Lombardia n° 3 o 13 a Roma…’

    A far sì che tutto quanto va dicendo Bay non sia necessariamente essere campato in aria contribuisce in modo sostanziale quanto in precedenza ha comunicato, in una missiva di otto pagine, all’ambasciata americana a Roma il collega di Bay Lester Schnare, console americano a Genova. In essa si legge tra l’altro:

    ‘… il Pci è un lupo travestito da agnello e nasconde una vasta organizzazione militare clandestina. Dal momento che:

    a) l’organizzazione comunista include bande armate, ufficiali per l’arruolamento, sistemi di comunicazione, etc…
    b) possiede massicci arsenali di armi e munizioni
    c) i suoi centri logistici si trovano nel Trentino e in Venezia Giulia
    d) alcuni membri sono stati mandati a Trieste e nell’Istria
    e) l’arruolamento tra le forze armate si concentra sugli specialisti, ed esempio telegrafisti
    f) le missioni militari russe e alcuni gruppi militari jugoslavi hanno creato una rete di osservatori di appoggio
    g) è in atto un’ assillante propaganda rivolta a tutti gli iscritti al partito

    tutto sta ad indicare che il Pci sta seriamente preparando un colpo di stato…’

    Schnare non accenna di fatto né a Longo né a Moscatelli, ma insiste come Bay sulla possibilità che si scateni un’altra guerra e con un nuovo inquietante fattore: un’invasione jugoslava dell’Italia. E Schnare delinea così i compiti che in questa evenienza sono assegnati alla ‘Gladio Rossa’:

    ‘… in casi di conflitto le formazioni militari comuniste opereranno nelle retrovie e lungo le linee di comunicazione alleate, missione simile a quella dei commandos e dei paracadutisti, e sfrutteranno la loro maggiore conoscenza del territorio oltre al fattore sorpresa…’

    Inoltre egli lancia un severo ammonimento destinato a chi ha ‘orecchie per intendere’:

    ‘… il Pci sta infiltrando tutte le branche delle forze armate e della pubblica amministrazione e mettendo i propri funzionari in posizione chiave, dalle questure alle prefetture, alle ferrovie, ai telefoni e agli uffici annonari. Di fatto sta sviluppando una amministrazione parallela che prenda il posto di quella legittima nel momento in cui le formazioni militari aprirebbero la strada all’invasione dall’est…’

    Alla vigilia del referendum e delle elezioni la Ssu completa per il Dipartimento di Stato un ‘Memorandum sulla possibilità di ricorso alla forza da parte dei comunisti’. Nella sostanza è assai più cauto dei dispacci di Bay e Schnare, non esclude che i comunisti italiani stiano covando delle velleità insurrezionali ma assicura anche che:

    ‘… un tentativo di ‘golpe rosso’ sarebbe possibile solo dopo il ritiro delle truppe alleate dall’Italia, non prima. Una delle ragioni è che i comunisti sanno bene che esso sarebbe inaccettabile alle forze armate alleate anche perché violerebbe i termini dell’armistizio…’

    Il memorandum non esclude neppure e violenze da parte del Pci alle urne, come pure progetti golpisti nell’Emilia-Romagna rossa, ma tuttavia segnala:

    ‘… il nostro uomo a Bologna è del parere che, se la monarchia vincesse il referendum, potrebbero esplodere dei torbidi e il Pci potrebbe tentare di formare una repubblica indipendente. Anche in una eventualità del genere i rischi sarebbero limitati in quanto difficilmente la sommossa potrebbe propagarsi ad altre regioni [sic!!!…- n.d.r.]...’

    Rischi ‘limitati’ oppure no il presidente Harry Truman si attiene al detto che poi verrà reso famoso dal suo successore Ronald Reagan: ‘trust, but verify!…’. Egli, a differenza del suo predecessore che viveva in un mondo di sogni, ha compreso sin da subito che con Stalin l’unica argomentazione che funzioni è quella del terrore. Per questo l’anno prima ha ordinato di sganciare l’atomica su Hiroshima e Nagasaky in modo che, quando Stalin ha da lì a poco invaso l’Iran gli ha dato perentoriamente 48 ore di tempo per ritirarsi salvo non desiderasse che il suo paese facesse la fine del Giappone… Stalin, chissà perché, si era ritirato. D’accordo con il premier inglese mette sull’avviso Stalin che non tollererà interferenze in Italia, e Tito che nel caso tentasse di varcare il confine troverebbe una immediata e convincente ‘risposta dissuasiva. Manda poi un suo emissario a discutere delle prospettive di un colpo di stato delle sinistre in Italia con De Gasperi. La risposta del leader democristiano è tale da avanzare dubbi se si tratti di un genio oppure di un deficiente. Egli dichiara di aver discusso della cosa con Togliatti e di ‘essere rimasto sorpreso dalla maniera esagerata con la quale egli ha smentito l’esistenza di un pericolo del genere’ [sic!!!… - n.d.r.]. Egli personalmente è del parere che il pericolo di golpe sia ‘più parole che fatti’ [!?… - n.d.r] e che la vera battaglia comincerà dopo il 2 giugno e si intensificherà alla partenza delle truppe alleate. Egli non sa, o finge di non sapere, che i servizi segreti Usa hanno già iniziato ad organizzare una ‘Gladio’ che dovrà contrapporsi in caso di necessità alla ‘Gladio Rossa’, e che in questa ‘Gladio’, ovviamente, andranno a far parte persone di sicuro affidamento anticomunista, molte delle quali reduci dalla sfortunata esperienza della Repubblica Sociale Italiana.

    Il risultato del referendum del 2 giugno ’46 e l’aspra contesa politica che da esso è scaturita presumo siano fatti noti a tutti e su di essi non è necessario soffermarsi. Nel prossimo scritto esamineremo, sempre viste attraverso i documenti degli archivi di Washington desecretati nel ‘95, le vicende legate alla ‘Gladio Rossa’ partire dai mesi successivi al referendum fino ad arrivare alle elezioni dell’aprile del ’48. Prima di terminare questo paragrafo mi piacerebbe sottoporre all’attenzione del lettore un legittimo interrogativo che, alla luce di quanto appreso in queste righe, pare obbligato: che cosa sarebbe accaduto dell’Italia se il presidente Franklin Delano Roosevelt non avesse deciso [saggiamente] di passare a miglior vita il 12 aprile ’45, quando oramai mancavano pochi giorni alla ‘liberazione’ portata avanti dai comunisti?…

  4. #54
    SENATORE di POL
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    Sì...conoscevamo già il "piano k", di cui è stato già dato conto. In ogni caso grazie per l'interessante post, che per quanto è accettabile (buona parte) è a conferma di quanto già sostenuto dalla storiografia scientifica (termine non ridicolo se non per i ridicoli) che ovviamente....si basa sull'insieme dei documenti e sulla loro critica.

    Shalom!

  5. #55
    SENATORE di POL
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    p.s : alcuni dei documenti americani sono da me stati pubblicati in ampi stralci sulla vecchia pol, all'interno d post sull'apparato miltre del PCI e sulla politica americana verso le sinistre italiche. Purtroppo ho salvato uno solo di detti post. Già ripubblicato su questo forum. Potrei ovviamenti ricostruirli, e forse....in parte....lo farò.

    Saluti

  6. #56
    memoria storica di PoL
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    Non nascondo il fatto che l'apprezzamento della mia fatica scribatoria da parte dell'esimio ragionier PierFrancesco mi fa sentire decisamente orgoglioso... al punto che quansi quansi gli invio per posta copia del libro da cui ho tratto la documentazione qui riportata... sempre che si fidi a fornirmi il suo indirizzo e-mail si capisce []...

    Scherzi a parte sono lieto di fornire ai lettori, come promesso, la terza parte delle 'rivelazioni' contenute nei documenti dell'Archivio Nazionale di Washington desecretati nel '95...

    al solito... buona lettura!...


    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC Carlo Fecia di Cossato




    Altri due protagonisti di questo periodo. A sinistra, in una delle pochissime foto che si hanno di lui, Cino Moscatelli, mitica figura di comandante partigiano. Per rendersi conto del personaggio sarà sufficiente dire che egli, tra le altre cose, compose e musicò personalmente una ‘preghiera del garibaldino’ e ciò non per motivi strumentali, ma perché come egli disse la maggioranza dei partigiani era cattolica, assisteva alle messe al campo, e il sentimento religioso era un'arma 'rivoluzionaria', formidabile nella lotta contro il nazifascismo. A destra invece potete ammirare Pietro Sechhia, del quale tutti dicevano che fosse... ehmm... un poco gay [si insomma spesso e volentieri lo pigliava nel sedere... ] al punto che nel partito stesso era soprannominato... la Secchia bucata [ ...]. Nel luglio del '73 Secchia è morto in una maniera strana, si è detto a causa dei postumi d'un avvelenamento alimentare subito l'anno precedente al ritorno d'un suo viaggio nel Cile di Salvador Allende... e amen...nessuno ne ha più parlato!...


    Qual è la miglior maniera di combattere la ‘Gladio Rossa’?…

    Se gli uomini creano la storia è anche vero il contrario, e cioè che è la storia a creare gli uomini. Roosevelt e chi viveva come lui in un mondo incantato erano convinti che tra il mondo comunista e il mondo delle democrazie fosse possibile, se non una convergenza, almeno una pacifica coesistenza. Truman però era persuaso esattamente del contrario e i fatti dovevano dargli ragione in pieno e il brusco salto dal guanto di velluto di Roosevelt al pugno di ferro di Truman fu il decisivo fattore di salvezza dell’Occidente [qualcosa di simile doveva ripetersi all’inizio degli anni ’80, quando il deciso Ronald Reagan sostituì l’inetto Jimmy Carter in tempo non solo per evitare di perdere ma anche per vincere alla fine la ‘guerra fredda’] . ‘Give them hell Harry’ [‘rendi loro la vita un inferno Harry’, così lo chiamavano gli americani] si era circondato di ‘falchi’ e subito dopo il referendum del 2 giugno ‘46 pensa bene di sostituire con uno di questi, James Clement Dunn, la ‘colomba’ Alexander Kirk presso l’ambasciata americana a Roma. I militari americani, che a Trieste vedono in bilico le sorti dell’Adriatico, continuano ad additare nel comunismo il nuovo e terribile nemico senza che né Mosca né il Pci, al di là delle assicurazioni d’obbligo, facciano niente per dimostrare che si sbagliano. Questo a maggior ragione ora che i servizi di intelligence americani, dopo lo scioglimento dell’Oss che dietro l’angolo ‘tubava’ con i comunisti italiani, hanno raggiunto un altro grado di efficienza, coadiuvati oltretutto da agenti ex-fascisti e del Vaticano.

    Il ’46 termina come è iniziato, ossia con un altro rapporto consolare, questa volta dalla rossa Torino. Il 4 dicembre il console Richard Haven segnala:

    ‘… si stanno allestendo i preparativi per giorni turbolenti in Piemonte. C’è da meravigliarsi se gli italiani temono che i socialisti e i comunisti creino un’altra dittatura, che la destra reagisca violentemente e da ciò segua un’altra guerra sanguinosa?…’

    Secondo Haven il referendum aveva risolto la questione istituzionale e le elezioni avevano premiato la Dc, ma questo non aveva affatto mutato la situazione politica nel triangolo industriale, che restava estremamente precaria:

    ‘… prezzi alle stelle, salari bassi, mercato nero, poco cibo, poco riscaldamento… e non mi si accusi di allarmismo!…’

    Vale la pena di citare alcuni passi della relazione di Haven intitolata ‘Note politiche sull’area del Piemonte’. Alcuni particolari, addirittura paradossali come quello che segue, riflettono la situazione del periodo:

    ‘… le scuole guida sono frequentate soprattutto da comunisti perché il partito attribuisce grande importanza alle scorte di benzina, petrolio, nafta, etc e sta organizzando un sistema di depositi per rifornire i propri veicoli..’

    La stessa strategia ‘standard’ [incetta di automezzi, combustibili, armi e soprattutto viveri, mentre i cileni facevano le file davanti ai centri di distribuzione di alimentari da dove spesso tornavano a casa a mani vuote dopo aver passato in fila un’intera giornata] che sarà adottata anni dopo in Cile da Unidad Popular in previsione del ‘golpe’ che doveva attuare la fase finale della ‘via cilena al socialismo’. Haven poi aggiunge:

    ‘… nelle province di Novara, Vercelli e Biella le formazioni comuniste hanno carattere militare e gli iscritti devono assicurare di mettersi a disposizione con un preavviso di ventiquattrore. E’ì in corso una campagna contro le ‘contaminazioni borghesi’ e per uno stato di agitazione permanente. Nelle zone di Novara e Vercelli esistono più di trenta emittenti comuniste ad onde corte e dalla Emilia-Romagna sono arrivate armi jugoslave. Durante l’inverno i comunisti controlleranno periodicamente gli arsenali…’

    Il console a Torino fornisce quindi dettagliati particolari circa l’armamento e la consistenza dei gruppi armati in Piemonte:

    ‘… il riarmo del Pci in Piemonte sarà completato entro il 31 dicembre. Sembra in corso a Biella la produzione di mitra ‘Nido’ e i comunisti hanno deciso di aprire un’altra fabbrica presso Novara. Il colonnello Zurla, comandante della brigata di Arona, ha chiesto mille fucili e la brigata Moscatelli in Valsesia si è procurata 300 uniformi alleate. A Scopa è arrivata una avanguardia di giovani comunisti del sud, anch’essi in uniforme alleata…’

    Poco prima di Natale l’incaricato d’affari a Roma David McKey in una nota per il Dipartimento di Stato riassume le notizie sulla consistenza della ‘Gladio Rossa’:

    ‘… il capo dell’organizzazione armata comunista, un vero e proprio esercito di rapida mobilitazione, è Pietro Secchia alias ‘Bottecchia’ [dal che si potrebbe dedurre che nel frattempo Secchia ha sostituito Moscatelli?…- n.d.r.]. Le stime vanno da un minimo di 20-mila uomini a un massimo di 80-mila, a seconda delle posizioni politiche. Si ritiene che quasi tutti i comunisti del Nord siano armati, anche se gli arsenali del Pci diminuiscono in continuazione a causa dei sequestri e del cattivo stato di conservazione e dovrebbero essersi dimezzati rispetto ai giorni dell’armistizio…’

    La relazione ‘prudente’ dell’incaricato d’affari saranno da lì a sei mesi seccamente smentite ancora una volta dal console di Milano Charles Bay, le cui note trovano questa volta il sostegno del nuovo ambasciatore Dunn. Il 22 maggio ’47 Bay trasmette all’ambasciata americana a Roma un nuovo dispaccio intitolato ‘L’apparato comunista dell’Alta Italia’. L’autore precisa che il termine ‘apparato’ sta a designare una organizzazione armata comunista di cui è capo Longo, affiancato da altri due ‘compagni’:

    ‘… esso è diretto da un triunvirato Longo-Sereni-Grieco. Opera in collegamento con la sezione militare del Comintern Lubiana-Ginevra-Lisbona. I reparti dell’Alta Italia sono comandati da [Cino] Moscatelli. L’organico è così composto:

    a) una Delegazione che riunisce tutto l’organico e comprende tutti i settori
    b) i settori, ciascuno suddiviso in nuclei
    c) i nuclei, ciascuno comprendente da 10 a 13 uomini armati e comandato da un capo nucleo

    Secondo nostri informatori la sede clandestina della Delegazione è a Milano, in via Filodrammatici n° 5. Le armi sono tenute da ciascun gregario e sono depositate in luoghi segreti. Comprendono fucili, mitra, moschetti, pistole, mitragliatrici pesanti, bombe a mano, mortai da 45, armi anticarro Panzerfaust. I depositi di armi sono stati individuati come segue:

    a) fabbriche
    b) sedi del partito comunista
    c) cave di sabbia alla periferia di Milano
    d) ricoveri antiaerei non ancora demoliti

    Una automobile Fiat targata E.I. e guidata da soldati italiani, con documenti di viaggio dei comandi delle divisioni Legnano e Mantova, è addetta al trasporto delle armi tra i gruppi citati [L’accenno alla divisione Legnano è fortemente legato ai ricordi di chi scrive, in quanto il mio papà, ufficiale di artiglieria, dopo aver combattuto per sei anni in Africa Orientale, proprio nel periodo di cui si sta trattando, al rientro dalla prigionia è stato destinato al comando di una batteria di obici da 88 dell’11° reggimento artiglieria da campagna, facente parte di quella grande unità… - n.d.r.]… l’apparato conta circa 12-mila uomini ed è in contatto con addetti militari sovietici , con l’Associazione Italiana per i Rapporti Culturali con l’Urss e con un ‘Movimento Comunista Libertario’ che ha sede in via Albania. Le fonti di finanziamento sono molteplici, la borsa nera, gli industriali taglieggiati e l’Unione Sovietica che ha messo a disposizione del Pci 80 milioni di lire sotto forma di pellicole cinematografiche[/u]. L’organizzazione ha tentacoli ovunque, nelle fabbriche, nelle caserme e perfino nelle forze dell’ordine. E’ a sua disposizione la polizia metropolitana notturna forte di tremila uomini e comandata a Torino da Bozzi, un noto agente segreto comunistanel settembre dello scorso anno si è tenuta una riunione segreta tra Togliatti, Pajetta e Moscatelli, nella quale quest’ultimo ha affermato che la Delegazione per l’Alta Italia è perfettamente a punto e pronta a muoversi al primo cenno …’

    Come si può ben vedere il rapporto di Bay questa volta è assai preciso e dettagliato dei precedenti e il perché lo si capisce chiaramente dai due allegati che lo accompagnano. Il primo è una versione in italiano delle parti più cruciali dello stesso e il secondo e una lettera nella quale si legge:

    ‘… questo documento è venuto nelle mie mani tramite fonti che devono essere considerate serie e che hanno studiato l’organizzazione comunista nel Nord Italia per un lungo periodo…’

    Anche se il console non lo dice, il linguaggio a metà tra il burocratico e il militare, l’abbondanza di indicazione che rivela una sorveglianza lunga e meticolosa, e il tono generale sono tipici dei servizi segreti italiani. A chi ha studiato con un poco in dettaglio e senza pregiudizio le vicissitudini belliche italiane nel XX secolo non è nuovo il fatto che l’unico settore della macchina militare italiana, catastroficamente inefficiente nel suo complesso, che abbia funzionato in maniera accettabile sono stati sempre i servizi di informazione. Le informazioni accurate e tempestive fornite al console Bay nella circostanza non fanno che confermare questo giudizio… se poi da questa ‘efficienza’ dei servizi segreti italiani si possa trarre motivo di conforto e di fiducia nel loro operato è diversa ed assai più delicata questione.

    La nota di Bay viene inoltrata a Washington dall’Ambasciatore Dunn, il quale, sottoscrivendo interamente le tesi di Bay, da parte sua aggiunge:

    ‘… il cuore dell’organizzazione comunista armata è l’Anpi il cui capo è Longo, il cosiddetto ‘ministro della guerra’ del Pci che è stato tra gli organizzatori delle brigate internazionali in Spagna… i suoi membri sono stimati essere non più di 150-mila, e gli uomini addestrati ed armati con armi leggere sarebbero intorno ai 50-mila…’

    Siamo nell’estate del ’47 e l’Italia è divisa profondamente in due fazioni ‘l’una contro l’altra armate’, anche e soprattutto in vista della decisiva tornata elettorale che avrà luogo l’anno successivo. La guerra fredda è ormai in pieno svolgimento e negli Stati Uniti inizia il periodo del maccartismo. Il nuovo Segretario di Stato George Marshall, ex-capo di stato maggiore delle vittoriose armate alleate e ideatore del piano economico di soccorso alle nazioni europee spossate dalla guerra che porta il suo nome, invia un dispaccio top secret a tutte le ambasciate americane. In esso informa che in varie nazioni i comunisti si stanno infiltrando tra il personale Americano incaricato di coordinare le operazioni contro i locali partiti comunisti e pertanto viene ordinato di aprire delle inchieste su tutto il personale di ambasciata. L’allarme dato da Marchall non è del tutto infondato. Conoscenze come quella di James Jesus Angleton, avvicinato dal Kgb per tramite di Kim Philby, possono essere preziose per Mosca al fine di abbattere le strutture anticomuniste costruite dallo ‘Zio Sam’ e indebolire ogni possibile resistenza. Stalin sa benissimo che nell’Europa Occidentale e nell’America Latina la Cia, la quale ha nel frattempo sostituito la Ssu, lavora con i locali servizi segreti e spesso li dirige. E in questo periodo negli Stati Uniti si fa largo la convinzione che uno dei prossimi obiettivi di Stalin sia scatenare nel Nord Italia una guerra civile simile a quella avutasi in Spagna dieci anni prima, e per questo l’Italia diviene una pedina importantissima per la loro ‘sicurezza nazionale’. Questo fa sì che in quel fatale anno ’47 l’Italia divenga terreno di scontro aperto fra i servizi segreti dei due blocchi, da una lato quelli americani, aiutati non poco da quelli italiani e da quanto era rimasto dell’organizzazione segreta della Rsi, dall’altro quelli sovietici, aiutati a loro volta dai servizi jugoslavi.

    Tra tutte le città italiane quella dove più attivamente si svolge questa attività clandestina è Milano, dove l’infaticabile console Charles Bay non manca di tenere l’ambasciata di Roma informata giorno per giorno della situazione. Ed è così che egli segnala che nella settimana dal 16 al 22 marzo il quartier generale comunista in Jugoslavia ha trasmesso numerosi messaggi alle forze insurrezionali nel Nord a mezzo radio, stazione 4k, centro 2z, sintonia 14 ultracorte, e cita i più interessanti tra questi, intercettati e trascritti in italiano [!!… vedi osservazione precedente a proposito della ‘efficienza’ dei servizi italiani… - n.d.r.]. Il primo è logistico:

    ‘Approssimandosi data rivendicazioni proletarie censire massima esattezza et riferire milizia popolo combattente et pronto impiego. Stop. Dare assicurazione a mezzo corrieri. Stop’

    Il secondo è operativo:

    ‘Accentuare motivi contenuto piano Sbg [sabotaggio?… - n.d.r.] approvato. Stop. Accelerare tempi. Stop. Urgente fiaccare resistenza reazionaria et capitalista sabotando produzione. Stop. Provveduto rottura tregua sindacale. Stop. Pervenutaci notizia persecuzione anticomunista Usa ordine Truman. Stop. Previsto arrivo Italia via svizzera gruppo dirigente partito comunista americano. Stop. Seguiranno istruzioni dettagliate. Stop’

    Nell’ultimo messaggio, trasmesso dalla centrale jugoslava il 22 marzo, si insiste sul piano segreto ‘Sbg’:

    ‘Annunciata imminente sospensione attività et produzione piccola et media industria tessile rientra conseguenze piano Sbg. Stop. Urge provvedere massa operaia in seguito disoccupata. Stop. Consigliasi affidare gestione stabilimenti comitati lavoratori et divisione utili espropriando proprietari. Stop. Rifarsi direttive di massima di cui foglio 343/ln/56 trecentoquarantatre barra elle enne barra cinquantasei precedentemente inviato. Stop. Riferire esiti. Stop’

    La centrale jugoslava appare anche preoccupata da una possibile manovra combinata di attivisti del neonato Movimento Sociale Italiano e di elementi fidati del Vaticano in quanto chiede agli interlocutori milanesi di far luce su due colloqui che sarebbero avvenuti tra il militante dell’Msi Zingales e il cardinale di Milano Ildefonso Schuster [non nuovo come ben sappiamo a tessere trame segrete]. Due messaggi parlano di Zingales e Schuster. Il primo lamenta la mancanza di notizie adeguate:

    ‘Tuttora irrisolto affare Zingales. Stop. Attendesi codesto centro relazione dettagliata contatti prelato esponenti movimento sociale. Stop. Presumesi presenza Milano dirigenti F a R [Fascisti a Roma?…- n.d.r.] scopo organizzare attività similare romana. Stop. Notificasi urgere provvedimento in merito. Stop. Tenere perfetta efficienza armamento et depositi. Stop’

    Il secondo chiede notizie su di un gruppo eversivo di destra che si presume non sotto controllo:

    ‘Investigatori inviati questo centro vostra giurisdizione riferiscono avere avuto sentore esistenza organizzazione politico militare comandata fantomatico capitano Franco. Stop. Accertare tendenza numero aderenti armamento programma. Stop. Ragion veduta cercare intavolare trattative. Stop’

    Il significato di questi messaggi è chiaro. La centrale jugoslava, nella quale operano agenti sovietici e comunisti italiani, persegue due obiettivi: avviare agitazioni popolari con lo scopo di paralizzare l’attività economica e impedire ai ‘fascisti romani’ di insediarsi in zona con l’appoggio del Vaticano e dei servizi segreti americani. E’ però la lettura di due altri messaggi a mettere realmente sull’allarme i servizi segreti americani e a convincerli che la centrale jugoslava può contare su alcune ‘talpe’ nella questura di Milano [la cosa non sorprende, visto che il Pci fa ancora parte del governo] e, cosa realmente allarmante, questa organizzazione è disposta a qualsiasi cosa, anche uccidere chi di loro ‘sa troppo’, pur di non rivelare i propri piani. L’11 marzo ’47 all’Assemblea Costituente Togliatti, uno dei ‘padri’ della nostra ‘democrazia’, aveva lanciato un duro monito agli altri delegati affermando testualmente che ‘il Pci potrebbe ricorrere all’azione se le sue richieste non verranno accolte’ [sic!!!…]. Due giorni dopo l’editore Franco De Agazio, sospettato di essere ‘filofascista’, è assassinato a Milano. Mentre i giornali anticomunisti collegano questo ennesimo assassinio politico all’ammonimento lanciato due giorni prima da Togliatti, quelli comunisti ribattono che il delitto è opera di agenti fascisti o americani. I due dispacci della centrale jugoslava che hanno attratto l’attenzione degli 007 americani si riferiscono a questo macabro episodio. Da essi risulta chiaramente che De Agazio è stato assassinato da elementi comunisti e la centrale teme che gli esecutori vengano scoperti. Per questo viene data via radio una disposizione spietata: farli fuori se questo è necessario per mantenere il segreto. Pochi giorni dopo pervengono nelle mani degli americani due messaggi, anch’essi trasmessi dalla centrale jugoslava, intercettati e decifrati dalla stessa ‘mano esperta’ che ha così bene operato nei casi già visti, che non lasciano dubbi sulla matrice dell’omicidio. Il primo è del 16 marzo e tradisce il timore che gli autori possano essere scoperti:

    ‘Attenuare et minimizzare impressione suscitata opinione pubblica. Stop. Cellule questura provvedano elenchi testi citati copie esiti indagini. Stop. Intimorire inquirenti et fornire piste errate rintraccio esecutori. Stop. Provvedere loro opportuno rifugio temporaneo. Presentandosi necessità impellente necessità impellente procedere loro eliminazione. Stop. Dare assicurazioni. Stop’

    Quattro giorni dopo la centrale jugoslava, non essendoci stata la temuta reazione popolare e governativa, attenua l’allarme:

    Mantenere protezione esecutori giornalista reazionario. Stop. Governo et opinione pubblica impressionati, sfruttare momento. Stop. Se necessario organizzare manifestazioni di massa dimostrative scopo intimidatorio. Ampliare ricerca F a R trasferiti nord. Stop.’

    Non è soltanto la quantità e indubitabile veridicità del materiale trasmesso dalla centrale jugoslava e intercettato dai servizi italiani a convincere definitivamente gli americani della pericolosità degli intenti dei comunisti italiani. Inviato da fonte ignota, , perviene all’ambasciata americana una circolare del Pci dal significativo titolo ‘Preparativi tecnici e militari della rivoluzione comunista’. Vediamone qualche punto ‘interessante’:

    ‘… manovrando in vasti settori del popolo, il partito deve conquistare intelligentemente la simpatia delle masse… una volta ottenuto l’appoggio della maggioranza, sarà possibile dare il via ai preparativi tecnici, così riassunti:

    a) armare e organizzare le forze rivoluzionarie
    b) demoralizzare l’opposizione
    c) disunire la macchina militare e governativa
    d) provocare crisi economica
    e) agitare le masse operaie’

    Né più né meno che il programma che venticinque anni dopo verrà messo a punto e portato avanti da ‘Unidad Popular’ per impiantare definitivamente, prima in Cile e poi in tutta l’america Latina, il ‘socialismo reale’ nella concezione di Stalin e Fidel Castro, programma che aveva ottime chance di riuscire se… non ci fosse stato un certo Augusto Pinochet ad impedirlo all’ultimo momento. Quello che più di ogni altra cosa ha determinato l’insuccesso del piano di Togliatti in Italia prima e di Salvador Allende in Cile è sicuramente il fatto che i comunisti hanno sempre cercato di realizzare la da loro tanto auspicata rivoluzione secondo il classico ‘modello’ di Lenin… bello, poetico e suggestivo fin che si vuole ma, ahimè per loro, ormai conosciuto troppo bene. Dopo questa breve disgressione, possiamo senz’altro continuare con la nostra ‘circolare’:

    ‘… fin d’ora il partito deve selezionare i nuclei degli organismi destinati a gestire il paese una volta ottenuto il potere…’

    … e in effetti occorre far presto, dal momento che gli alleati stanno rafforzando e riarmando l’esercito e i carabinieri, De Gasperi sembra intenzionato a cacciare il Pci dal governo e anche il Vaticano sta intensificando la campagna anticomunista. Il documento passa poi ad esaminare la seconda fase della marcia verso il potere:

    ‘… questa [seconda] fase consisterà in un’opera di disorganizzazione delle forze nemiche e di sviluppo delle nostre… il partito armato deve passare dalla clandestinità alla lotta aperta nelle strade, senza badare a perdite di vite umane, creando una atmosfera di disordine e rivolta armata indispensabile alla presa del potere…’

    Da questo punto in poi il testo conservato nell’Archivio Nazionale di Washington è oscurato, ma il suo contenuto swi può intuire dalla lettura di un memorandum [preparato probabilmente dai carabinieri] ad esso associato e datato settembre ’47. Il titolo non lascia certo spazio a malintesi: ‘Comandi, compiti e organigramma della formazione militare comunista’. Esso descrive il piano eversivo che dovrà essere attuato dalla ‘Gladio Rossa’ nel Nord Italia, dove si sente più forte, rimandando l’occupazione del Centro-Sud ad un secondo momento. Il memorandum si limita alla pura e semplice esposizione, senza fare commenti… del resto non sono necessari:

    ‘… comandante militare è l’on. Cino Moscatelli, agli ordini del triumvirato politico-militare Longo-Sereni-Grieco, esponenti della sezione del Comintern Lubiana-Ginevra-Lisbona. L’apparato dispone di numerosi camion, auto, depositi di alimentari e mezzi di comunicazione. Ha cellule alla Stipel e altre compagnie telefoniche per intercettare le autorità civili e militari, nelle varie branche del servizio pubblico [guardie civili e notturne, pompieri e guardia di finanza], nella polizia e persino in certi gruppi di carabinieri…’

    Chi sono i ‘misteriosi, gruppi di ‘fascisti’ che dal sud si trasferiscono al nord che la centrale jugoslava ha segnalato?… Si tratta dei primi nuclei della ‘Gladio Nera’ che vengono organizzati a Milano e nei più grossi centri dell’Italia Settentrionale, e il motivo di queste manovre è chiaramente illustrato nel memorandum:

    ‘… il piano comunista prevede uno sciopero generale in tutta Italia con la paralisi assoluta dei pubblici servizi e l’erezione di una barriera in Emilia e il Liguria, approssimativamente lungo la Linea Gotica, per prevenire l’arrivo al nord di truppe governative per ristabilire l’ordineuna sanguinosa insurrezione scoppierebbe inoltre simultaneamente a Milano, Torino e Genova con l’eliminazione delle persone il cui nome appare su liste speciali e degli ufficiali dei carabinieri e la neutralizzazione dei comandi e dei servizi militari…’

    Sembra quasi un anticipo, anche nei più minuti dettagli, del piano per l’eliminazione di comandanti militari, leader dell’opposizione e giornalisti non di sinistra [circa 6000 persone, compresi i loro famigliari], conosciuto poi come ‘Piano Z’, che venne ritrovato dai soldati cileni una settimana dopo il golpe militare dell’11 settembre del ’73 in casa del sottosegretario agli interni di Salvador Allende, Daniel Vergara. È di fatto il piano che i comunisti avrebbero voluto attuare nei giorni della ‘liberazione’ e, non avendolo potuto realizzare allora, lo hanno semplicemente rinviato ad un momento più favorevole. Che il piano sia velleitario e non esistano le condizioni per attuarlo, esattamente come è stato per il ‘Piano Z’ di Allende, non fa molta differenza. Per i servizi segreti italiani e americani è innegabile che il piano eversivo comunista esiste e lo stanno portando avanti:

    ‘… a Milano sembra che l’Apparato disponga di 25-mila uomini e sia stato rafforzato con una nuova organizzazione segreta chiamata Super Gap [con la sigla Gap erano designati in precedenza erano i ‘Gruppi Armati Patriottici’…- n.d.r.] … in seguito ad alcune riunioni di natura militare svoltesi nei giorni scorsi, il Pci e il comando generale della Brigata Garibaldi dell’Anpi hanno deciso di nominare commissari politici per i quartieri della città con l’esplicito compito di conferire loro un carattere politico unitario…’

    Alcuni di questi a caso: Cereda per la zona Bicocca, Maggi per la zona Centro, Tino Casali per la zona di Porta Venezia, Sangiorgio per Niguarda, Misicco per Porta Magenta, Cascella per Porta Ticinese.

    È l’idea di una nuova ‘Linea Gotica’, ben più che non le ‘giornate rosse‘ di Milano, Torino e Genova, che impensierisce il Dipartimento di Stato americano, che già nel settembre del ’46 aveva ricevuto dalla Ssu una telegramma che parlava di un ‘vertice segreto’ tenutosi a Milano tra Togliatti, Moscatelli e Pajetta:

    ‘… Moscatelli ha riferito che tutti i preparativi sono stati completati e che il nord è pronto per una insurrezione armata… fonti molto attendibili affermano che a Modena, Reggio Emilia, Parma e Bologna vi sono circa 10-mila comunisti armati che in caso di insurrezione si unirebbero a circa 40-mila ex-partigiani della Brigata Garibaldi… i 10-mila rappresentano il fior-fiore della forza insurrezionale, alla quale sarebbero assegnati i compiti più importanti, come l’eliminazione fisica dei leader politici avversari…’

    In questo clima di forte tensione e incertezza del futuro si arrirva al ‘fatidico’ ’48, che si rivelerà non meno drammatico e decisivo di quello di cento anni prima. Il 6 gennaio il console Bay, puntuale e preciso come sempre, trasmette all’ambasciata un rapporto aggiornato preparato grazie alle solite ‘fonti attendibili’, i cui agenti pare siano riusciti ad infiltrarsi in quello che Bay chiama il ‘Comando Generale Comunista’. Leggendo questo rapporto si ha la netta impressione che la ‘strategia’ dei comunisti sia cambiata e per la prima volta essi prendono in considerazione la possibilità di un ‘colpo di stato conservatore’:

    ‘… l’organizzazione militare del Pci ha preparato tre scenari. Il primo riguarda iniziative da prendere nel caso che il partito [da poco estromesso dal governo… - n.d.r.] sin trovi nella necessità di assumere con la forza le redini del governo. Secondo: resistenza armata da opporre ad un regime antidemocratico nel caso esso prenda il potere in qualsiasi maniera. Terzo: i provvedimenti da adottare in caso di immediata lotta clandestina. Il piano 1 contempla l’occupazione dei centri più importanti, come palazzi e impianti pubblici, caserme, etc…, il blocco di tutte le vie di comunicazione e la caccia a tutti i nemici politici, con l’eliminazione di quelli più pericolosi. Contempla anche l’immediato insediamento di ‘consigli popolari’ temporanei con ampi poteri, oltre che l’immediato assoggettamento delle forze armate al controllo di commissari politici nominati dal ‘comitato nazionale’il comandante provinciale [ per Milano… - n.d.r.] sarebbe l’onorevole Francesco Scotti, assistito dall’onorevole Giancarlo Pajetta…’

    Secondo le fonti informative mentre il primo scenario è stato approvato all’unanimità dai comunisti, il secondo è passato dopo un acceso dibattito e con più di un voto contrario:

    ‘… Il piano 2 si basa sulla lotta armata di bande nascoste sulle montagne e di forti gruppi terroristici nelle città. Il piano prevede l’apertura di basi operative in otto località montagnose della Lombardia e di depositi di alimentari e materiale vario in aree facilmente raggiungibili ed inoltre il trasporto e rifornimento di numerose formazioni armate. Sono state programmate anche comunicazioni radio tra le diverse unità… si segnala l’esistenza di un deposito di armi nel magazzino numero 1 della società Edison di Piazzale Cenisio [Porta Volta] a Milano…’

    Il terzo scenario è descritto come un’emergenza che impone un’immediata apertura di un fronte di lotta clandestino. A leggere il rapporto di bay sembra che i comunisti, tanto abili nel pianificare la rivoluzione, siano impreparati a fronteggiare un eventuale colpo di stato conservatore. Probabilmente il Pci si è reso conto che la ‘Gladio Nera’, protetta dalle autorità italiane e dagli americani, sta pian piano penetrando ovunque e che gli alti comandi militari sono ormai in grado di controllare qualunque loro eventuale iniziativa… in altre parole si rendono conto del fatto che il momento favorevole per la presa del potere con le armi è già passato nella primavera del ’45, ora è già irrimediabilmente troppo tardi ed occorre passare da una strategia offensiva ad una difensiva, come si arguisce dal piano 3 che delinea quasi uno scenario di disfatta:

    ‘… Il piano 3 prevede al momento i punti di incontro, i mezzi di comunicazione, le tipografie clandestine e gli spostamenti strategici dei reparti attivi… se necessario i leader del partito verrebbero trasferiti in paesi stranieri amici, mentre l’organizzazione armata continuerebbe ad operare clandestinamente…’

    E’ come si vede uno scenario quasi di sconfitta e viene da chiedersi che cosa ha determinato questo improvviso cambiamento di rotta. Gli autori affermano che per poter dare una definitiva risposta a questi interrogativi occorrerebbe avere accesso a documenti tuttora coperti dal segreto della Cia, dei servizi segreti italiani, sulle cui informazioni gli americani non dimentichiamo si basavano, nonché del Cremlino. Di fatto i comunisti comprendono che di colpo le loro possibilità si sono esaurite e occorre pensare alla difensiva e i fatti daranno loro ragione. Il ’48 li vede infatti perdenti su tutta la linea, prima con la disfatta elettorale, poi con l’attentato a Togliatti e infine con l’emarginazione permanente. Certamente il colpo di mano di De Gasperi, che li ha allontanati definitivamente dalla ‘stanza dei bottoni’ aveva avuto conseguenze per loro gravissime e di lunga portata e da quel momento vivranno relegati all’opposizione per oltre 45 anni.


    Abbiamo così presentato al lettore una cospicua quantità di documenti e non è difficile convincersi che il loro numero è troppo alto e il loro contenuto troppo preciso e dettagliato per poter pensare che tutto sia una ‘invenzione’ dei servizi segreti, dei massoni o dei creatori di ‘trame nere’. Per questo anziché fornirne altri al lettore, cosa che del resto sarebbe facile a farsi, ci poniamo piuttosto una ‘ovvia’ domanda: Togliatti, allora ministro guardasigilli e uno dei più autorevoli ‘padri’ della nostra democrazia, sapeva di tutto questo? … attendeva il momento propizio per impadronirsi del potere con la forza o invece si serviva dello spauracchio dell’insurrezione per ricattare De Gasperi, anche se da lì a poco questi, ricatto o non ricatto, lo caccerà fuori dal governo?… Dal momento che si sta parlando di un qualcosa che poteva accadere ma non è accaduto, esattamente come è successo in Cile nel settembre del ’73 allorchè è impossibile stabilire che cosa sarebbe successo se Pinochet non avesse deciso di intervenire, vale a dire se in questo caso il ‘Piano Z’ sarebbe o no stato attuato e con quali risultati, ognuno potrà avanzare una propria tesi senza che sia possibile smentirlo. Del resto anche i pareri americani e italiani all’epoca non erano unanimi, come si può desumere dalle seguenti considerazioni trasmesse dall’ambasciatore Dunn al Dipartimento di Stato:

    ‘… è possibile che un’azione militare diretta comunista sia prospettata a bella posta dal Pci per generare paura in Italia e intimidire il governo… non saremmo sorpresi nel vedere un aumento della violenza politica nell’immediato futuro per mettere in imbarazzo De Gasperi… non siamo però inclini a credere che il Pci userà la forza fino a che riterrà possibile la conquista del potere con mezzi legali…’

    Sia come sia su due cose non è permesso dubitare. La prima è che dall’avvento di Truman in poi gli Stati Uniti presero la decisione di non permettere mai in ogni caso, con le buone oppure con le cattive se necessario, ai comunisti di governare l’Italia. In questo senso [e solo in questo senso si badi bene] dobbiamo essere grati allo ‘Zio Sam’ per averci di fatto risparmiato la catena di orrori senza fine che sempre ha accompagnato il ‘socialismo reale’ ovunque abbia messo piede in modo definitivo. La seconda è che, mi si perdoni la frase presa in prestito dai Pm di ‘Mani pulite’ , Togliatti assolutamente ‘non poteva non sapere’ dei piani di conquista violenta del potere che i comunisti hanno tenuto per quattro buoni anni , dal ’44 al ’48, ‘nel cassetto’ e questo per il semplice motivo che lui li aveva patrocinati ed approvati. Stabilito queste due verità, che tali sono piacciano o no a qualcuno, altri interrogativi sorgono spontanei: perché le autorità italiane e americane non adottarono drastiche misure, non eseguirono arresti in massa e non misero, in base agli elementi che avevano a disposizione, sotto processo i capi comunisti?… perché preferirono custodire il segreto e affidare ad un’altra organizzazione clandestina, la ‘Gladio Nera’, il compito di fronteggiare in caso di necessità la ‘Gladio Rossa’?… La risposta a questi quesiti, se ci si pensa un attimo, è abbastanza semplice. In primo luogo le tensioni sociali economiche e politiche in Italia erano tali che un intervento del genere sarebbe sicuramente sfociato in una nuova guerra civile ed in un nuovo bagno di sangue. In secondo luogo perché Roma e Washington non volevano scoprire le proprie carte e avevano deciso che avrebbero agito solo se fossero stati i comunisti a compiere la prima mossa. Infine a quel tempo si era assistito al precipitare degli eventi in Cecoslovacchia, paese riconosciuto sotto la ‘potestà’ di ‘Zio Joe’, e lì i comunisti avevano conseguito senza colpo ferire il potere con un colpo di stato… non è impossibile che ci sia stato un patto sotterraneo tra lo ‘Zio Sam’ e lo ‘Zio Joe’, a me Praga e a te Roma.

  7. #57
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    Predefinito sempre a proposito di 'storiografia scientifica'...

    I giornalisti del Corriere della Sera Ennio Caretto e Bruno Marolo non sono i soli ad avere consultato la documentazione degli archivi di Washington desecretata nel '95. Un analogo lavoro è stato fatto anche da un illustre accademico italiano, il professor Salvatore Sechi, ordinario di storia contemporanea all'Università di Ferrara. La cosa dovrebbe essere a conoscenza dell'egregio ragionier PierFrancesco, assiduo lettore di Nuova Stopria Contemporanea, la rivista degli 'storiografi scientifici' della cui schiera egli, si sa, è uno dei più validi esponenti [... ], come si desume dal seguente articolo di La Padania dell'estate del 2000...

    al solito... buona lettura!...




    Un'altra delle poche immagini che sono riuscito a trovare del 'comandante' Cino Moscatelli, qui fotografato insieme con gli elementi di un nucleo di partigiani della Valsesia


    da La Padania 11 luglio 2000

    Da un archivio segreto emergono novità sulla 'Gladio rossa'

    Stucchi: 'è la prova di uno spirito illiberale'

    La Cia: 'esisteva un esercito del Pci'


    L’esercito rosso esisteva e nel1947 poteva contare in Italia tra le 100 e le 220mila unità attive. A guidare l’apparato para-militare del Pci sarebbero stati ‘uomini di fiducia del Comintern’, inseriti negli organismi dirigenti, centrali e locali del partito. Si trattava complessivamente di dieci ‘fiduciari’ di Mosca, di cui tre presenti ai massimi gradi nel comitato centrale esecutivo: Pietro Secchia, Ruggiero Grieco e Girolamo Li Causi. Consigliere per le materie militari sarebbe stato l’ex capo partigiano Cino Moscatelli, ex dirigente nella Valle dell’Ossola. A fornire indicazioni su quella che qualche studioso ha definito la ‘gladio rossa’ sono due documenti top-secret americani del febbraio 1947 rintracciati nei National Archives di Washington dal professor Salvatore Sechi, ordinario di storia contemporanea all’Università di Ferrara, di cui dà notizia la rivista Nuova storia contemporanea. Nei due documenti [recentemente desegretati] inviati dall’ambasciata americana a Roma al Dipartimento di Stato a Washington si precisava che ‘con il termine generale di apparato noi intendiamo l’organizzazione armata [difensiva –offensiva] che il partito ha creato, a cominciare dalle formazioni partigiane Garibaldi, che durante il periodo della Resistenza erano composte quasi esclusivamente da comunisti. Contrariamente a ciò che è capitato ad altre organizzazioni partigiane, le Brigate Garibaldi hanno mantenuto una buona parte della loro unità e la capacità di continuare’, si legge in uno dei rapporti, che ricorda come gli armamenti dell’esercito rosso provenivano dalle armi non riconsegnate alle autorità dagli ex partigiani comunisti. Secondo i diplomatici Usa in Italia, a mettere insieme i vari pezzi dell’esercito rosso sarebbero stati ‘i professionisti del periodo della lotta clandestina durante il fascismo, gli ex partigiani della Brigata Garibaldi e molti iscritti dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani’. I servizi segreti americani operanti in Italia avevano individuato anche i centri di addestramento dell’organizzazione comunista: in Emilia Romagna [le province di Bologna, Modena, Parma, Reggio, Ravenna e Forli], in Toscana [Pistoia, Firenze, Massa Carrara e Siena], in Liguria [la provincia di Genova soprattutto] e in Piemonte [le province di Novara, Asti e Alessandra]. Le munizioni erano ‘in genere ben conservate’, con riserve di armi da fuoco automatiche, di mitragliatrici e di piccoli cannoni [‘da troppo tempo inutilizzati’]. I depositi bellici si stavano tuttavia ‘riducendo a causa delle perdite [dovute per esempio alle azioni di confisca delle forze armate] e non erano compensate da nuove acquisizioni’.

    In caso di guerriglia, l’esercito comunista ‘si è assicurato un quantitativo di colpi sufficiente a superare il punto critico sino all’arrivo di nuove forniture’, scrivevano i diplomatici statunitensi. ‘Per via induttiva si può giungere alla conclusione che in caso di emergenza il partito può contare sul supporto di 100-130mila persone armate di cui circa un terzo equipaggiate con armi da fuoco automatiche efficaci e circa due terzi poveramente dotate’, si leggeva negli stessi rapporti top-secret. Gli agenti americani in servizio a Roma e Milano ritenevano che, nonostante la rivoluzione comunista in Italia fosse stata ‘annunciata molte volte’, ‘lo spirito dei partigiani è alto e l’ardore di combattere assai buono’. I membri dell’organizzazione para-militare non erano armati individualmente, ma ognuno di essi faceva parte di un nucleo, le cui armi erano nascoste in depositi sotterranei nelle periferie di varie città. L’apparato del Pci sarebbe stato collegato ’con la missione militare russa’ a Milano.
    E tra i compiti dell’apparato, ci sarebbe stato anche ‘l’eliminazione di carabinieri e delle persone incluse in liste speciali’. Riguardo queste importanti novità giunta dall’America e destinate a gettare nuova luce sulla storia del dopoguerra e della Guerra Fredda in Italia, abbiamo interpellato Giacomo Stucchi, deputato leghista e neo-membro del Comitato di controllo sui Servizi segreti. ‘Se i presupposti sono questi e la documentazione conferma quanto si sapeva senza prove, verrà finalmente smascherata la campagna pretestuosa montata della sinistra su Gladio. Soprattutto questo servirà a far emergere i reali rischi di golpe, di destra e di sinistra, che hanno attraversato l’Italia di quegli anni. Ma il dato fondamentale, a mio avviso, è l’emergere chiaro dello spirito illiberale della sinistra comunista, pronta ad usare le armi per guadagnare il potere visto che elettoralmente non ne era in grado. La cosa preoccupante è che i ‘nipotini’ di questi signori ora sono al governo del Paese’.



    Borgosesia [Vercelli], 3 novembre 1981. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, visibilmente rattristato, alla cerimonia funebre di Cino Moscatelli. Dietro di lui, non meno affranti, i vertici del Pci, primo fra tutti Enrico Berlinguer.



    --------------

    Nobis ardua

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  8. #58
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    Predefinito

    Confermo che il Sechi è una delle mie fonti (circa i miei post sulla storia del comunismo italico e internazionale) e uno degli studiosi che preferisco, come risulta dal 3d in rilievo. Sono anche altri gli articoli e i testi interessanti del Sechi sulla questione, tutti di notevole spessore e documentatissimi. IL Sechi è stato anche consulente sulla questione Gladio Rossa per la Commissione Stragi della precedente legislatura.

    Shalom!

  9. #59
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    Predefinito e che fa la Procura di Roma?... è ovvio!... archivia!...

    Che ne è stato della 'Gladio Rossa' dopo gli anni '40?... per quanto tempo è stato tenuto in piedi l'apparato militare del Pci, pronto da un momento all'altro ad entrare in azione?... da chi è stata supportato?...

    Sono interrogativi questi ai quali alcuni competenti studiosi hanno cercato di fornire risposta, ma il loro lavoro è stato duramente osteggiato sia dalla Commissione Stragi [presieduta, guarda caso, dal comunista Pellegrino...] sia dalla Procura di Roma, che hanno bellamente 'archiviato' tutto il loro lavoro...

    Ho già parlato in precedenza del recente ritrovamento in Liguria, nelle vicinanze di Savona, di un deposito di armi appartenute con ogni probabilità alla 'Gladio Rossa'. Traente spunto da quella notizia, ecco per voi un interessante articolo comparso sull'ultimo numero della rivista Area...

    al solito... buona lettura!...




    Fernando Tambroni, presidente del consiglio nella 'calda estate' del 1960


    La procura di Roma archivia mentre in Liguria saltano fuori i 'nasco' dell’Apparato paramilitare del Pci

    I fantasmi della Gladio Rossa

    di Paul J. Cooper


    Oltre cento fucili, pistole, munizioni e almeno venti ordigni da mortaio. Questi i rarefatti dati sul nascondiglio di armi scoperto in una grotta a Ciatti di Lavagnola, alla periferia di Savona, alla fine di ottobre. L’arsenale è stato scoperto grazie ad una lettera anonima spedita alla redazione di Genova de Il Giornale. L’ignoto ma informatissimo estensore della missiva ha fornito elementi e riferimenti molto precisi su come e dove andare per portare alla luce questo ‘nasco rosso’, così erano chiamati i luoghi segreti utilizzati dagli elementi della Gladio Rossa per occultare armi e materiali bellici nel dopoguerra in vista di una possibile insurrezione armata. Proprio i riferimenti alla struttura paramilitare clandestina collegata al Pci fatti dal mittente della lettera anonima hanno dato corpo all’ipotesi che quel materiale fosse proprio nella disponibilità dell’organizzazione occulta comunista.
    Questa è per lo meno l’ipotesi sulla quale stanno lavorando gli investigatori, dopo che la procura di Savona ha aperto un’inchiesta sulla vicenda. Il reato ipotizzato al momento è quello di porto e detenzione abusiva di armi a carico di ignoti. Il fascicolo aperto dall’autorità giudiziaria ligure dovrà stabilire tra l’altro se quelle armi e quei materiali bellici potessero servire per un’insurrezione comunista. Sul punto tuttavia i magistrati si sono dimostrati alquanto cauti: ‘… dobbiamo ancora acquisire documenti, racconti e testimonianze – ha precisato a caldo il procuratore Vincenzo Scolastico- prima di procedere a carico di eventuali rivoluzionari collegati alla Gladio Rossa…’. Le indagini, per la cronaca, sono state affidate al reparto operativo dei carabinieri della compagnia di Savona. Va ricordato che, dopo il rinvenimento del sito, i militari hanno provveduto alla distruzione dell’arsenale. Nello stesso periodo alcuni ex-partigiani della zona, interpellati da altri quotidiani in merito al ritrovamento del ‘nasco rosso’, hanno negato che le armi fossero state nascoste lì da protagonisti della guerra di liberazione in Liguria.

    Vale la pena di ricordare, almeno per quanto riguarda il quadro delle coincidenze storiche, che proprio in Liguria la rete della Gladio Rossa entrò in azione segnando uno dei momenti più critici dell’intera storia italiana. Siamo a fine giugno del 1960. Dopo il fallimento della formula centrista inaugurata dodici anni prima da Alcide De Gasperi, il democristiano Fernando Tambroni, nato nel 1901 ad Ascoli Piceno, già ministro del bilancio e dell’interno, legato al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, vara il suo governo sostenuto dai voti monarchici e del Msi e consente ai dirigenti di quest’ultimo di celebrare il congresso del partito, in programma per il 2 luglio, proprio a Genova, città ‘medaglia d’oro’ della resistenza, storicamente e tradizionalmente ostile al fascismo. Il congresso finì con l’essere annullato ma ciò non ostante la reazione dell’apparato comunista fu immediata e violentissima. Oltre 100-mia persone vennero mobilitate in piazza e lo scontro con le forze dell’ordine fu durissimo e drammatico. Nel volgere di poche ore in città come Reggio Emilia, Roma e Palermo la Gladio Rossa riuscì a creare le condizione di un pre-golpe, mobilitando centinaia di migliaia di persone e mettendo in crisi le strutture dello Stato. E questo non solo in Liguria, ma in particolare in Emilia-Romagna, Marche, Toscana, Umbria e Lazio. Questa sorta di Linea Sigfrido marxista-leninista nell’Italia Centrale spaccava in due il Paese, inscenando un clima di guerra civile che avrebbe dovuto portare all’abbattimento dell’ordinamento costituito [ritenuto espressione corrotta della borghesia, del padronato, delle lobby di potere, colpevoli e responsabili dello sfruttamento delle classi lavoratrici] e della presa di potere da parte del proletariato.

    I fatti del giugno 1960 costituiscono uno dei momenti più delicati e forse meno scandagliati della storia patria contemporanea. A questo punto agli inquirenti spetta il compito di verificare se l’arsenale di Savona sia in qualche modo collegato con l’apparato militare del Pci e con i moti insurrezionali del 1960. Pochi giorni prima che in Liguria venissero portati alla luce questi straordinari reperti della guerra fredda, a Roma la procura della Repubblica chiedeva l’archiviazione del procedimento penale scaturito dalla relazione elaborata dal prof. Gianni Donno [Alle origini del terrorismo in Italia. La Gladio Rossa del Pci, 1945-967, corredata con 180 documenti inediti, in gran parte provenienti dagli archivi del ministero dell’interno] , consulente della disciolta Commissione Stragi, alla fine del febbraio 2001. ‘Non sono stati trovati elementi di rilevanza penale’, questa è la motivazione, articolata per cinque pagine, che il sostituto procuratore Franco Ionta ha addotto per chiedere di mandare in archivio il fascicolo aperto a metà mese di marzo dello scorso anno, dopo l’invio dell’elaborato a Roma da parte dell’allora vice-presidente della Commissione, senatore Vincenzo R. Manca.

    Il documento Donno tra l’altro evidenziava che, per oltre un ventennio, dal 1945 fino almeno alla metà degli anni sessanta, la Gladio Rossa elaborò progetti e concrete iniziative che ‘come fine ultimo hanno avuto in ogni caso il ribaltamento dello stato democratico quale si era venuto faticosamente a creare in Italia secondo il modello delle liberaldemocrazie occidentali, dopo la tragica esperienza del fascismo e della guerra’. A parere di Manca la relazione sulla Gladio Rossa del prof. Donno ha fornito alla Commissione ‘copiosi ed inquietanti elementi per riscrivere le pagine rosse della nostra storia eversiva e terroristica’. L’allora senatore di Forza Italia riteneva che dalla documentazione reperita e allegata alla relazione emergessero chiari motivi per riproporre all’autorità giudiziaria l’esame dell’opportunità di riaprire l’indagine giudiziaria sulla Gladio Rossa, archiviata il 6 luglio 1994 dal Gip Claudio D’Angelo [otto mesi prima dell’arrivo al Sismi dei primi report del materiale Impedian, il cosiddetto Dossier Mitrokhin], su richiesta dello stesso Pm Franco Ionta. Come si è visto però tutti questi elementi alla base dello studio del prof. Donno ed evidenziati dall’allora vice-presidente dell’organismo parlamentare sul terrorismo e le stragi non hanno suggestionato la consapevolezza giudiziaria della procura di Roma, la quale, sulla base di fredde valutazioni tecniche, ha ritenuto di spedire in archivio tutto l’incartamento, ritenendo del tutto insufficienti ed inconsistenti le ‘fonti di prova’ prodotte da Donno per poter affrontare e sostenere un eventuale esame dibattimentale.

    La storiografia, patendo l’ennesima valutazione negativa della magistratura, rischia però ancora una volta di vedersi inibita [seppure indirettamente] la possibilità di poter costruire, con animo sereno ma determinato, le pagine più oscure e cruciali della storia recente. In questo senso, visto che negli ultimi anni la ricostruzione storica si è pericolosamente allineata e appiattita sulle tesi giudiziarie, il mancato o parziale riscontro giudiziario sul più vasto, potente, insidioso e fuorilegge apparato paramilitare clandestino attivo nell’Europa Occidentale dalla fine della seconda guerra mondiali rischia di compromettere ogni ulteriore tentativo di approfondimento.





    Giugno 1960. Piazza de Ferrari a Genova messa a ferro e fuoco dalle organizzazioni comuniste in rivolta contro il programmato congresso dell'Msi




    Reparti della Celere schierati per arginare i violenti tentativi di insurrezione nelle strade di Genova




    25 giugno 1960. Comizio in piazza Bianchi nei giorni della rivolta di Genova



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  10. #60
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    Predefinito ... ora qui, ora là, qualcosa viene sempre alla luce...

    Per evitare che certe 'verità scomode' tornino fuori tutte le scuse sono buone...

    Da Libero di ieri... buona lettura!...


    L’arsenale dei partigiani divide due comuni dell’Emilia. E c’è chi ha paura…

    Le armi che i Ds non vogliono consegnare

    di Elisa Calessi

    Ferrara – Al confine tra le province di Ferrara e Ravenna, terra piatta di mais e cooperative, si ambienta il giallo di un arsenale partigiano nascosto. E nessuno, per una questione di soldi, nomi e confini, ha voglia di scoprirlo. E’ la zona del cosiddetto ‘triangolo della morte’, tra Giovecca, Lavezzola e Voltana. Uno scampolo di terra tra Emilia e Romagna. In queste campagne durante la seconda guerra mondiale combattè la ventottesima brigata Garibaldi, una delle più note formazioni partigiane. Dopo il 25 aprile qui, come del resto in tutta l’Emilia, si trascinò per almeno due anni la resa dei conti tra partigiani e repubblichini, tra ‘rossi’ e ‘neri’, tra i ‘vincitori’ e chi, a torto o a ragione, si riteneva fosse un nemico o un traditore. Morirono anche decine di preti e di gente che con il fascismo non aveva nulla a che fare. A Campotto, paesino tra il Ferrarese e il Ravennate, c’è in via Sillaro una cascina. Nell’agosto del 1995, grazie a una ‘soffiata’, i carabinieri di Comacchio scoprono sotto il pavimento un vero e proprio arsenale. Si tratta di armi di partigiani, sotterrate subito dopo la guerra in previsione di una rivoluzione che doveva di lì a poco venire. Otto anni dopo in quella casa si continuavano a sentire strani odori di metallo ossidato e di olio. L’odore tipico di vecchie armi e del liquido usato per conservarle nel tempo. Nella cascina vivono ora la signora Carmen Gualtieri, 65 anni, il figlio sposato e la sua famiglia. Tre anni fa, dopo infinite insistenze, sono arrivati gli artificieri da Padova. Il metal detector ha rivelato lì sotto grande quantità di metallo. Si sarebbe dovuto a quel punto scavare ma la signora Carmen racconta che non si è fatto nulla. ‘… quegli odori continuano a sentirsi più di prima…’, ma di quell’arsenale nessuno si è più interessato. O meglio, c’è un contenzioso in corso tra due comuni e una cooperativa riguardo a chi debba tirare fuori i soldi per scavare.
    Eppure sono in molti a ritenere che là sotto ci possa essere qualcosa di interessante. Ridolfo Ridolfi, consigliere regionale di Forza Italia, ha presentato alcuni giorni fa un’interrogazione per sapere come mai tutto è fermo. Lì potrebbero essere sepolti anche resti umani. Racconta Ridolfi: ‘… i vecchi di queste parti sanno benissimo che la zona è piena di fosse comuni. Alcune sono state trovate. Altre, penso a quella vicino al Canale dei Molini, non sono state toccate…’. A pochi chilometri da Campotto c’è il Ponte della Bastia, che fu il quartier generale di una brigata partigiana. Finita la guerra, racconta sempre Ridolfi, questa era terra di nessuno. Si continuò per molto tempo ad uccidere e a seppellire. In certi casi si sa anche dove. Nessuno però scava. I perché sono tanti.
    Torniamo alla cascina. Il terreno è nel territorio di Argenta, comune del Ferrarese. La proprietà e della Cooperativa Braccianti Agricoli di Lavezzola, frazione di Conselice, nella provincia di Ravenna. Quelli di Argenta così non ne vogliono sapere. ‘… è una proprietà privata – spiega il sindaco ulivista Andrea Ricci- e quindi deve pensarci la cooperativa…’. Questa rimbalza la palla al comune di Conselice, retto da una giunta ‘rossa’. Il municipio ravennate però non ci sente: il territorio è di Argenta, se la sbrighino loro o i proprietari. Intanto l’arsenale resta lì.’… è come con le fosse comuni – spiega la signora Carmen – mancano sempre dei timbri e così non si scava…’. Non è soltanto, come si potrebbe pensare, un problema di amministrazioni ‘rosse’. La gente da queste parti pare non abbia voglia di parlarne. ‘… ha presente il sottovuoto?…’, dice la signora Carmen. Lei è nata a Cesena e si è trasferita qui vent’anni fa col marito e due figli. ‘… trovai lavoro nella cooperativa e così mi hanno dato in affitto la casa. Cosa ne sapevo io dei partigiani?… a saperlo non ci venivo ad abitare…’. Se insite troppo passa per quella che vuol disturbare i morti e pure i vivi. Nessuno ha interesse, ci spiega, a tirar fuori delle vecchie armi, e con quelle vecchi nomi. Il punto è proprio questo. Mettiamo che la sotto si trovi qualcosa di più che non qualche mitra. Mettiamo che ci siano, come dicono qui, dei ‘cristiani’. Il fatto è, racconta, che in tutte quelle case ci sono figli e nipoti di partigiani. La maggior parte dei quali, e i vecchi ricordano i nomi, non proprio galantuomini. Tra i figli qualcuno ha fatto carriera, magari come consigliere o dirigente di una cooperativa. Ce ne sono tante da queste parti. La signora Carmen la spiega così: ‘… la greppia è una. Se ci sputi dentro non hai più da mangiare…’. Chi ci prova viene visto male. Così l’arsenale di Capotto, con i suoi mille ettari di podere intorno alla resta intoccato… o intoccabile…



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