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  1. #71
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    Originally posted by babar


    Il protocollo che prevedeva la ruralizzazione [la pastorizzazione UHT la serbiamo per ben altrie occasioni] della Germania , mi sembra fosse stato stilato da Morgenthau.

    Per il resto, l' etnia della quale lei parla, ha rinunziato a qualsiasi forma di vendetta alla quale avrebbe avuto tutti i diritti.

    In ogni caso, far assaggiare un pò di piombo ai tedescotti , a mio parere, è stata un' ottima idea.

    b.
    Sul primo punto ha ragione. Kaufmann scrisse "Germany Must Perish"!
    Quello della pastorizzazione era Morgenthau (sempre lì siamo).

    Per il resto, non credo proprio che quella etnia abbia "rinunziato alla vendetta": basti vedere il progettato avvelenamento degli acquedotti tedeschi (se ne è parlato in diversi documentari, e anche in una puntata del programma ebraico "Sorgente di vita", mi pare), e l'avvelenamento di centinaia di prigionieri tedeschi in un lager sorvegliato da ebrei tramite panini spalmati di burro e veleno. Basti pensare agli eccidi e alle brutalità che gli ebrei (tutti commissari comunisti, come prima della guerra) compirono sui civili e prigionieri tedeschi nei territori dell'ex-Governatorato preso dai Sovietici - di cui parla John Sack (ebreo) in "Occhio per occhio".
    Se non fecero altri massacri (perlomeno a noi noti) è solo perché gli alleati non glielo permisero.
    Senza contare la vendetta più importante: il ricatto economico di milioni e milioni di marchi con cui si sono costruiti il loro staterello.
    No, non credo proprio che a quella etnia la vendetta faccia così schifo...

  2. #72
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    Gli ebrei sarebbero un'etnia? Che comprende ebrei gialli, ebrei neri (falascià), ebrei biondi, ebrei mori......veramente ammirevole. Ma la storia dell'ebraismo e degli ebrei, del proselitismo ebraico, delle varie diaspore...la conoscete?
    Il problema della natura delirante dell'antisemitismo biologico o comunque etnico sta appunto non solo nella sua perversione morale e idiozia storica, ma nella sua insostenibilità scientifica.
    Le leggi razziali italiane non furono una misura di "sicurezza nazionale", ma furono intimamente connesse con la svolta razzista del regime, correlata con la conquista "dell'Impero" e le notizie di fraternizzazione ...anche sessuale, fra italiani e popoli colorati dell'Abissinia, che in qualche modo preoccuparono il Regime e il Duce per "l'integrità della stirpe" italiana. Furono altresì parte integrante della retorica della coeva campagna "antiborghese" e uno strumento di politica opportunistica nel contesto dell'alleanza con la Germania Nazionalsocialista, le cui dottrine folli non venivano ora più guardate dal Mussolini con quel "sovrano disprezzo" che in qualche modo gli fece onore solo pochi anni prima.
    Fin dal 1937 fanatici antisemiti del fascismo italiano, sino ad allora tacitati o emarginati, come il Preziosi e l'Interlenghi, saranno gradualmente....sciolti dal guinzaglio.
    Il famoso manifesto degli scienziati razzisti, che non è affatto un'iniziativa spontanea visto che fu redatto con l'alto patrocinio del Ministero della Cultura è dell'agosto 1938 mentre la promulgazione delle leggi razziali antisemite è del settembre 1938.
    Del resto se proprio si dovesse aderire alla tesi "revisionistica" sulla natura "preventiva e cautelare" della legislazione antisemita, si dovrebbe egualmente giungere alla conclusione che il tardo fascismo italico aveva aderito "finalmente" alle deliranti tesi razziste sul complotto ebraico mondiale e alla paranoica definizione della inesistente "razza ebraica" prodotta d'altrui.
    Circa gli effetti della legislazione antisemita ricordo con il De Felice che " per la maggioranza degli ebrei italiani la persecuzione non fu solo un fatto materiale ma anche, e forse soprattutto, un fatto morale. I danni economici, le carriere spezzate possono essere risarcite, le ferite col tempo possono cicatrizzarsi, il dolore stesso per i congiunti più lenirsi davanti alla considerazione generale dell'immanità della tragedia abbattutasi sull'umanità intera; ciò che non può essere risarcito, cicatrizzato, lenito è il dramma morale di italiani che erano tali, si sentivano tali, volevano essere tali e nel giro di poche settimane si videro negare ciò senza alcun motivo ".
    Non vi era uno Stato di guerra con un presunto Stato Ebraico, non vi era neppure uno Stato Ebraico, non esiste una razza ebraica, molti ebrei erano tali perchè figli o nipoti di persone di religione ebraica nel frattempo divenuti atei, agnostici, cattolici, protestanti, marxisti, fascisti . Taluni non ricordavano neppure di essere ebrei e non si ritenevano tali e riscoprirono il proprio "ebraismo" e ricostruirono una propria identità culturalmente ebraica ad esclusiva cagione delle becere e delittuose persecuzioni di un regime autoritario che stava per trascinare l'intero pase in una tragica avventura.

    Shalom!

    Shalom!

  3. #73
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    Originally posted by Pieffebi
    Gli ebrei sarebbero un'etnia? Che comprende ebrei gialli, ebrei neri (falascià), ebrei biondi, ebrei mori......veramente ammirevole. Ma la storia dell'ebraismo e degli ebrei, del proselitismo ebraico, delle varie diaspore...la conoscete?
    Guarda che a quanto ne so io falasha non è considerato proprio gentile. Meglio figli d' Israele.

    Per il resto hai ragione ma mi tocca parlare di processi lattiero caseari e le cose importanti sfuggono.

    b.

  4. #74
    SENATORE di POL
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    Riguardo alla promulgazione delle leggi razziali e alla svolta antisemita del Regime mussoliniano scrive lo storico triestino Fabio Cusin nella sua "Antistoria d'Italia" (scritta nel 1943/44 e ultimata prima della sconfitta dell'Asse nella seconda guerra mondiale):
    " Il periodo critico si apre con la campagna antisemitica. Il Capo aveva dato ordine di preparare questa azione già alcuni mesi prima, malgrado i molti assai dubbiosi sulla opportunità di una simile iniziativa. Ne' erano mancati i disposti a finacheggiare l'azione grazie ai sussidi di diretta fonte tedesca, ai cui occhi appariva chiaro che la politica antisemita era garanzia di partecipazione nella politica internazionale a loro fianco.
    Però il Mussolini, con la consueta slealtà, aveva dato più volte assicurazione a chi se ne preoccupava che non sarebbe mai stato fatto nulla di positivo. Invece per quel fatale indirizzo, ormai irresistibile dopo il marzo 1938, aveva già deciso che la cosa dovesse arrivare a fondo. Nel luglio di quell'anno scoppiò improvvisa la campagna ufficiale antisemita. Fu un colpo per la reazione, per gli elementi tradizionalisti e conservatori, ma anche per il predominante italico buon senso. Perchè? Per quale ragione? A che scopo? La risposta che faceva chiudere la bocca alla congenità viltà e al servilismo tradizionale erano le parole: l'amicizia tedesca impone così!
    (..)Ma più sintomatico il fatto che l'antisemitismo era inconcepibile per la gran parte della penisola, chè gli ebrei, ignoti quasi nell'Italia meridionale, poca noia davano nelle regioni ex papaline (...) più sensibile la loro presenza nel commercio, nelle professioni dei grossi centri e qui riaffiorava forse qualche traccia antisemitica propria ai settori meno civili dell'Europa centrale, e si poteva trovare qualche addentellato polemico nella concorrenza commerciale e professionale. Partecipanti quasi tutti ai ceti borghesi cittadini di più ricca tradizione, [gli ebrei italiani] erano per lo più elementi moderati ed equilibratori ; la tradizione familiare rendeva loro cara la memoria del Risorgimento a cui molti dei loro padri avevano partecipato attivamente, e nell'atmosfera quietista della vita nazionale non vedevano occasione a manifestazioni estreme e irrazionali, che sono generalmente il frutto di più acerbi contrasti tra l'animo e l'ambiente, ma davano l'esempio per essere ligi al dovere, fermi e costanti nel lavoro, ossequienti ai principi della consequenzialità della legge, rispettosi dei diritti altrui.
    Nei grossi centri facevano parte dell'elite di spirito più acuto ed era sintomatico il fatto che gli elementi più valorosi delle università italiane fossero prevalentemente di provenienza meridionale o semitica.
    L'intelligenza e il senso della giustizia e dell'onestà , avevano fatto sortire dalle loro fila parecchi antifascisti, ma la maggioranza costituita da commercianti era di forte spirito patriottico e, per acquiescenza ai costumi e alla forma della legalità e per senso del proprio tornaconto immediato, sublimato poi a categoria morale, favorevoli al regime fascista a cui avevano offerto anche uomini politici, giornalisti e tecnici non fra i peggiori . Tutti costoro furono presi irrimediabilmente di mira quali nemici della patria e del partito al potere, chè in fondo l'accusa suonava così, e si sparse in diversi settori un senso di disagio per l'evidente ingiustizia. Era la reazione che il Capo aspettava per ricalcare fieramente le parole ostentante un giorno per definire l'irrevocabilità della decisione della guerra all'Africa: ' anche sulla questione della razza noi tireremo diritoo'"
    .


    Cordiali saluti

  5. #75
    memoria storica di PoL
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    Predefinito l'uso più appropriato di certi 'testi storici' dovrebbe essere...

    originally posted by rag. PierFrancesco:

    ... riguardo alla promulgazione delle leggi razziali e alla svolta antisemita del Regime mussoliniano scrive lo storico triestino Fabio Cusin nella sua 'Antistoria d'Italia' [scritta nel 1943/44 e ultimata prima della sconfitta dell'Asse nella seconda guerra mondiale]...

    A quanto pare il nostro esimio ragiomoderatorcancellier, per sostenere le sue 'validissime tesi', non ha di meglio da fare che ricorrere au un libercolo da quattro soldi, nel senso letterale della parola, dal momento che mi risulta che il suo editore per venderne qualcuno e recuperare in parte le spese ha dovuto stamparlo in edizione economica alla fine degli anni '60, in pieno clima di 'contestazione' dove anche autentiche 'porcherie', purchè dichiaratamente 'antifasciste' s'intende, potevano contare sempre su qulache migliaio di imbecilli disposti a leggerselo e magari anche apprezzarlo.
    Per le persone di buon senso che non desiderano perdere il proprio tempo con letture di valore irrisorio, posso riassumere il due parole la 'tesi' contenuta nell'opera citata dello 'storico comunista' Fabio Cusin: il fascismo altro non è stato che l'espressione, adattata ai tempi e alle circostanze, della 'reazione' delle classi capitaliste e borghesi alla 'irresistibile ascesa' del socialismo.

    Ulteriori commenti mi paiono decisamente superflui...

    cordiali saluti!...

    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

  6. #76
    memoria storica di PoL
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    Predefinito la 'recensione'...

    Affinchè il gentile lettore possa apprezzare in pieno la 'qualità' della pubblicazione cui l'esimio nostro ragioniere fa fatto riferimento non vi è di meglio che pubblicare la 'recensione' dell'editore. Una semplice occhiata alla copertina è già sufficiente ad illustrare in pieno il 'contenuto' del libro, evitando al lettore intelligente la penosa fatica di una lettura tanto noiosa quanto poco formativa, nonchè naturalmente la seccatura di dover investire denaro con la prospettiva di così scadenti ritorni.

    cordiali saluti!...



    Questa 'Antistoria d'Italia' delinea un ritratto crudo e disincantato dell'italiano medio: 'asociale, indisciplinato, né conservatore né rivoluzionario, ma sempre tuttavia fazioso, perché i rancori fraterni non si dimenticano mai'. Un quadro per nulla idealistico, che Cusin, antifascista convinto, tratteggia senza illusioni né falsi pudori. E i difetti peggiori di questa italianità, l'autore li ravvisa in Mussolini. Utilizzando i suggerimenti forniti da discipline quali l'antropologia e la psicologia, il fascismo così non viene più letto come una 'parentesi' nella storia d'Italia, né come il frutto di un passato classista, ma piuttosto come 'espressione di una tendenza innata nell'anima della società italiana'.

    Titolo: 'Antistoria d'Italia'
    Autore: Fabio Cusin
    Casa editrice: Mondadori


    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC carlo Fecia di Cossato

  7. #77
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    Predefinito Re: l'uso più appropriato di certi 'testi storici' dovrebbe essere...

    Originally posted by Fecia di Cossato
    originally posted by rag. PierFrancesco:

    ... riguardo alla promulgazione delle leggi razziali e alla svolta antisemita del Regime mussoliniano scrive lo storico triestino Fabio Cusin nella sua 'Antistoria d'Italia' [scritta nel 1943/44 e ultimata prima della sconfitta dell'Asse nella seconda guerra mondiale]...

    A quanto pare il nostro esimio ragiomoderatorcancellier, per sostenere le sue 'validissime tesi', non ha di meglio da fare che ricorrere au un libercolo da quattro soldi, nel senso letterale della parola, dal momento che mi risulta che il suo editore per venderne qualcuno e recuperare in parte le spese ha dovuto stamparlo in edizione economica alla fine degli anni '60, in pieno clima di 'contestazione' dove anche autentiche 'porcherie', purchè dichiaratamente 'antifasciste' s'intende, potevano contare sempre su qulache migliaio di imbecilli disposti a leggerselo e magari anche apprezzarlo.
    Per le persone di buon senso che non desiderano perdere il proprio tempo con letture di valore irrisorio, posso riassumere il due parole la 'tesi' contenuta nell'opera citata dello 'storico comunista' Fabio Cusin: il fascismo altro non è stato che l'espressione, adattata ai tempi e alle circostanze, della 'reazione' delle classi capitaliste e borghesi alla 'irresistibile ascesa' del socialismo.

    Ulteriori commenti mi paiono decisamente superflui...

    cordiali saluti!...

    --------------

    Nobis ardua

    Comandante CC Carlo Fecia di Cossato
    Il profondo analfabetismo storiografico del mio contraddittore non arriva neppure alla conoscenza minima necessaria per evitare di cadere ancora una volta nel ridicolo. Fabio Cusin non è mai stato "comunista", ne' marxista, ma semmai del partito d'azione. La sua concezione del fascismo è tutt'altro che riconducibile al classismo ma piuttosto a quello che altri ha chiamato "l'autobiografia di una nazione". Del resto la cosa risulterebbe persino chiara dal testo che il nostro ha taglia-incollato che esclude una lettura meramente classista del fascismo da parte del Cusin. Ma non è detto che chi riporta un testo sappia...intenderlo.
    Ho citato il libro perchè complessivamente "controcorrente" e scritto prima della VITTORIA degli alleati sulle forze dell'ASSE. Quello che scrive il Cusin lo si potrà ritrovare in grandissima parte in DeFelice, tanto in "La storia degli ebrei italiani sotto il fascismo" che soprattutto nella sua monumentale biografia del Mussolini.
    Le leggi razziali non furono affatto una misura preventiva di sicurezza nazionale, semmai vi è in esse una componente di rivalsa contro "l'ebraismo internazionale" antifascista che aderisce però al delirio del complotto.
    Da ultimo una domanda, sanno i fascistelli chi era il generale Modena?

    Shalom!

  8. #78
    memoria storica di PoL
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    Predefinito la conoscenza non è monopolio dei ragionieri... per fortuna!...

    originally posted by rag. PierFrancesco:

    ... gli ebrei sarebbero un'etnia?... che comprende ebrei gialli, ebrei neri [Falascià], ebrei biondi, ebrei mori... veramente ammirevole. Ma la storia dell'ebraismo e degli ebrei, del proselitismo ebraico, delle varie diaspore...la conoscete?...

    E' tipico di tutti coloro che si sono assunti l'ingrato compito di difendere quegli esseri 'sventurati' e da sempre 'ingiustamente perseguitati' che sono gli ebrei sostenere da un lato la 'vergogna' delle 'leggi razziali' nonchè delle varie 'teorie della razza', salvo poi sostenere che in effetti gli ebrei non costituiscono una 'razza', nè una 'etnia', nè un 'popolo' nè una 'comunità religiosa' nè un 'gruppo linguistico' nè quant'altro si possa ragionevolmente immaginare...

    Per dimostrare all'esimio ragiomederatorcancelliere che a lui non spetta il monopolio della conoscenza e che queste sue 'argomentazioni' le conosciamo tutti quanti da tempo, comincerò qui a pubblicare qualcosa relativamente al problema della 'razza ebraica' [per quanto riguarda il 'proselitismo' nonchè le 'diaspore' si rimanda a successiva puntata...].

    Quanto pubblichiamo è in effetti il primo capitolo [con la sola aggiunta di sottolineature nei punti più interessanti] del testo di Eugenio Saracini Breve storia dell'antisemitismo, ed. Mondadori, ed le conclusioni di questo saranno in un certo senso sconvolgenti: non esistono criteri di giudizio 'normali' per stabilire chi è ebreo e chi non lo è...

    Rassicurando i perplessi lettori che questo 'enigma' troverà più avanti soluzione, auguro loro, ed in particolare all'esimio ragioniere...

    buona lettura!...



    Chi sono questi due individui che pregano rivolti ad un muro?... dicendo che essi sono 'ebrei' si corre il rischio di essere accusati di 'antisemitismo'!...

    Capitolo primo

    Chi sono gli ebrei?

    1. Ebrei e Israeliani


    Forse non vale nemmeno la pena di dire che ebreo e israeliano sono due cose ben diverse, ma forse sì dal momento che molti, giornali compresi, chiamano spesso ‘ebrei’ gli israeliani.
    Un israeliano è un cittadino dello Stato di Israele e su tre milioni e mezzo di israeliani poco meno di tre milioni sono ebrei, circa cinquecentomila sono arabi [prescindendo dagli arabi che risiedono nei territori occupati con la guerra del ’67, un altro milione circa]. Non sempre dunque un israeliano è anche un ebreo. Da notare che gli ebrei israeliani non sono proprio uguali agli ebrei di ogni altra parte del mondo. Nella loro grande maggioranza essi sono originari di nazioni afroasiatiche [Tunisia, Egitto, Yemen, Iraq, etc…] oppure di nazioni dell’Europa Orientale [Russia, Polonia, Romania, etc…] e differiscono sensibilmente per costumi, mentalità e lingua dagli ebrei che noi italiani conosciamo. Si potrà obiettare che gli uni e gli altri appartengono alla stessa religione e alla stessa razza, ma l’obiezione sarebbe vera solo fino a un certo punto come si vedrà tra poco. Da notare che, se da un lato l’immigrazione degli ebrei verso Israele continua ad essere consistente, dall’altro l’incremento demografico degli arabi israeliani è più elevato di quello degli ebrei israeliani per cui non è da scartare l’ipotesi che, con l’andare del tempo, si crei una preponderanza numerica araba.
    Chiamare ‘ebrei’ gli israeliani è quindi inesatto. Sbaglierebbe ancor di più ovviamente chi chiamasse ‘israeliani’ gli ebrei di altre nazioni [che sono circa dodici milioni] . Costoro possono essere americani, russi, italiani, etc… possono essere tutto cioè salvo che israeliani. Non solo, gli ebrei non italiani non sempre simpatizzano per Gerusalemme. In Italia [e così pure in Francia] la distinzione fra ebrei amici di Israele ed ebrei non amici di Israele corrisponde molto approssimativamente al diverso colore politico. Sono su posizioni critiche, più o meno accentuate, gli ebrei di orientamento comunista o socialista, filoisraeliani gli altri ebrei. Non mancano tuttavia importanti eccezioni nell’uno e nell’altro campo. Le cose stanno diversamente in altri paesi, per esempio gli Stati Uniti, dove comunismo e socialismo vivono solamente nelle aspirazioni di pochi intellettuali, ma ciò non toglie che anche negli Stati Uniti capita di incontrare ebrei molto tiepidi, a dir poco, verso Israele.
    Come si vede la cosa è abbastanza complessa. A me sembra convenga lasciare da parte per il momento Israele e gli israeliani, gli ebrei filoisraeliani e non, gli ebrei di destra e di sinistra, per affrontare la nostra domanda: chi sono gli ebrei?…


    2.Gli ebrei e la religione ebraica

    Una risposta potrebbe essere questa. E’ ebreo che professa la religione ebraica, chi frequenta più o meno la sinagoga, non mangia certe carni, fa circoncidere i figli, etc… Si tratterebbe però di una risposta molto insoddisfacente per due motivi. Non sempre gli ebrei osservano i dettami della religione ebraica e non sempre chi segue la religione ebraica è considerato ebreo.
    Nel 1656 il grande filosofo Spinoza, ebreo, campione della libertà di pensiero e della tolleranza religiosa, venne espulso dalla comunità ebraica di Amsterdam proprio a causa delle sue idee: ‘… sia maledetto nel giorno, sia maledetto nella notte – si legge nel bando di espulsione , per altro redatto secondo una formula convenzionale – sia maledetto quando si leva, sia maledetto quando si posa… che Dio mai gli perdoni, che la sua ira si infiammi, che nessuno lo soccorra…’. Erano tempi di grande intolleranza religiosa e il comportamento dei rabbini di Amsterdam è comprensibile. Colui che oggi gli ebrei considerano, a ragione, uno dei più grandi figli di Israele, soffrì molto per l’espulsione. Rispose anni dopo, con la sua prosa semplice e quieta, scrivendo tra l’altro queste memorabili parole: ‘… nessuno può trasferire ad altri il suo diritto naturale, ossia la facoltà di ragionare e decidere liberamente intorno a qualsiasi argomento, né può essere costretto a farlo…’.

    Pochissimi ebrei stavano lontano dalla sinagoga ai tempi di Spinoza. Con l’andare del tempo però, soprattutto negli ultimi due secoli, il loro numero si è ingigantito. Il declino dei valori religiosi, la rottura con la tradizione, la rilettura critica o addirittura il ripudio dell’antico insegnamento, che hanno così duramente colpito la comunità cristiana non potevano lasciare indenne quella ebraica. Quanti sono oggi gli ebrei praticanti?… Difficile rispondere con precisione…
    A Milano, a quanto si dice nella comunità ebraica, si tratta dì una modesta minoranza. Non diversa a quanto pare è la situazione negli altri paesi dell’Europa Occidentale. Percentuali sicuramente più elevate si riscontrano presso gli ebrei originari dell’Europa Orientale. E’ certo comunque che la religione dei padri è impallidita, ma non senza lasciare tracce assai importanti come vedremo, nel cuore di moltissimi, forse la maggioranza, degli ebrei odierni.
    Ebbene gli ebrei non praticanti continuano ad essere considerati ebrei, tanto dagli altri ebrei quanto dai non ebrei. Anzi quando noi diciamo ‘è un ebreo’ nemmeno ci curiamo di sapere se la persona di cui stiamo parlando osservi oppure no i precetti della religione ebraica. Né si curarono di saperlo i nazisti quando mandarono al rogo i libri di ebrei come Marx, Freud, Heine, Mendelsohn e spedirono milioni di sventurati nelle camere a gas.
    Non basta. La qualifica di ‘ebreo’ viene attribuita spesso non solo a chi abbandona la religione ebraica, ma anche a chi abbraccia un’altra fede religiosa. ‘semel judaeus semper judaeus [chi è ebreo lo rimane sempre] continuano a ripetere non pochi rabbini. Molte conversioni furono e sono spontanee. E’ il caso dell’ebreo che diviene cristiano per ragioni di matrimonio. ‘E’ un ebreo convertito’ diciamo noi. Un ‘convertito’, d’accordo, cioè uno che più non appartiene, se mai vi avesse appartenuto alla religione ebraica. Come se si trattasse [il che non è] di una pelle destinata a rimanere integra, sempre uguale a se stessa, sempre ‘ebrea’, a dispetto di ogni conversione. Altre conversioni furono invece imposte dalle circostanze. Fu questo, per ricordare il caso più famoso, dei cosiddetti ‘marrani’, ebrei spagnoli che nel XV secolo furono costretti a convertirsi al cattolicesimo ma che non per questo riuscirono sempre a risolvere il loro problema. Come mai?…Perché erano ebrei appunto e come tali essi furono sempre disprezzati dagli uni, sospettati o perseguitati da altri, per diversi secoli e senza sosta.
    Nel 1930 avvenne a San Nicandro, nel Gargano, un fatto piuttosto strano che non varrebbe la pena ricordare se questo non interessasse dea vicino il nostro discorso. Tale Donato Manduzio, un povero diavolo, si sentì improvvisamente attratto irresistibilmente dalla religione ebraica. Si diede quindi ad una intensa opera di propaganda, dapprima tra i suoi famigliari e poi fra i compaesani, ottenendo un notevole e probabilmente insperato successo. Un centinaio di persone furono guadagnate alle sue convinzioni e chiesero alle autorità religiose ebraiche di potersi convertire. I rabbini esitarono per diversi anni, dapprima nel timore di brutte conseguenze per il gruppetto, verso il quale la popolazione era piuttosto malevola, poi per evitare che quei poveretti fossero colpiti dai rigori delle leggi razziali. Nel 1946, dal momento che le insistenze continuavano, la loro conversione fu accettata. I convertiti si trasferirono in seguito in Israele prendendo la cittadinanza. Il fatto è meno singolare di quanto non possa apparire a prima vista. Chiunque abb9ia un poco di familiarità con la storia delle religioni sa benissimo che le conversioni, le apostasie, le eresie, se costituiscono episodi rari o meglio eccezionali nell’Italia Settentrionale, fino a poco tempo fa avevano un certo riscontro nell’Italia del Centro-Sud. I casi di individui o di piccoli gruppi che improvvisamente abbracciano la fede dei Testimoni di Jehova, dei Battisti, dei Tremolanti o di altre sette ancora, che ne divengono neofiti accesi e propugnatori zelanti, non sono infrequenti e non cessano di colpire l’attenzione degli studiosi. Tornando a Manduzio e ai suoi seguaci, come dobbiamo considerarli?… veri e propri ebrei?… essi si sentivano tali non c’è dubbio ma noi come li dobbiamo considerare?… C’è da rimanere perplessi mi sembra ed è significativo che durante il loro lungo noviziato Manduzio e i suoi furono spesso presi in giro e disprezzati a causa della loro convinzione di essere divenuti ebrei e del loro desiderio di essere considerati tali, ciò che agli occhi degli altri sembrava un’assurda pretesa. In un patetico volume dedicato alla vicenda ho trovato un commissario di P.S. che, con spiacevole antisemitismo, si rivolge a Manduzio all’incirca con queste parole: ‘… ebreo tu?!… ma fammi il piacere!… tu non hai né l’aspetto né l’intelligenza degli ebrei… e poi credi sul serio nella Bibbia?…’.
    Oggi il caso di una conversione collettiva alla religione di Mosè è veramente eccezionale [nella lunga storia ebraica se ne ebbero esempi clamorosi nella Transcaucasia, nello Yemen e nel Nord-Africa]. Più frequenti sono le conversioni individuali, soprattutto a causa di matrimonio [ancora più frequente però è il caso opposto, già ricordato, dell’ebreo che per sposarsi si fa cristiano]. E qui si riprende la domanda: sono ebrei costoro?… Dobbiamo considerare vera,mente ebreo un cattolico il quale per sposarsi si converte alla religione ebraica, all’unico scopo di sposare un’ebrea?… Non saprei francamente che dire…


    3.Gli ebrei e la cosiddetta razza ebraica

    Come si vede l’elemento religioso non è sufficiente a distinguere fra ebrei e non ebrei. L’ebreo che non professa la religione ebraica o che addirittura si converte alla religione cattolica, protestante ortodossa, etc… non per questo perde agli occhi della gente la qualifica di ebreo. d’altra parte il non ebreo che si converte alla religione ebraica non per questo acquista, sempre agli occhi degli altri, questa qualifica. Una cosa è la religione ebraica, quello che gli ebrei chiamano il ‘patto di Abramo’, un’altra essere considerato ebreo.
    Torna quindi a porsi il quesito: che significa ‘ebreo’?… dato che la religione non serve, quale altro elemento abbiamo a disposizione?…
    Più di uno a questo punto penserà alla razza. E’ un convincimento per la verità molto diffuso. Gli ebrei, si dice, costituiscono una razza a sé, un gruppo umano distinto dagli altri perché in possesso di particolari caratteristiche fisiche. Sono queste a riempire di significato la parola ‘ebreo’, allo stesso modo in cui è l’appartenenza ad una certa razza che spiega come l’ebreo rimanga tale nonostante la sua conversione ad un altro credo religioso.
    Naturalmente tale convincimento è soprattutto diffuso tra gli antisemiti. Una ‘razza maledetta’, una ‘brutta razza’ essi dicono. A seconda della maggiore o minore gradazione di antisemitismo. Ai tempi della Inquisizione Spagnola l’idea di ‘razza’ non era ancora comparsa, tuttavia gli Inquisitori distinguevano puntigliosamente sulla base di limpieza [purezza] del sangue. La limpieza esisteva solo nel caso di cristiani senza ascendenti, anche lontanissimi, ebrei.
    L’opinione che gli ebrei costituiscano una razza a sé viene molto spesso condivisa da coloro che sono amici degli ebrei e avversari degli antisemiti, dai democratici i quali finiscono così, paradossalmente, per portare acqua al mulino dei loro nemici. Quando si dice: ‘… tutti gli uomini sono uguali, nonostante le differenze di razza, di religione, etc… e pertanto gli ebrei debbono essere trattati con giustizia ed equità, come tutti gli altri uomini…’, che cosa fa il democratico?… fa, è vero, una candida affermazione di buone intenzioni [‘gli ebrei debbono essere trattati…etc…’] di cui bisogna dargli atto. Però fa anche un’altra cosa, di cui nemmeno si accorge. Riafferma che gli ebrei sono una razza a sé, che qualche differenza rispetto a ‘tutti gli altri uomini’ certamente esiste, e così facendo contribuisce a rinsaldare quella barriera che proprio lui, il democratico, si sforzerà poi vanamente di abbattere.
    Non basta ancora. L’opinione di cui si sta parlando non è rimasta priva di un notevole supporto intellettuale, di un certo apparato ‘scientifico’. Non è il caso di fare molti nomi. Basta ricordare il francese J.A. Gobinau e soprattutto l’inglese H.S. Chamberlain. Fu specialmente quest’ultimo [che non ha nulla a che vedere con il primo ministro inglese di 40 anni fa] a teorizzare la ‘razza ebraica’, che egli considerava per altro ‘pura’ quanto quella germanica. Le idee di Chamberlain, che a forza di esaltare i tedeschi si era fatto egli stesso cittadino tedesco, ebbero all’inizio di questo secolo uno strepitoso successo in Germania, dove furono riprese, a livello intellettuale ben più modesto, dai ‘teorici’ del nazismo, primo fra tutti Rosenberg. Dalla Germania passarono poi all’Italia per costituirvi l’alimento degli squallidi antisemiti di casa nostra, i vari Giovanni Preziosi, Telesio Interlandi, Giorgio Almirante…
    Si tratta di una opinione priva di fondamento, ovvero di un grosso equivoco. Per la verità diversi ebrei posseggono certi tratti fisici piuttosto noti, ma anche qui non se ne può fare una regola. Inoltre se queste caratteristiche ci sembrano ‘tipiche’ degli ebrei in specie, esse andrebbero piuttosto riferite ai semiti in genere, sebbene si debba andare anche qui abbastanza cauti., in quanto esistono ebrei che non sono affatto semiti. Vi sono [si tratta di esigue minoranze per lo più frutto di conversioni] ebrei camiti in Etiopia, i Falascià, ebrei mongoli nel Daghestan, persino ebrei trogloditi nell’isola tunisina di Djerba. Bisogna però riconoscere che, nella loro maggioranza, gli ebrei possono correttamente definirsi ‘semiti’.
    Così dicendo però non si dice ancora nulla di preciso. In realtà la ‘razza semitica’ è costituita da un vasto gruppo di popolazioni, molto diverse tra loro sotto molti aspetti, che però fanno capo ad un unico lontano ceppo linguistico, ragion per cui gli studiosi moderni negano o per lo meno dubitano che si possa veramente parlare di una ‘razza’. Di tale gruppo fanno parte anche gli arabi, che costituiscono anzi il nucleo di gran lunga più numeroso, mentre gli ebrei non rappresentano che una delle più modeste frazioni. Di conseguenza affermare che gli ebrei sono semiti è come affermare, per esempio, che i francesi sono europei, o che gli inglesi sono bianchi anziché neri o gialli, affermazioni vere ma che in sostanza non dicono nulla né dei francesi né degli inglesi.
    Dunque per sostenere che gli ebrei costituiscono una razza a sé occorrerebbe dimostrare che gli ebrei si differenziano in modo netto dagli altri semiti, ovvero che esista, nell’ambito della famiglia semitica, un gruppo razziale a sé dotato di caratteristiche [soprattutto fisiche] proprie, specifiche. Codesta dimostrazione tuttavia non si è mai riusciti a darla e non la si potrà mai dare dal momento che una razza del genere secondo il parere di tutti gli antropologi non esiste. mi limiterò a riportare ciò che si legge nella enciclopedia Treccani sotto la voce ‘ebrei’ [da notare che questa opera è stata stampata in pieno periodo fascista]: ‘Occorre anzitutto affermare l’inesistenza di un insieme di caratteri corporei limitati al popolo ebraico. Questo è costituito, in tutti i suoi diversi raggruppamenti, da mescolanze di razze
    o elementi diversi tra loro, ma che sono gli stessi elementi di che contribuiscono alla formazione di altri gruppi etnici sia europei sia extraeuropei. Gli ebrei né costituiscono una razza né hanno proprie caratteristiche’.

    Eppure il convincimento che gli ebrei costituiscano una razza a sé probabilmente sopravviverà per molto tempo ancora. Come mai?… Per la semplice ragione che tale convincimento non è in realtà che un pregiudizio. Qualcosa che precede il pensiero e lo condiziona, distorcendolo. I pensieri nascono, si trasformano, circolano, si integrano, cambiano, vivono e poi muoiono. I pregiudizi no. I pregiudizi sono fermi, immobili, durissimi a morire, anzi dal momento che non sono creature vive non possono morire. Sono rifiuti, perversioni, che assumono talvolta l’apparenza del pensiero ma solo per ucciderlo. Solo così si spiega che l’esistenza di una ‘razza ebraica’ abbia potuto essere sostenuta, come si ricordava, da un intellettuale raffinato come Chamberlain. La verità è che egli, come molti aristocratici inglesi del suo tempo, detestava inconsciamente gli ebrei. Tale era il suo pregiudizio. Di qui la necessità di definire l’oggetto dell’odio che egli sentiva, la teorizzazione di una razza a sé stante, le incredibili affermazioni che costellano tutta la sua opera, la quale è in realtà la caricatura di un’opera scientifica e non già un’opera scientifica. Nessuno sragiona più di un uomo intelligente che si metta a sragionare. Mi limito a ricordare una delle sue affermazioni: ‘… non può essere che Gesù fosse un ebreo, come tutti hanno sempre ritenuto, perché il suo insegnamento era troppo elevato, troppo distante dal formalismo della religione ebraica. Chiunque sostiene che Cristo era ebreo o è uno stupido, o racconta una menzogna. Gesù non era ebreo’.
    E che cosa era allora?… probabilmente un ariano risponde Chamberlain: ‘… era naturale che Cristo divenisse il Dio dei giovani popoli indoeuropei esuberanti di vita, soprattutto il Dio dei teutoni, perché nessun altro popolo era meglio dotato per ascoltare la sua voce divina…’. Ecco come si trasforma Cristo in un anglotedesco, per meglio dire in un precursore di Hitler. [!?… … - n.d.r.]


    4. Lingua e onomastica, alla ricerca di un’altra via

    La nostra domanda [chi sono gli ebrei?…] continua a rimanere senza risposta. La religione non serve, la razza nemmeno. Quale altro elemento ci aiuta a distinguere l’ebreo dal non ebreo?… Inutile pensare alla lingua ebraica che è bensì la lingua ufficiale di Israele e che tutti gli ebrei israeliani sanno parlare e scrivere, ma che gli ebrei nel resto del mondo in grande maggioranza ignorano, o conoscono limitatamente alla liturgia. Linguisticamente parlando gli ebrei d’Inghilterra sono inglesi, quelli d’Italia italiani, quelli di Francia francesi e così via…
    Anzi è il caso di dire che nulla forse distingue tanto gli ebrei fra di loro quanto l’elemento linguistico, giacchè essi dimostrano spesso una straordinaria inclinazione, frutto di necessità storica, non solo ad assimilare rapidamente le lingue dei luoghi in cui si trovavano, ma altresì a crearne di nuove. Durante il Medioevo, verso il XIII secolo, nei paesi dell’Europa Centrale si formò lo Yiddish, una vera e propria lingua derivata prevalentemente dal tedesco di allora e dall’ebraico, non senza influssi slavi, che è sopravvissuta fino ad oggi, con tanto di grammatica e di letteratura. All’incirca nello stesso periodo prese corpo tra gli ebrei di Spagna lo ‘spagnolesco’ [noto anche, specialmente nei paesi di lingua araba e turca, come ‘ladino’, da non confondersi con l’idioma parlato in alcune valli alpine], un impasto di ebraico e spagnolo che poi si diffuse verso la parte orientale del bacino del Mediterraneo arricchendosi di elementi levantini. Più tardi nella comunità ebraica di Livorno [la maggior parte degli ebrei livornesi proveniva dalla penisola Iberica] il ‘bagitto’, un idioma dal sostrato toscano ricco di espressioni spagnolesche.
    Altrettanto inutile è pensare ai cognomi degli ebrei. Sono cognomi caratteristici, è vero. Alcuni hanno origine antichissima, risalendo all’antico regno di Israele: Levi, Cohen, etc… Altri, specialmente quelli di molti ebrei italiani, sono, propriamente dei toponimi, nel senso che designano la località di provenienza. Località italiane come Ancona, Mortara, Mondolfo, Finzi [Faenza], o località straniere come Treves [Treviri], Morpurgo [Marburg], Luzzatto [Lausitz, ovvero Lusazia], Ottolenghi [Oetllingen], Polacco, Greco, Sarfatti [Zarfàth in ebraico significa Francia], Eskenazi [Ashkenàz significa Germania], Miserocchi [Misràch significa Oriente]. Altri, specialmente quelli degli ebrei tedeschi, sono cognomi di fantasia, piuttosto poetici, a volte con una certa predilezione per le cose preziose: Morgentau [rugiada del mattino], Rosental [valle delle rose], Bernstein [ambra] , Rubinstein [rubino], etc…
    E’ chiaro che portare cognomi caratteristici [caratteristici poi fino ad un certo punto, io stesso ho conosciuto un Colombo ebreo e un Greco non ebreo] non spiega proprio niente. Sarebbe come dire che il Barolo si distingue dagli altri vini per via dell’etichetta.

    E allora?... può essere comprensibile a questo punto una conclusione scettica: non è possibile distinguere gli ebrei dai non ebrei.Oppure una conclusione ancora più drastica: gli ebrei non esistono.
    Il buon senso tuttavia ci dice che non è così. Gli ebrei esistono, eccome!… Forse non erano ebrei coloro che i nazisti uccisero nelle camere a gas e cremarono a milioni?… Bisogna riuscire a risolvere il problema, la soluzione non è facile la nemmeno impossibile. Solo che essa va ricercata non tanto sul piano religioso o su quello etico, quanto e soprattutto sul piano della storia e, per quanto ciò possa sembrare strano, su quello della filosofia [faccio uso di questo termine in senso assai lato]. Compito della filosofia sotto un certo aspetto consiste proprio nel cercare di spiegare il significato di espressioni che noi tutti usiamo ma che nessuna altra scienza riesce a definire. Così accade per parole come ‘bello’, ‘buono’, ‘utile’ e via dicendo… e così succede anche per la parola ‘ebreo’…


    --------------

    Nobis ardua

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  9. #79
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    Sulle leggi razziali antisemite del fascismo italiano Renzo De Felice, nella sua biografia del Mussolini, ha scritto tra l'altro (ma torneremo con altre interessanti citazioni) :

    "
    I rapporti italo-tedeschi (... ) erano arrivati ad un punto che anche sul piano funzionale la scelta antisemita era, come si è detto, praticamente obbligata . Eppure non vi è dubbio che anche sull’adozione della politica razziale o, meglio, sul suo passaggio dalla prima alla seconda fase, la visita di Hitler ebbe una influenza notevole . E, vale la pena ripeterlo, non perché i tedeschi avessero fatto delle formali richieste in questo senso (la cosa non è stata ancora provata; è negata da Ciano e tutto sommato è improbabile, anche se Mussolini successivamente avrebbe detto a Grandi, non si capisce bene se per scusarsi o, più probabilmente, per sottolineare la sua resistenza alle offerte tedesche di alleanza, che Hitler gli aveva chiesto l’alleanza e la politica antisemita e lui gli aveva dato solo la seconda, ma perché quello era per Mussolini il momento di imboccare a bandiere spiegate la strada dell’antisemitismo di Stato. Lo era psicologicamente, perché, se anche avesse avuto ancora alcune incertezze sulla sua opportunità esse erano destinate a cadere di fronte alla violenza della sua irritazione contro la borghesia, la Chiesa e la monarchia e alla sua convinzione che la politica della razza avrebbe costituito il più potente «cazzotto» che egli poteva loro sferrare . Lo era politicamente sul piano interno, perché dare una «coscienza razziale» agli italiani era per lui ormai diventato una tappa fondamentale della costruzione dell’«uomo nuovo fascista» . E lo era politicamente anche sul piano internazionale perché gli permetteva, da un lato, di marcare nettamente la differenza profonda che doveva esservi tra l’Italia fascista e i paesi democratici (e soprattutto la Francia), con i quali l’Italia poteva anche trovare una base d’accordo, ma con la consapevolezza che essi erano una cosa diversa dalla quale ormai non poteva venire «altro che pourriture», e, da un altro lato, di rassicurare Hitler - alleanza o non alleanza - sull’effettiva direzione della sua marcia e di smentire le voci che volevano l’Asse in difficoltà .
    (..) (...) è fuori dubbio che nel settembre '37 Mussolini già si poneva per l’Italia sia il problema di impedire il diffondersi del meticciato sia quello di «difendersi» dall’«ostilità» antifascista dell’«ebraismo internazionale» e della massoneria, che, a suo dire, si era rivelata in occasione della guerra d’Etiopia, ed è comprensibile che egli guardasse ad entrambi i problemi in riferimento non solo all’Italia in quel momento, ma - data la sua sempre più accentuata tendenza a vedere tutti i problemi come manifestazioni della crisi della civiltà occidentale e nella prospettiva della «missione» che l’Italia doveva assolvere per rinnovare tale civiltà - alla società tout-court. (....) (....) Né va sottovalutato un episodio, in sé quasi insignificante, ma che agli occhi di Mussolini dovette assumere un valore emblematico, tanto da riferirlo in Gran Consiglio il 6 ottobre ‘38 a riprova della necessità dei provvedimenti in discussione141: l’arresto a Firenze nell’aprile di quell’anno di Giacomo Lumbroso per aver diffuso manifestini a firma «un gruppo di combattenti e vecchi fascisti» contro l’Anschluss e l’imminente visita in Italia di Hitler. Che un vecchio squadrista come il Lumbroso potesse arrivare a tanto dovette essere per lui l’ennesima prova di quanto lo «spirito ebraico» fosse dissolvitore di tutti i «valori nazionali» .
    ".

    Cordiali saluti

  10. #80
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    Predefinito le 'tesi' di Renzo De Felice... lasciamo perdere!...

    E' noto che il compianto professor Renzo De Felice spesso si è compiaciuto di formulare nelle sue opere numerosissime 'tesi' tanto 'anticonformiste' e 'spregiudicate' quanto, per la maggior parte inconsistenti. Lo scritto gentilmente fornitoci dall'esimio ragioniere non fa che confermare ulteriormente ciò.

    Come doverosa premessa è appena il caso di far rilevare che il lodevole intento di 'sua insindacabilità', ovvero citare De Felice a sostegno della insostenibile tesi che l'adozione di misure 'antisemite' sia stata la conseguenza di una supina accettazione delle 'teorie della razza' elaborate dai nazisti, cade ovviamente una volta di più nel vuoto, dal momento che non una parola a supporto di ciò si legge nel testo sopra riportato.

    Rimarcato ciò non si capisce il motivo per il quale l'eminente 'revisionista del fascismo', dopo aver correttamente asserito che '... i rapporti italo-tedeschi erano arrivati ad un punto che anche sul piano funzionale la scelta antisemita era praticamente obbligata...' e che '... sull’adozione della politica razziale o, meglio, sul suo passaggio dalla prima alla seconda fase, la visita di Hitler ebbe una influenza notevole...', e cioè in sostanza che l'adozione, prima o poi, di severe misure restrittive nei confronti degli ebrei era condizione imprescindibile per una alleanza militare con la Germania, si sia lasciato andare poi a formulare, senza necessità alcuna, alcune ipotesi 'fantasiose' sprovviste del sia pur minimo supporto. Vale certamente la pena di elencarle affinchè anche il lettore più sprovveduto si renda facilmente conto della loro evidente infondatezza...

    a) la violenza della sua irritazione contro la borghesia, la Chiesa e la monarchia e alla sua convinzione che la politica della razza avrebbe costituito il più potente 'cazzotto' che egli poteva loro sferrare [!?...... no comment!]

    b) dare una 'coscienza razziale' agli italiani era per lui ormai diventato una tappa fondamentale della costruzione dello 'uomo nuovo fascista' [!?...... come sopra!]

    c) marcare nettamente la differenza profonda che doveva esservi tra l’Italia fascista e i paesi democratici [e soprattutto la Francia], con i quali l’Italia poteva anche trovare una base d’accordo, ma con la consapevolezza che essi erano una cosa diversa dalla quale ormai non poteva venire 'altro che pourriture' [!?...... andiamo bene!]

    d) la sua sempre più accentuata tendenza a vedere tutti i problemi come manifestazioni della crisi della civiltà occidentale e nella prospettiva della 'missione' che l’Italia doveva assolvere per rinnovare tale civiltà [!?...... troppo onore ed onere professore!]

    Ciò detto occorre spendere due parole per quanto riguarda il 'meticciato'. Le disposizioni tendenti a limitare unioni durature tra italiani e donne 'di colore', adottate in conseguenza del conflitto italo-abissino del 1935-36 e della totale occupazione e successiva 'pacificazione' dell'Etiopia, non avevano anch'esse alcuna motivazione 'razziale', bensì puramente 'cautelativa'. Si da il caso infatti che fosse ancora vivo il ricordo della campagna militare di quarant'anni prima, culminata con la disastrosa sconfitta di Adua, nella quale regolamenti troppo permissivi in materia avevano concesso ad ufficiali e funzionari italiani di tenere presso di sè quante abissine volessero, con la conseguenza che queste donne si rivelarono poi la più efficiente sorgente di informazioni per Menelik.

    cordiali saluti!...

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    Nobis ardua

    Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

 

 
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