Costa d'Avorio, la voglia di libertà diventa lotta al potere


di Massimo S. Baistrocchi

La storia politica del Paese è complessa e intricata
Le lotte fra tribù dominano sul confronto politico
Gbagbo aveva tentato di riavviare il dialogo
Ma è accusato di manipolare la questione etnica
La situazione è di nuovo precipitata in Costa d’Avorio, paese che per oltre 40 anni era stato considerato la “perla” delle ex-colonie francesi per il tranquillo trapasso da colonia all’indipendenza nel 1960 con Felix Huophouet-Boigny, ex- parlamentare ed ex-Ministro del governo francese. Huophouet-Boigny ha governato il paese africano da padrone (come più o meno hanno fatto e fanno tutti i Capi di Stato del continente, fatta eccezione per Mandela), ma da padrone saggio ed equilibrato ha retto le sorti del suo paese per 33 lunghi anni, portandolo ad un invidiabile sviluppo economico, soprattutto grazie al gran numero di francesi rimasti nella ex-colonia, beninteso con l’appoggio, il sostegno e la benedizione della madrepatria, perché tale era rimasta la Francia non solo per il Presidente ma anche per molti ivoriani.

Con l’età però anche Huophouet-Boigny, il padrone buono e saggio, aveva incominciato a svirgolare e a fare danni, come ad esempio permettere la deforestazione sistematica del paese per venderne il legname, costruire un’enorme basilica nel suo paese natale, a Yamoussoukro, seconda sola a San Pietro (di cui ricalcava le forme e l’aspetto, ma più piccola e bassa dopo i pressanti interventi del Papa) che ha drenato enormi investimenti, infine e soprattutto perché non aveva saputo - come tanti colleghi - nonostante l’età avanzata scegliersi un successore. Resosi però conto della stagnazione e della sclerosi a cui si avviava il regime ed il paese, nel 1990 aveva tentato di aprire la scena politica al multipartitismo, ma era già troppo tardi perché questa apertura è stata forse uno degli elementi dirompenti della situazione interna dacché l’anelito di libertà non si è tradotto in vera e concreta democrazia, ma solo in lotta di potere.

Alla morte del “padre padrone” non vi furono infatti elezioni generali e alla Presidenza successe, in base alla costituzione ivoriana, il Presidente del Senato, Konan Bedie, un maestro di scuola interessato solo ad arricchirsi ed a piazzare i suoi parenti ed amici nei posti di potere.

Nel frattempo erano riemerse sulla scena due vecchie personalità politiche. La prima era Laurent Gbagbo, insegnante di scuola ed avversario storico di Huophouet-Boigny, che dopo essere stato messo in prigione negli anni giovanili per “sovversione”, si era auto-esiliato negli anni ’80 a Parigi dove era rimasto fino alla vigilia delle prime elezioni multipartitiche autorizzate dal padrone ivoriano, alle quali venne ovviamente sonoramente sconfitto. La seconda era Alassane Dramane Ouattara, familiarmente chiamato “Ado”, un economista ed un tecnocrate, che era stato Primo Ministro durante gli ultimi anni del regno di Huophouet-Boigny, dal 1990 al 1993, anche se di dubbia origine ivoriana per parte di padre ma sicuramente burkinabe per parte di madre (era stato tra l’altro borsista del Burkina Faso in America negli anni dell’università) che vistasi la strada chiusa aveva preferito tornare ad occupare un incarico di prestigio presso il Fondo Monetario Internazionale di Washington.

Le prime elezioni presidenziali e politiche si tennero in Costa d’Avorio solo nel 1995, due anni dopo l’ascesa al potere di Bedie che nel frattempo, come ogni buon capo africano che si rispetti, aveva iniziato a fare melina ed a tessere una tela per consolidare il potere, suo e della sua cricca, e per impedire agli avversari di trovare dei legittimi spazi istituzionali. Bedie riuscì a farsi rieleggere nelle elezioni dell’ottobre del 1995 perché le urne vennero boicottate dai partiti d’opposizione per protesta contro le restrizioni cui erano stati costretti dalle nuove regole elettorali. Altro risultato palese ha ottenuto per le stesse ragioni il Partito Democratico di Bedie alle elezioni politiche del dicembre 1995.

Ė iniziata così la discesa agli inferi della Costa d’Avorio. I militari ed alcune frange politiche hanno ritenuto che la sua catarsi si potesse realizzare alla vigilia di Natale del 1999 con il colpo di stato condotto dall’ex-capo di stato maggiore, gen. Robert Guei, che poco prima era stato silurato da Bedie e si era ritirato, a mo’ di Cincinnato, al villaggio natio. Ma questo era solo l’inizio di nuovi e sempre più rapidi sussulti che hanno buttato definitivamente alle ortiche 39 anni di stabilità, di sviluppo e di crescita economica.

Ė difficile a questo punto inseguire tutti gli eventi tanto essi sono complessi ed intricati. Dopo qualche mese di presidenza, Guei, preso gusto al potere ha indetto (era il mese di ottobre 2000) nuove elezioni alle quali si è presentato come candidato indipendente, nonostante avesse in precedenza annunciato di volere tornare alla vita civile. Dopo aver escluso alcuni avversari pericolosi dall’agone e barato in modo plateale, Guei annunciò alla nazione di avere vinto le elezioni, ma il popolo sobillato degli esclusi non ci ha creduto e improvvisamente si è opposto al sopruso, è sceso in piazza ed a cacciato il dittatore. L’effettivo vincitore della tornata elettorale, in mancanza di altri concorrenti, è risultato l’unico altro lasciato in gara, Laurent Gbagbo, candidato del Fonte Popolare Ivoriano (FPI), che poco dopo è stato riconosciuto Presidente della Repubblica dalla Corte Suprema.

Ado Ouattara, a cui era stato impedito di concorrere alle elezioni per mancanza dei requisiti di “ivorietà” (era stato escluso, sebbene per ragioni diverse, assieme ad un altro leader popolare, Emil Constant Bombet, candidato del partito di governo fondato da Huophouet-Boigny), ha subito chiesto a gran voce che le elezioni venissero rifatte ed aperte a tutti i partiti. Gbagbo ha nicchiato e l’ha tirata per le lunghe facendo propria la nozione dei suoi predecessori Bedie e Guei, sulla piena “ivorietà” quale requisito sostanziale per accedere ad incarichi elettivi.

Intanto la situazione interna si è radicalizzata sempre di più perché le fazioni hanno preso a confrontarsi su linee tribali e religiose piuttosto che sui programmi e le diverse appartenenze politiche. É esploso anche il conflitto tra le genti del nord e quelle del sud, i primi mussulmani e gli altri cristiani, i primi di etnie vicine a quelle burkinabe (anche perché buona parte delle popolazioni oggi residenti nel nord della Costa d’Avorio sono emigrate dai vicini Burkina Faso e Mali) mentre quelle del sud sono Baule (le tribù di Huophouet-Boigny, Bedie e Guei).

La situazione sembrava recentemente migliorata perché Gbagbo aveva tentato di riavviare il dialogo sulla pacificazione interna specie dopo che nel gennaio del 2001 c’era stato un nuovo tentativo di putsch militare, seguito da consistenti successi nelle elezioni locali da parte dell’avversario Ouattara. Un primo incontro tra i due leader ha avuto luogo nel marzo 2001 ma i rapporti tra i due sono tornati a raffreddarsi quando Ado ha preso ad accusare il governo e lo stesso Presidente di volere “manipolare” la questione etnica - con la grave minaccia d’espellere molti milioni di burkinabe dalla Costa d’Avorio - al solo fine di conservare il potere.

Il difficile processo di “rappacificazione” nazionale ha tuttavia continuato il suo corso e nell’ottobre 2001 è stato creato il “Forum Nazionale di Riconciliazione”, e Ouattara ha colto quest’occasione per rientrare in Costa d’Avorio dopo oltre un anno di auto-esilio in Francia.

Nel gennaio di quest’anno, sembrava infine che le cose si fossero messe al sereno con l’incontro dei “quattro grandi” - a sapere gli ex-presidenti Bedie, e Guei, l’attuale capo dello stato Gbagbo e l’eterno escluso Ouattara - riuniti per la prima volta per dare soluzione alle loro dispute e stabilità al paese. Un altra passo avanti sembrava essere stato raggiunto nello scorso giugno quando Ouattara ha ottenuto dalla Corte Suprema il riconoscimento della sua piena nazionalità ivoriana.

E il tentativo di colpo di stato, mentre il Presidente Gbagbo si trovava in visita ufficiale in Italia? Secondo la maggioranza degli osservatori si tratta di colpi di coda di una situazione politica ancora fuori controllo, anche se quella sul terreno sembra ritornata a posto grazie alle truppe fedeli al governo centrale.

I rivoltosi però, come già nel 2001, hanno preso di mira nelle prime ore della rivolta la residenza del Ministro dell’Interno, Emile Boga Doudou, accusato di essere la mente della repressione, solo che questa volta sono riusciti nel loro intento e l’hanno fatto fuori. Hanno tentato anche di eliminare Ouattara ma questi è riuscito a scappare.

Ma chi sono i rivoltosi che hanno acceso l’ultima miccia? Si tratterebbe di 750 militari, immessi dal gen. Guei nelle forze armate dopo la sua ascesa al potere nel 2000, che si sono ammutinati perché in procinto di essere smobilitati e rimandati alla vita civile in un paese che sta affrontando una difficile crisi economica, sociale e politica. Sembra, così affermano fonti governative, che il regista dell’ammutinamento e delle rivendicazioni dei militari sia stato il gen. Guei. Non sapremo però mai se ispiratore dell’ultima rivolta sia stato proprio il mancato Cincinnato: sappiamo solo che il suo corpo senza vita è stato ritrovato (e mostrato in TV) in istrada nei pressi di un ospedale. Sarà morto in azione o è stato fatto fuori per vendetta quando ci sono state le prime avvisaglie del fallimento del putsch?