Sono stato educato nelle Verità della Fede in una diocesi al tempo molto turbolente.
Erede del glorioso Patriarcato Aquileiense dagli anni Settanta era finita nelle mani di un lupo, Alfredo Battisti, uomo politicamente assimilabile cogli attuali no-global, vescovo panteista e marxista secondo la celebre opera di don Marcello Bellina.
Ebbi la fortuna d'essere allevato alla Dottrina da un parroco sordo alla Curia, più che altro perchè leader dell'autonomismo friulano, che faceva Catechismo ancora alla vecchia maniera, sotto il cuore di Gesù Misericordioso, nel presbiterio della chiesa.
Intorno ai dodici anni, nel collegio salesiano che frequentavo e di cui ancora ricordo l'Ausiliatrice che domina salendo le scale delle aule ed alla quale ogni mattina affidavo un piccolo voto, nella biblioteca venni in contatto con delle riviste e dei libri di pochi anni prima che parlavano di Monsignor Marcel Lefevbre. Rimasi molto colpito da questo coraggioso vescovo che lottava contro il Vaticano II° modernista. Un giovane prete veneto vecchia maniera, direttore spirituale della Congregazione degli amici di San Domenico Savio che guidavo, mi diede altri libri, fra cui le Memorie del cardinal Minszenthy, Primate anti-comunista dell'Ungheria sovietica, imprigionato dai rossi ed umiliato da Paolo VI° che lo fece morire a Vienna e non nella sua Ungheria.
Mi formai una buona coscienza cattolica e politicamente contro il comunismo.
A quindici anni presi contatto colla Fraternità San Pio X° in Italia e l'otto settembre 1985 assistetti la prima volta ad una Messa a San Simeon Piccolo a Venezia.
Telefovavo spesso ai sacerdoti della Fraternità ed un dubbio mi tormentava: essere cattolici significa obbedire a colui che viene indicato come successore di San Pietro e quindi vicario di quel Gesù che io adoro, come si poteva dire che la Chiesa era a catafascio per colpa della stessa gerarchia, celebrare un rito diverso dal loro, essere una cosa sola in Petro et cum Petro.
Mi accorsi che era lo stesso tormento dei sacerdoti coi quali parlavo. Verso la fine dell'anno, mentre stavo organizzando nella mia città una conferenza del Superiore generale della Fraternità don Franz Schmidtberger, seppi che avevano lasciato la Fraternità. Proprio in quel periodo andai a Montalenghe: la Fraternità in Italia era diretta da un sano prete, un montanaro dal cervello fine, forse solamente troppo esposto politicamente coll'estrema destra forse per i suoi trascorsi nel FUAN. Un giorno vidi dalla mia camera l'arrivo dei sacerdoti usciti dalla Fraternità, che venivano a prendere le loro cose ed i loro libri. Mi colpì il modo di fare di uno di loro, don Francesco Ricossa;
deciso ma al tempo stesso soave come solo sa essere un militante di Cristo.
Ricevetti la loro rivista e Dio mi diede la Grazia d'illuminarmi sulle loro ragioni.
In ottobre andai nella loro prima residenza, una piccola villetta nella sgraziata periferia torinese.
Era il sette ottobre, la Festa della Madonna del Rosario, patrona delle Armate Cristiane a Lepanto nel 1571: don Francesco mi confessò, comunicò e mi vestì dello scapolare della Madonna del Carmelo. Mi parve di ricevere una luce fortissima ed un'energia formidabile nel mio cammino cristiano. La primavera successiva Sodalitium, loro rivista, pubblicò un'intervista a Monsignor Michel Louis Guerard des Lauriers, un domenicano tenace che cacciato dalla Roma modernista aveva elaborato una Tesi dirompente quanto semplice, Paolo VI°, firmando la Dignitatis Humanae Personae, documento conciliare del 1965 che postula principi rivoluzionari come verità da credersi e chiaramente contro tutto l'insegnamento precedente della Chiesa da PioVI° in poi durante la Rivoluzione Giacobina Europea, aveva palesato il suo rifiuto della missio che Gesù nel Vangelo diede a Pietro e quindi era da considerarsi Papa solo materialiter, in quanto i cardinali riuniti nel 1963 avevano indicato Gianbattista Montini e lui solo come successore dell'apostolo, e non formaliter nella pienezza dei suoi poteri, mentre i suoi due successori, non rinnegando la Dichiarazione del 1965, erano solo materialmente papi, essendo formalmente indicati nel Conclave.
Cosa ne conseguiva: la Sede era occupata in modo legittimo (materialiter), quindi non Vacante,
differenziandosi dalle storiche tesi di un prete francese, ma formalmente non c'era l'Autorità.
Tutti gli atti erano illegittimi, compresa la riforma dell'Ordo piano fatta da Paolo VI° fra il 1965 ed il 1969.
La logica era stupefacente, mi chiedo ancora perchè la Fraternità non l'accetta facendo un nobile servizio alla Chiesa; mi colpì la vicenda umana di Frà Michel, negli anni cinquanta luminare nella Roma di Pio XII°, cacciato con ignominia in quella di Giovanni XXIII° e Paolo VI°, era stato allontanato pure dal Seminario di Econe.
Nel 1981, per proseguire la serie apostolica aveva accettato di farsi consacrare Vescovo da Monsignor Pierre Martin Dhin Thuc, Primate viet-namita allontanato da Saigon da Paolo VI°.
Viveva in povertà materiale ma in ricchezza immensa spirituale in un vecchio castello della Loira.
I sacerdoti del neo-nato Istituto Mater Boni Consilii lo visitarono e lo fecero venire in Italia.
Era piccolo, gli occhi scavati, in sajo bianco, un guizzo spesso illuminava i suoi occhi quando parlava di Gesù e della sua Fede. L'anno dopo ricevetti la Cresima sub-conditione dalle sue mani a Torino: mi sentivo al colmo della mia vita spirituale, sensazioni d'estasi mai più vissute dopo.
Fui onorato di partecipare, diciasettenne, in Francia, a Raveu, nel suo castello, in estate, ad un campo scuola, guidato da don Giuseppe, un pio prete meridionale di cui serbo un ricordo amorevole.
Per quasi un mese vidi Monsignor ogni giorno, pregava nella Cappella e pareva essere circondato da Angeli che salmodiavano intorno a lui. Il suo sguardo mi resterà in eterno, AMDG, negli occhi: essere presso lui faceva sentire la presenza viva di Gesù che adoro ed a cui chiedo la Grazia, nella mia attuale turbolenta vita, di farmi un giorno morire martire nel Suo Nome e farmi spargere il mio indegno sangue per Lui come Egli già sparse, in lancinanti dolori, il Suo per me, infima sua creatura.
Un male fisico terribile consumava dom Michel, l'ultima prova di fedeltà che Dio, il quale lo illuminò e per mezzo suo diede al mondo la Tesi, disponeva per accoglierlo subito in Paradiso.
Si consumò come una candela, la candela che ha mantenuto in vita la Successione Apostolica, ultima prova di DIO al suo miserabile mondo, dilaniato dalle belve del mondialismo e della loro Religione Universale, creazione di Satana e dei suoi angeli per portare il creato sull'abisso, ove per il ritorno in Gloria di Dio sulla terra sarà salvato.
Padre Michel, dal Cielo, prega per noi che, indegnamente cerchiamo di mantenerci fedeli alla Verità!
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