Bell'igratitudine, sto D'Amato: Berlusca lo ha fatto eleggere capo della Confindustria perchè gli desse una mano in campagna elettorale e adesso, aizzato dagli altri confindustriali, osa sputare nel piatto dove ha mangiato.
Finora era stato quasi zitto. Si era perfino dimenticato di tirare fuori la storia della classifica della competitività come faceva sempre sotto l'Ulivo. Forse perchè con gli Uomini del Fare abbiamo perso altre due posizioni.
Anche quando gli avevano bloccato la Visco e la Dit e avevano rimandato la riduzione dell'IRPEG era stato zitto, il D'Amato.
Ora, solo perchè gli vogliono aumentare un po' le tasse sta li' a fare le scenate in pubblico.
Ma non lo sanno mica in Confindustria che lui è un povero pirla messo lì che non puo' farci proprio niente? Se la prendessero con qualcun altro, i Confindustriali, che lo lasciassero un pò in pace che c'è già il Cofferati che continua a prenderlo in giro, non ci si mettano anche loro, adesso.
A volte mi chiedo: ma in che mondo viviamo? Non esistono più sentimenti come Amicizia, Lealtà, Sottomissione? Ma dove andremo a finire, amici Liberali Moderati, di questo passo?
E' questo che mi chiedo.
IL «TRADIMENTO» DEI SUOI EX COLLEGHI E LA DIFESA
DEL RESPONSABILE DELL’ECONOMIA
«Ma cosa pretende da me Confindustria?»
Lo sfogo del premier: assurde le critiche di D’Amato a Tremonti
La Stampa 21 settembre 2002
di Augusto Minzolini
ROMA. L’altra sera i colonnelli di Forza Italia hanno trovato un Silvio Berlusconi di umore nero. Negli occhi del Cavaliere hanno letto la delusione di chi deve constatare ancora una volta l’ingratitudine degli «amici». E questa volta l’amarezza deve essere stata davvero cocente, dato che gli «ingrati» sono gli imprenditori, quelli che fanno la sua stessa professione, insomma, la «sua gente».
C’è voluta una cena, qualche barzelletta e più di un aneddoto divertente per far passare al premier l’arrabbiatura che gli aveva provocato l’incontro di poco prima con il presidente della Confindustria, Antonio D’Amato. «Non capisco che cosa vogliono industriali - ha spiegato ai suoi il Cavaliere - non si rendono conto che la situazione generale è difficile, che i nostri problemi sono gli stessi che affliggono tutte le economie occidentali. Loro invece dicono che l’economia va male e per questo se la prendono con il governo, con Tremonti.
Il governo non ha colpe se la ripresa non arriva, se i consumi non riprendono. Noi abbiamo fatto tutto il possibile e di più, la colpa non è nostra ma dell’andamento generale. Basta guardare gli altri paesi europei: la Germania e la Francia stanno peggio di noi e la Svizzera, la grande Svizzera che ha sempre funzionato come un orologio, quest’anno ha fatto registrare un tasso di crescita vicinissimo allo zero. Queste cifre significheranno pure qualcosa, o no?».
Già, il Cavaliere proprio non si aspettava che i suoi imprenditori gli creassero dei problemi in un momento difficile. «D’Amato ce l’ha con Tremonti, dice che ha sbagliato a non dire subito che le cose volgevano al peggio, che ha nascosto fino all’ultimo una realtà più nera delle previsioni. Ma le sue sono critiche assurde. Certe politiche, certe strategie ormai non vengono più decise dai singoli paesi. Sono decisioni che si prendono a livello europeo. In quella sede abbiamo concordato con gli altri governi di non lanciare allarmismi, che era necessario dare fiducia ai mercati per non rischiare di aggiungere difficoltà a difficoltà.
Un atteggiamento logico, di scuola, proprio per favorire i consumi e la ripresa. Tutte valutazioni che proprio loro, gli imprenditori, dovrebbero essere i primi a condividere. E invece niente, quando gli si chiedono dei sacrifici ti saltano addosso. Ma nessun governo può accettare una situazione in cui le imprese, per le pazzie di Visco, quest’anno hanno versato 10 miliardi di Euro in meno nelle casse dello Stato. Solo l’Enel, ad esempio, ha risparmiato 7 mila miliardi di vecchie lire di Irpeg, mentre l’Eni, addirittura, non ha pagato neppure una lira... Tutto questo non è possibile».
Così, dalla viva voce del presidente del Consiglio il vertice di Forza Italia ha saputo che governo e maggioranza stavano per trovarsi esposti su un altro fonte: d’ora in avanti oltre che con i magistrati e con la Cgil, il Cavaliere e i suoi dovranno vedersela anche con gli imprenditori. Cioè con una categoria che ha sempre fornito quadri, idee e risorse a Forza Italia. E ventiquattr’ore ore dopo, puntualmente, la dichiarazione di guerra è arrivata. Il governo ha chiamato la grande impresa a partecipare ai sacrifici del paese e la grande impresa, più o meno come i sindacati, ha gridato alla stangata.
Scelte che Berlusconi e il suo ministro dell’Economia non potevano non fare subito, data la situazione. «Non possiamo accettare - ha spiegato Tremonti in Consiglio dei ministri - che agevolazioni inammissibili che si sono trasformate in vere e proprie regalie date dai governi di centro-sinistra alle imprese penalizzassero le casse dello Stato. Abbiamo fatto partecipare anche le imprese ai sacrifici che chiediamo a tutti i cittadini».
Un cambio di linea economica più improntato al «rigore», che Berlusconi ha voluto subito illustrare al Governatore di Bankitalia e al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. In queste condizioni, infatti, con una situazione sociale che rischia di diventare sempre più delicata, il premier ha più che mai bisogno di essere confortato nelle sue scelte. Anche perché si preannuncia un autunno caldo e le difficoltà dell’economia potrebbero influire negativamente sul quadro politico. «Dobbiamo seguire attentamente il congresso del Cdu - ha spiegato l’altra sera ai suoi colonnelli il Cavaliere - che, a quanto pare, non sarà più unitario».
E ieri lo stesso premier ha dovuto assistere ancora una volta ai battibecchi che caratterizzano le riunioni del Consiglio dei ministri. L’annuncio di Tremonti che la Finanziaria non è ancora pronta, è stato criticato da Alemanno e da Buttiglione, che hanno chiesto più collegialità. Ci sono voluti gli interventi di Fini e dello stesso Berlusconi per riportare la calma.
Quindi, piano piano, lo stesso cavaliere si sta convincendo che la macchina del governo va registrata. Il progetto del Cavaliere prevede l’innesto del nuovo ministro degli Esteri accompagnato da qualche aggiustamento nel giro di qualche settimana e un vero rimpasto per rilanciare la coalizione tra febbraio e marzo del prossimo anno. La lista nera dei ministri che traballano si apre con Martino, passa per Sirchia e sta per essere arricchita da una «new entry», Lunardi. A primavera, a seconda dell’efficacia della «cura» sull’Economia, sarà valutata anche la posizione di Tremonti. E intanto Berlusconi prepara il recupero dell’ex-ministro dell’Interno, Scajola. Lo ha voluto con sè ieri sera in Sardegna e oggi in Sicilia. E per superare le cortesi resistenze di quest’ultimo ad accettare l’invito, il premier ha usato una di quelle espressioni che non accettano repliche: «Un no, lo considererei un’offesa personale».