User Tag List

Risultati da 1 a 2 di 2
  1. #1
    Registered User
    Data Registrazione
    18 Sep 2002
    Messaggi
    3,685
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Dalla Padella Usa Alla Brace Onu

    DALLA PADELLA USA ALLA BRACE ONU

    Chi è realmente anti-mondialista e si oppone veramente alla Globalizzazione, e non soltanto ad una sua variante, non può non contrastare anche la suprema sintesi del processo di unificazione globale: la cosiddetta Organizzazione delle Nazioni Unite, l’ONU.
    Non è possibile non notare come la Sovversione che ci comanda, attraverso un’èlite trasversale di uomini politici e di influenti mass-media, non stia controllando e guidando anche questa fase della politica internazionale.
    Come? Facendoci credere che la soluzione alla politica criminale statunitense (di conquista e controllo dei centri strategici e petroliferi mondiali, e di imposizione del regime ultraliberista e strozzino) sia rappresentata da uno smantellamento ancora più rapido di ciò che rimane delle nostre sovranità nazionali per buttarci nelle braccia di questa ONU.
    E’ chiaro che è un gioco delle parti guidato dallo stesso burattinaio: la Sovversione maligna, tramite i suoi monarchi dell’élite dell’Alta Finanza internazionale.
    Probabilmente, l’élite finanziaria globale permetterà allo strumento-USA di condurre il gioco fintantoché sarà rimasto un paese sottratto in qualche maniera al pensiero unico usuraio; una volta completata la fase di conquista violenta, allora il potere potrà passare pienamente nelle mani dello strumento-ONU, probabilmente la forma che assumerà il Governo Unico Mondiale, il Regno orwelliano del Grande Fratello, o meglio il Regno della Bestia previsto dalle Scritture cristiane, ma non solo.
    Così come la prima guerra mondiale servì alla Società delle Nazioni per venire istituita, così come la seconda guerra mondiale le servi per rinforzarsi e prendere piede, la terza guerra – che sarà costituita probabilmente dalla “lunga campagna” degli USA contro gli “stati canaglia”, il “terrorismo”, e l’Islam -, servirà ad affermarla come unico potere (con l’Europa di Maastricht e altre tappe intermedie).

  2. #2
    Registered User
    Data Registrazione
    18 Sep 2002
    Messaggi
    3,685
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Data: giovedì 26 settembre 2002 21.51
    Oggetto: Il piano massonico di Monnet alla base dell’ Unione Europea


    Lobby e trame contro la sovranità del Vecchio Continente
    Il piano massonico di Monnet alla base dell’Unione Europea


    di MAURO BOTTARELLI

    Cominciamo oggi un’inchiesta-ricostruzione in due puntate sulle radici
    massoniche e mondialiste che hanno portato alla nascita dell’Unione Europea.
    All’interno vi troverete nomi e cognomi dei “congiurati” (anche italiani)
    che fin dal 1955, in nome dell’asservimento ai poteri economici e politici
    anglo-americani, hanno tradito l’Europa, contrastati soltanto da De Gaulle e
    Adenauer. Scoprirete inoltre come una delle punte di diamante dei
    “cospiratori”, il massone Valery Giscard d’Estaing, sia ora a capo della
    Convenzione europea, ovvero l’organo chiamato a stilare la costituzione
    comune dell’Ue. La ricostruzione ricalca fedelmente quella compiuta dal
    giornalista e storico Marco Dolcetta nel suo libro “Politica occulta”,
    pubblicato da Castelvecchi editore (1999).
    L’Unione Europea, ovvero il processo di unificazione dei vari Paesi e la
    loro progressiva perdita di sovranità nazionale, ha una storia parallela.
    Una storia che, partorita dal paradosso che vede istituzioni e uomini non
    delegate dai cittadini decidere sopra le loro teste, affonda le sue radici
    in un piano ben preciso messo in atto da uomini legati a lobby
    politico-finanziarie mondialiste manovrate da interessi anglo-americani.
    Come spiega mirabilmente Marco Dolcetta, il primo esempio classico di
    conflitto fra “dirigismo mondialista” e “resistenza locale” al piano di
    abolizione delle sovranità nazionali è rappresentato proprio dal “Progetto
    Governo Europeo”, sorto il 13 ottobre 1955, quando il finanziere Jean Monnet
    fonda il Comitato d’Azione per gli Stati Uniti d’Europa. Ovvero, il centro
    di una rete d’influenza che penetrava le strutture nazionali, e aveva il
    potere di aprire o chiudere le carriere nella Cee. Tra i membri del Comitato
    ritroviamo, mescolati a membri del ramo europeo della Trilaterale, alcuni
    protagonisti della politica degli anni Sessanta e Settanta: Helmut Schmidt e
    Willy Brandt, Giscard D’Estaing e il radicale Faure. Tra i politici italiani
    furono subito arruolati Ugo La Malfa e Malagodi oltre a Saragat, Malfatti,
    Matteotti, Fanfani e Nenni. Più o meno consapevoli del progetto, costoro
    furono parte della “forza intellettuale” che ottenne dai parlamenti la
    ratifica del Trattato di Roma, firmato il 25 marzo 1957. Dedichiamo ora
    qualche riga a spiegare, per sommi capi, cosa sia la commissione
    Trilaterale, organismo a capo del “complotto” per svuotare i Paesi europei
    della loro sovranità e ridurli a contenitori vuoti e appendici di
    sudditanza. Il 27 giugno 1972, nella tenuta dei Rockfeller a Pocantico
    (Tarrington, New York) una ventina di persone si radunarono per dar vita a
    questo nuovo organismo, pensato come “passo avanti” rispetto alla politica
    del Bilderberg. Tra i presenti vanno ricordati Bayless Manning, allora
    presidente del potentissimo Council of Foreign Affaiers Usa; Max Konstamm,
    già intimo collaboratore del citato Jean Monnet; Guido Colonna di Paliano,
    presidente della Rinascente ed ex-membro della Commissione Cee. Da quel
    giorno la Trilaterale ha operato nel senso di costituire un sistema
    tripolare per blocchi economici, capace di gestire tecnocraticamente gli
    affari mondiali. Tra le aspirazioni principali vi erano la creazione di un’
    Europa “federata” e un continente americano “integrato”: ovvero quanto è
    stato realizzato in questi anni con il Trattato di Maastricht e con la
    creazione del Nafta, il mercato comune Usa- Canada-Messico. Nel maggio del
    1986 il quotidiano spagnolo El Pais riportava la seguente frase: «La
    Commissione sostiene la tesi della necessità di un supergoverno dell’
    economia mondiale». Detto questo, torniamo agli Stati Uniti d’Europa.
    Nonostante l’ampio novero di sodali europei, i primi tre commissari del
    “Progetto” furono scelti fra tre fidati “consulenti speciali” di Monnet,
    destinati a diventare grand commis dell’establishment internazionale: Robert
    Madoilin che da “vicario” di Monnet sarebbe asceso ai vertici della Royal
    Dutch Shell, la multinazionale petrolifera anglo-olandese, il belga Jean Rey
    (poi chiamato a dirigere la Philips, multinazionale olandese) e Sicco
    Mansholt, che avrebbe applicato i devastanti princìpi della “crescita zero”
    all’agricoltura europea.
    Sembrava tutto pronto per il passo successivo, quello che Monnet aveva
    descritto con parole precise riportate nel saggio di Dolcetta: «Creare un
    mercato monetario e finanziario europeo con una Banca Centrale, una Riserva
    Federale europea e l’uso in pool delle riserve nazionali (...). Il libero
    flusso dei capitali fra i Paesi membri e, infine, una politica finanziaria
    comune». L’epoca delle identità nazionali sembrava volgere al termine, senza
    che i cittadini degli Stati europei fossero mai stati chiamati a
    pronunciarsi in merito. Ma c’era un uomo che non poteva accettare questo
    progetto: Charles De Gaulle. Il generale sapeva perfettamente chi fosse
    Monnet. Lo aveva incontrato la prima volta nel 1940, nell’ora della disfatta
    della Francia. De Gaulle fondava allora l’organo della resistenza, “France
    Libre”, e si rese presto conto che Monnet non aveva nessuna intenzione di
    entrarvi. De Gaulle vide allora che Monnet preferiva “resistere” facendosi
    cooptare nella sfera dell’establishment anglo-americano e del suo braccio
    finanziario (l’asse Baruch-Morgan Guaranty-Lazard), non senza mantenere
    canali aperti con quelle che l’establishment considerava le “forze sane di
    Vichy”: non ultimo esempio di quell’ambiguo filone di “antifascisti”
    francesi che non disdegnarono di militare nel governo collaborazionista di
    Pétain, di cui Mitterrand fu un esponente. Ma, mentre altri
    collaborazionisti finirono fucilati, una “mano invisibile” ripulì Mitterrand
    di quel passato, avviandolo al successo.
    Jean Monnet, anziché mettersi agli ordini di De Gaulle, divenne funzionario
    britannico: in questa veste fu spedito da Churchill a Washington, dove fu
    inserito nel “consiglio privato” di Roosevelt, accanto a uomini come Felix
    Frankfurter, Herbert Lehman, McCloy, Harriman, Acheson e i giornalisti
    “liberal” Walter Lippman e James Reston. Le strade dei due, però, si erano
    reincontrate nel 1943, ad Algeri. Monnet vi era stato spedito come
    plenipotenziario di Roosevelt, con un compito preciso: eliminare l’ala
    nazionalista della resistenza francese, liquidando De Gaulle e
    rimpiazzandolo con il più manipolabile generale Henri Giraud.
    Quella volta fu un vero e proprio scontro, da cui De Gaulle uscì vincitore,
    e leader indiscusso della Francia. Ma, naturalmente, il generale dovette
    pagare un prezzo: Monnet era l’uomo che teneva la borsa dei rifornimenti
    americani. De Gaulle dovette inbarcarlo nel governo provvisorio come
    ministro e, dopo la guerra, affidargli l’incarico di “Commissario al Piano”,
    incaricato della ricostruzione e della riorganizzazione dell’economia
    francese: un vero cavallo di Troia. Nel 1955, quando Monnet creò il Comitato
    “per gli Stati Uniti d'Europa”, fu l’occasione del terzo scontro in certo
    senso quello definitivo. In una celebre conferenza-stampa, De Gaulle lanciò
    l’idea di una collaborazione politica più stretta tra i governi degli Stati
    sovrani d’Europa: nasceva “l’Europa delle Patrie”. Coerentemente con il suo
    approccio continentale, De Gaulle non coinvolgeva l’Inghilterra insulare,
    considerata longa manus degli interessi statunitensi, mentre coinvolgeva la
    Germania. Il patriota, il simbolo della resistenza antinazista tendeva
    quindi la mano al nemico storico della Francia. Panico e rabbia furono i
    sentimenti che percorsero le schiene dei fautori degli “Stati Uniti d’
    Europa”: nella cerchia dei “consiglieri” di Roosevelt non era mancata la
    proposta (avanzata alla fine della guerra dall’israelita Felix Frankfurter)
    di castrare la popolazione maschile della Germania debellata, e ridurre il
    Paese a una plaga smembrata senza struttura industriale e con un’economia di
    sussistenza agricolo-pastorale. Persino il controllatissimo Monnet non poté
    trattenersi dal criticare il generale: «Le concezioni di De Gaulle sono
    fondate su nozioni superate(...). È impossibile che Stati che mantengano la
    piena sovranità possano risolvere i problemi d'Europa». Il dado era tratto.
    Ma Monnet tentò di utilizzare l’iniziativa del generale con abile
    pragmatismo, piuttosto che opporvisi frontalmente anche se la sua posizione
    era indebolita dal governo di Sua Maestà britannica, indisponibile a cedere
    anche un grammo di sovranità. Ci fu un viaggio in Usa, dove Monnet si
    consultò con “il gruppo di amici americani” che allora affiancavano il
    giovane presidente Kennedy: McCloy (allora al Disarmo), Acheson (delegato ai
    rapporti con la Nato), il banchiere Douglas Dillon, McGeorge Bundy (allora
    consigliere presidenziale alla Sicurezza Nazionale), e Katherine Graham
    proprietaria del Washington Post e figlia di quel finanziere, Eugene Meyer,
    che Baruch aveva messo alla guida del War Board. Per una strana coincidenza,
    proprio in quel periodo il Dipartimento di Stato e la Cia si implicarono in
    oscuri giochi destabilizzatori con l’Oas in Algeria. La progressiva
    distruzione dell’autorità francese sui territori d’oltremare era il prezzo
    che De Gaulle doveva pagare per la sua indisponibilità nei confronti di un
    processo che considerasse la Gran Bretagna come parte dell’Europa. Ma la
    mano che De Gaulle aveva teso non era stata lasciata cadere nel vuoto. Il
    generale francese aveva infatti trovato un fido alleato in Konrad Adenauer,
    cancelliere di una Germania ormai più sicura di quanto fosse negli anni
    Cinquanta, «quando i congiurati sovranazionali le avevano strappato la
    Ruhr».

 

 

Discussioni Simili

  1. Dalla padella alla brace
    Di Pino80 nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 17
    Ultimo Messaggio: 20-03-12, 00:37
  2. Dalla padella alla brace...
    Di Monsieur nel forum Liberalismo e Libertarismo
    Risposte: 16
    Ultimo Messaggio: 20-04-08, 18:47
  3. Dalla padella alla brace
    Di W. Von Braun nel forum Politica Estera
    Risposte: 22
    Ultimo Messaggio: 19-06-06, 14:27
  4. Dalla padella alla brace?
    Di alemaggia nel forum Centrosinistra Italiano
    Risposte: 2
    Ultimo Messaggio: 27-08-05, 18:55
  5. Dalla padella alla brace?
    Di ARI6 nel forum Liberalismo e Libertarismo
    Risposte: 12
    Ultimo Messaggio: 17-07-04, 00:05

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito