LA CITTADELLA
Anno II, nuova serie, numero 06, MMDCCLV a.U.c.
***** EDITORIALE *****
CITTÀ SANTE, CITTÀ OCCUPATE, CITTÀ LIBERATE
di sandro Consolato
“Più di dieci e meno di dodici, l’undici viene a trovarsi tra due numeri pieni e quindi nell’esegesi medievale viene a trovarsi sempre interpretato come ad malam partem, mentre ogni altro numero possiede sempre almeno un lato buono”: così leggiamo nell’autorevole Dizionario dei numeri di F. C. Endres e A. Schimmel. E ci appare sempre più chiaro che l’11 settembre si sono dinamizzate delle forze occulte tese all’accelerazione del processo catagogico proprio a quello che noi chiamiamo “il mondo moderno”, nell’accezione resa nota dagli insegnamenti di René Guénon e Julius Evola. Avremmo molte cose da dire su certe cause remote di quel che oggi accade, ma, preferendo tenere per ora un atteggiamento di vigilante contemplazione, aspettiamo. Questo numero primaverile ci ricorda, con un breve scritto del nostro carissimo Salvatore Ruta, che la primavera è stagione di guerra e di amore. E che Roma (la Roma celebrata da Properzio, nostro sesto auctor, curato da Mario Enzo Migliori) è nata in primavera. In questa primavera di guerra combattuta in regioni cruciali del mondo come l’Asia centrale e la Palestina, vogliamo rammentare che non vi sarà mai vera pace sulla terra se non ritornerà a soffiare su di essa lo spirito di Roma-Amor.
René Guénon faceva osservare nel suo Le Roi du Monde (1924) che, se l’orientale Lhasa, centro del Lamaismo, appariva come espressione visibile di un invisibile “Centro” del “Re di Pace e Giustizia”, “anche in Occidente, sono note ancora almeno due città la cui disposizione topografica presenta particolarità che, in origine, hanno avuto una simile ragion d’essere: Roma e Gerusalemme”. Ora, è un fatto che Lhasa è ormai da decenni sconsacrata dalla violenta occupazione da parte di una Cina che ha avuto ed ha un ruolo fondamentale nell’inasprirsi del Kali-yuga, e che Gerusalemme (di cui peraltro con Reghini, e con l’ovvietà della geografia, contestiamo l’occidentalità) sembra sempre più destinata a divenire il luogo di deflagrazione di una nuova, terribile guerra mondiale, ardentemente voluta da quei centri del potere occulto di cui Guénon già nel 1945, ne Le Règne de la quantité et les Signes des Temps, segnalava come “particolarmente significativi i progetti ‘sionisti’ nei riguardi degli Ebrei”: centri di potere anglofoni che alimentano una mortifera religiosità deviata, sulla quale si sofferma l’articolo di Miguel Martinez su Millenarismo, Terra Santa e nuova destra statunitense che abbiamo ripreso da Internet. Quanto a Roma… C’è una Roma cattolica che, non vi è dubbio, vuole la pace e sente che il peso del dolore sul pianeta sta diventando abnorme. Ma questa Roma non può portare alcuna vera pace, perché questa Roma non è Roma, ma, in radice, Gerusalemme: la Gerusalemme che ha voluto vendicarsi della distruzione del Tempio occupando l’Urbe latina, obbedendo anche allora all’impulso di forze disgregatrici che volevano quella che Evola chiamò la “sincope della Tradizione occidentale”. “Ce qu’on appelle le triomphe du christianisme est plus exactement le triomphe du judaïsme, et c’est Israël a qui échut le singulier privilège de donner un dieu au monde” scriveva Anatole France nei primi anni del Novecento, e l’articolo di Mauro Meriggi Jerusalem caput mundi? mostra come il Cattolicesimo “romano” oggi sia assai esplicito nell’ammettere tale verità e nel rivendicarla.
C’è un filo occulto che lega Gerusalemme a Roma. E c’è un filo occulto che lega Roma a Lhasa. In certe pubblicazioni ebraiche e in certe pubblicazioni cattoliche non è infrequente leggere una forte avversione verso gli imperatori di Roma Vespasiano e Tito, cui si dovette la distruzione del Tempio (un evento storico e metafisico certamente assai problematico, di cui in futuro parleremo diffusamente). Noi abbiamo scelto in questo particolare momento di ricordare quegli stessi imperatori, che furono tra i migliori nostri per virtù religiose e civili, sottolineando, grazie ad un sapiente scritto di Renato del Ponte, i legami analogici delle loro vite con quella del Buddha; e così chi scrive ha voluto pure porre in parallelo tradizioni tibetane e tradizioni romane riguardo alle possibilità occulte di rimanifestazione di insegnamenti, rituali e oggetti sacri che si ritenevano perduti; nel contempo, con le Pagine ritrovate, si è ricordato Giuseppe De Lorenzo quale araldo di un rinnovato rapporto tra l’Italia e l’Oriente.
Malgrado le tenebre del presente, vi sono segni che dicono che l’universale diffondersi del buddhismo potrà aiutare il raggiungimento di un’autentica Pace nel mondo, e vi sono segni che dicono che il ritorno di una Roma veramente romana aiuterà il raggiungimento di un’autentica Giustizia nel mondo. Tiziano Terzani, che dopo l’11 settembre ha invocato il messaggio di pace spirituale del Buddha contro la crociata americanista e sionista di quella che chiama “la mia innominabile concittadina”, in un suo libro racconta che un vecchio Lama a Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio, ebbe molti anni fa la visione di Lhasa liberata da un paese con un nome a lui sconosciuto, e su cui chiedeva notizie. Questo paese aveva proprio uno strano nome: “Italia”. Lo stesso nome che in ebraico vuol dire “Isola della rugiada divina”, espressione di cui è facile intuire il grande valore tradizionale ed esoterico. Abbiamo aperto una finestrella su un grande, profondo mistero. Ma la richiudiamo subito, poiché per noi che teniamo accesa una delle fiammelle del grande fuoco di Roma-Amor questo è ancora il poundiano tempus tacendi.