Corriere della Sera, articolo. 20 settembre 2005
San Gennaro: il sangue è vero
il miracolo forse
--------------------------------------------------------------------------------
di Vittorio Messori
Tra i guai dell’età c’è la noia del déja-vu . La noia, cioè, che coglie davanti ai rituali ricorrenti cui i media danno voce. Periodicamente, qualcuno annuncia alle agenzie di avere scoperto come ottenere una Sindone eguale a quella diTorino. Di solito, arroventando una statua e sovrapponendole un lenzuolo. Senza spiegarci, tra l’altro, come mai un artista tale da ingelosire un Michelangelo o un Donatello, un genio in grado di scolpire o fondere un’immagine eccelsa come quella sindonica, si sia ridotto a fare l’anonimo falsario di reliquie, invece di diventare ricco e famoso alla corte di papi e imperatori.
Ma, periodicamente, ecco anche il chimico che proclama di avere trovato la formula di una sostanza eguale al presunto “sangue di San Gennaro“. Il tedio, nel mio caso, è aggravato da una situazione singolare: mi trovo, infatti, tra i pochi laici che, un 19 di settembre, abbiano potuto stare al fianco dell’arcivescovo di Napoli –era allora il cardinal Corrado Ursi– che, sull’altare del duomo di Napoli, impugnava lo splendido reliquiario mentre il sangue “ribolliva“. Che è il termine tradizionale per indicare le bollicine che, talvolta, appaiono sulla superficie durante la liquefazione. Prima di constatare il fenomeno a un palmo di distanza mi ero ovviamente documentato: e non presso qualche sprovveduto devoto, ma pellegrinando tra professori universitari e laboratori di ricerca.
Pur nell’esiguità dello spazio, tenterò dunque un piccolo promemoria, anche se consapevole che si continuerà sempre con titoli come quello di un quotidiano di ieri: <<San Gennaro, addio! Il miracolo del sangue si fa con un po’ di gel>>. Innanzitutto: su quanto avviene tre volte l’anno a Napoli, la Chiesa non si è mai pronunciata, né mai si pronuncerà ufficialmente, dichiarandolo “miracolo“. La devozione di papi, cardinali, santi non obbliga alcun cattolico (avviene anche per la Sindone o, ad esempio, per le guarigioni di Lourdes) a credere alla soprannaturalità del fatto. La Chiesa si limita a riconoscere la legittimità del culto e a sorvegliare che resti nell’ortodossia; e gli arcivescovi preferiscono parlare di “segno“, piuttosto che di “miracolo“. Comunque, le analisi spettrografiche della sostanza contenuta nelle due antichissime ampolle (una delle quali quasi vuota) sono state eseguite più volte da equipe di molte università, dando risultato unanime: si tratta di sostanza sanguigna. Sia il cardinal Ursi che il suo successore, Michele Giordano, hanno sempre ripetuto di voler mettere la reliquia a disposizione degli studiosi per ogni indagine, purché ne sia garantita l’integrità. E qui sta il problema irrisolvibile: le due ampolle sono, per gli esperti, di fattura romana e sono sigillate con un mastice durissimo, probabilmente coevo. Come mi disse un professore dell’università di Napoli: <<Nel mio laboratorio ho sia potenti laser che trapani elettronici con punte di diamante e potrei tentare di praticare un minuscolo foro per estrarre una goccia da analizzare. Ma se le ampolle, vecchie di più di un millennio e mezzo, dovessero frantumarsi, chi mi garantisce che ce la farei a scappare vivo dalla città?>>.
Pur senza ulteriori indagini, è però chiaro che quanto c’è in quel reliquiario sfida le leggi che conosciamo. Qualunque sostanza, soprattutto se ematica, da moltissimo tempo avrebbe dovuto ridursi in polvere e non conservare invece un notevole volume e la possibilità di liquefarsi. Ma, soprattutto, ogni scienza naturale, a cominciare dalla fisica, si basa sul principio che a condizioni eguali debbono corrispondere effetti eguali. E’ proprio ciò che non avviene qui: ogni volta, la variazione di volume è diversa, capita che la sostanza si gonfi sino a riempire quasi l’ampolla o che mantenga un volume ben più modesto. Anche il colore è mutevole: dal rosso squillante a quello cupo al grigio al giallastro. Notevolissima è poi la variazione del tempo impiegato nel passaggio dal solido al liquido: ora istantaneo, ora addirittura dopo qualche giorno. Sempre diversi, poi, i tempi e le forme della solidificazione , a fenomeno terminato: dall’immediato al prolungato. Lo scioglimento è indipendente dalla temperatura: avviene –o non avviene– in estate come in inverno. Non è vero che la liquefazione esiga lo scuotimento: come accadde quando io stesso assistevo, il sangue può essere trovato già “ribollente“ senza che alcuno tocchi il reliquiario, cioè all’apertura della serie di casse e di casseforti che impediscono ogni accesso furtivo, visto che esigono una doppia chiave in possesso di persone diverse. Non praticabili neppure le ipotesi della tensione psichica della folla che convoglierebbe energie sul sangue: questo, spesso, è rimasto solido anche dopo giorni di invocazioni appassionate, mentre lo scioglimento si è avuto pure a chiesa vuota.
Molto altro, ci fosse lo spazio, si potrebbe estrarre dalla ricca bibliografia scientifica, opera non di visionari e maniaci ma di autorevoli docenti universitari, spesso agnostici o atei, ma sorpresi davanti a un fenomeno fisico che sembra contrastare proprio le leggi della fisica. Come ha detto uno di quegli esperti: <<Il mistero di questo coagulo è che sembra vivere e respirare, in modi sempre diversi e imprevedibili>>. La fede, lo dicevo, non si gioca di certo su queste ampolle; ma è illusorio pensare di liberarsi di esse dettando, spensierati, una ricetta per un gel casalingo.
© Corriere della Sera
http://www.et-et.it/articoli2005/a05i20.htm