Comincia ad emergere la verità sulla malafede degli "ispettori" in Iraq!

Basta USA! Basta ONU!

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Il rapporto Butler

da Warnews

Gli alleati minacciano ma Saddam accusa

Alla fine della Guerra del Golfo le condizioni dettate dal cessate il fuoco definitivo imposero a Saddam Hussein, tramite la risoluzione 687 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, adottata il 3 aprile 1991 , la distruzione di tutti gli arsenali di armi chimiche, nucleari o batteriologiche e, in più, di distruggere i missili con un raggio d'azione superiore ai 150 chilometri. Alla firma dell'accordo gli alleati calcolarono che la verifica di tali misure non avrebbe preso più di tre mesi di tempo. Ma a distanza di dodici anni il dubbio ancora permane. Alcuni Paesi occidentali temono che l'Iraq, in realtà, abbia avviato un programma di riarmo.

Il monitoraggio della situazione è un punto ancora in discussione tra Iraq e Onu. Dal dicembre del 1998 l'Iraq vieta agli ispettori dell'Onu di entrare nel Paese. Per il loro rientro chiede in cambio l'abolizione delle sanzioni economiche.
Il fatto che Bagdad non avrebbe rispettato le richieste dell' Onu sulla distruzione delle sue armi di sterminio di massa, viene ultimamente usato come motivazione per giustificare un'imminente attacco americano nei confronti dell'Iraq. Secondo fonti governative irachene, viene sistematicamente e falsamente ripetuto che gli ispettori della Commissione speciale delle Nazioni unite (Unscom), l'agenzia per il disarmo dell'Onu, sono stati "espulsi", mentre invece, sostiene Baghdad, vennero "ritirati", perché tra loro furono individuate delle spie americane proprio quando gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si preparavano ad attaccare nuovamente l'Iraq. Inoltre, nel dicembre 1998, le Nazioni Unite riferirono che l'Iraq aveva accolto il 90% delle richieste degli ispettori. Per questo motivo, le stesse fonti, sostengono che sta per scoppiare una guerra basata sulle menzogne e che i sostenitori della guerra conoscono bene la verità.

I dubbi su Butler

La nomina dell'australiano Richard Butler, nel 1997, alla carica di executive chairman dell'Unscom al posto dello svedese Rolf Ekeus, fece registrare un inasprimento della politica nelle ispezioni compiute nei siti iracheni. Per esempio, durante il periodo in cui Ekeus era a capo dell'Unscom, non chiese mai di poter ispezionare il palazzo presidenziale o un ministero, tranne una sola volta, quando volle ispezionare il Ministero dell'Agricoltura. Il nuovo responsabile dell'Unscom, scrisse il 15 dicemre 1998, nel rapporto stilato alla fine dell'ultima missione degli ispettori Onu: "la condotta dell'Iraq non ha permesso alcun progresso nelle operazioni di disarmo. Alla luce di tale esperienza, e in totale assenza di cooperazione da parte dell'Iraq, va ahimè ribadito che la Commissione non è in grado di svolgere la missione affidatale dal Consiglio di sicurezza, relativa al programma di disarmo, ostacolato dall'Iraq. In otto anni l'Unscom ha visitato più di novemila località e ne ha fatte saltare oltre quattrocento, ma ciò non gli impedisce di scrivere "in totale assenza di cooperazione da parte dell'Iraq […]. La Commissione non è in grado di svolgere la sua missione .
Secondo Hans von Sponeck, ex funzionario delle nazioni Unite e responsabile sino al febbraio 2000 del programma umanitario "Petrolio in cambio di cibo", la persona di Richard Butler era strettamente legata alle strategie politiche di Washington e Londra. Butler, sempre secondo Von Sponeck , fornì nel dicembre 1998, agli americani e agli inglesi, la chiave per aprire la porta ai bombardamenti contro l'Iraq e all'intensificazione del conflitto tra il Consiglio di sicurezza e il governo di Bagdad: il suo operato creò molte difficoltà all'epoca in cui guidava l'Unscom.

I "conti in sospeso"

L'amministrazione Clinton da tempo aveva preventivato un'azione militare contro l'Iraq col fine di regolare una volta per tutte il conto in sospeso con il dittatore iracheno. Poco meno di due mesi prima del rapporto Butler, il 31 ottobre 1998, il presidente Clinton aveva firmato l'Iraq Liberation Act, adottato dal Congresso il 28 settembre 1998. L'obiettivo primario di questo atto era di "allontanare dal potere il regime diretto da Saddam Hussein e promuovere l'emergere di un governo democratico". La contemporanea nomina di un "coordinatore statunitense per la transizione in Iraq", Frank Ricciardone; la riconciliazione, ancora molto fragile, tra il Pdk e l'Upk, a Washington, nel settembre 1998; la rinascita del Congresso nazionale iracheno (Cni), che doveva raggruppare le diverse opposizioni, costituivano chiari e forti segnali che mostravano la volontà della Casa bianca ad andare fino in fondo.
Il Consiglio di sicurezza, il 16 dicembre 1998, era riunito per esaminare le relazioni trasmesse da Richard Butler. Mentre l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), anch'essa presieduta dall'australiano, ripeteva che Baghdad aveva adempiuto ai suoi obblighi e che si poteva passare, nel campo nucleare, dal regime d'ispezione a quello di controllo costante, Butler sostenne che l'Unscom "non era in grado di condurre un lavoro sostanziale di disarmo". C'era di che discutere ma la discussione fu interrotta: come comuni telespettatori, i membri del Consiglio di sicurezza vennero a sapere, attraverso la Cnn, che la Casa bianca aveva appena annunciato l'inizio dei bombardamenti contro l'Iraq. Principale giustificazione di questa decisione, la relazione Butler. Ma si sarebbe presto saputo che c'era la Casa bianca dietro il capo dell'Unscom. Per redigere il suo testo Butler non aveva consultato nessuno dei suoi assistenti, ma in compenso teneva regolarmente informato il dipartimento di stato circa l'avanzamento della redazione. Un ex-ispettore americano, Scott Ritter, uno dei più accaniti fautori del metodo duro contro Saddam Hussein, che aveva ipotizzato i legami dell'Unscom con i servizi segreti israeliani, assicurò che Butler era in permanente contatto con i membri del Consiglio nazionale di sicurezza degli Stati uniti, i quali gli "chiedevano di irrigidire il tono della relazione per giustificare i bombardamenti ".
Come risulta da ammissioni rese da un alto responsabile americano, Butler "ci mise al corrente delle sue conclusioni preliminari. Abbiamo reagito e abbiamo fatto domande e dopo aver preso atto della sua relazione finale abbiamo deciso il ricorso alla forza ". Solo che quest'ultima affermazione non era esatta: fin dal 13 dicembre, tre giorni prima dell'arrivo della relazione finale, la Casa bianca avvertiva lo stato maggiore inter-armi americano che il presidente avrebbe ordinato il bombardamento dell'Iraq nei giorni successivi .

I rapporti disattesi

La parzialità della valutazione di Butler sarebbe presto emersa attraverso le dichiarazioni di diplomatici e di giornalisti.
Nella stesura del rapporto furono numerose le omissioni e le letture personali di Butler in merito a circostanze importanti. Il diplomatico australiano non citò le ben trecento ispezioni svolte senza incidenti in meno di un mese; diede arbitrariamente una grande importanza a vari incidenti minori che, complessivamente, si erano conclusi bene; non ricordò che le visite ai "siti presidenziali", all'origine della grave crisi del gennaio-febbraio 1998, non diedero alcun risultato; non parlò del carattere provocatorio delle "visite" che furono effettuate nei locali governativi e in quelli del partito Baat; non tenne conto del fatto che l'accordo del 23 febbraio 1998, firmato da Kofi Annan e Tareq Aziz, prevedeva la necessità di rispettare "le legittime preoccupazioni dell'Iraq circa la sua sicurezza, la sua dignità e la sua sovranità nazionale". Dopo queste necessarie considerazioni, la sua conclusione del rapporto, nella quale dichiarava espressamente che "dopo aver effettuato il suo apprezzamento globale l'Unscom non è in grado di condurre un lavoro sostanziale di disarmo" , appare alquanto faziosa e inveritiera. L'Iraq, infatti, era già dissanguato dalle sanzioni che hanno azzerato le sue capacità militari. L'esercito non era già da più di otto anni in grado di acquistare carri, aerei ed elicotteri dall'estero e riusciva appena a reprimere, spietatamente, ogni opposizione interna. La sua forza nucleare era stata annientata. L'accreditato consulente strategico Unscom, Jean-Louis Dufour, pochi giorni prima della consegna della relazione di Butler era giunto alla conclusione che l'Iraq non aveva a disposizione più alcun missile in grado di colpire i suoi vicini. Quindi non era in grado di spargere su di essi cariche chimiche o batteriologiche " e questa è una prova che in realtà l'Unscom svolse con efficacia il suo lavoro.
Thony Blair, primo ministro britannico, ammise che gli esperti delle Nazioni unite "erano riusciti a eliminare più armi di distruzione di massa di quanto non aveva fatto la guerra del Golfo ". Butler stesso dichiarava, il 18 novembre 1998, che l'Iraq era quasi in regola con i criteri delle Nazioni unite sui dossier dei missili e delle armi chimiche, ma che quello batteriologico restava "un buco nero ". Dunque tre dei quattro dossier del disarmo, il nucleare, i missili e il chimico erano in procinto di essere chiusi. Inoltre l'Unscom aveva installato centinaia di telecamere per sorvegliare i "siti sensibili", preparando in tal modo un controllo continuo del paese. Saddam Hussein nascondeva senza dubbio qualcosa al fine di ricostruire parte del suo potenziale militare, ma non poteva essere diversamente per l'evidente motivo che L'Iraq è situato in un ambiente regionale particolarmente ostile: Israele possiede l'intero ventaglio di armi di distruzione di massa nucleari, chimiche e batteriologiche oltre ai missili per trasportarle; l'Iran ha sviluppato missili di media e lunga gittata e lavora, secondo gli Stati uniti, a mettere a punto l'arma nucleare; la Turchia interviene militarmente sul territorio iracheno, in Kurdistan; il fratello-nemico siriano dispone di un importante arsenale chimico. Né il regime di Saddam Hussein né, domani, alcun governo iracheno potrebbero trascurare queste minacce. I redattori della risoluzione 687 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite lo avevano capito. Pur fissando le condizioni di un cessate-il-fuoco con l'Iraq in particolare il disarmo , questa risoluzione ricordava "la minaccia che le armi di distruzione di massa fanno pesare sulla pace e la sicurezza nella regione, nonché la necessità di lavorare alla creazione in Medioriente di una zona che non possieda tali armi" e insisteva su "l'obiettivo costituito da un generale ed equilibrato controllo degli armamenti nella regione". D'altra parte, il punto 14 del testo sottolineava che le misure di disarmo dell'Iraq "s'iscrivono in un approccio che ha per obiettivo la creazione in Medioriente di una zona senza armi di distruzione di massa e senza missili-vettori, e il divieto generale di usare armi chimiche". Ma questi obiettivi non sono stati mai realizzati e se la violazione della risoluzione fece da pretesto "legale" ai bombardamenti sull'Iraq, a nessuno venne poi in mente di punire i firmatari di questo testo per aver disatteso parte dei loro obblighi.

Marco Cochi