Bruxelles - Una nuova dimostrazione di come gli Stati Uniti cerchino di dettare le proprie regole al mondo intero per i propri fini personali. La Casa Bianca non ha infatti gradito la porta sbattuta in faccia alla Turchia, e ha auspicato che anche Ankara venga ammessa “al più presto” nell’Unione Europea.
Mercoledì la Commissione europea aveva comunicato ufficialmente la lista dei dieci paesi candidati a entrare nell’Unione dal 2004 , e la Turchia è risultata esclusa dalla rosa perché giudicata non ancora in linea con gli standard europei in materia di democrazia e diritti civili. Dalla questione cipriota, al crisi curda, per non parlare del modello giuridico che include ancora la pena di morte. Tutti punti che fanno del paese di Ecevit un candidato ancora non idoneo per aderire all’Unione. Sembrerebbe tutto normale in un iter che molti paesi hanno dovuto seguire per entrare in Europa, invece la decisione di Bruxelles non è piaciuta alla Casa Bianca. Naturalmente ci si dovrebbe chiedere per quale motivo Washington si interessa ad una questione che le riguarda assolutamente. La risposta è semplice.
Il malumore di Washington deriva dal fatto che sul suolo turco ci sono parecchie basi militari di importanza fondamentale in prospettiva di un attacco all’Iraq. Bush teme che la chiusura di Bruxelles possa indurre Ankara a fare un passo indietro nella collaborazione militare: per questo preme affinché l’Esecutivo guidato da Prodi cambi idea.
Il portavoce del Dipartimento di Stato Richard Boucher, dopo aver espresso soddisfazione per l’allargamento a est e a Cipro e Malta, ha quindi detto che l’amministrazione americana continuerà a premere perché anche la Turchia entri nel club: “Il futuro della Turchia è in Europa, è nell’interesse degli Usa, dell’Ue e della Turchia che Bruxelles e Ankara sviluppino il rapporto più stretto possibile”. Parole che dovrebbe, eventualmente, pronunciare Prodi o chi per lui, visto che si sta parlando di Unione europea e non di Stati Uniti. Ma “l’appello” di Washington potrebbe essere raccolto a breve, dimostrando la purtroppo sempre più chiara sudditanza europea agli Usa, visto che la Grecia (che da gennaio assumerà la presidenza di turno) ha fatto sapere che è necessario mandare alla Turchia un “messaggio positivo” come potrebbe essere la data d’inizio dei negoziati ufficiali per l’adesione.
Un segnale che, secondo il ministro degli Esteri di Atene, Ghiorgos Papandreou, potrebbe arrivare al vertice di Copenaghen del 12-13 dicembre.
Intanto, per provare a tenersi buono il governo Ecevit, Bush sta premendo sul Congresso affinché conceda sostanziosi aiuti economici all’alleato.