ALLA BICAMERALE / Pronto il disegno di legge sui giudici della Consulta: passeranno da quindici a venti




POLITICA







ALLA BICAMERALE / Pronto il disegno di legge sui giudici della Consulta: passeranno da quindici a venti


Bossi chiede poteri per le tre macro-Regioni

Il ministro: però non voglio dividere l’Italia. Via al federalismo fiscale prima di quello costituzionale


ROMA - Lo definisce «Senato federale delle Regioni», è una sua vecchia idea - «uno sforzo di fantasia» per il quale chiama l’opposizione a collaborare - che si abbina all’ipotesi di tre macro-regioni: Centro, Nord e Sud. Umberto Bossi prova a ridisegnare l’assetto dello Stato. Lo fa, nel corso di una lunga audizione, davanti alla Commissione bicamerale per gli affari regionali. Più di ogni altra cosa immagina («ma siamo solo e soltanto alle ipotesi») una seconda Camera «articolata per varie macro-aree del Paese, come riferimento istituzionale sul territorio». E a scanso di equivoci: «Non voglio dividere l’Italia in tre». Il ministro delle Riforme annuncia anche che a breve il governo presenterà il disegno di legge sulla riforma della Corte Costituzionale. Un progetto al quale Bossi sta lavorando da almeno un anno, oggetto negli scorsi mesi di osservazioni critiche da parte del Quirinale, finalmente approdato a un stesura definitiva, quasi pronta per il Consiglio dei ministri. Il numero dei membri della Consulta dovrebbe salire a 20 (dagli attuali 15), i cinque giudici in più dovrebbero essere nominati da un collegio di delegati indicati dai Consigli regionali. Un modo per dare maggiore voce «costituzionale» alle Regioni, sempre più spesso protagoniste di conflitti giuridici contro altri poteri dello Stato che vengono giudicati proprio dalla Corte costituzionale.
La riforma della Corte non è che uno dei tasselli di una più ampia riforma istituzionale di marca federale. Bossi precisa che la commissione scientifica da lui insediata non ha ancora terminato i lavori e formulato proposte concrete, ma già immagina la possibile correzione a «un bicameralismo perfetto che non esiste in nessun altro Stato europeo». Il Senato del futuro potrebbe essere in qualche modo «regionalizzato»; fare riferimento alle tre macroregioni «ai fini della progettazione legislativa»; concorrere con la Camera dei deputati solo per l’approvazione delle leggi di bilancio e costituzionali.
Poi Bossi affronta l’argomento federalismo fiscale, da approvare «entro questa legislatura, prima del federalismo costituzionale»: «Non c’è federalismo - sostiene - senza che ci sia alla base il budget come sistema capace di attivare il circuito del voto fiscale: vedo, pago, voto. In questo modo si collegano fra loro ricchezza, amministrazione e rappresentanza politica. Così concepito il federalismo fiscale è l’unica forma possibile di risanamento della finanza pubblica». Una priorità cui applaudono i Ds: «Bossi ha portato ottimi argomenti alla tesi che Ulivo sta sostenendo da tempo - dice il senatore Walter Vitali - Prima della devolution, viene l’attuazione della riforma federalista a partire dall’articolo 119 sul federalismo fiscale. Altrimenti è il caos».
Di devolution e di riforma del titolo V della Costituzione «da approvare prima che la Finanziaria arrivi in Senato», si è parlato anche durante un incontro al ministero delle Riforme. «Altrimenti - ha detto il ministro degli Affari regionali Enrico La Loggia, presente con Bossi e Tremonti - si va all’anno nuovo».

Marco Galluzzo






Il ministro: però non voglio dividere l’Italia. Via al federalismo fiscale prima di quello costituzionale


ROMA - Lo definisce «Senato federale delle Regioni», è una sua vecchia idea - «uno sforzo di fantasia» per il quale chiama l’opposizione a collaborare - che si abbina all’ipotesi di tre macro-regioni: Centro, Nord e Sud. Umberto Bossi prova a ridisegnare l’assetto dello Stato. Lo fa, nel corso di una lunga audizione, davanti alla Commissione bicamerale per gli affari regionali. Più di ogni altra cosa immagina («ma siamo solo e soltanto alle ipotesi») una seconda Camera «articolata per varie macro-aree del Paese, come riferimento istituzionale sul territorio». E a scanso di equivoci: «Non voglio dividere l’Italia in tre». Il ministro delle Riforme annuncia anche che a breve il governo presenterà il disegno di legge sulla riforma della Corte Costituzionale. Un progetto al quale Bossi sta lavorando da almeno un anno, oggetto negli scorsi mesi di osservazioni critiche da parte del Quirinale, finalmente approdato a un stesura definitiva, quasi pronta per il Consiglio dei ministri. Il numero dei membri della Consulta dovrebbe salire a 20 (dagli attuali 15), i cinque giudici in più dovrebbero essere nominati da un collegio di delegati indicati dai Consigli regionali. Un modo per dare maggiore voce «costituzionale» alle Regioni, sempre più spesso protagoniste di conflitti giuridici contro altri poteri dello Stato che vengono giudicati proprio dalla Corte costituzionale.
La riforma della Corte non è che uno dei tasselli di una più ampia riforma istituzionale di marca federale. Bossi precisa che la commissione scientifica da lui insediata non ha ancora terminato i lavori e formulato proposte concrete, ma già immagina la possibile correzione a «un bicameralismo perfetto che non esiste in nessun altro Stato europeo». Il Senato del futuro potrebbe essere in qualche modo «regionalizzato»; fare riferimento alle tre macroregioni «ai fini della progettazione legislativa»; concorrere con la Camera dei deputati solo per l’approvazione delle leggi di bilancio e costituzionali.
Poi Bossi affronta l’argomento federalismo fiscale, da approvare «entro questa legislatura, prima del federalismo costituzionale»: «Non c’è federalismo - sostiene - senza che ci sia alla base il budget come sistema capace di attivare il circuito del voto fiscale: vedo, pago, voto. In questo modo si collegano fra loro ricchezza, amministrazione e rappresentanza politica. Così concepito il federalismo fiscale è l’unica forma possibile di risanamento della finanza pubblica». Una priorità cui applaudono i Ds: «Bossi ha portato ottimi argomenti alla tesi che Ulivo sta sostenendo da tempo - dice il senatore Walter Vitali - Prima della devolution, viene l’attuazione della riforma federalista a partire dall’articolo 119 sul federalismo fiscale. Altrimenti è il caos».
Di devolution e di riforma del titolo V della Costituzione «da approvare prima che la Finanziaria arrivi in Senato», si è parlato anche durante un incontro al ministero delle Riforme. «Altrimenti - ha detto il ministro degli Affari regionali Enrico La Loggia, presente con Bossi e Tremonti - si va all’anno nuovo».

Marco Galluzzo