La marcia di Fini per la propria affermazione politica al di fuori dell’angusto angolo della destra prosegue. Intervenendo giovedì scorso a Perugia al convegno delle Acli “Cittadini in-compiuti”, ha affermato che il diritto di voto per gli immigrati “tende a riavvicinare la cittadinanza sociale a quella politica, nonché a fornire nuove opportunità di integrazione ai lavoratori stranieri attraverso la partecipazione alla vita democratica”. “C’è da chiedersi fino a quando la nostra democrazia potrà permettersi di escludere una parte crescente di residenti sul proprio territorio dai processi decisionali che riguardano tutti, italiani e non” ha detto Fini, ricordando “la scelta coraggiosa compiuta da alcuni Paesi europei come la Danimarca, la Svezia, la Finlandia e l’Olanda di estendere agli stranieri il diritto di voto in occasione delle elezioni amministrative”.
Il presidente della Camera ha poi ribadito l’esigenza di rivedere il concetto di cittadinanza, “una delle grandi sfide della democrazia”, auspicando un iter più veloce per gli stranieri che vivono da anni nel nostro Paese o che vi sono nati e che vogliono diventare cittadini italiani.
In particolare, parlando delle seconde generazioni, Fini ha detto di ritenere “cruciale e indispensabile per la nostra comunità politica preparare fin da oggi il futuro di italiani di questi ragazzi”.
E al riguardo il presidente della Camera guarda all’esperienza di altri Paesi, come la Germania che “ha cambiato la legge sulla concessione della cittadinanza, rendendo questa accessibile agli immigrati di seconda generazione”.
Fini parla di “uno ‘ius soli’ magari temperato”. “Perché – sottolinea - sono potenzialmente molto più italiani dei nipoti di nostri immigrati in Argentina o in Brasile, i campioni juniores del cricket”. “Questi ragazzi - prosegue il presidente della Camera - sono figli di bengalesi, indiani o di altre nazionalità ma vivono qui, vanno a scuola qui e quelli sì che parlano il dialetto...”.
I cronisti hanno ricordato a Fini l’opposizione della Lega a una riforma della cittadinanza. “Serve una discussione serena e seria che parta da alcuni dati di fatto e dall’esperienza di altri Paesi senza cedere a tentazioni propagandistiche in vista delle prossime tornate elettorali” ha risposto il presidente della Camera.
Quindi secondo Fini, la difesa della nostra identità è una mera questione elettorale. Forse questo vale per lui, cinico politicante che ha cura solo ed unicamente dei propri interessi personali. Ma i politici che, al contrario, lottano contro l’immigrazione allogena, sono spinti solo ed unicamente dall’amore verso il proprio popolo, di cui paventano la scomparsa.
Speriamo perciò che l’attuale presidente della Camera venga al più presto respinto nel ghetto in cui si trovava qualche anno fa e da cui non poteva creare danni per il futuro del paese. Perché se, al contrario, la sua ascesa politica dovesse proseguire, nel giro di pochi anni ci troveremmo ad essere inesorabilmente stranieri a casa nostra.
Alessandro Cavallini