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  1. #11
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  2. #12
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    Originally posted by DrugoLebowsky


    quindi: se la procura registra dei bonifichi, siano essi veri o falsi non importa, nella vulgata dollaresca essi non valgono mai come prove. Se si tratta di difendere Previti, NULLA vale come prova. Solo la sua parola (di Previti). Ma lui ovviamente non canterà mai, e quindi che c'è di male se egli, da patrocinante in Giudizio, fa del mecenatismo disinteressato a dei magistrati che accusano Berlusconi? Un passaggio di denaro pari a 434.000 $ (è questo in realtà il vero "emperor dollar") registrato su supporto cartaceo non vale nulla????
    Assolutamente no. O qualcuno prova che quei soldi sono a fini di corruzione, o per quel che mi riguarda potevano esseren anche 434 MILIONI di dollari.

    Sai com'è, un po' di diritto all'università lo insegnano a tutti.
    Per provare che l'azione di x ha causato danno a y, si deve provare che esista un "nesso diretto ed immediato di causalità" tra l'azione di x e il danno ricevuto da y...
    Un bonifico non ti serve a un cacchio.

    O ci sono ACCORDI SCRITTI, oppure TESTIMONI ATTENDIBILI ED ESTERNI ALLA VICENDA (certamente non la Ariosto, anche perchè lei avrebbe visto solo una mazzetta in una cena di 15 anni fà...certamente non erano 434000$, nè VENTUN MILIARDI) che hanno sentito Previti prendere accordi per la corruzione, OPPURE NON ESISTE PROVA CONTRO DI LUI.

  3. #13
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    Kiedono le lire?!?!?! E x ke farsene?!?!?! Quando parla così Brunik mi fa inkazzare da morire!!!!

    There are only 10 types of people in the world: those who understand binary and those who don't

    http://openflights.org/banner/f.pier.png

  4. #14
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  5. #15
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    Originally posted by EMPEROR DOLLAR $

    O ci sono ACCORDI SCRITTI, oppure TESTIMONI ATTENDIBILI ED ESTERNI ALLA VICENDA (certamente non la Ariosto, anche perchè lei avrebbe visto solo una mazzetta in una cena di 15 anni fà...certamente non erano 434000$, nè VENTUN MILIARDI) che hanno sentito Previti prendere accordi per la corruzione, OPPURE NON ESISTE PROVA CONTRO DI LUI.
    Quindi per te le opzioni per condannare qualcuno per corruzione sono:
    1. uno è tanto pirla da fare un contratto di corruzione;
    2. uno è tanto pirla da parlare di mazzette miliardarie davanti ad estranei


    Mi pare poco pratico come sistema...

  6. #16
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    Quando ha detto

    "Date a Cesare quel che è di Cesare"

    Gesù

    intendeva

    .3 anni

  7. #17
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    Originally posted by Skepto


    Quindi per te le opzioni per condannare qualcuno per corruzione sono:
    1. uno è tanto pirla da fare un contratto di corruzione;
    2. uno è tanto pirla da parlare di mazzette miliardarie davanti ad estranei


    Mi pare poco pratico come sistema...
    lo dice anche la saggezza popolare:

    "chi ruba poco va in galera
    chi ruba tanto fa carriera"

    Ruba un pezzo di legno e ti chiamano ladro;
    ruba un regno e ti chiamano Duca.
    -- Chuang Tzu

  8. #18
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    Originally posted by Skepto


    Quindi per te le opzioni per condannare qualcuno per corruzione sono:
    1. uno è tanto pirla da fare un contratto di corruzione;
    2. uno è tanto pirla da parlare di mazzette miliardarie davanti ad estranei


    Mi pare poco pratico come sistema...
    Ovviamente non mi riferisco a contratti. Ma ad esempio lettere. Telefonate registrate. Conversazioni ascoltate da TERZI ESTRANEI.
    Una cosa è certa. Dei banali bonifichi bancari non sono assolutamente delle prove. Al massimo degli "indizi".

    P.S.: sai cosa SI E' COSTRETTI A FARE per buttar dentro un pubblico ufficiale che prende mazzette? Piazzargli una telecamera nascosta in ufficio e mandargli un agente in borghese che faccia finta di volerlo corrompere.

    E voi sperate di fare qualcosa con dei bonifichi?!!

  9. #19
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    E mi dici come si fa a buttare dentro i corruttori? (A parte quelli tanto furbi da lasciare prove scritte o registrate, magari inserite in un pacco spedite per raccomandata alla Procura?)

  10. #20
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    Originally posted by EMPEROR DOLLAR $


    Ovviamente non mi riferisco a contratti. Ma ad esempio lettere. Telefonate registrate. Conversazioni ascoltate da TERZI ESTRANEI.
    Una cosa è certa. Dei banali bonifichi bancari non sono assolutamente delle prove. Al massimo degli "indizi".

    P.S.: sai cosa SI E' COSTRETTI A FARE per buttar dentro un pubblico ufficiale che prende mazzette? Piazzargli una telecamera nascosta in ufficio e mandargli un agente in borghese che faccia finta di volerlo corrompere.

    E voi sperate di fare qualcosa con dei bonifichi?!!
    Il processo milanese è un processo indiziario. Non c'è la "pistola fumante", non c'è il reo che confessa: "E' vero, per ottenere quella sentenza a me favorevole, ho pagato il giudice Tal dei Tali". Non c'è la lettera conservata in cassaforte che certifica: "Io, giudice Tal dei Tali, ricevo tot centinaia di milioni di lire dal signor Caio in cambio della tal sentenza che ho truccato a suo favore". Queste prove, i giuristi, le dicono "storiche". Non ci sono "prove storiche" nel processo milanese. Nel processo milanese ci sono prove indiziarie (prova critica o critico-indiziaria, dicono i sapienti).

    "Indizio" è vocabolo sempre equivoco perché designa conclusioni più o meno probabili su qualcosa. I codici invitano i giudici a diffidarne. Anzi, impongono loro di non tenere conto degli indizi "perché l'esistenza d'un fatto non può essere desunta da indizi, a meno che siano gravi, precisi... concordanti...".

    Dunque, il processo milanese e il suo esito si rilevano in questi tre aggettivi. Sono gravi, precise e concordanti le prove critico-indiziarie di corruzione raccolte dalla procura di Milano? Sono così gravi, precise e concordanti da rendere "credibile" e "probabile" l'ipotesi dell'accusa? In fondo, l'affare che divide l'ordine giudiziario dal potere legislativo e dall'esecutivo; che accende il Parlamento impegnato a legiferare rapidamente per modificare, durante il gioco, le regole del gioco (rogatorie, legittimo sospetto), è in questo stretto snodo perché un processo, alla fin fine, non è altro che "una macchina retrospettiva che stabilisce se qualcosa è avvenuto e chi l'abbia causato: le parti formulano l'ipotesi, i giudici accoglie la più probabile". Nel nostro caso, è accaduto che siano state manipolate le sentenze Imi/Sir e Lodo Mondadori? E, se è accaduto, sono gli avvocati Previti, Acampora e Pacifico e i giudici Squillante, Verde e Metta i falsari? Qual è più "credibile" e "probabile"? L'ipotesi del pubblico ministero che indica in contabili, estratti conto e conteggi di interesse le prove critico-indiziarie della corruzione o l'ipotesi delle difese che sostengono: è vero, questi contatti economici c'erano e non si possono negare, ma svelano "compensazioni finanziarie" e raccontano soltanto di una combriccola di professionisti e pubblici ufficiali, fedeli alle amicizie e desiderosi di non pagare le tasse allo Stato.

    Nella sua requisitoria Ilda Boccassini accetta il gioco proposto dalle difese. Bene, dice loro, avete sostenuto che quei rapporti finanziari tra avvocati e giudici, anche se scorretti (evasione fiscale), non documentano la corruzione. Questa è la vostra ipotesi. Vediamo se sopporta un vaglio critico.

    Attilio Pacifico è l'avvocato che "amministra" all'estero le finanze di Renato Squillante e Filippo Verde. E' uomo accorto "a far rendere il capitale anche per solo uno o due giornate". Non rinuncia nemmeno a un dollaro. Per dire, in un giorno di marzo del 1994, mette a frutto un investimento che gli lascia nelle mani un interesse netto di 300 franchi svizzeri, un utile di un paio di centinaia di migliaia di lire. Come spiegare allora che quando i Rovelli (dopo la sentenza Imi/Sir) gli consegnano 28.850.000 di franchi svizzeri (più di 33 miliardi di vecchie lire), anziché metterli a frutto con un rendimento del 4 per cento annuo, Pacifico li conserva penosamente improduttivi per 180 giorni?

    Chiede il pubblico ministero: che cosa convince l'accorto Pacifico a rinunciare a sei mesi di interessi, quindi a gettar via più o meno 600 milioni di vecchie lire? E perché dopo quei sei mesi di irragionevole paralisi finanziaria, l'avvocato Pacifico "torna ad essere un oculato investitore tant'è che tutte le somme che vengono versate sono immediatamente investite in titoli o in operazioni fiduciarie"? La verità è semplice, per il pubblico ministero: quei 33 miliardi erano il prezzo della corruzione da dividere tra i giudici corrotti.

    Ancora Pacifico. Ha sostenuto in aula che un giorno (marzo 1993) perde una cifra importante al casinò. Non ha liquidità nei suoi conti svizzeri e allora chiede aiuto all'amico Filippo Verde che non glielo nega. Ecco dunque perché emerge dai rendiconti quel pagamento al giudice di 246 mila franchi svizzeri.

    La contestazione del pubblico ministero è pignola, lambicca nel dettaglio, è documentale. Non è vero che Pacifico sia privo di denaro liquido. In quello stesso periodo (gennaio/febbraio 1993) versa, in quattro occasioni, somme pari a 633 mila franchi svizzeri. E' vero che Pacifico ha in corso un'operazione fiduciaria per un importo di 1.035.00 marchi svizzeri con scadenza a tre mesi, ma è anche vero che nella stessa situazione era Filippo Verde: una liquidità per poche migliaia di marchi e 300 mila marchi investiti in operazioni fiduciarie. Quindi, ammesso che il prestito ci sia stato, Verde lo ha fatto "in scoperto di conto". Perché Pacifico attinge ai fondi dell'amico Filippo Verde (che affronta lo scoperto di conto fino alla scadenza dell'investimento fiduciario) e non al suo che era nello stesso stato, ma più ricco di 700 mila marchi? Perché Filippo Verde rinuncia a un mancato guadagno di 24.000 marchi (gli interessi che sarebbero maturati), paga 4.496 marchi di interessi passivi senza chiederne a Pacifico la contropartita? La risposta della Boccassini è elementare: la ricostruzione di Pacifico (casinò, debito, prestito, restituzione) è una fantasia. I 246 mila franchi svizzeri che transitano verso il conto Master di Filipppo Verde sono il frutto della corruzione.

    Renato Squillante. L'influente consigliere istruttore del tribunale di Roma doveva spiegare il perché e il percome di 780 mila franchi svizzeri che vengono versati su un suo conto in coincidenza dello "spezzettamento" dei 28 milioni di franchi svizzeri tenuti fermi per sei mesi da Attilio Pacifico. Tra il 20 giugno e il 3 agosto del 1994, 780 mila franchi svizzeri in sette versamenti gonfiano il conto Forelia. Squillante ammette che quel conto è suo. Ricorda che è stato formato con il prelievo di 723.356 e 955.066 franchi svizzeri provenienti da un altro suo conto (Rowena). Per il resto, però, non sa nulla perché il conto Forelia "è stato gestito con modalità e finalità sconosciute a Squillante dal banchiere Resinelli". Squillante non si sarebbe accorto della mancanza di quei fondi e della loro gestione "occulta" come non si è accorto del reintegro, regolarmente maggiorato di interessi. "Questa storia incredibile è un romanzo giallo", commenta la Boccassini. E' soprattutto falsa perché quel denaro è il frutto, per l'accusa, della corruzione di Renato Squillante.

    C'è infine Previti. Si contraddice in pubblico. Il 23 settembre del 1997 spiega che il denaro ottenuto dagli eredi Rovelli "era destinato, salvo la mia provvigione, a professionisti esteri indicati da Nino Rovelli". Il denaro si muove infatti verso le Bahamas e il Leichtenstein. Il 28 settembre di quest'anno Previti, per necessità, cambia le carte in tavola. Accade che le magistrature dei due "paradisi finanziari" confermano che quelle somme sono riconducibili all'imputato o a fiduciari che agivano per suo conto. Nuova versione, allora: "Le somme non sono mai uscite dalla mia disponibilità e non sono state destinate in alcun modo ad altre persone". E' denaro che "vive" all'estero, protetto dall'attenzione del fisco italiano, e che ritorna a casa, a Roma, soltanto quando Previti ne ha necessità. Del ritorno a casa del denaro in contante se ne occupano in tanti, Attilio Pacifico, Giancarlo Rossi, Francesco Pacini Battaglia, ma soprattutto Carlo Eleuteri, che tra i "compensatori" è il più economico (pagano cash in Italia, si fanno rimborsare estero su estero, trattengono una percentuale). Ecco perché Previti esclude dal "giro" Attilio Pacifico, l'amico fraterno, perché è "caro": "Prende il 3 per cento". E dunque perché, si chiede la Boccassini, Pacifico ritorna al lavoro per Previti in quel periodo (1991, lodo Mondadori) soltanto in un pugno di occasioni che coinvolge anche i giudici? Previti deve una risposta, se è Pacifico a trasferire a lui denaro (non è Pacifico il "compensatore"?). Risponde incerto: "E' vero, c'è qualche anomalia, si tratta forse di compensazione di una compensazione". No, replica ora il pubblico ministero: sono operazioni di corruzione. Quell'operazione 434.404 mila dollari dal conto Mercier (Previti) al conto Rowena (Squillante), ad esempio, è il frutto della corruzione. E' l'unica operazione che utilizza un riferimento mai più utilizzato. Pacifico appare al pubblico ministero l'uomo-chiave che emerge con i suoi conti (Pavone e Pavoncella) dai rendiconti di Previti (Mercier) quando alla fine della corsa c'è un giudice. Esempi. Pacifico riceve un miliardo dal Rovelli (conto Dorian). Parte di queste somme in pochissimi giorni sono trasferiti al conto Mercier (Previti) e al conto Rowena (Squillante). Dal conto Polifemo (Fininvest) si muove verso Previti (Mercier) un miliardo e 800 milioni. 500 milioni sono trasferiti a Pacifico (Pavone) e sono utilizzati poi per aprire il conto Master 811 di Filippo Verde.

 

 
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