Bruno Ermolli: c’è ansia da rilancio, ma non serve una grande opera. Bisogna essere punto di riferimento per gli altri Paesi
«Economia e cultura, Milano diventi città leader nel Mediterraneo»
«La sfida del dopoguerra è stata la ricostruzione, ora si deve puntare allo sviluppo di quanto è stato costruito»
«E’ nella natura milanese fare piuttosto che dire; l'ambrosianità non si autocelebra, è pragmatica e solidale». Bruno Ermolli, 63 anni, da 30 anni protagonista della consulenza strategica, presidente di Sin&rgetica, con molteplici ruoli ricoperti in società quotate, Camera di Commercio, attuale vicepresidente del Teatro alla Scala, cavaliere del Lavoro nonché Ambrogino d'oro del Comune, ha un'idea di Milano che contrasta con le voci che la vedono priva di iniziative.
Milano è in stand-by?
«C'è molta ansia "da rilancio". E' la benvenuta ed è positiva, se non è faziosa e distruttiva per tutto quello che si è compiuto e si sta compiendo. L'ansia "da rilancio" dev’essere un'energia che accomuna tutti in uno sviluppo aggiornato ai tempi. Non serve concentrare gli sforzi per realizzare una meraviglia architettonica, un monolite; bensì è necessario coordinare tutti i progetti che spontaneamente sono in atto in un "sistema" che premi Milano e le faccia conseguire quella eccellenza che le spetta».
Quindi, niente musei come a Bilbao?
«Non solo musei, come a Bilbao. A Parigi, nel 1889, venne costruita la Tour Eiffel, un grande simbolo dell'impresa umana verso il cielo. Nel 2002 Milano penserebbe vecchio se si concentrasse nella realizzazione di un unico segno. Milano, modesta e pragmatica, non deve costruire una "grande opera", ma deve coordinare gli sforzi, integrare i sistemi già esistenti per il conseguimento contemporaneo di numerose opere che si integrano e si estrinsecano, nel tempo, in un grande progetto città».
C’è speranza?
«A Milano si stanno già integrando i sistemi pubblico e privato; pensiamo alla sanità, ai trasporti, alla Fiera, alle università, alla Scala, che è un esempio della collaborazione pubblico-privato e che integra cultura, arte, economia e tecnologia in quattro diversi luoghi: il teatro del Piermarini, gli Arcimboldi, l'Ansaldo e il museo della Scala presso il San Carlo».
La Biblioteca europea, invece, sarà un monolite?
«Negli intendimenti di Antonio Padoa-Schioppa è tutt'altro che un monolite: un nodo del mondo della conoscenza, un luogo fisico collegato virtualmente con il mondo».
Ma sia pubblico che privato, talvolta, latitano. Non siamo come nel dopoguerra...
«E' più facile andare da zero a 100, che da 100 a 110. La grande sfida unificante del dopoguerra era la ricostruzione. Oggi non può che essere lo sviluppo di quanto è stato ricostruito. Smettiamola di piangere uno sulla spalla dell'altro, per poi scaricare le responsabilità del mancato sviluppo sul sindaco e sulla giunta che, con i loro limitati poteri, stanno facendo molto. Siamo noi cittadini che dobbiamo fare di più. Se, ad esempio, le ultime realizzazioni architettoniche sono "brutte", la colpa è di chi le ha progettate e realizzate, e non del sindaco. Per contro, il traffico meriterebbe maggior attenzione su una serie di micro interventi che potrebbero, con scarso costo, migliorarlo, anziché insistere su macro progetti che quando saranno realizzati potrebbero essere superati».
In che modo Milano può integrare i progetti in un «sistema»?
«Milano sta diventando la città più cablata al mondo. Questo primato dei giorni nostri è paragonabile a quello che ha rappresentato la metropolitana di Mosca nella prima metà del secolo scorso. Le fibre ottiche sono binari sui quali devono viaggiare vagoni. I binari sono le premesse, i vagoni sono una miriade di conoscenze e di servizi a cui il cittadino potrà agevolmente accedere e che interconnetteranno Milano con il mondo».
Cosa contengono e dove devono dirigersi questi vagoni?
«L'Italia, convinta europeista, ha in Milano la sua capitale economica, non più industriale, ma terziaria. L'Italia ha faticosamente conquistato il proprio ruolo in Europa e deve porsi sfide di primazia nel Mediterraneo, al centro del quale si trova e verso il quale è naturalmente vocata. Milano deve quindi diventare la più importante "agorà" del Mediterraneo, il nodo strategico di una rete che guarda a sud e che verso sud convoglia i contributi dell'Europa. Il nostro compito è quello di sviluppare una città che sia leader culturale, economica e artistica e che sia capace di trasmettere questi contenuti ai Paesi del Mediterraneo, che prediligono i rapporti con noi rispetto a francesi e spagnoli. Dobbiamo integrare i nostri sistemi finanziari, culturali, artistici, commerciali e sociali per sbarcare nel Mediterraneo con la consapevolezza di essere per loro un polo di riferimento».
Chi deve sbarcare cosa?
«Le università devono coordinarsi nelle attività di ricerca e in quelle di formazione. La moda e il design devono avvertire le attese più allargate e cogliere opportunità. Le banche devono verificare la domanda e strutturarsi per accompagnare le piccole e medie imprese lombarde nel cammino della sprovincializzazione e integrazione mediterranea. Le nostre municipalizzate possono cogliere nuovi mercati. La Camera di Commercio può essere il casello di entrata dell'autostrada per questo sviluppo e le nostre ambasciate il casello di uscita.In sintesi, Milano deve essere la grande piazza europea che guarda a sud».
Ma le infrastrutture ci sono? Malpensa funziona?
«E' ovvio che la nascita di un nuovo hub nel sud Europa sia stata accolta con una guerra di competizione da altri aeroporti internazionali. La concorrenza è utile; una Malpensa debole faceva comodo. Noi dobbiamo vincere questa competizione, evitare battaglie feudali con l'aeroporto di Roma, e non perdere Linate».
Chi deve promuovere questa integrazione?
«L'integrazione deve diventare l'eccellenza di Milano, il suo progetto. Il sindaco è un importantissimo integratore di sistemi, ma non è l'unico. Tutti i restanti nodi della città sono a loro volta integratori di sistemi orientati verso l'obiettivo finale, che è fare di Milano una città di riferimento per il Mediterraneo. Può essere che questo progetto sia una sfida male interpretata per effetto della psicosi da immigrazione selvaggia; ma l’obiettivo è tutt'altro: è fare della nostra società il sistema di riferimento per il Mediterraneo».
Pierluigi Panza
Cronaca di Milano
Ma l'avete sentito questo italos?