La sinistra ha rubato la Liberazione
di Arturo Diaconale
Silvio Berlusconi sarà costretto a non partecipare alle celebrazioni del 25 aprile a Milano. La sua presenza scatenerebbe le proteste di molti gruppi politici e dalla cerimonia potrebbero scaturire incidenti. Per cui si dovrà accontentare di andare al Quirinale e partecipare a fianco del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla cerimonia in ricordo del 25 aprile. Ma Berlusconi è il presidente del Consiglio incaricato di formare il nuovo governo sulla base delle indicazioni di una larga maggioranza parlamentare. E, soprattutto, è il leader che alle ultime elezioni politiche ha ricevuto dalla maggioranza degli italiani il mandato di guidare il governo per l’intera legislatura.
Perché, allora, il personaggio politico che rappresenta almeno la metà del paese (e sempre della metà si tratta anche a voler calcolare i risultati delle regionali) non può permettersi di partecipare alla celebrazione milanese della Liberazione?
La risposta è duplice. Perché una serie di movimenti e partiti dell’ultra sinistra hanno ancora una volta deciso di trasformare la giornata del 25 aprile nell’occasione per muovere una pesante contestazione all’indirizzo del governo di centro destra e del suo premier. E perché un’altra serie di gruppi ed associazioni della stessa sinistra ha stabilito di utilizzare le celebrazioni per lanciare una campagna in difesa della Costituzione ed, ovviamente, di attacco a tutti quelli che pensano di modificarla in qualche modo. A partire, ovviamente, da Berlusconi e dalla sua maggioranza che ha addirittura predisposto la legge costituzionale sulla devolution.
Nessuno ha stabilito che la festa della Liberazione sia di esclusiva proprietà di queste due parti della sinistra italiana. Anzi, se il 25 aprile è il momento fondante della democrazia repubblicana, la festa dovrebbe essere di tutti i cittadini, qualunque sia la loro collocazione politica.
Invece, le due fazioni dell’opposizione, quella dei massimalisti che intendono ancora una volta usare il valore dell’antifascismo come arma per combattere l’avversario di turno, e quella dei conservatori che non vuole cambiare neppure una virgola della vecchia Carta Costituzionale del ’48, si sono appropriati dell’anniversario. Ed hanno consapevolmente scelto di escludere la metà degli italiani dall’usufrutto di questo loro bene esclusivo. In questo modo hanno trasformato la Liberazione in una festa di parte per motivi politici assolutamente contingenti.
Trasformandola in una sorta di festa dell’Unità o di Liberazione dove si fanno i comizi contro gli avversari di turno.
Se è così fa bene Berlusconi a disertare piazza del Duomo trasformata nella solita sagra delle salsicce alla falce e martello. E sarebbe opportuno che quella metà degli italiani cacciata ed esclusa dalla celebrazione incominciasse a pensare di scegliere una diversa data per celebrare il ritorno della democrazia in Italia. Ad esempio il 2 giugno. E si preparasse fin da ora a dare vita ad una festa che non sia solo quella di pochi ma quella di tutti gli italiani.