Pagina 3 di 5 PrimaPrima ... 234 ... UltimaUltima
Risultati da 21 a 30 di 50
  1. #21
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da L'OPINIONE 23 aprile 2005

    La sinistra ha rubato la Liberazione

    di Arturo Diaconale

    Silvio Berlusconi sarà costretto a non partecipare alle celebrazioni del 25 aprile a Milano. La sua presenza scatenerebbe le proteste di molti gruppi politici e dalla cerimonia potrebbero scaturire incidenti. Per cui si dovrà accontentare di andare al Quirinale e partecipare a fianco del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla cerimonia in ricordo del 25 aprile. Ma Berlusconi è il presidente del Consiglio incaricato di formare il nuovo governo sulla base delle indicazioni di una larga maggioranza parlamentare. E, soprattutto, è il leader che alle ultime elezioni politiche ha ricevuto dalla maggioranza degli italiani il mandato di guidare il governo per l’intera legislatura.
    Perché, allora, il personaggio politico che rappresenta almeno la metà del paese (e sempre della metà si tratta anche a voler calcolare i risultati delle regionali) non può permettersi di partecipare alla celebrazione milanese della Liberazione?
    La risposta è duplice. Perché una serie di movimenti e partiti dell’ultra sinistra hanno ancora una volta deciso di trasformare la giornata del 25 aprile nell’occasione per muovere una pesante contestazione all’indirizzo del governo di centro destra e del suo premier. E perché un’altra serie di gruppi ed associazioni della stessa sinistra ha stabilito di utilizzare le celebrazioni per lanciare una campagna in difesa della Costituzione ed, ovviamente, di attacco a tutti quelli che pensano di modificarla in qualche modo. A partire, ovviamente, da Berlusconi e dalla sua maggioranza che ha addirittura predisposto la legge costituzionale sulla devolution.
    Nessuno ha stabilito che la festa della Liberazione sia di esclusiva proprietà di queste due parti della sinistra italiana. Anzi, se il 25 aprile è il momento fondante della democrazia repubblicana, la festa dovrebbe essere di tutti i cittadini, qualunque sia la loro collocazione politica.
    Invece, le due fazioni dell’opposizione, quella dei massimalisti che intendono ancora una volta usare il valore dell’antifascismo come arma per combattere l’avversario di turno, e quella dei conservatori che non vuole cambiare neppure una virgola della vecchia Carta Costituzionale del ’48, si sono appropriati dell’anniversario. Ed hanno consapevolmente scelto di escludere la metà degli italiani dall’usufrutto di questo loro bene esclusivo. In questo modo hanno trasformato la Liberazione in una festa di parte per motivi politici assolutamente contingenti.
    Trasformandola in una sorta di festa dell’Unità o di Liberazione dove si fanno i comizi contro gli avversari di turno.
    Se è così fa bene Berlusconi a disertare piazza del Duomo trasformata nella solita sagra delle salsicce alla falce e martello. E sarebbe opportuno che quella metà degli italiani cacciata ed esclusa dalla celebrazione incominciasse a pensare di scegliere una diversa data per celebrare il ritorno della democrazia in Italia. Ad esempio il 2 giugno. E si preparasse fin da ora a dare vita ad una festa che non sia solo quella di pochi ma quella di tutti gli italiani.

  2. #22
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito 25 aprile, di Davide Giacalone

    25 aprile

    Sessanta anni dalla Liberazione, eppure ancora polemiche. Una delle ragioni risiede nella pessima abitudine di raccontare la storia in modo mitico e di parte, finendo con l’occultare i problemi e, quindi, la lezione che se ne può trarre.

    L’Italia fu liberata dalle truppe anglo americane, impegnate in una guerra per combattere il governo che gli italiani si erano dati. Fummo liberati dall’occupazione nazista, cioè dai nostri alleati del giorno precedente, ma fummo liberati anche da noi stessi. E’ singolare, davvero, che a ritenersi paladini e tutori unici di quella liberazione siano gli stessi che non perdono occasione per accusare ogni impiego di truppe americane fuori da quel Paese.

    Alla nostra liberazione contribuimmo, con l’azione dei partigiani. A quelle formazioni prese parte il mondo laico e liberaldemocratico, con Giustizia e Libertà, il mondo cattolico, con i gruppi di Mattei e Taviani, certamente il mondo comunista, ma anche quello monarchico ed antifascista, con Edgardo Sogno. Il fascismo è il passato di tutti, l’antifascismo è patrimonio di tutti, tranne che dei fascisti. Molti partigiani si mossero con il sogno di portare il comunismo in Italia, il fatto che sia a noi oggi evidente quanto il comunismo non abbia avuto nulla da invidiare al nazifascismo, non diminuisce il valore della loro scelta.

    Si vuole che la Costituzione sia legata a quella fonte resistenziale, e, quindi, sia intoccabile. Ma quella Costituzione intoccabile è già stata toccata molte volte, e spesso da quanti oggi la ritengono intoccabile. Il che significa che ci si può ben dividere sull’opportunità o meno di certe riforme costituzionale, ma farne un tabù è una sciocchezza.

    Ecco, se la storia si provasse a studiarla e conoscerla, anziché tirarsela a casaccio dietro la schiena, non sarebbe un male.

    Davide Giacalone

    http://www.davidegiacalone.it
    25 aprile 2005
    .................................................. ...........................
    tratto da Groups.Yahoo " I Repubblicani"
    http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/

  3. #23
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da LA PROVINCIA DI COMO 26 aprile 2005

    Solenne cerimonia al Quirinale
    e manifestazione popolare in Piazza Duomo a Milano Ciampi: forte richiamo all'unità

    MILANO Carlo Azeglio Ciampi ha finalmente celebrato un 25 Aprile come piace a lui. Domenica sera, con un concerto sinfonico alla Cappella Paolina del palazzo presidenziale (pezzo forte, l'Eroica di Beethoven). Ieri con due grandiose manifestazioni. La prima, solenne, al Quirinale; l'altra, con grande partecipazione popolare, in Piazza Duomo a Milano. A Roma, per la prima volta, è riuscito ad avere accanto a sè sul palco sia il premier Silvio Berlusconi sia il leader dell'opposizione Romano Prodi. Non c'era modo più significativo per comunicare che, al di là delle divisioni politiche e delle competizioni elettorali, senza negarle né annullarle, l'Italia è una, e come tale può ricordare i momenti fondanti della Repubblica democratica in cui viviamo. Per Ciampi, non esiste quell'Italia divisa in attesa di riconciliazione, come sostiene qualcuno. Il nostro popolo, ha detto a Milano, si è «riconciliato con se stesso nel nome della libertà», negli anni della Resistenza, durante la Lotta di Liberazione, e poi nel biennio '46-'47 nel quale, «superando le divisioni politiche e ideologiche», dagli eletti del popolo riuniti in Assemblea Costituente fu approvata la Costituzione repubblicana tutt'ora vigente. Non fu un compromesso inconcludente. Grazie a quella Carta, l'Italia ha progredito, ha avuto «una rinascita morale e materiale», ha realizzato «grandi trasformazioni istituzionali e sociali», e ha anche saputo «creare un sistema di equilibri fra i poteri, che ha garantito e garantisce la libertà di tutti». Qui Ciampi ha sfiorato in punta di penna un punto politico di grande attualità: quello delle riforme costituzionali all'esame del Parlamento in un clima di contrapposizione frontale fra maggioranza e opposizione, e all'interno della stessa maggioranza. Un clima, sia detto per inciso, che è tutto l'opposto di quello di grande intesa e di largo consenso che l'inquilino del Colle, in questi anni non si è stancato di raccomandare. E' tornato a farlo ieri, implicitamente, con la cautela politica e di linguaggio che il suo ruolo gli impone. Almeno, questa sembra la lettura che si può fare fra le righe. Rievocando lo spirito acceso ma fattivo del dopoguerra (altre volte lo ha definito «miracoloso»), scandendo le parole, Ciampi ha ammonito: «Non dimentichiamo mai che la Costituzione è la base della convivenza civile dell'intera Nazione». Cioè, questa Costituzione è il patto su cui da 57 anni si regge l'unità del Paese. Sembra di cogliere, in questo ragionamento, un sottinteso: sarebbe pericoloso compromettere a colpi di maggioranza, per vantaggi di partito o di schieramento, il «sistema di equilibri», di pesi e contrappesi. La folla riunita in Piazza Duomo, ha tributato a Ciampi un omaggio molto caloroso. Un grande abbraccio. Un consenso ripetuto anche in numerosi cartelli. Fino a quello iperbolico di un non meglio identificato gruppo di "Ciampi-boys", in cui si leggeva: «Carlo Azeglio Santo Subito!».

  4. #24
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da L'OPINIONE 26 aprile 2005

    Un 25 aprile di lotta e di governo

    La tentazione ricorrente di farne l’arma della “rivoluzione permanente”

    di Romano Bracalini

    Che ci mettiamo domani per la manifestazione di popolo? L’eskimo no, perché è passato di moda, il passamontagna nemmeno perché non fa fino e sciupa la messa in piega. Si vada a viso scoperto, che mostrerà le ingiurie del tempo, ma almeno ostenta lo stesso spirito goliardico d’un tempo che parrebbe arcaico a chiunque tranne che alla nostra anticaglia. Se il trittico leggendario dei tre fratelli Marx, Lenin, Stalin e Mao Tze Tung, che tanto rimpianto e pianto hanno lasciato nei sopravvissuti, il 25 aprile delle origini, or sono 60 candeline, è la sola data rimasta agli invecchiati epigoni della “teoria della liberazione” che l’hanno usurpata, come la usurparono allora i padri putativi, per riscendere in piazza a difesa della “democrazia”. Quale di grazia? Quella che immaginava il compagno Secchia, dell’ala militare del Pci? O quelle sorte da Varsavia a Bucarest e in tutto l’Est incarcerato che la vulgata comunista chiamava senza ironia “democrazie popolari”?
    Il tripartito Manifesto, Liberazione e l’Unità del Pallonaro ha già diramato il bollettino di guerra e domani ci sarà da ridere. “Ma che repubblica/ma che Mazzini/viva Dumini in libertà”, cantavano i fascisti all’indomani del delitto Matteotti quando l’impunità sembrava ormai certa.
    Anche la sinistra radicale ha gettato la maschera e facendo strame del vantato spirito unitario del 25 aprile, s’è riappropriata del giorno della Liberazione, come se fosse unicamente roba sua, per adoperarlo a suo uso e consumo contro il “nemico” di turno.
    Ad aprire le ostilità, complice la crisi di governo, è stato Valentino Parlato, triste come un giunco d’acqua, che sul Manifesto, con la solennità dell’annuncio di un piano quinquennale, ha chiesto al popolo di sinistra, e anche agli “elettori non di sinistra”, Urbi et Orbi, di “promuovere grandi manifestazioni antifasciste, di mobilitazione contro tutte le possibili minacce del Berlusconi in agonia”. 47 morto che parla, avrebbe detto l’inimitabile Totò. Linguaggio di nuovissimo conio; se fosse un pesce puzzerebbe da un pezzo. Per non essere da meno, gli altri due corni dell’informazione di partito, Liberazione e l’Unità, hanno confermato che, ebbene sì, in Italia esiste una minaccia per la democrazia e chi non ci credesse può sempre chiedere all’intenditore Armando Rublo Cossutta che ha raccolto l’appello di un gruppo di intellettuali, tra cui Rossana Rossanda e l’immancabile Giorgio Bocca, infaticabile nella sua fuga a sinistra, per una manifestazione a difesa della Costituzione da tenersi domani 25 aprile. Ecco serviti coloro, che in tutta buona fede, volevano che il 25 aprile diventasse una festa della libertà contro tutti i totalitarismi. Bisognava contentarci di questo senza pretendere l’impossibile, senza l’ipocrisia di una “conciliazione”, perché la storia non fa sconti e ogni data commemorativa rappresenta il suo superamento. Ma non è nemmeno consentito che la si strumentalizzi a fini di propaganda. Il 25 aprile appartiene alla storia e lì dovremmo metterci il punto e basta. Invece torna a dividere e divide anche la sinistra democratica e riformista, da Rutelli a Caldarola, che rifiutano i toni belliscisti di una campagna che in democrazia si combatte nel Parlamento e nell’urna e non nelle piazze, l’estremo arengo di scontro di tutti i totalitarismi.
    Il 25 aprile non potrà mai diventare una festa di tutti se la sinistra illiberale, che è minoranza, anche se minoranza arrogante, lo agita puntualmente contro tutti gli altri, nel disprezzo delle regole della democrazia che dice di voler difendere.C’è tuttavia una impressionate coerenza in tutto questo e una riprova di timori già espressi. La Resistenza, per i partiti democratici antifascisti che componevano il CLNAI, rappresentava il ritorno alla libertà e all’indipendenza del Paese dopo la tragedia del fascismo e della guerra. Ma per il PCI d’obbedienza stalinista era solo un mezzo per proseguire la “rivoluzione” proletaria interrotta nel 1919-20 col fallimento del biennio rosso che favorì l’ascesa del fascismo. Sveglia, che è tardi!
    Che la democrazia passi per una costante preoccupazione di un Cossutta, che ha vissuto tutta una vita dall’altra parte, fa solo ridere; triste invece vedere l’invecchiamento cattivo di un Giorgio Bocca che dopo l’apprendistato fascista e la riabilitazione nelle formazioni di Giustizia e Libertà, è degenerato, come il vino non buono, nelle farneticazioni delle origini.

  5. #25
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da L'OPINIONE 26 aprile 2005

    L’altra faccia del 25 aprile

    Rivi, vittima silenziosa della Resistenza rossa

    di Odoardo Reggiani

    Nella ricorrenza del 25 aprile abbiamo volentieri ceduto alla tentazione di unirci alla straripante ondata di memorie e rievocazioni, seppure con un racconto controcorrente che non leggerete nei paginoni agiografici dei grandi giornali e nella sfornata di nuovi libri usciti per l’occasione.
    Quella che vogliamo raccontarvi è infatti la storia di un seminarista quattordicenne trucidato dai partigiani comunisti in provincia di Modena il 10 aprile 1945. Non quella di un bieco rastrellatore repubblichino o di un manganellatore nero della prima ora e neppure di un sordido collaborazionista dell’invasore tedesco. È la storia di un ragazzino di 14 anni che voleva diventare sacerdote e missionario, la cui unica colpa era quella di indossare l’abito talare.
    Rolando Rivi, così si chiamava, era nato nel 1931 a San Valentino di Castellarano, un borgo di 400 abitanti in provincia di Reggio Emilia, terzo di quattro figli di una famiglia di contadini, estranea a qualsiasi attività che non fosse quella del lavoro e della frequentazione della parrocchia alle feste comandate. Sospinto da una fervida vocazione fin da bambino, Rolando Rivi entrò nel seminario di Marola nell’ottobre del 1942 e vestì subito la sottana nera come allora si usava. Nel 1945 il seminario rimase chiuso a causa dei bombardamenti e il ragazzo rientrò in famiglia ma continuò a indossare la “divisa” ecclesiastica noncurante delle derisioni e talvolta delle minacce perché, diceva, “È il segno della mia appartenenza al Signore”.
    La mattina del 10 aprile 1945, dopo aver servito la messa celebrata dal giovane cappellano don Alberto Camellini, Rolando si appartò a studiare su una panchina a poche decine di metri dalla chiesa sul limitare di un castagneto, come faceva ogni giorno. In giro non c’era nessuno. La poca gente rimasta era al lavoro nei campi. Sbucando all’improvviso dal boschetto arrivarono tre partigiani armati che cominciarono a sbeffeggiare il “pretino” e, impedendogli di fuggire verso la canonica, lo spintonarono l’un l’altro facendolo cadere più volte. Inutili le grida del ragazzino. Nessuno poteva sentirlo. Dopo essersi così divertiti, i tre lo portarono via lasciando sulla panchina il quaderno aperto sul quale avevano scritto questo messaggio “Non cercatelo. È venuto con noi partigiani. Torna subito”. Passarono le ore e Rolando non si presentò a casa per il pranzo. Passò tutta la giornata e quella seguente ma non si fece vivo. L’ansia e la disperazione dei congiunti diventarono insopportabili, così il padre Roberto e don Camellini decisero di andarlo a cercare. Qualcuno consigliò loro di recarsi in località Farneta dove c’era una formazione garibaldina ma in quella sede dissero di non avere notizie del seminarista. Raggiunsero allora il comando delle Fiamme Verdi, al comando di Ermanno Gorrieri e lì vennero a sapere che Rolando era stato ucciso dai comunisti alle Piane di Monchio, vicino a San Valentino. La conferma venne data dal partigiano delle Brigate Garibaldi Narciso Rioli: il giovane seminarista era stato processato e giustiziato, a suo dire, perché sospettato di essere una spia dei tedeschi. Una vera assurdità. Il commissario politico della brigata, Natalino Corghi, ammise freddamente, davanti al padre del ragazzo, di essere stato l’esecutore materiale della sentenza con due colpi di pistola al cuore e alla nuca dopo averlo denudato e fatto inginocchiare vicino a una fossa da lui stesso scavata. “Il ragazzo tremava, piangeva e pregava” - raccontò con sadico compiacimento il partigiano “ma sono tranquillo – aggiunse - perché era una spia. È stata una azione di guerra”. Nella brigata c’erano alcuni uomini di San Valentino che conoscevano bene la famiglia di Rolando Rivi e sapevano benissimo che quell’accusa era un ignobile pretesto, ma nessuno osò alzare un dito né pronunciare una parola. Un “burdigone” (scarafaggio, in dialetto) in meno”, sghignazzavano tutti dopo aver torturato e freddato un adolescente che voleva farsi prete. Era il 13 aprile 1945. La piccola veste nera dalla quale il giovane seminarista non volle mai separarsi diventò nelle mani dei partigiani comunisti un trofeo che fu appeso sotto il porticato di una fattoria vicina. Il cadavere, semisepolto, fu recuperato dal padre e portato su una carriola a casa. Adesso riposa nella chiesa della Consolata a san Valentino.
    Nel 1947 Natalino Corghi e Narciso Rioli, diventati nel frattempo pezzi grossi del locale partito comunista, furono processati e condannati in Cassazione a 22 anni di galera. Ne scontarono appena 6 e tornarono in libertà. Lungi da noi voler presentare questa storia come unica chiave di lettura, ma nella Resistenza “non tutto fu luce ed eroismo”, come ebbe a scrivere il partigiano medaglia d’oro Giovanni Pesce. Dedichiamo comunque il ricordo del martirio di Rolando Rivi ai preti e ai cattolici per i quali i comunisti sono solo una fissazione di Berlusconi.

  6. #26
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da http://www.pri.it

    25 aprile 2005

    Prima che militare la vittoria fu politica

    Tanto è stato già detto e scritto a proposito della Liberazione e del ruolo fondamentale che la Resistenza ha rivestito nel processo di nascita della nostra Repubblica. Qualche tempo fa il Presidente Ciampi ha affermato: "La Resistenza è stato il modo in cui un popolo ha conservato l'onore e il rispetto di se stesso". È una fra le infinite definizioni possibili, ma coglie a pieno il senso stesso di una pagina della storia d'Italia di cui è bene mantenere sempre salda memoria.

    A sessanta anni di distanza sembra ancora opportuno ricordare come, più che un mero fatto militare, la Resistenza vada ricordata, celebrata e divulgata alle generazioni future per il suo enorme spessore politico.

    Prima ancora di essere eventi di carattere militare, la guerra di liberazione e la lotta partigiana nel nostro Paese sono stati eventi di carattere squisitamente politico, nel senso più nobile del termine, ovvero movimenti interamente e profondamente rivolti al bene collettivo.

    La Resistenza fu infatti, come la definì Salvemini, una "guerra di popolo", né più né meno di quello che aveva dichiarato Parri ai primi di novembre del 1943, quando con Leo Valiani attraversò il confine svizzero per incontrare i delegati anglo-americani, che rimasero stupefatti quando egli affermò ripetutamente che puntava su una guerra del popolo italiano, condotta da un esercito del popolo: i partigiani. A quel tempo i partigiani che erano saliti in montagna ammontavano sì e no a qualche migliaio. Le vicende militari di questa "guerra del popolo" contro l'oppressore interessano soprattutto gli storici; tutto ciò che la Resistenza ha rappresentato dal punto di vista politico, sociale e culturale nel nostro Paese, è dovere di ogni cittadino conoscere e approfondire. I valori che con essa si affermarono sono e rimangono principi fondanti del nostro Paese: l'antifascismo, la democrazia, la libertà. Il frutto tangibile dell'esperienza partigiana, la nostra Costituzione, servì anche in qualche modo a codificare quei valori e a renderli inalienabili.

    All'indomani della Liberazione dell'alta Italia e della vittoria degli Alleati in Europa, si presentava in tutta la sua evidenza la necessità di ricostruire da zero il nostro Paese, promuovendo quella "rivoluzione democratica" cui il Partito d'Azione si era spesso richiamato nel suo programma e nella lotta partigiana: rottura della continuità giuridica con il vecchio stato monarchico e fascista, abrogazione delle leggi autoritarie cui esso aveva dato vita, promulgazione da parte dell'Assemblea Costituente di nuove leggi democratiche riguardanti le questioni strutturali dell'amministrazione, dell'ordine pubblico, della libertà d'espressione, della finanza pubblica, della giustizia, dell'assetto sociale.

    Per dare un significato politico, per stabilire un collegamento tra Resistenza e Costituzione, è utile ricordare il discorso di Piero Calamandrei ai giovani milanesi tenuto nel 1955, che si concluse con la forte immagine secondo la quale la Costituzione veniva presentata come un "testamento": il testamento dei caduti della Resistenza.

    Negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerose "prese di coscienza", sono venuti alla luce alcuni aspetti di quel periodo storico che erano rimasti in ombra, si è fatto un gran parlare del "lato oscuro" dell'antifascismo. Forse è pleonastico ricordarlo, forse no: ricercare la completezza della verità storica non può e non deve significare mettere in discussione i valori dell'antifascismo.

    Basta consultare gli atti della Costituente per trovare il senso profondo dei principi che rappresentano le fondamenta del nostro Stato. Al monarchico Roberto Lucifero, che il 4 marzo 1947 propose di definire "afascista" e non "antifascista" la Costituzione stessa, risposero Piero Calamandrei del Partito D'Azione, il comunista Palmiro Togliatti e il democristiano Aldo Moro. Quest'ultimo affermò: "Non possiamo in questo senso fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa nostra Costituzione emerge oggi da quella Resistenza, da quella lotta, per la quale ci siamo trovati insieme sul fonte della Resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale".

    Vi è anche chi stabilisce un legame ideale, un filo morale che partirebbe dal nostro Risorgimento per arrivare alla Costituzione repubblicana passando attraverso l'esperienza fondamentale della Resistenza italiana. Ieri si è celebrato il 60° anniversario della Liberazione, e mai come in questo particolare anniversario è utile ricordare che non si può separare la Costituzione dalla Resistenza al fascismo e dal 25 Aprile, perché con la lotta di Liberazione è nata la Repubblica e con la Repubblica la carta Costituzionale. Per capire a fondo quanto quella carta è stata ed è tuttora garanzia sostanziale della nostra democrazia, da salvaguardare e rispettare attraverso un'azione di governo coerente con i suoi principi, le parole di Leo Valiani sono illuminanti: "Senza rigore morale, senza autorità dello Stato, senza onestà da parte dei governanti e dei governati, la Costituzione è solo un testo cartaceo. Nella repubblica tedesca di Weimar, la socialdemocrazia, che ne era la forza più coerente, diceva, davanti alla crescita del nazismo, che essa non avrebbe abbandonato per prima il terreno della Costituzione. Come seconda, non ebbe più il tempo di difenderla: si trovò nei campi di concentramento. Noi non dobbiamo aspettarne il collasso, per difendere la Repubblica italiana".

  7. #27
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da (Il Cittadino 27/04/05)

    Tornerà nelle piazze il tricolore?

    Caro direttore, vorrei condividere con lei e i lettori una riflessione su quanto è accaduto in piazza del Duomo a Milano il 25 Aprile. La festa della Liberazione è una ricorrenza molto significativa e importante per tutto il popolo italiano: noi giovani, che la guerra non l’abbiamo vissuta, forse non riusciamo bene a comprendere il gesto dell’anziano partigiano che, eludendo la sorveglianza del presidente, è riuscito ad abbracciare Ciampi. In quel semplice abbraccio c’è tutta la storia d’Italia dalla metà del ‘900 ai nostri giorni:
    un gesto carico di profonda stima e affetto verso il capo dello Stato che in quel momento rappresentava il passato, il presente e il futuro del nostro Paese. Ciampi nel suo discorso ha evidenziato il fatto che «le celebrazioni del 25 aprile sono occasione per meditare, tutti insieme, sui valori fondanti della nostra Patria, libera e unita, sugli ideali condivisi da tutto il nostro popolo riconciliato con se stesso nel nome della Libertà». E la grande Europa che sta nascendo è il nostro passaporto per un futuro di pace, di tranquillità e di serenità. «Parta da qui _ha esortato Ciampi _guardando al di là della vicina grande cerchia delle Alpi, un messaggio di amicizia ai popoli europei, quei popoli che, pur uniti da una comune civiltà, si erano combattuti per secoli. Oggi essi hanno ritrovato insieme, nell’Unione Europea, i benefici della pace».
    E allora io mi domando: come mai la piazza non era un tricolore unico?
    Come mai non c’erano bandiere dell’Unione Europea? Mostrare la bandiera della nazione in tali occasioni rappresenta un piccolo gesto carico di profonda riconoscenza verso i nostri nonni che hanno speso parte della loro vita per noi giovani. La bandiera d’Italia è il nostro simbolo e non è possibile che venga sventolata con foga e passione solo in occasione dei mondiali di calcio o per salutare l’ennesimo trionfo di Valentino Rossi.

    Fulvio Giulio Visigalli
    Partito Repubblicano Italiano del Lodigiano

  8. #28
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito 2 Giugno 2005


  9. #29
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito tratto da http://www.pri.it

    Festa della Repubblica

    Una grande democrazia capace di superare le prove più difficili

    Siamo molto grati al Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, per aver ripristinato la festa della Repubblica. Tanto più grati gli siamo per aver ricordato l'opera di Mazzini nel suo discorso di fine anno. Questo perché nella ricorrenza del bicentenario della nascita del rivoluzionario genovese, la festa della Repubblica assume un particolare valore.

    Noi non gli assegniamo affatto un intento celebrativo, quanto un proposito politico. L'Italia repubblicana è infatti un risultato eccezionale, ma che noi, in base alla lettura di Mazzini, non abbiamo mai ritenuto esaurito. Ci siamo battuti negli anni proprio perché la Repubblica consentisse all'Italia di rialzare la testa, di assumere un ruolo ed una rilevanza internazionale che, per cultura e storia, le spettano. E non abbiamo mai creduto che i difetti, i ritardi, le anomalie che penalizzano la struttura stessa del nostro Paese, non si potessero risolvere. Tantomeno abbiamo creduto che il nostro Paese non fosse in grado di superare le tante difficoltà.

    La festa del 2 giugno diventa allora l'occasione solenne per guardarci indietro e per andare avanti, ponendosi obiettivi ambiziosi, senza timore. Per questo l'amico Stelio De Carolis si fece promotore del disegno di legge nel 1996 superando non poche difficoltà.

    L'Italia è diventata una grande democrazia capace di superare le prove più dure. Magari occorre tempo, così come bisogna sanare dolorose ferite, ma abbiamo sempre trovato le forze e la capacità per migliorare i diritti ed il benessere dei nostri cittadini. Abbiamo sùbito degli appuntamenti importanti in questo senso. Il primo, ad esempio, è il referendum sulla fecondazione assistita. La vittoria dei sì confermerebbe la possibilità di sconfiggere ogni ritorno indietro rispetto alle conquiste scientifiche e alla difesa della salute degli italiani. La nostra mobilitazione a proposito è completa, secondo lo stile che ci è proprio, con il rispetto per tutte le posizioni con cui ci confrontiamo, comprendendo bene le ragioni degli avversari. Ma dobbiamo stabilire delle regole certe a garanzia di tutti coloro che sono nati, prima di difendere quelle degli embrioni.

    Il nostro principale desiderio è la prosperità della nazione, migliorarne il tenore di vita, ritrovare la fiducia degli italiani in condizioni economiche molto difficili. Noi crediamo che questo governo sia il solo ancora capace di scommettere sulle nostre capacità. E per questo restiamo profondamente impegnati per far sì che la vita repubblicana sia alla base della dignità morale e civile che spetta al popolo italiano.

    Roma, 1 giugno 2005

  10. #30
    email non funzionante
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Messaggi
    36,452
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    25 aprile 2006
    61° anniversario della Liberazione dal nazifascismo

    in difesa dei valori Costituzionali della LAICITA’
    per la libertà la democrazia la giustizia

 

 
Pagina 3 di 5 PrimaPrima ... 234 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Risposte: 9
    Ultimo Messaggio: 03-02-14, 00:42
  2. Berlusconi: "La Boccassini? Dovrebbe essere processata"
    Di salvo.gerli nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 25
    Ultimo Messaggio: 16-01-13, 14:53
  3. lo slogan "più famiglia" dovrebbe essere adottato dai gay!
    Di Mauro V. nel forum Politica Nazionale
    Risposte: 85
    Ultimo Messaggio: 13-02-08, 13:56
  4. Quale giorno dovrebbe essere di "unità nazionale"?
    Di DrugoLebowsky nel forum Il Termometro Politico
    Risposte: 315
    Ultimo Messaggio: 26-04-06, 17:44
  5. Quale giorno dovrebbe essere di "unità nazionale" per voialtri?
    Di DrugoLebowsky nel forum Destra Radicale
    Risposte: 20
    Ultimo Messaggio: 31-05-05, 09:14

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito