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  1. #21
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    Predefinito tratto da LIBERAZIONE 30 marzo 2005

    «Il mezzogiorno questione irrisolta. Coordiniamo le risorse»
    Castalda Musacchio

    L'ennesima proposta arriva dal "Pri". Da Reggio Calabria La Malfa junior (figlio di Ugo) rilancia la sua idea. Lo fa da presidente delle commissione finanze alle camere. Ripristinare il ministero del Mezzogiorno - dichiara - resta l'unica strada per risolvere e affrontare il problema della povertà meridionale .... .....

  2. #22
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    Predefinito tratto da http://www.pri.it

    Riflessione amara

    E' questo il momento di politiche coraggiose e di uomini all'altezza

    E' un risultato molto negativo, questo delle elezioni regionali, che assume inevitabilmente un valore politico, condannando le forze della maggioranza di governo, forse con eccessiva severità.

    Dobbiamo comunque prenderne atto e chiederci delle ragioni di un voto che, se riprodotto su scala nazionale nel 2006, sarebbe tale da mutare radicalmente gli equilibri attuali. Visto che il tempo a disposizione non è più molto, bisognerà che la maggioranza, senza polemiche, ma costruttivamente, si preoccupi di dare risposte all'evidente scontento dell'elettorato. Crediamo ancora che vi sia la possibilità di risalire la china ma, come più volte abbiamo ripetuto nel corso di questa legislatura, occorre che la guida politica della coalizione resti salda. Non è mai troppo tardi ad esempio per allargare i confini delle responsabilità nel coinvolgere nelle scelte e nelle politiche operative le forze della coalizione. I repubblicani vorrebbero poter dire che hanno sbagliato ad avanzare quella proposta, o che male hanno fatto a realizzare i compiti affidati, ma semplicemente non possono farlo, perché ogni loro proposta è caduta sistematicamente nel vuoto, ed il ruolo assegnato loro nella coalizione è stato assolutamente marginale.

    Notiamo, a questo proposito, che i voti persi all'estrema destra per la presenza della lista di Alessandra Mussolini sono pochi, e non tali da cambiare il risultato ottenuto. E' evidente, quindi, che una parte dell'elettorato ha abbandonato il centrodestra per il centrosinistra, e cioè che non è stato a sufficienza presidiato dal punto di vista politico e programmatico proprio il centro dello schieramento, quello verso il quale la nostra azione avrebbe potuto e potrebbe essere più efficace. Abbiamo avanzato dal marzo scorso l'esigenza di un progetto strategico per il Mezzogiorno, tale da poter attrezzare il governo nazionale di una sede di elaborazione programmatica che oggi manca: questa lacuna gravissima è stata confermata dal dato che il Sud ha abbandonato in maniera eclatante le forze della maggioranza. Abbiamo, altresì, posto più volte il problema di realizzare interventi più incisivi per l'economia ed il risparmio del Paese, che non ci sono stati, o ci sono stati parzialmente, e vediamo ora, anche nel Nord, dei segnali evidenti di insoddisfazione, che forse solo la credibilità di buoni amministratori come Formigoni e Galan sono riusciti ad arginare. Abbiamo poi insistito con la coalizione nel dire che la riforma costituzionale è sbagliata e chiediamo di riflettere ulteriormente sul testo approvato dal Senato.

    In realtà dobbiamo concludere, mestamente, che rimane il nostro pieno accordo sulla politica estera, che abbiamo appoggiato: non vorremmo che proprio quella potesse essere messa in discussione, sapendo che è un capitolo di difficile apprezzamento da parte degli elettori. Noi non vorremmo che il centrodestra dissipasse in un colpo solo il consenso ottenuto all'inizio da questa legislatura. Inutile allora preoccuparsi di cosa sia stato, o meno, compiuto del contratto con gli italiani nel 2001; siamo d'accordo in proposito con l'onorevole De Michelis: bisogna guardare avanti, ai problemi nuovi e all'esigenza reale che la situazione europea ed internazionale hanno prodotto, per trovare su questi piani delle risposte adeguate. Se non ne saremo capaci, se le forze della coalizione si preoccuperanno dei loro stretti interessi, come pure è successo in questa legislatura troppe volte, la battaglia sarà persa.

    In questo caso crediamo che sarà poi l'opposizione, visto il suo stato di confusione, a perdere la battaglia del governo, e forse solo allora si incomincerà a capire che vi è un problema alla base del nostro sistema bipolare da risolvere. Sarà però allora passato troppo tempo per poter intervenire tempestivamente, e temiamo che a questo punto la crisi italiana avrà raggiunto dimensioni non più controllabili. Per questa ragione è urgente una riflessione seria non solo da parte della maggioranza, che deve comprendere e correggere i propri errori, ma anche da parte dell'opposizione, che non può limitarsi a prendere atto dello scontento del paese e metterlo nelle mani del governo. Oggi è il momento di politiche alte e di uomini coraggiose all'altezza di queste.

    Roma, 5 aprile 2005

  3. #23
    brescianofobo
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    È AL SUD IL CROLLO DEL POLO
    Il Centro-destra tiene al Nord nel proporzionale

    Va da sé che il dato politicamente più significativo di queste elezioni è il numero di regioni vinte dal Centro-sinistra. Un risultato che è andato al di là delle previsioni della maggior parte degli osservatori. Ma c'è un altro dato altrettanto significativo, anche se meno eclatante, e cioè il fatto che per la prima volta da quando sono state introdotte nel nostra Paese le nuove regole di voto il centro-sinistra è riuscito a superare il centro-destra a livello di voti proporzionali. Anche se si tratta solo di 13 regioni il significato di questo dato non può essere sottovalutato. L'Unione ha ottenuto complessivamente il 51,8 % dei voti proporzionali contro il 45,3% della Cdl. Come si vede-dalle tabelle alle elezioni europee del 2004 i due schieramenti erano quasi alla pari. Questo equilibrio oggi si è rotto.

    Ma al di là del dato complessivo è interessante notare la sua articolazione territoriale per comprendere meglio la natura delle' tendenze elettorali in atto. La diversità dei sistemi elettorali ai vari livelli di governo e i continui cambiamenti della offerta politica tra una elezione e l'altra rendono difficile in Italia fare confronti. Quello che noi abbiamo fatto per rendere confrontabili i dati è stato dì "riaggiustare" retrospettivamente le coalizioni del passato sulla base degli schieramenti del presente. Il risultato di questa analisi è che l'Italia, a livello proporzionale, risulta divisa grosso modo in cinque aree: due Nord, un Centro, e due Sud.

    In Piemonte e Liguria il Centrosinistra ha colmato il divario con il Centro-destra. La tendenza era già visibile, soprattutto in Liguria. ma con queste elezioni è diventata netta. Pesa soprattutto il voto delle aree urbane, Torino ìn particolare. dove il Centro-sinistra riporta un risultato molto positivo. Come del resto avviene con Roma nel Lazio.

    In entrambe le regioni il Centro-sinistra è diventato maggioranza sia a livello proporzionale che a livello maggioritario.

    In Lombardia e Veneto la storia è diversa. Qui continua la crescita del centro-sinistra ma il divario con la Cdl resta notevole. In realtà queste sono le due regioni dove la Cdl non solo mantiene il controllo dell'esecutivo, ma ìl suo livello di consensi si mantiene su valori vicini a quelli del 2001 anche se molto lontani da quelli delle regionali del 2000. Con questi dati le elezioni del 2006 in questa parte del Nord avranno un esito non dissimile da quello del 2001 ed è questo quello che alla fine conta, dato il sistema elettorale vigente. Al Centro (Emilia. Toscana, Marche, Umbria) c'è poco da dire tranne sottolineare ancora una volta che qui non c'è competizione. II distacco tra i due schieramenti è ulteriormente aumentato.

    Il Sud invece presenta notevoli novità. Ed è qui che si giocherà la partita decisiva nelle elezioni del 2006. Dal 1994 il Sud è la zona del Paese con l'elettorato più volatile ed è anche la zona con la maggiore presenza di collegi contendibili. I dati di queste elezioni ci confermano però che non esiste un unico Sud. Infatti da una parte ci sono Campania, Abruzzi e Calabria e dall'altra Lazio e Puglia. Anche se in tutte e cinque queste regioni hanno vinto i candidati-presidenti dell'Unione, la dinamica del voto è stata nettamente diversa.

    Nel primo gruppo la vittoria dell'Unione è stata nettissima. Questo è uno dei dati più sorprendenti di queste elezioni perché siamo effettivamente davanti ad un riallineamento elettorale di notevoli proporzioni. In Campania il centro-sìnistra ha ottenuto un risultato superiore a quello dell'Emilia e simile a quello di Toscana e Umbria'. In Lazio e Puglia la situazione è molto diversa.

    In queste regioni il centro-destra ha ottenuto a livello proporzionale più voti del centro-sinistra. In Puglia il distacco è di quasi 4 punti percentuali. La vittoria di Marrazzo e di Vendola non si deve quindi all'apporto dei voti di lista ma alla componente maggioritaria del sistema elettorale. In queste due regioni infatti il 14% degli elettori ha votato solo nella parte maggioritaria, cioè solo per il candidato-presidente, e non per una delle liste che lo sostenevano. Tra questi elettori maggioritari Marrazzo e Vendola

    hanno fatto molto meglio dei loro avversari. Per la precisione la differenza tra i voti presi da Marrazzo (parte maggioritaria) e quelli presi dalle liste che lo appoggiavano (parte proporzionale) è di 9 punti mentre la stessa differenza è solo di 4 punti per Storace. In breve tutti e due hanno preso più voti delle liste che li appoggiavano ma Marrazzo ne ha presi il doppio di Storace e per questo ha vinto. In Puglia è successa esattamente la stessa cosa. E questa è una ulteriore conferma che il centro-sinistra va meglio nella competizione maggioritaria anche se la differenza tra i due tipi di voto oggi si è ridotta rispetto al passato.

    1 dati di Lazio e Puglia ci servono anche per trarre una conclusione più generale sull'esito di queste elezioni. Ci sono pochi dubbi che dietro la sconfitta della Cdl ci sia un fattore generale che ha agito a livello nazionale. I dati di sondaggio (vedi articolo in pagina) suggeriscono che esiste nel paese una profonda e diffusa insoddisfazione sulla situazione economica e che almeno in parte si attribuisce al governo la responsabilità di questo stato di cose. I candidati-presidenti della Cdl hanno dovuto fare i conti con questo atteggiamento negativo nei confronti della coalizione. Alcuni sono riusciti in virtù delle loro qualità personali e/o del maggiore radicamento territoriale dei partiti della Cdl a vincere a dispetto dei santi. altri - come Ghigo, Storace e Fitto - hanno perso di misura. Altri ancora sono stati travolti.

    DI ROBERTO D'ALIMONTE

    Il Sole 24 Ore 06-05-2005


  4. #24
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    ... con che politiche intende rispondere Prodi a questo chiaro segnale delle Regioni del Sud ?
    ... mistero della fede ....

    http://www.nuvolarossa.org/

  5. #25
    brescianofobo
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    Originally posted by nuvolarossa
    ... con che politiche intende rispondere Prodi a questo chiaro segnale delle Regioni del Sud ?
    ... mistero della fede ....

    http://www.nuvolarossa.org/
    Non mi sembri molto informato sui progetti di Prodi.

    Il Sud diventerà il grande porto d'Europa per i nostri scambi con la Cina, che tra 20 anni consumerà più di UE e USA messi assieme.

  6. #26
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    Predefinito .. il programma dell'uomo dal pendolino ....

    ... i capataz dei bischeri sciolti dell'Unione dei "massimalisti" ... hanno gia' fatto sapere che, per risolvere i problemi delle Regioni del Sud, riuniranno, nelle cattedrali delle citta' capoluogo di provincia, tutte le sere, gli attivisti invasati come Brunik a enunciare le formule di rito propiziatorio ... allo scopo sara' ingaggiato anche il divino Othelma ....

  7. #27
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    Predefinito tratto da http://www.pri.it

    Legge Galli e squilibri territoriali/Storia di una normativa completamente trascurata

    Troppe occasioni perse per gli acquedotti del Sud

    di Giovanni Pizzo

    La legge n. 36/94, conosciuta come legge "Galli", fornisce un esempio di quanto il Paese abbia bisogno di politiche attive mirate al riequlibrio territoriale delle condizioni socio – economiche. La legge "Galli", infatti, può essere considerata una delle prime concrete attuazioni di federalismo; essa ha previsto che il più essenziale dei servizi pubblici locali, quello idrico integrato, venga organizzato dalle Regioni ed attivato, regolamentato e controllato dagli Enti Locali riuniti nelle forme di cooperazione previste: la convenzione o il consorzio di funzioni.

    La nostra impressione è stata, fin dall'inizio, che i tanti dualismi che differenziano la parte più sviluppata del Paese da quella più arretrata, avrebbero portato ad un risultato paradossale, che la legge, senza una specifica azione di sussidio da parte dello Stato, sarebbe stata inutile al Nord ed inapplicabile al Sud. E così, infatti stanno andando le cose, complice il totale oblio nel quale questo Governo ha fatto cadere la questione. E' noto che quello dei servizi costituisce uno dei pilastri (quello interno) sui quali i Paesi avanzati possono costruire il proprio rilancio nella economia globalizzata. Produrre e distribuire energia, captare e distribuire l'acqua potabile, raccoglierla, depurala e riutilizzarla, raccogliere e smaltire i rifiuti, organizzare il trasporto pubblico, ecc. costituiscono le attività di base per la qualità della vita e rappresentano una quota significativa nella formazione del PIL.

    La legge "Galli" doveva trasformare il settore dei servizi idrici integrati da carrozzone al servizio della politica più che dei cittadini, ad attività industriale moderna, capace di fornire stimoli alla crescita di una cultura tecnologica, industriale ed ambientale. Questo Governo, che ha ereditato una situazione di stallo generalizzata, era partito con ottime intenzioni "liberali", ma, come gli è successo troppo spesso, al momento di stringere sui provvedimenti, ha perso il filo ed ha finito per ingarbugliarsi in una matassa di provvedimenti legislativi e circolari interpretative che hanno avuto come effetto concreto quello di fornire alibi a chi aveva intenzione di proseguire con le vecchie logiche. Al Nord ed al Centro, anche se non vi è stata nessuna liberalizzazione, si è proceduto verso forme di gestione più razionali con accorpamenti orizzontali (area di competenza) e verticali (altri servizi) delle preesistenti aziende pubbliche fino a raggiungere in alcuni casi dimensioni significative e quotazione in borsa. Al Sud, invece, è rimasto il deserto (nel senso proprio di gare andate deserte): senza un tessuto di aziende già presenti e nella condizione caotica che si è venuta a determinare, sono falliti tutti i tentativi di trovare soggetti gestori sul mercato. Non credo abbia precedenti un ciclo di bandi di gara dell'importanza e della dimensione economica di quelli pubblicati dagli ATO della Sicilia e della Calabria per i quali si sia registrata una quasi totale assenza di concorrenti.

    In Sicilia, ad esempio, siamo già alla seconda generazione di bandi e, addirittura, l'ATO di Palermo è arrivato alla terza! In tutto questo, il Ministero competente, anziché attivarsi per analizzare le cause del disastro nel Sud ed attivare ogni possibile strumento di sussidio, non trova di meglio di cui occuparsi che ingaggiare battaglie di principio contro le aziende pubbliche locali del Centro – Nord che, sia pure fuori dalle linee della legge "Galli", proseguono nel loro percorso di razionalizzazione. Nulla è stato fatto per rivedere le questioni tariffarie, che sono una delle cause delle difficoltà a trovare gestori sul mercato, così come non si sono posti in essere interventi per garantire concretezza e serietà alle pretese di investimenti fissate dalle Autorità d'Ambito nei bandi, che scoraggiano i potenziali concorrenti e, soprattutto, le Banche che li devono supportare. Gli Organismi previsti dalla legge a supporto del processo attuativo (Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, e l'Osservatorio dei servizi idrici) sono stati "congelati" se non boicottati. Adesso, però, è stato nominato il nuovo Presidente, proveniente dall'enturage del Ministro; speriamo in un rilancio del Comitato e dell'iniziativa del Ministero. Intanto gli ATO del Sud che non avranno trovato uno straccio di Gestore potrebbero perdere le risorse finanziarie comunitarie per rifare gli acquedotti le fognature e i depuratori. Un'idea potrebbe essere quella di affidare al General Contractor che realizzerà il Ponte sullo stretto di Messina, anche l'incarico di sistemare gli acquedotti della Sicilia e della Calabria: così, oltre alla cravatta, avremo anche il colletto!

  8. #28
    brescianofobo
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    Predefinito Re: .. il programma dell'uomo dal pendolino ....

    Originally posted by nuvolarossa
    ... i capataz dei bischeri sciolti dell'Unione dei "massimalisti" ... hanno gia' fatto sapere che, per risolvere i problemi delle Regioni del Sud, riuniranno, nelle cattedrali delle citta' capoluogo di provincia, tutte le sere, gli attivisti invasati come Brunik a enunciare le formule di rito propiziatorio ... allo scopo sara' ingaggiato anche il divino Othelma ....
    Guarda che l'unico invasato qua dentro sembri te, ti sei messo pure a scrivere a caratteri cubitali.

    Non puoi mica scrivere normale come un cristiano, cribbio?

  9. #29
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    Predefinito

    ... a forza di frequentare lo zoppo ... si comincia a zoppicare .... sono rimasto esposto per troppo tempo alla tua faziosita' e ne sono rimasto contaminato .... mi sa che dovrai ... da oggi in avanti ... sorbirmi cosi' ... se non addirittura peggio di cosi' ....
    ... non c'e spazio per i ragionamenti pacati e seri ..... non solo con te ... ma in genere ormai, in modo diffuso, anche nella vita reale .... e allora mi adeguo, mio malgrado, ai metodi dei bischeri sciolti capitanati da quella patacca del Professore ....


    http://www.nuvolarossa.org/

  10. #30
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    L'Edera e il rilancio del Paese/I nodi centrali si chiamano competitività e Mezzogiorno

    Ecco i temi sui quali l'Italia gioca il proprio futuro

    di Gianni Ravaglia

    Il recente terremoto elettorale, mi pare abbia messo la parola fine alla leadership berlusconiana e forse alla maggioranza di centrodestra. Giustamente il Pri ha denunciato più di altri gli errori, i ritardi, le incertezze di tale maggioranza, ciò nonostante ha pagato il prezzo della sua crisi più di altri. Come è noto, a mio parere, il Pri da tempo avrebbe dovuto abbandonare il Governo e appoggiarlo dall'esterno sulla politica estera, spronandone l'attività sui vari settori nodali, dalla giustizia, alla scuola, alla riduzione delle spese, ad un federalismo serio che non aggiungesse altre spese, ma soprattutto sul nodo della competitività e del Mezzogiorno.

    Non so se ci avvieremo alle elezioni anticipate o alla scadenza normale della legislatura, mi pare però che, nell'uno o nell'altro caso, il Pri, se vuole riservarsi una qualche opportunità di sopravvivenza, deve uscire dal coro e presentare su tali punti un suo progetto.

    E' infatti recente un giudizio della Banca d'Italia - che si aggiunge al nostro e a quello dei migliori economisti - che il problema dell'Italia è un problema di crescita e di competitività. Problema che, stanti le condizioni economiche internazionali, non può essere affrontato con tradizionali politiche congiunturali. Occorre affermare con forza che, senza l'abbattimento del prelievo contributivo e fiscale e senza una drastica riduzione delle spese, l'Italia confermerà sempre più la propria marginalità dai mercati internazionali

    L'Italia può puntare ad una crescita del prodotto interno lordo del 3-3,5% all'anno.

    Per raggiungere tale obiettivo di crescita - come indica uno studio della Banca d'Italia - occorre attuare un quadro di compatibilità che realizzi un aumento medio della produttività del 2-3%, dell'occupazione dell'1%, del salario reale dell'1,5-2,5%, dei prezzi dell'1,5-2%, prevedendo un aumento dei consumi privati del 3% a fronte di una riduzione di quelli pubblici del 3% e di un incremento degli investimenti pubblici e privati del 7-8% l'anno, soprattutto nel Mezzogiorno.

    Condizione primaria per il perseguimento di tali obiettivi è la riduzione dell'incidenza della spesa corrente sul prodotto interno lordo di oltre il 6% in 5 anni, portandola al di sotto del 40% del Pil, senza intervenire sui trasferimenti alle famiglie e senza intaccare la spesa sociale.

    In sostanza se si vuole ipotizzare una crescita del prodotto interno lordo del 3% nei prossimi 5 anni, le complessive spese di funzionamento delle Pubbliche Amministrazioni dovrebbero ridursi in termini nominali di circa l'1,5% all'anno.

    E dunque necessaria una nuova politica che incida strutturalmente sulla spesa pubblica. E se non si vuole, come noi non vogliamo, intaccare la spesa sociale, occorre cominciare a tagliare le spese dell'apparato amministrativo centrale, gli Enti inutili, come le Province, ridurre il numero dei Comuni e delle Asl con azioni di accorpamento, ridurre le spese regionali, porre un limite all'imposizione locale sostitutiva di quella nazionale. Così come occorre liberalizzare i servizi pubblici, riformare gli albi professionali, porre in concorrenza i servizi pubblici gestiti dagli apparati pubblici, con quelli gestiti, in concessione, da privati. Occorre cioè trovare le risorse, nel quadro del Patto di stabilità, per rilanciare consumi e investimenti. Sono ben consapevole che sia difficile trovare oggi in Italia, se restano gli attuali Poli, una maggioranza che voglia perseguire tali obiettivi, anche se tutti sappiamo che su questi temi ci giochiamo il nostro futuro. Si rafforza allora la proposta politica che Giorgio La Malfa ha presentato all'ultimo congresso del Pri. Consapevoli che simili obiettivi per essere realizzati devono poter avere una larghissima maggioranza che sappia coinvolgere Stato – Regioni - Parti Sociali - Cittadini, si tratta di avanzare un progetto programmatico che stia alla base di una iniziativa politica che, partendo dal superamento degli attuali poli, ricerchi un nuovo quadro politico, una nuova maggioranza di governo che abbia numeri e volontà di perseguire tali obiettivi di rilancio.

    Va da sé che, se come credo, anche la maggioranza del Pri fosse convinta della validità di tali valutazioni, qualora le stesse non venissero accettate dalle altre forze politiche, esse dovrebbero comunque rappresentare la base per il rilancio di un ruolo autonomo del Pri dai due poli.

 

 
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