(III, 55) Vediamo che anche nelle case private lavoranti di lana, ciabattini e lavandai e la gente
più ignorante e più rozza, non ardiscono parlare alla presenza dei padroni più anziani e più assennati, ma quando riescono
a trarre in disparte i loro figli e con questi qualche sciocca donnetta, allora espongono le storie più mirabolanti e dicono
che non bisogna ubbidire al padre ed ai maestri, ma si deve prestare ascolto a loro. Quegli altri - dicono - cianciano e sono degli storditi e in realtà non conoscono ne' sono in grado di operare nessun bene, ormai in balia come sono dei loro pregiudizi, vuote ciance e null'altro.
Loro soli invece conoscono la norma della vita: e i ragazzi, se daranno loro retta, saranno felici e renderanno prospero il casato. E se, mentre così parlano, vedono comparire o un maestro o una persona intelligente o anche il padre di quei ragazzi, allora i più prudenti se la squagliano impauriti,
gli sfrontati invece incitano i fanciulli a ribellarsi sussurrando loro cose del genere: non se la sentiranno e non potranno spiegare niente di buono ai fanciulli alla presenza del padre e dei maestri, perché vogliono evitare la stoltezza e la rozzezza;
quella e' gente completamente corrotta, giunta al limite della cattiveria e pronta a punirli.
Ma, se son disposti, bisogna che lascino perdere il padre ed i maestri e vengano con le donnette e coi ragazzini compagni di giochi nella bottega del cardatore [12] o in quelle del ciabattino o del lavandaio, perché possano ricevere l'istruzione completa. E con queste chiacchiere li convertono.