Una meravigliosa e pacifica invasione, l'immagine plastica di un arruffato e creativo mondo diverso.

E' vero. E prima, la babele delle lingue che riuscivano nonostante tutto a comunicare, progettare e costruire insieme, in cento incasinatissimi incontri...

Fra qualche anno il ricordo di queste giornate fiorentine andrà sbiadendo nella nostra memoria, e fra qualche anno ancora ciascuno di noi si porterà dentro un ricordo, uno solo: un momento, una sensazione che sintetizza un evento.

Io credo che porterò con me, incancellabile, il ricordo del momento in cui "La casa del vento" hanno intonato dal palco la canzone per Carlo Giuliani.

Intorno a me migliaia di ragazzi e ragazze, uomini e donne di tutte le nazionalità e i colori. Sopra le nostre teste, le bandiere: un colore solo, il rosso, insieme all'arcobaleno della pace. Fino a un attimo prima si danzava allegramente al ritmo della musica, italiani, kurdi, africani, francesi, spagnoli... Si sono fermati tutti, e molti si sono allacciati con le braccia. Nella mia mente, immagini: quella maledetta giornata di Genova, il momento in cui si seppe della morte di Carlo e non si sapeva se a bruciare gli occhi di tutti era il dolore o i lacrimogeni o ambedue, e poi un anno dopo, piazza Alimonda piena di fiori.

Ed ora, Firenze.

La vittoria di Carlo, oggi a Firenze. Una sensazione strana, forte e calma: non più rabbia e neppure dolore, come se la ferita di luglio fosse ora rimarginata. Visibile, certo, e guai a dimenticarla.

Ma non più una piaga: una cicatrice. La vittoria di Carlo, uno fra tanti, uno di noi. Quando la canzone è finita e la gola piano piano s'è riaperta e mi sono guardato intorno, prima che scoppiasse l'applauso, tutti avevano lo stesso sguardo perso lontano.

Ho cercato per qualche attimo un nome a quella sensazione, a quegli sguardi, e l'ho trovato.
Dignità.

Dino Frisullo
www.31febbraio.org