Con le riserve la squadra di Lippi ritrova il successo esterno che mancava ormai da 4 anni. Dinamo in Uefa. Per l'1-2 finale gol di Shatskikt, Salas e Zalayeta.
KIEV, 13 novembre 2002 - Quella volta vinse per 4-1. Ma da quella volta, il 18 marzo '98, non aveva più vinto. E la cosa pesava. La Juve torna e ritrova sul campo "lungo" e gelido, oltre che pieno e rumoroso (c'è un suono di fischietti assordante) della Dinamo la vittoria esterna che mancava da quattro lunghissimi anni. Vìola la porta degli ucraini, e non ci riusciva nessuno da 527', e cancella un tabù che era diventato incubo.

L'ex sampdoriano Mikhailichenko ci aveva visto bene. "Che la Juve arrivi con le riserve non vuol dire nulla" aveva predetto. Vince ancora lui, Marcello Lippi che vuole davvero tutto e in questo momento l'ottiene anche, meritatamente. Non è da tutti. Con la qualificazione al secondo turno già in tasca con una giornata d'anticipo, Marcello di Viareggio, alla panchina n.300 con la Signora (tre volte squalificato), va a Kiev con le riserve, gioca, e costringe la Dinamo alla Uefa, con una squadra che insieme non aveva mai giocato, ma che gira e lo fa anche bene. Ritrova Pessotto, perde all'ultimo Zenoni che ha la febbre. Mostra a tutti un Olivera che crescerà bene, forse benissimo. E ringrazia Moggi per quel Chimenti che sarà anche vecchio, ma non fa rimpiangere Buffon.

Punta sulle motivazioni di chi ha voglia di mettersi in mostra e concede salutare riposo alle stelle. Evita anche inutili rischi. Fa bene anche qui. Il gelo colpisce Antonio Conte, ormai perseguitato. Neanche i capelli rasati cambiano il vento: si riacutizza la contrattura, esce piangendo. E la Juve due diventa Juve… tre, con Paro a centrocampo a impostare e intercettare. Parte con Olivera a sinistra per poi spostarlo dietro Salas, con Zalayeta che ritorna se serve sulla fascia, perché si può osare, la Dinamo non pressa e non si scopre. Ha paura. Il baby Recoba, fa vedere che i piedi sono buoni, come lo scatto. Ma ha anche idee (cerca spesso Salas) e voglia di gol. Autorità e carattere, come tutta l'inedita Juve che "tiene" la Dinamo con sicurezza e disinvoltura. Nonostante che dei campioni che hanno battuto il Milan i superstiti siano Iuliano e Birindelli. La Dinamo aspetta e cerca di ripartire in contropiede, i bianconeri fanno girare la palla e poi affondano. E' bravo Chimenti su Shatskikt e sul capitano Belkevich (palo), sfortunato Fresi quando il suo colpo di testa sbatte sulla traversa.

I gol arrivano nella ripresa. Il vantaggio è di Shatskikt, contropiede e tiro-cross: Chimenti questa volta va giù. Ma Salas risponde subito, e di destro che non è il suo piede, trova il primo gol in coppa. Il cross è di Zambrotta che sembra finalmente mandare un messaggio chiaro a Camoranesi. Mikhailichenko insiste, ti aspetti il Baggio d'Ucraina, Melaschenko, arriva Leko per Khatskevic. Ma è la Juve a raddoppiare con Zalayeta che è pesante, ma scatta: trova l'incrocio dei pali e la vittoria. La Dinamo cerca coraggio con Cernat per Rincon, ma la Juve si difende bene. Lippi è bravo anche nei ritocchi: prima Baiocco a destra e Zambrotta centrale, poi torna al 4-4-2 con Davids e Paro centrali. Gli ucraini sono lenti, e si accontentano della Uefa. La Juve rompe il digiuno.