Massacro a Rafah ?
La catena del comando


Uri Avnery

Ci sono pochi contrasti di opinione sui fatti: giovedì scorso, durante un'azione delle Forze della Difesa Israeliana (IDF) a Rafah, sono stati uccisi almeno otto palestinesi (la cifra probabilmente è destinata ad aumentare, dal momento che alcuni feriti sono molto gravi). Cinque fra le persone uccise erano bambini ed una donna.

Sono state ferite almeno cinquanta persone - la maggior parte di loro erano bambini appena usciti dalla scuola.
Il fatto è accaduto sulla linea "Philadelphi", una sottile striscia di terra destinata a separare la zona di Gaza dal vicino Egitto. I palestinesi scavano dei tunnels in questo punto per consentire il passaggio di persone, armi e merci. Le IDF fanno di tutto per impedirlo.
Giovedì le IDF hanno mandato un bulldozer protetto da carri armati e da mezzi di trasporto militari blindati per bloccare i tunnels.
Secondo la versione dell'esercito, si è sparato sul bulldozer e sui soldati. Il comandante della brigata ha dato il permesso di sparare contro la "fonte degli spari" al responsabile del carro armato.
Complessivamente sono state lanciate cinque bombe sui campi profughi densamente abitati, comprese le bombe "flechette" che spargono intorno migliaia di frammenti mortali di acciaio, arma questa particolarmente crudele il cui uso è vietato dalla legge internazionale.
Le IDF non hanno subito perdite.
L'esercito dichiara che fra i palestinesi uccisi c'erano tre "uomini armati" che avevano sparato contro il bulldozer. I palestinesi sostengono che nessuno di loro era un membro noto di una organizzazione combattente. (Questa non è necessariamente una contraddizione: di questi tempi qualunque palestinese potrebbe sparare sulle forze d'occupazione.)
I palestinesi parlano di "massacro". I portavoce israeliani dichiarano di essere dispiaciuti per la morte dei bambini.
Gli americani hanno chiesto ad Israele di dar prova di moderazione.
Il "mondo" ha mantenuto un silenzio di riprovazione.
Questo non è un evento eccezionale. E' diventato quasi di routine. Chi è responsabile ?
Proviamo a tracciare una lista.

Primo: l'occupazione.
L'occupazione crea la resistenza. Per vincere la resistenza, l'occupazione è obbligata a servirsi di sistemi sempre più brutali. Anche la popolazione occupata diventa progressivamente più brutale. La vita umana conta sempre meno, la linea di confine fra combattenti e non combattenti si offusca e scompare.

Secondo: la linea stessa.
Quando la Striscia di Gaza fu resa all'Autorità Palestinese, i generali israeliani avevano chiesto che non ci fosse un confine fra la zona palestinese e l'Egitto. La frontiera di Rafah quindi è restata sotto il controllo israeliano. La linea "Philadelphi" (non ho alcuna idea del motivo per cui sia chiamata così) è destinata a creare la separazione lungo il confine.
Per proteggere la linea, una striscia lunga sei chilometri e larga un centinaio di metri, i soldati devono passare solo a qualche dozzina di metri dall'area palestinese, che è una delle zone più densamente popolate del mondo.
Già in tempo di pace è una situazione problematica. Nei momenti di conflitto diventa una pentola a pressione che può scoppiare in qualsiasi momento.

Terzo: il governo Sharon-Ben Eliezer.
La "leadership politica" è composta da due generali il cui unico linguaggio è quello della forza - uno è il leader del Likud, l'altro è il leader del Labor Party.
La politica di questo governo è di spezzare con la forza la resistenza all'occupazione del popolo palestinese. Si comporta secondo questa massima tipicamente israeliana :"Se la forza non funziona, usiamo ancora più forza."
A questo punto forse l'occupazione israeliana è diventata la più brutale dell'era moderna: milioni di persone sono imprigionate nelle loro case per settimane e mesi, due terzi della popolazione è stata spinta al di sotto del limite di povertà riconosciuto a livello internazionale, centinaia di migliaia di persone soffrono per denutrizione, al limite della fame - tutto questo oltre ai quasi 2.000 uccisi, tra i quali circa 400 bambini.
Niente sta ad indicare che la resistenza palestinese sia sul punto di spezzarsi. Piuttosto il contrario.
Con ordini espliciti o impliciti, la "leadership politica" trasmette all'esercito di usare metodi sempre più brutali, superando gradualmente ogni limite.
Per placare l'opinione internazionale viene posta qualche piccola restrizione a questi metodi, e contemporaneamente ne sono messi in atto altri molto più duri. In questo gioco, Shimon Peres, l'incoronato d'alloro Premio Nobel dell'ipocrisia, svolge un ruolo centrale.

Quarto: Il Capo di Stato maggiore
Per il sistema gerarchico militare, il capo di stato maggiore è l'unico responsabile di tutti gli atti e le omissioni delle IDF.
Il generale Moshe Yaalon ha già manifestato pubblicamente il suo orientamento di estrema destra. Ha dichiarato che ogni concessione ai palestinesi costituisce una "ricompensa al terrorismo". Ha definito la resistenza palestinese come "lo sviluppo di un cancro".
Il capo di stato maggiore controlla l'azione di tutti i membri dell'esercito. Se si oppone con fermezza ad un'azione, il suo rifiuto viaggerà con la velocità del fulmine attraverso la catena del comando fino a raggiungere ogni soldato, e se incoraggia certe azioni, o chiude gli occhi, anche questo sarà immediatamente percepito. Non c'è alcuna necessità di ordini scritti. Ogni comandante sente quello che vogliono i suoi superiori e ogni soldato sente quello che desidera il proprio comandante. Ecco come funziona l'esercito.

Quinto: il comandante capo della zona.
Il capo della zona sud e il suo staff hanno molta confidenza con le realtà topografiche. Sanno che se si portano carri armati nella linea "Philadelphi" ci saranno dei palestinesi che spareranno.
C'è una forte probabilità che si verifichi uno scontro a fuoco vicino ad un'area molto popolata e che uomini, donne e bambini siano uccisi. Ed è quello che è successo anche questa volta.
(La stessa cosa è accaduta nel corso di altri incidenti nella Striscia di Gaza, come una settimana prima, nei pressi di Khan Younis, dove 17 palestinesi, fra cui donne e bambini, sono stati uccisi. Una topografia diversa, circostanze simili, stesso comando.)

Sesto: il generale di brigata.
Dopo l'inizio dello scontro a fuoco, il generale di brigata ha ordinato di lanciare le bombe. Sapeva che date le circostanze non c'era alcuna possibilità di distinguere gli uomini armati dalla folla. Ha agito secondo il principio che sembra essere stato adottato dalle IDF: per "liquidare" un uomo armato vale la pena di uccidere dieci persone disarmate. Non avrebbe dovuto ordinare il lancio nemmeno di una sola bomba e tanto meno di cinque.
Ha agito con l'approvazione del comandante di divisione, che è apparso ancora alla televisione e si è vantato di questa azione. Come il comandante delle forze aeree, sembra dormire benissimo di notte. Non ha scrupoli, né dubbi, niente.

Settimo: il comandante del carro armato.
Si suppone che il comandante di un carro armato sia capace di agire sotto pressione e di prendere decisioni durante gli scontri a fuoco. Avrebbe dovuto sapere che, in quelle circostanze, una bomba avrebbe causato un disastro, e ancor di più parecchie bombe, comprese le micidiali "flechette".

Il grilletto facile è un altro sintomo della situazione deteriorata e pone un grave fardello di colpa su tutta la catena del comando, dal Primo Ministro fino all'ultimo soldato. Lanciare bombe su quelli che trasgrediscono il coprifuoco e soprattutto sui bambini che tirano pietre su pesanti carri armati è già diventato il flagello della West Bank.

L'ordine di lanciare bombe poteva essere "un ordine palesemente illegale" su cui aleggia la "nera insegna dell'illegalità", un ordine al quale per la legge israeliana un soldato è obbligato a disobbedire. Nessun soldato può pretendere di "aver solo eseguito gli ordini".

Non posso giudicare se la vita dei soldati era in pericolo. Fortunatamente nessun soldato ha riportato nemmeno una scalfittura. I soldati delle IDF sono protetti meglio di qualunque altro soldato al mondo. Ma se sono stati davvero in pericolo di morte, la responsabilità è dei capi che li hanno messi deliberatamente in questa situazione.

Palestine Chronicle, 21 Ottobre 2002