La catastrofe giapponese si può comunque secondo me datare molto prima, da quando, fine '800 non so quale commodoro russo ruppe l'isolamento medievale giapponese per portare la "civiltà". In un arco di tempo brevissimo il giappone mandò in pensione usanze e costumi ben più antichi di quelli a cui ci ancoriamo oggi noi, per fare spazio alla tecnologia. Personalmente, credevo che una società come quella giapponese avrebbe resistito un po' di più all'attrattiva della tecnologia e del lusso occidentale.Originally posted by Orazio Coclite
Proprio l'altro ieri, leggendo l'ultimo numero di 'Storia verità' monografico sul Giappone, trovavo un interessante articoletto a firma Romano Vulpitta, intitolato: "Un impero d'oriente si arrende all'occidente", sottotitoli: "Dopo la sconfitta, lo sconvolgimento morale e civile. Riconquistata la sovranità, lo stato giapponese ha rinunciato passivamente a riprendere la sua piena autonomia e si è adattato senza più reagire a vivere all'ombra degli stati Uniti", dove si ripercorrere per grandi linee il percorso post-bellico che ha portato il Giappone da nazione guerriera e fiera ad amalgama consumista senza alcuna dignità. Fatto sta che anche in questa occasione, l'America si rese principale responsabile della spersonalizzazione e repressione della cultura tradizionale locale creando il brodo di coltura da cui successivamente scaturì il nuovo giappone industrializzato e ricchissimo, ma per sempre senz'anima e incapace di guardare oltre i meri valori terreni... anche loro hanno ottenuto il loro piatto (piattone?) di lenticchie...
In Giappone ho avuto la fortuna di andarci diverse volte, e ricordo il forte disgusto e sorpresa che ebbi allorché, alla mia prima volta nella terra del sol levante, mi resi tristemente conto di come tutte le mie letture di Mishima, dello Hagakure, delle storie di samurai, non fossero oramai che lettera morta, una finestra su un passato in cui il Giappone moderno non vedeva altro che un'eredità folkloristica da usare per finalità commerciali. Tutto sembrava morto dell'antica gloria, e a poco servì, visto che all'epoca ero studioso di Budo, avere finalmente l'occasione di praticare Kendo e Iaido all'interno di un autentico Dojo giapponese. Al di fuori degli allenamenti intorno a me vedevo solamente una massa informe di corpi senz'anima, poco importava se questi corpi assumevano sembianza di impiegato o di punk (impressionante poi notare come nella sola Tokyo sia praticamente impossibile fare pochi passi senza imbattersi in ragazzi locali conquistati alle ultime mode occidentali (rockabilly, metallari, mods, skaters, ecc.))
Lo spirito guerriero dei giapponesi è durato fino alla fine del secondo conflitto mondiale, dopo di che il nulla.
Ave.
I giapponesi che arrivarono alla seconda guerra mondiale erano un popolo che conservava l'antico spirito guerriero, ma che comunque aveva trasformato l'individuo in un superuomo-tecnologizzato asservito alla logica della produttività che, probabilmente, si sarebbe tirato nella fossa del consumismo da solo, anche senza l'arrivo degli americani. Ed infatti il Giappone oggi è il paese che con più stupido entusiasmo si tuffa nella moda del consumo ed in generale di qualsiasi standard occidentale. Quanto oggi un giapponese è più tecnologizzato di noi? Quanto pesa e quanto è di comune utilizzo la tecnologia in Giappone? Quanto si è già diffuso il sistema della città-formicaio in Giappone? Basti pensare che lì qualche etto di rucola costa più di un computer e che Tokio è una metropoli con 28.000.000 di abitanti, standard peggiori (qualcun altro direbbe "migliori") dell'occidente stesso. Può essere solo che i giapponesi hanno seguito la "moda" statunitense, o si può proprio dire che essi per questa moda erano già portati?
P.s.
Sempre riguardo alla "tecnologia", al consumo ed alla massificazione, ho intenzione prossimamente di scrivere un thread riguardante l'evoluzione della fotografia in questi anni dalla fotografia chimica a quella digitale; cosa in sè - per i non addetti ai lavori - insignificante, ma paradigmatico di mille altre micro-evoluzioni insignificanti della società che nell'insieme mostrano un panorama ben macabro.