Una sentenza che continua a far discutere. E nessuno si ricorda di Pecorelli, la vittima
Andreotti, giustizia fuori tempo massimo
L'unica sua vera colpa: come capo della Dc fu uno dei nemici storici dei diritti padani
di Gianluca Savoini
Ministro Bossi, qual è il suo giudizio sulla condanna inflitta ad Andreotti per l'omicidio Pecorelli?
«Sono passati così tanti anni che si fa fatica a seguire le scelte della magistratura. L'unica cosa certa è che Andreotti è stato uno dei maggiori responsabili della politica democristiana, uno dei nemici storici dei diritti padani. Questo è quello che conta per noi».
Andreotti insomma era uno dei capi di quella Dc che, come ha ripetuto sempre la Lega, derubò il Nord?
«Proprio così. La Dc ebbe anche dei meriti, come quello di essersi opposta alla vittoria dei comunisti, ma contribuì indiscutibilmente a potenziare il centralismo romano».
Beh, allora lei non vuole parlare di Andreotti. Lei parla della Democrazia Cristiana.
»Esatto, la grande nemica del Nord, la sostenitrice del centralismo romano».
Anche per questo motivo la Padania è sempre stata lontana da Roma?
«Certamente Roma non dava risposte adatte ad una società e ad un’economia molto attiva come quelle padane. E questo contribuì molto al disamore del Nord rispetto a quello stato che proprio il Nord aveva costruito».
Lei, onorevole Bossi, in pratica sostiene che la secessione prima che un fatto politico è un sentimento radicato nella società padana?
«Sicuramente c’ è un sentimento di separatezza nella società del Nord che produce una serie di detti comuni, del tipo “la politica è sporca”, “pensiamo a lavorare e lasciamo perdere la politica romana” eccetera. Il sentimento isolazionista ha certamente contribuito a trasformare il Nord in un gigante economico, ma in un nano politico».
Diciamo la verità, il Nord con Roma ha perso tutte le battaglie.
«Effettivamente ne ha perse molte. Ha perso con Marcora, che non riuscì a portare la rete Rai al Nord. Visentini ha addirittura fatto la nota riforma che ha portato via tutti i soldi ai nostri comuni. E via di questo passo. Però quello dell’isolazionismo del Nord ha radici lontane. Cominciò a sentirsi sconfitto già Carlo Cattaneo, il quale si ritirò volontariamente esule in Canton Ticino. Il Nord che aveva fatto l’Italia con Garibaldi e con le guerre di indipendenzaera stato tradito dai Savoia, che avevano fatto nascere uno stato centralista e non lo Stato sognato. E anche questo contribuì al rifiuto del Nord verso Roma. Probabilmente l’identificazione di Roma con il papa salvò l’unità del Paese».
La Lega, fin dalla nascita, fu quindi immersa in questi problemi, segretario?
«Fin dall’inizio comprendmmo che il Nord gigante economico non poteva più restare un nano politico. Per questo è stato facile fargli prendere una posizione contro la politica democristiana, il cui epicentro è a Roma. I Dc furono i sostenitori del sussidio per agganciare il Sud al loro carro centralista, che è contro il Nord».
Il problema del Nord è perciò quello di contare di più in politica?
«Certamente. Attraverso la riforma federalista del Paese. E se questa non fosse possibile, allora il Nord la politica deve costruirsela da solo, con la secessione».
Viste le difficoltà che si stanno trovando nell’attuare la riforma federalista, viene il dubbio che non sia cambiato niente di concreto nel rapporto del paese con il federalismo?
«Sono cambiate tante cose, invece. Tutti hanno visto il tentativo di secessione e anche l’ultimo dei politici sa che si tratta di un evento che è stato scongiurato dall’ingresso della lira nell’euro, ma che può riproporsi se le cose non cambiassero. All’interno del Paese c’è ora la novità del Sud che comincia a volere il federalismo. Meglio tardi che mai. Il Mezzogiorno, che aveva scambiato la sua sovranità con il sussidio, oggi sa che, con l’apertura ad Est dell’Unione europea, i sussidi non saranno più possibili, o comunque saranno molto ridotti e vuole recuperare la sovranità per salvaguardare ciò che ha costruito in questi anni».
Qual è, a suo avviso, la regione meridionale più avanti in senso federalista?
«Sicuramente la Sicilia. E dopo la Sicilia potrebbe seguire la Puglia».
L'ennesimo specchietto per le allodole o Bossi teme davvero che tra ostacoli e ritardi la devolution,Roma non la concederà mai?