L’assessore Serrajotto racconta una ricorrenza molto sentita dai veneziani

Il 21 novembre è la Madonna della Salute, una festa della tradizione veneziana particolarmente sentita dalla popolazione. Nata come momento di ringraziamento per la cessazione di una tremenda pestilenza a Venezia nel 1630, ha mantenuto una caratterizzazione tipica che raccoglie in sé aspetti profondamente ancorati alla religiosità popolare e altre manifestazioni attraverso cui si è voluto esternare un clima di festa e di serenità per l’intera comunità. Le testimonianze storiche ci dicono che l’epidemia, durata oltre un anno, costò la vita a oltre 80 mila persone. La Serenissima Repubblica di Venezia decretò una solenne processione di penitenza, facendo voto che se la pestilenza fosse cessata sarebbe stato innalzato un nuovo tempio votivo dedicato alla Madonna. L’auspicato evento si verificò e, nel 1631, si dette inizio ai lavori per la costruzione della chiesa che nacque proprio all’imboccatura del Canal Grande, quasi di fronte a Piazza S. Marco. Del progetto fu autore l’architetto Baldassare Longhena che ci ha lasciato un tempio di grande bellezza e suggestione.
Assessore Serrajotto, lei è il referente per la Regione del Veneto in materia di cultura e identità veneta. Il suo è dunque un "osservatorio" privilegiato per comprendere quanto una ricorrenza come quella della Madonna della Salute sia sentita dalla popolazione di Venezia e come sia cambiata negli anni.
«A distanza di tanti anni, questa festa tradizionale ha il potere di smuovere ancora migliaia di persone che attraversano nel loro pellegrinaggio verso la chiesa della Madonna della Salute il ponte votivo che ancora oggi viene costruito sul Canal Grande proprio per questa occasione. Nel contesto di questa festività si fa ancora riferimento ad un bene prezioso come quello della salute, ma con il tempo la ricorrenza ha assunto una dimensione più ampia ponendo attenzione anche ai temi della pace, della solidarietà sociale, dei bisogni della fasce più deboli della popolazione».
Che tipo di riflessione in termini generali le suggerisce una festività come questa?
«Mi sembra giusto, prendendo spunto da questa festa come esempio di tante altre radicate nella sensibilità delle genti venete, fare una riflessione sottolineando come dal nostro passato intriso di tradizioni popolari possiamo e dobbiamo trovare i segni che ci aiuteranno a conservare la memoria delle nostre identità culturali. È evidente che solo attraverso la conoscenza delle nostre radici e della nostra identità possiamo arrivare a confrontarci con quella degli altri».
C'è però chi considera superati questi valori o addirittura li contrasta apertamente.
«Ritengo si debba contrastare con fermezza chi arbitrariamente e con grande leggerezza ritiene sia lecito far passare come superflui questi ideali e valori. Tutto sommato, oltre ad essere il segno di profonde convinzioni religiose per i credenti, sono anche patrimonio comune del nostro sistema sociale e della nostra cultura. Sono parte fondamentale di quella identità culturale a cui non possiamo e non dobbiamo rinunciare».
Che obiettivi si pone la Regione del Veneto in questo campo?
«L'identità veneta è radicata nella lingua, nella cultura e nella storia, ma anche nelle tradizioni popolari, nelle lingue locali, negli usi e i costumi, nelle storie letterarie provinciali, nei repertori teatrali e musicali, nei musei, nelle biblioteche, nelle opere d’arte e nei monumenti, nelle innumerevoli altre opere della fantasia e della capacità che i Veneti hanno saputo produrre nei secoli. Tutelare, promuovere e valorizzare tutti gli elementi costitutivi di questa identità vuol dire quindi avere la consapevolezza della “memoria” del popolo veneto, sulla quale fondare anche l'identità futura. Ed è proprio questo uno dei punti fondamenti dell’azione intrapresa in questa legislatura dalla giunta veneta, attraverso l'assessorato alla cultura e all'identità veneta. La Regione ha il dovere di salvaguardare questa ricchezza promuovendone la conoscenza e valorizzandola affinché questo patrimonio di culture, tradizioni e di lingua possa arrivare alle future generazioni integro e, anzi, arricchito dall'attività del presente».
Come coinvolgere di più le giovani generazioni in questo processo?
«Per riuscire a coniugare passato, presente e futuro è ormai essenziale l’apporto della scuola. Ma servono anche gli strumenti che aiutino a mantenere vivo il grande patrimonio culturale del Veneto ed educare i giovani a conoscerlo ed apprezzarlo. In questa nostra azione, stiamo utilizzando anche i linguaggi e le forme espressive più congeniali ai giovani, come ad esempio i cartoni animati o le nuove tecnologie informatiche. In ogni caso, è importante non dimenticare, non lasciarsi sopraffare da modelli imposti, riscoprire le radici della nostra identità, della nostra cultura e ridarle vigore. Un’eredità immateriale che rischia di andar perduta molto più degli altri segni e delle testimonianze del nostro passato».