Il malumore legato al rinvio della discussione sul mercato del lavoro. Timori da Nord a Sud: pericoloso un federalismo egoistico
Confindustria sulla devolution: «Niente blitz»
Gli industriali criticano l’accelerazione della legge: tempi e modi giusti, le riforme non si improvvisano
ROMA - «Le riforme costituzionali non si improvvisano». La Confindustria di Antonio D’Amato è uscita ieri allo scoperto con un duro comunicato contro il progetto di devolution, la riforma costituzionale messa a punto dal ministro delle Riforme istituzionali, Umberto Bossi. Progetto che, tra l’altro, trasferisce alle Regioni i poteri in materia di scuola, assistenza sanitaria e polizia locale. Il pretesto per la presa di posizione della Confindustria è la decisione dei capigruppo della maggioranza al Senato di anticipare il dibattito sulla devolution a scapito della riforma del mercato del lavoro (introduce nuovi contratti flessibili) alla quale gli imprenditori tengono molto. Il comunicato diffuso ieri pomeriggio è stato a lungo meditato, le parole soppesate una a una nell’ufficio di presidenza di D’Amato. E alla fine ne è uscito un testo che, sotto il titolo «No a blitz sulle riforme costituzionali», suona come una bocciatura del progetto Bossi.
«Non possiamo correre il rischio di provocare una rottura della struttura statuale, un’esplosione della spesa pubblica e un ulteriore aggravio degli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese», dice la Confindustria. «Non si tratta di essere favorevoli o contrari al federalismo - continuano gli imprenditori -. Si tratta piuttosto di attuarlo nei tempi e nei modi giusti».
Per equilibrare il messaggio, la nota sottolinea che anche il centrosinistra ha le sue colpe: «Apparecchiare in fretta e furia una riforma fu un errore già commesso dall’Ulivo con la riforma del titolo V della Costituzione e fu fortemente criticato dal Polo». La conclusione liquida così la devolution: «Oggi, invece di aggiungere altri errori, dobbiamo piuttosto preoccuparci di razionalizzare la riforma già in corso».
A temere le conseguenze negative di un federalismo di stampo leghista sono sia le strutture confindustriali del Sud sia quelle del Nord. Francesco Rosario Averna, consigliere incaricato per il Mezzogiorno, sintetizza così il rischio avvertito dalla sua base: «Un federalismo fiscale realizzato in maniera egoistica avrebbe conseguenze sconvolgenti per le Regioni meridionali che, ovviamente, hanno una capacità impositiva molto inferiore di quella delle Regioni ricche del Paese». Meglio fermare tutto, aggiunge Averna, e aprire un confronto «con le Regioni, gli enti locali e le parti sociali».
Le preoccupazioni degli industriali meridionali sono comprensibili: temono di non ricevere più gli aiuti pubblici. Ma anche nel ricco Nord-Est, base elettorale della Lega, le imprese sono in allarme: temono che con la devolution alla fine pagheranno più tasse, quelle dello Stato più quelle locali.
L’associazione industriali di Vicenza ha organizzato per lunedì prossimo un convegno sul tema. «Per noi - dice il presidente Valentino Ziche - la devolution non è un discorso politico, ma deve essere un fatto che risolve i nostri problemi pratici, a cominciare da quello della viabilità. Bisogna che le istituzioni locali abbiano i poteri e le risorse per intervenire, ma senza che aumenti il prelievo fiscale perché già oggi per ogni 100 lire che mandiamo a Roma a noi ne tornano soltanto 16».
Anche per Alessandro Riello, presidente degli industriali di Verona, «il rischio è che aumenti la pressione fiscale». Ma l’ex leader dei giovani della Confindustria critica anche l’impostazione generale del progetto Bossi: «Non si può delegare tutto. Non si può lasciare che ogni Regione abbia una propria politica su materie delegate come l’istruzione e la sicurezza. Questo non succede neppure negli Stati Uniti».
Enrico Marro
Politica
Eh già!Le riforme non si improvvisano...tanto è solo circa 15 anni che si parla di fare il federalismo...
Con calma,con calma...anzi propongo di fare un bel convegno(l'ennesimo) per discutere ancora di federalismo