Berlusconi: "Devolution, pronto a porre la fiducia"
Dopo l'ultimatum di Bossi, il premier blinda il ddl all'esame del Senato. "E' importante e fa parte del porgramma". Polo diviso. Fassino attacca: "Si rischia la crisi civile".
ROMA - "E' importante e fa parte del programma". Nonostante il tentativo di mediazione del centrista Marco Follini ("una riforma costituzionale non si fa sulla punta delle baionette"), Silvio Berlusconi si schiera apertamente col Senatùr, che ieri ha spinto sull'acceleratore della devolution ("o passa o tutti a casa"). Il governo, assicura il premier, è pronto blindare il ddl ora all'esame del Senato che prevede il trasferimento di pieni poteri dallo Stato alle Regioni su scuola, polizia locale e sanità. L'intenzione è di approvarlo entro il 9 dicembre, prima cioè che l'aula si sia impegnata nell'esame della finanziaria. "So che l'opposizione sta facendo ostruzionismo - dice il Cavaliere da Parigi - vedremo e giudicheremo in questa settimana il punto a cui è arrivata la discussione e, nel caso, io non sono neppure alieno dal porre la fiducia". Bossi, che ha trascorso la notte e la giornata a leggere e studiare gli emendamenti presentati dalle opposizioni, ascolta e si compiace. ''Silvio è di parola, dimostra di voler cambiare il Paese".
La riforma bandiera della Lega continua però a sollevare un vespaio di polemiche. Sulla scia dell'altolà della Consulta, il centrosinistra alza il tiro sul testo federalista, prospettando addirittura il rischio di una "crisi civile". Piero Fassino usa toni da tregenda: ''Siamo ormai all'esasperazione corporativa - spara il segretario Ds - in questo modo si distruggono gli elementi di coesione di una società''.
La Lega insiste - Basta il titolo della Padania a nove colonne per capire che "il Popolo del Nord" non ha intenzione di cedere di un millimetro: ''Ci vogliono ancora schiavi'', campeggia sulla prima pagina del quotidiano lumbard. ''Presentati migliaia di emendamenti: comunisti e vecchi Dc coalizzati contro il federalismo'', spiega l'occhiello. Il senso politico lo danno i leader del Carroccio, i quali definiscono ''un'invasione di campo inaccettabile'' le valutazioni del presidente della Consulta Ruperto sulla riforma federalista. ''Bossi - spiega il capogruppo alla Camera Alessandro Cè - ha solo detto che bisogna accelerare sulle riforme e lo ha fatto per chi fosse un po' tardo a capirlo. Non è pensabile che le riforme le facciamo tra tre anni o che si aspetti l'attuazione del titolo V della Costituzione". Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli rincara: "Ruperto è un uomo di sinistra e il 5 dicembre lascerà la Corte Costituzionale per decorrenza del suo mandato". Per Bossi "è il Parlamento che fa le leggi, il presidente della Corte Costituzionale non può intervenire in questo modo''.
La ricetta del premier - Nel difendere a spada tratta il ddl, per Berlusconi la devoluzione ("mi piace usare questo termine italiano") dovrà rifarsi a un modello che funziona come quello svizzero: "Ho sotto gli occhi quel che succede lì, dove le scuole sono funzionali e gli ospedali vengono indicati come modelli". "E' più facile - osserva in una pausa dei lavori del vertice francese - venire a sapere che un'ospedale non funziona o che ci sono anomalie da chi si trova sul posto che non da un ufficio a Roma". Berlusconi ammette che "sarebbe drammatico" se la devolution comportasse "una duplicazione dei costi" ma il governo vigilerà perché questo non accada. Il presidente del Consiglio invita poi quanti guardano con sospetto a questa riforma a ritenerla ''una conquista'' e non certo fonte di ''preoccupazione''. L'unico problema da fronteggiare, per Berlusconi, è che gli effetti della devolution non vadano a pesare poi sulla spesa pubblica. Con l'occasione, il premier risponde a Ruperto: ''E' chiaro che si dovrà andare a un riesame dell' art.117 della Costituzione - dice Berlusconi - e credo che sia più facile per noi produrre questo riesame, avendo votato il programma di devoluzione''.
L'Ulivo - Contro la devolution il centrosinistra promette un'opposizione intransigente. Per Piero Fassino, intercettato al corteo ulivista di Milano, la riforma che vuole varare la maggioranza "dissolve lo Stato". Il federalismo alla Bossi, abbinato alla legge Cirami o alla pasticcio sulla Rai, espone "l'Italia al rischio di una crisi civile". Se il Presidente del Consiglio ha deciso di porre la fiducia sulla devolution ''significa solo una cosa: che è sotto il ricatto di Bossi. Questo la dice lunga sulla capacità di tenuta di questa maggioranza''. Da Bari, dove è in corso l'altra manifestazione del centrosinistra, gli fa eco Francesco Rutelli: ''Non siamo matti e di Bossi ne abbiamo già abbastanza. Gli italiani non vogliono l' Italia a pezzi come pretenderebbe Bossi''.
Anche Massimo D'Alema si mette l'elmetto. "Contro la devolution - si accalora il presidente Ds - dobbiamo batterci fino in fondo. Fino a chiedere il pronunciamento del popolo. Fino al referendum''. ''E' indecente il ricatto che la Lega fa alla stessa maggioranza: se non passa la devolution, non votiamo la finanziaria. Ma come è possibile discutere una riforma costituzionale di questa portata - capace di disarticolare l'unità del Paese - in una sessione di bilancio, con tempi contingentati? Non si era mai vista una simile bestialità". Dichiarazioni che Bondi bolla subito come "imprudenti e irresponsabili". E non ha sentito ancora Pecoraro Scanio che definisce ''Bossi un pericolo pubblico". "E' dannoso al Paese - dice il verde - e farà la stessa fine di Haider in Austria".
(23 NOVEMBRE 2002; ORE 11:11, aggiornato alle 160)
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Ci risentiamo prossimamente per le smentite e le controsmentite, per io avevo capito male, io avevo detto un'altra cosa, insomma alla ..... II parte.....