Davanti alle telecamere del Maurizio Costanzo Showil Guardasigilli
rende giustizia alla Devolution
di Simone Boiocchi
Castelli “batte” Fassino 3 a 0. Il Guardasigilli e il suo predecessore erano, infatti, ospiti del Maurizio Costanzo Show per affrontare i temi della giustizia, della Devolution e della famiglia. Una discussione pacata e ricca di contenuti durante la quale Roberto Castelli, titolare del dicastero di via Arenula, ha snocciolato dati più che interessanti sull’operato del suo predecessore e dei governi di centrosinistra ai quali Fassino dava il merito di avere aumentato gli stanziamenti a favore della Giustizia. «Quando un cittadino vede un suo diritto leso vuole una risposta - ha detto il segretario dei Ds -. Ricordo che tra il 1996 e il 2000 lo stanziamento per la giustizia in Italia è passato da 7500 a 12mila miliardi, un incremento notevole di risorse. Credo - ha ribadito Fassino -, che dovremmo continuare ad aumentare le risorse altrimenti non si avranno mai processi più rapidi». Immediata la risposta del ministro della Giustizia: «Fassino ha detto tante belle cose, ma siccome io sono un uomo del fare, oltre alle parole valuto i fatti. Giustamente mi viene ricordato che dal 1996 al 2001 le risorse per la Giustizia sono passate da 7500 a 12mila miliardi. Bene, ma dove credete abbiano preso questi soldi? Dalle vostre tasche. Tanto è vero che nello stesso periodo gli italiani hanno pagato 150mila miliardi in più di quanto non pagassero nel 1996. E quale è stato il risultato? Ho in mano una statistica che si riferisce alla giustizia penale: nel ’96 un processo in primo grado penale durava mediamente 497 giorni, nel 2001 ben 722, quasi il doppio. Questi - ha replicato - sono i risultati che avete ottenuto con la vostra ricerca, avete preso i soldi dei cittadini e allungato la durata dei processi». Il guardasigilli ha poi ricordato come l’idea della Lega Nord sia differente seppure mirata allo stesso traguardo. «Lo scopo - ha indicato -, è sempre quello, ma non vogliamo continuamente spremere i cittadini per dare i soldi ai magistrati, vogliamo invece aumentare l’efficienza, parola forse sconosciuta alla sinistra, perché i soldi dei cittadini vanno spesi bene». Uno a zero per il ministro della Giustizia. Anche sul terreno della devolution, al segretario dei Democratici di Sinistra non è andata meglio. «Considerando quello che sta facendo questo governo, la situazione è preoccupante - ha “denunciato” Fassino -. La devolution è preoccupante perché non ha nulla a che vedere con il federalismo. Quest’ultimo vuole trasferire competenze e poteri a Comuni, Provincie e Regioni perché ciascuno possa essere in grado di governarsi meglio. Ma la proposta non è questa. Il tipo di istruzione che va dato ai ragazzi, ad esempio, non può essere diverso da territorio a territorio, altrimenti andremmo verso una linea che corporativizza e rende sempre più provinciale il nostro modo di vivere». Secca la risposta di Castelli. «Con grande sincerità non ho capito perché avete preso questa posizione; secondo voi oggi uno Stato funziona meglio con un modello centralizzato o con un modello decentrato? La risposta è evidente, basta vedere quello che accade intorno a noi. È universalmente riconosciuto che in Svizzera si vive male, così come negli Usa, in Belgio, in Germania, in Scozia...».
«La Devolution - ha ripreso Castelli -, non è il federalismo, su questo Fassino ha ragione, è solo un piccolo passo. Abbiamo scelto di fare le cose per passi e con moderazione proprio perché non vogliamo sfasciare il Paese. Abbiamo così preso in esame “materie” per le quali tutti ritengono che sia molto meglio una gestione locale perché permette un immediato rapporto tra chi vede i problemi e chi prende le decisioni. A tal proposito, la scuola non sarà disarticolata. Ci sarà, invece, un livello uguale per tutti visto che i titoli di studio varranno sull’intero territorio nazionale. Ogni scuola, nell’ambito della sua autonomia, potrà, invece, fare qualche cosa in più. Dov’è il delitto?». «Vogliamo - ha spiegato Roberto Castelli -, che le Regioni possano ad esempio introdurre materie a loro peculiari: la Sicilia, magari, sulla dominazione araba, la Lombardia sulla civiltà celtica».
Poche le “interruzioni” del leader della Quercia secondo il quale tutto può essere attuato grazie all’autonomia scolastica. Affermazioni alle quali Castelli ha risposto portando l’esempio della pianta. Il tronco sarà uguale per tutti, mentre i rami potrebbero variare a seconda delle Regioni. «Perché volete continuamente mortificare le grandi peculiarità di sviluppo di ogni Ente locale? - ha chiesto Castelli all’avversario politico -. Perché nelle scuole non è possibile insegnare il dialetto? Siamo a Roma, pensiamo all’importanza del Belli, di Trilussa; a quella di Carlo Porta a Milano, ai De Filippo a Napoli..., tutte cose che oggi non si possono fare». Immediata a questo punto la reazione di Fassino: «La verità è che due anni fa è stata approvata una riforma federalista che prevede che oltre il 60% delle funzioni che oggi sono in capo allo Stato, passino alle Regioni. Perché intanto non si applica questa legge? Avete innalzato una bandiera puramente simbolica che è quella della devolution e che vuol far credere alla gente che così avrà molto più potere di quello che ha oggi. Ora - ha ripreso Fassino -, o questo non è vero, e allora avete montato una campagna propagandistica o, quando vero, pensate a una rottura degli elementi che tengono insieme il Paese. Già oggi la Sanità è gestita dalle Regioni».
Una dichiarazione, quest’ultima che non ha colto impreparato il membro di governo: «Se fosse così, perché ti opponi tanto, perché vuoi votare contro?». In difficoltà, il numero uno dei Ds punta tutto sulla polizia regionale chiedendo quali possano essere i suoi impieghi. «Lo spiego subito - gli ha fatto eco il ministro della Giustizia -. Tu sai meglio di me che il 90% dei reati resta impunito. Noi vogliamo, invece, dare una risposta ai cittadini. Magari non sarà quella giusta ma voi di risposte proprio non ne avete date. Vogliamo mettere al fianco della polizia di Stato e dei carabinieri una polizia locale che possa occuparsi di quelli che falsamente sono chiamati “piccoli reati” ma che in realtà sono quelli che veramente danno fastidio: scippi, piccole rapine, furti in appartamento... A tal proposito non capisco la vostra forsennata opposizione a queste cose o forse lo capisco perché a voi dei cittadini non importa nulla».
In “aiuto” di Fassino, ormai alle corde, anche Maurizio Costanzo che ha sollevato un sospetto: «Le Regioni meno abbienti temono di venire penalizzate nei confronti di altre più ricche». Un timore che lo stesso Guardasigilli ha rivelato essere assolutamente infondato. «Come si chiamano gli Usa? - ha chiesto Castelli -. Stati Uniti d’America, non “Stati divisi”. Sono timori che non possono sussistere. Oltre a questo la Devolution non tocca la questione finanziaria, di questo semmai si dovrà parlare quando affronteremo il tema del federalismo fiscale. Non capisco proprio cosa centri questo problema con la questione finanziaria. Nessuno vuole avere una Regione meno sviluppata di un’altra perché altrimenti l’intero sistema Paese non potrebbe stare in piedi». A questo punto Fassino ha tentato la carta “La Loggia” per ricordare al membro di governo che un documento sul “federalismo” è pronto ma non ancora in discussione. «La legge La Loggia, come tutte le leggi ordinarie, prevede un solo passaggio alla Camera e uno solo al Senato. La legge costituzionale, invece, ha una doppia lettura e probabilmente sarà poi sottoposta al referendum che credo, chiederete - ha risposto Castelli -. È una legge che inizia oggi ma per la quale, se va bene, vedremo la promulgazione tra un anno. La legge “La Loggia” arriverà molto prima. Facciamo partire prima la devolution perché arriverà dopo. In pratica dunque, prima metteremo in atto la vostra legge sul federalismo e poi il nostro pezzettino». «Stiamo vivendo un periodo di enormi trasformazioni, dobbiamo prepararci a queste sfide. La crisi Fiat - ha ripreso Castelli -, non nasce dal nulla, nasce dalla globalizzazione, dal fatto che non possiamo più svalutare la nostra moneta perché abbiamo l’euro fisso. Dobbiamo mettere in piedi un sistema Paese che sia in grado di superare queste sfide, con il vecchio modello centralista faremo la fine dell’Argentina». Un paragone questo che non è piaciuto all’esponente di sinistra che, ritrovata, un po’ di forza è partito al contrattacco. «La crisi in Argentina - ha tuonato Fassino -, è precipitata quando ogni regione ha iniziato a battere moneta propria».
Un attacco che non è giunto a destinazione, lapidaria è stata, infatti, la risposta di Castelli: «E chi ha detto che questo deve accadere?». Ma Fassino non si è perso d’animo ed è tornato all’attacco puntando ancora sulla scuola e sottolineando che, grazie alla storia del suo paese di nascita, è più “celtico” dello stesso Castelli. «Perché ti importa tanto se i lombardi vogliono studiare la cultura dei Celti - gli ha chiesto il ministro -, tanto le tasse le pagano o stesso». Raccolte le ultime forze il segretario Ds ha tentato l’ennesima contromossa: «Nessuno sta contrapponendo la difesa dello Stato centralista al federalismo». «Voi avete portato a termine la riforma delle università - ha concluso Castelli -. Avete forse disarticolato il sistema? Le università funzionano peggio? Certo che no! E allora perché non possiamo fare la stessa cosa? Migliorare la qualità dell’insegnamento, è di primaria importanza, la scuola è fondamentale; con buoni insegnanti nascono buoni cittadini con cattivi insegnati ignorantelli che...». Dopo una lunga “battaglia” Castelli sigla il due a zero ma non è ancora finita. Sul tavolo anche il “lavoro” di Cupido. «L’amore non ha confini e limiti e questo è bellissimo - ha spiegato il ministro della Giustizia -. Io stesso ho tanti amici che hanno sposato ragazze straniere e viceversa. Da ministro devo però dire “pensateci bene”, perché il dato relativo alla separazione tra coppie di Paesi diversi, in Italia è 4 volte superiore a quello purtroppo già elevato relativo alle coppie di origine italiana al 100%».
Fassino ormai stremato non accenna a rispondere, in suo “soccorso” però ecco un cittadino originario del Camerun che snocciola altre cifre. «Non concordo con il ministro - ha detto -, nel 1995 divorzi e separazioni erano al 17%, oggi sono invece sulla soglia del 50%. In alcune Regioni anche al 70%. Il fatto che i matrimoni misti non possano durare è una falsità». «Io - ha risposto Castelli - ho solo diffuso un dato oggettivo, prendetelo pure come volete ma non credo che questi numeri possano essere tirati da una parte all’altra seguendo un’ideologia». Castelli porta così a casa il tre a zero, e sbaraglia il suo avversario, gli “alleati” fuggono in ritirata.